All I want for Christmas is...

By yellow_daffy_writer

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[COMPLETA] Jeremy Parker ha 22 anni ed è un criminale. Ha chiesto al suo migliore amico di aiutarlo a rapire... More

1. Deck the Halls
2. Broken Photo, Broken Heart, Broken Nose
3. Everybody's Fault
4. The Value of a Life
5. Fresh Fish and Hot Thoughts
6. Oh Holy Light
7. Monsters at the Diderot
8. Athens and Sparta
9. Heavens and Bell
10. A Lot of Things Together
11. Fatal Encounters
13. All Kinds of Love - part 1
14. All Kinds of Love - part 2
15. Omnia vincit amor

12. Save You to Save Me

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By yellow_daffy_writer

"Jeremy, che diavolo-" Taylor non riuscì a finire la frase, perché la brusca inversione a u dell'auto le fece prendere uno spavento apocalittico.

Più che inversione a u le era sembrata un'inversione a i, da quanto fosse stata rapida e completamente fuori di testa.

"Sei impazzito?!" strillò, mentre Jeremy accelerava senza controllo, senza nemmeno darle retta.

Le macchine che prima sembravano viaggiare tranquillamente, ora sfrecciavano accanto a loro come proiettili. Sembravano uno sciame di insetti impazziti, ma l'unico vero pazzo lì in mezzo era il ragazzo accanto a lei.

Il grido di Taylor si unì ai vari clacson, ma il ragazzo sembrava non sentire, concentrato sulla carreggiata.

"Jeremy, ci schianteremo!" Taylor si coprì gli occhi e si strinse involontariamente a se stessa, mentre la loro vettura sfiorò di poco un tir nella direzione opposta. Si vedeva già spalmata a terra prima ancora di capire cosa diavolo fosse saltato nella mente malsana di Jeremy.

Un'altra macchina passò così vicino che sentì il suono del clacson come se fosse stato all'interno della sua testa.

Per scansare l'ennesimo autista che rischiavano di centrare in pieno, la macchina strisciò contro un cartello stradale che indicava la corsia d'immissione per Bourton. Quindi, oltre al terribile stridio nelle orecchie, Taylor avvertì la sensazione che si stesse verificando un drastico cambio di programma.

"Perché stai andando lì?" cercò di farsi rispondere alzando la voce, ma il biondo continuava a dare attenzione solamente a quello che succedeva dietro di loro, controllando gli specchietti retrovisori ogni tre nanosecondi, poi si mordeva il labbro e premeva più forte l'acceleratore.

La ragazza ebbe un attimo di sollievo quando invece di proseguire per un percorso trafficato, lui scelse una strada secondaria.

Ma il sollievo durò fino a che non cominciarono a capitare sopra le buche disseminate lungo la strada battuta, facendo tremare la vettura come se fosse stata una maracas e loro i sonagli al suo interno.

Taylor non riuscì a contare quante volte sbatté la testa e quante volte la cintura si oppose così forte al suo corpo da segnarle il collo. Non era nemmeno riuscita ad afferrare il perché Jeremy stesse percorrendo le più assurde stradine dimenticate, anche se l'aveva l'intuito.

Stava chiaramente circumnavigando la città senza una meta, quindi stava cercando di seminare qualcuno. Sperava solo di non morire spiaccicata sull'asfalto ancora prima di scoprire perché.

Cordano l'aveva visto fare quella pazza manovra e l'aveva imitato, seguendolo finché non aveva imboccato una via imbevuta di nebbia e di solitudine. Voleva mantenere il passo, ma il ragazzo andava troppo veloce e conosceva la Bourton di periferia meglio di lui. Ciò che vedeva davanti a sé era solo quella maledetta nebbia e la stradina disconnessa di campagna, diramata in migliaia di modi possibili, attraverso i quali Parker si divertiva a giocare a nascondino. Se ne sarebbe pentito a breve, pensò, altamente irritato.

L'aveva perso di vista, ma l'intenzione di raggiungerlo non se la sarebbe di certo lasciata sfuggire. Era stanco di farsi prendere in giro, ormai era diventata una questione personale e voleva risolverla il prima possibile.

Cercò di pareggiarlo andando a intuizione, mentre ignorava la seconda chiamata di fila dal suo cellulare. Girò a destra, costeggiando un lago e cercando di rintracciare l'altra auto con lo sguardo.

Ma Jeremy sembrava ormai sparito.

Il suo cellulare squillò di nuovo.

"Che cazzo vuoi, Richard?!" ringhiò all'altoparlante, concentrato sulla strada davanti a sé.

"Parker è arrivato a Burford." rispose la voce del suo tirapiedi.

"Ah sì?"

"Raggiungi la città, sarà lì nei paraggi."

Cordano ridacchiò con tutto l'intento di denigrarlo: "La tua ignoranza non ti smentisce mai, Richard."

Dall'altra parte della cornetta il ricciolino espresse il suo disappunto con un gestaccio, forte del fatto che non potesse vederlo.

Visto che Alex era corso a recuperare Allyson, lui era rimasto solo nella cabina telefonica e probabilmente i passanti l'avrebbero preso per pazzo.

"Sono proprio qui a Bourton, Richard, ce l'ho a un palmo di naso." gli riferì l'uomo, una punta di agitazione nella voce. Non vedeva l'ora di farla finita una volta per tutte e non poteva proprio lasciarsi scappare una tale occasione.

"Ti stai sbagliando." tentò di deviarlo il ragazzo. "Mi hanno riferito di averlo appena visto a Burford."

"Sul serio, Richard. Mi credi stupido?" Cordano si chiedeva cosa prendesse a quell'ammasso di inutilità e capelli.

"No, Edoardo." sospirò Richard.

Chiaramente non si era illuso di poterlo ingannare, ma almeno sapeva di potergli far perdere tempo, cosicché ne potesse guadagnare Jeremy. Sarebbe bastato anche solo distrarlo; qualsiasi fastidio potesse dargli avrebbe dato un vantaggio a Parker.

Incredibile; stava davvero parteggiando per il nemico. O almeno questo era quello che gli avevano messo in testa, ma dopo quel tête à tête con Alex non ne era più così sicuro. Forse il nemico era sempre stato quello di fianco a lui, solo che se n'era accorto troppo tardi.

"E allora cosa?" gli ringhiò addosso, snervato. "Parker è a Bourton e io sto per raggiungerlo e lui si sta dirigendo verso il capolinea. Dove cazzo sei tu, piuttosto? Mi servi e anche in fretta."

Richard pensò che almeno poteva farsi dare delle coordinate e tentare il tutto per tutto assieme ad Alex.

"Dimmi dove siete precisamente e arrivo."

Cordano spiegò tutti i dettagli a Richard poi lo ammonì di muoversi e portare anche la sua pistola.

"Ok, senti." tentò il ragazzo. "Aspettami fermo dove sei e fra al massimo dieci minuti sono lì."

Cordano rimase per un attimo in silenzio e Richard temette che avesse capito tutto.

"Fermo dove sono?" sillabò l'uomo. "Richard, che cazzo ti è preso?"

"A Bourton hanno disseminato sbirri in ogni angolo, non ti conviene farti notare. Rimani in quel punto e-"

"Senti, Stuart, chiudi quella merda di bocca, mi stai solo dando noia." sputò lui. "L'ho sempre detto che quando fai quelle riunioncelle di famiglia con la tua sorellina del cazzo ti rincretinisci più del solito. A volte mi domando cosa me ne faccio di te, dal momento in cui sei veramente inutile."

Cordano sterzò per un'altra via secondaria, continuando però a non vedere nessuno. Non poteva farsi distrarre proprio in quel momento, così chiuse la telefonata appuntandosi un urgente cambio d'assistente.

Era deciso a farla pagare a Parker, costasse anche la gattabuia.

Ti voglio bene, Alex.

Il moro era rimasto a fissare il telefonino con aria frastornata. Jeremy non si era mai sbilanciato così tanto con lui, era in assoluto la prima volta che gli diceva una cosa del genere e, se si voleva tener conto del contesto, non era affatto un buon segnale.

"Anch'io." aveva risposto dopo qualche attimo, ma non si era accorto che lui aveva già attaccato.

Scuotendo la testa aveva riposto l'apparecchio nella tasca e aveva dato un'occhiata all'ora.

L'avrebbe richiamato entro mezz'ora perché innanzitutto aveva un bruttissimo presentimento sulla faccenda e poi perché non sarebbe riuscito ad aspettare ulteriormente senza la conferma che i due se la stessero cavando.

Richard gli aveva raccontato il piano di Cordano e ad Alex era sembrato che a questo giro le speranze per il suo amico fossero davvero esigue.

Avrebbe voluto essere lì assieme a loro. Magari non sarebbe stato utile, d'altra parte raramente lo era, ma almeno avrebbe potuto essere lì. Il rischio che potesse succedere qualcosa di assolutamente negativo da un momento all'altro non faceva che aumentare quel senso di inquietudine che si era abituato a provare da quando non aveva il suo amico sotto controllo.

Paura? Sì, aveva paura. Ma d'altra parte contava moltissimo su Jeremy e forte del fatto che gli avesse dato indicazioni utili, sperava fortemente che riuscisse come sempre a togliersi dai guai.

Lui e Richard si erano già messi d'accordo: avrebbero spiegato tutto ad Allyson mentre si dirigevano verso Burford. Grazie a Richard, avrebbero raggiunto Cordano e l'avrebbero fermato, dando il tempo a Jeremy di scappare e a non dover imbattersi mai più in quell'abominio di uomo. Sì, non era impossibile: ce l'avrebbe fatta, ora aveva un alleato.

Ma prima doveva nuovamente portare dalla sua parte anche Allyson.

"Allyson!" finalmente riuscì a trovare la ragazza. Si era allontanata a piedi dal caffè dove aveva avuto luogo la spiacevole rissa e se ne stava imbronciata appoggiata a un lato di Betsie.

"Allyson!" dovette chiamarla diverse volte perché lei si decidesse a prestargli attenzione.

Era palesemente delusa e arrabbiata per il suo comportamento e quello del fratello.

Assolutamente comprensibile che volesse rimanere sola, pensò il ragazzo, ma non era proprio il momento. Ora, Alex voleva raccontarle la verità: Richard gli aveva assicurato che lei avrebbe capito e che era l'unico modo per finire quell'enorme farsa.

D'altronde, la verità sarebbe servita a spiegarle il perché di tutto il trambusto che avevano causato nel caffè e per rassicurala (relativamente) sull'amica Taylor. Avrebbe preferito tenerglielo nascosto per sempre, ma prima o poi Taylor sarebbe tornata e qualcuno l'avrebbe informata, suscitando come minimo la sua ira funesta. Meglio prevenire che curare, si era sempre sentito dire.

La affiancò lungo il marciapiedi che lei aveva iniziato a percorrere a grandi falcate, lo sguardo fisso sull'asfalto.

"Hai ragione." le disse, mentre i loro respiri condensati si scontravano nell'aria. "Siamo stati due stupidi, idioti, infantili..."

"Risparmiatelo." tagliò corto lei, apparentemente disinteressata alle scuse, e continuò a camminare.

"Lo so, lo so, è che...veramente, Ally, adesso è tutto a posto. È stato solo un piccolo incidente di percorso che abbiamo prontamente risolto." cercò di rassicurarla.

Lei si fermò in mezzo al passaggio per dirgli qualcosa, ma poi si accorse del suo aspetto, squadrandolo con cipiglio esasperato: "Se questo è il modo di farmi vedere come avete risolto..."

I suoi occhi passarono in rassegna il labbro ancora sporco di sangue e lo zigomo violaceo del ragazzo. Se fossero riusciti a penetrare sotto i vestiti, avrebbero visto anche qualche livido a livello dello stomaco. Decisamente un'immagine non promettente.

Alex sorrise imbarazzato: "So che non sembro troppo integro, ma ti posso assicurare che abbiamo fatto pace. Mi dispiace per aver fatto a botte."

Allyson sospirò: "Mi dispiace, mi dispiace...Alex, l'ho sentito troppe volte da te."

"Senti, Ally, stavolta ti assicuro che sarà l'ultima. La verità è che-"

"La verità?" sbottò lei, alterando la sua voce calma. "Non credo esista davvero e comunque quasi quasi preferisco un'unica bugia bella e buona, perché sono stufa di sentire duecento verità diverse!"

"Vuoi sentire qual è stata finora l'unica bugia bella e buona, allora?" propose lui, speranzoso.

"No!" esclamò lei, ancora più esasperata. "Possibile che non capisci, Alex? Io mi sento presa in giro da te!"

"Non..." Alex faceva davvero fatica a organizzare un discordo quando aveva troppe cose da dire. "Non ti sto prendendo in giro. Sei la cosa più importante che ho, cavolo, e lo sei altrettanto per Richard."

"Non lo sembra più di tanto."

"Abbiamo sbagliato entrambi, ok? Ma avevamo una ragione. Ragione che forse non ti piacerà sentire, ma..."

"Non la voglio sentire!" stavolta la sua voce sembrò appartenere a qualcun altro, tant'era insolito quel tono profondamente arrabbiato e deciso in una persona paziente e tranquilla come lei. Si voltò per proseguire verso il marciapiedi, ma Alex la seguì, testardo.

"Richard e io ci siamo conosciuti mentre ero a Stroud."

"Ho detto che non ti voglio ascoltare, Alex!" strillò la ragazza, guardandolo dritto negli occhi. "Non mi interessa se hai nuove mirabolanti storie da raccontarmi, mi sono stancata. Tu mi hai illusa fino a ora e io ho continuato a darti possibilità su possibilità. Credevo fossi sincero questa volta, almeno questa, ma a quanto pare non lo sei. Mi fidavo di te, ero sicura che dopo averti perdonato non avresti più giocato con i miei sentimenti e invece..." lasciò cadere la frase, facendo un eloquente gesto con le mani ed evitando di suonare triste come si stava sentendo. "Non ce la faccio ad andare avanti così, lo capisci?"

Gli occhi scuri del ragazzo cercarono di cogliere la dolcezza perduta di quelli nocciola di Allyson, ma non ce n'era l'ombra: era davvero seria.

Alex sentì per l'ennesima volta di aver sbagliato tutto e di aver combinato un enorme casino. Avrebbe voluto gridare contro se stesso e prendersi a pugni per quanto era stupido.

"Anche a me dispiace, Alex. Più che a te." concluse lei, distogliendo lo sguardo.

"Non puoi fidarti di me ancora una volta? Ho bisogno che ascolti perché è successo tutto questo e allora capirai." tentò.

"No, lo so io perché. Perché tu e Richard siete uguali: nessuno dei due mi prende mai sul serio, non sapete fare altro che abbandonarmi e quando tornate siete solo bravi a incasinarmi la vita."

"Non è vero e questo lo sai, Allyson!"

"Provamelo, allora!" lo fissò con gli occhi umidi, al limite dell'esasperazione. "Lo vedi? Sei coperto di sangue, Alex. Avete appena fatto a botte a dimostrazione di cosa? Della felicità di ritrovarsi per la prima volta tutti insieme?"

Il ragazzo sospirò, frustrato: "Se solo mi lasciassi spiegare."

"Non voglio sentire le tue favole." scandì bene ogni parola, avvicinandosi a lui in modo che gli fosse chiaro. Si dice che le persone buone di natura siano difficili da far arrabbiare, ma che, nello sfortunato caso in cui dovesse succedere, siano capaci di scatenare un uragano.

"Non sono favole!" si difese Alex. "Smettila di accusarmi in questo modo, voglio semplicemente raccontarti le cose come stanno."

"Beh, perdonami, credevo l'avessi già fatto. Più e più volte, aggiungerei."

"L'ho fatto, è solo che mi mancano dei particolari."

"Particolari che non mi piaceranno, secondo quello che hai detto. Particolari che hai omesso, che hai voluto nascondermi. Che razza di ragazzo vuoi essere per me, Alex?" ribatté lei. "Ti comporti proprio come uno stupido."

Il ragazzo indietreggiò, come colpito da quelle parole: "Per te sono uno stupido?"

"Sì, Alex. Me lo hai dimostrato tu stesso." le costava dire certe cattiverie, ma la situazione e quel minimo di amor proprio che le era rimasto glielo imponevano.

Alex si sentì più ferito che mai. Sono tante le critiche che una persona può ricevere, ma sono i criticanti a fare la differenza. Che era stupido glielo avevano detto in tanti e quindi ormai lo pensava anche lui di se stesso, ma dentro la sua testa si era insidiata la convinzione che Allyson fosse l'unica a non condividere ciò. Si sbagliava di nuovo, a quanto pareva.

A spezzare quell'imbarazzato e teso silenzio fu la suoneria del cellulare di Allyson.

Combattuta tra l'ignorare e l'accettare la chiamata, decise di premere la cornetta verde e rimase in attesa di ascoltare quello che il fratello avesse da dirle. Si aspettava una specie di sipario come quello a cui aveva appena assistito e invece, con sua somma sorpresa, la richiesta fu tutt'altra.

"Alex è lì con te?" né un ciao, né uno scusa, solo quella domanda.

"Sì."

"Ho assolutamente bisogno di parlargli."

Incredula e sempre più irritata tese la mano verso il suo ragazzo e gli passò il cellulare.

Oltre a un "Pronto?" e un "Che cosa?!?", quest'ultimo non disse nient'altro, ma quando riattaccò il suo sguardo era, se possibile, ancora più preoccupato di prima.

"Che cosa ti ha detto?" gli chiese, confusa e infastidita.

Il ragazzo non rispose, ma la prese per mano e la trascinò per il marciapiedi da dove erano venuti.

"Dove cavolo stiamo andando?!"

"Dobbiamo andare a salvare il culo di quei particolari di cui ti parlavo prima. Tu seguimi, ti spiego strada facendo."

Quando Jeremy spense il motore, Taylor poté riprendere a respirare.

Non aveva mai sfiorato così da vicino la possibilità di fare un epico incidente in una desolata strada di campagna.

Ansimava provata dalle turbolenze in auto e aveva una faccia pallida e tesa: cosa stava succedendo? Guardò Jeremy, anche lui con il fiato corto e quella costante espressione nervosa, in attesa di qualcosa. Il ragazzo incrociò il suo sguardo e lei ci lesse un mare di cattive notizie.

"Scendi." le disse, inespressivo.

Eseguì gli ordini, uscendo dalla vettura e dandosi una rapida occhiata intorno: riconosceva quel posto. Erano al limite del parco di Bourton, sul bordo più lontano del laghetto, da cui, passato il muro di alberi, ci ritrovava giusto di fronte alla stazione.

Si chiedeva cosa ci facessero lì in mezzo, così vicini al pericolo di essere visti dalla polizia...per fortuna (o forse no?) non c'era anima viva nei dintorni.

Alle loro spalle non c'era altro che l'umida campagna, coperta di erba incolta e neve. A terra, vicino a loro, faceva da decorativo un logoro pino di plastica con qualche festone natalizio ancora impigliato tra i rami e circondato da palline sbiadite e crepate.

Si immaginava che qualcuno usasse quella zona come discarica o che bande di ragazzini ci andassero per fumare senza essere beccati. Di sicuro non avrebbe mai immaginato di poterlo visitare il giorno della vigilia di Natale, mentre tutte le famiglie stavano al calduccio a casa propria a indaffararsi per il gran pranzo del giorno dopo.

"Jeremy, vuoi spiegarmi perché hai cambiato strada?" chiese, impaziente, mentre lo seguiva scendere dall'auto.

Lui la raggiunse senza nemmeno preoccuparsi di abbottonarsi il cappotto o avvolgersi la sciarpa al collo, lasciandola così a penzoloni sulla felpa in quel freddo insopportabile.

Aveva un aspetto orribile, non perché avesse perso i suoi gradevoli tratti, ma perché la tensione e la paura glieli avevano deformati. Lo sguardo affascinante e intenso dei suoi occhi era distante e freddo, come un muro di ghiaccio che voleva difendere una fortezza di emozioni. Piuttosto debole come muro, ma non troppo da scoraggiarlo.

Era determinato a portare a termine quella decisione, costasse quel che costasse. Non gli importava se poi la fortezza sarebbe stata completamente abbattuta, l'importante era salvare il salvabile.

Si avvicinò alla ragazza, il viso di lei rivolto in alto verso il suo, in attesa di una risposta. La differenza tra le loro altezze era abbastanza da permettergli di sembrare molto più forte e imponente di quanto in realtà fosse.

"Stammi a sentire, Taylor." iniziò, più serio che mai. "Non devi fare altro che eseguire i miei ordini, ora. E senza domande."

Certo, era una frase ricorrente da quando l'aveva conosciuto, però al momento avrebbe preferito una piccola spiegazione. Giusto due parole sull'argomento. Aggrottò le sopracciglia, confusa, e fece per parlare, ma lui non glielo consentì.

"Sai come arrivare alla stazione da qui?"

"...sì." annuì non molto convinta.

"Bene, allora tutto quello che devi fare è correre più veloce che puoi e raggiungerla. Una volta lì devi entrare e trovare un'autorità. Da quel momento in poi potrai raccontargli quello che ti pare, e sarai fuori pericolo." spiegò, conciso.

Questo era quello che Taylor chiamava "essere precipitosi", difatti sgranò gli occhi, incredula: "Che cosa?!"

"Andiamo, Heavens." sbuffò lui. "Che cosa non ti è chiaro?" chiese spazientito, come se stesse parlando a qualcuno con problemi di ricezione.

Gli sarebbe piaciuto che Taylor avesse accettato senza obiettare, ma non ci aveva sperato molto. Ormai sapeva benissimo che sarebbe dovuto arrivare agli estremi.

"Heavens?" si stupì lei, lasciando che la voce prendesse un'intonazione ferita.

"È il tuo cognome, se non ricordo male. Hai capito o no quello che ti ho detto?"

"No...cioè, sì che ho capito, ma..."

"Allora muoviti."

Taylor si sentiva smarrita, non sapeva cosa pensare. Come mai era stata catapultata nel passato, durante i primi giorni vissuti con una versione perfida di Jeremy?

"Jeremy, stai dando di matto?" gli domandò allora.

Lui le mise le mani sulle spalle.

"Non sto dando di matto." disse, la voce grave e profonda. "Ma lo farò se continui a fare domande come i bambini. Fai quello che ti ho detto e basta."

"Perché?"

"Ti ho detto di non fare domande come i bambini!"

La ragazza si ritrasse, testarda e decisamente avversa a eseguire quegli ordini: "Scusa se non comprendo il tuo atteggiamento. Non capisco perché mi dai questi ordini, ora."

"Pensavo fosse abbastanza chiaro." le disse eloquentemente, accennando alla strada dietro di loro, quella che avrebbe portato al cuore di Bourton.

Lei guardò verso quella direzione, poi di nuovo Jeremy: "Mi stai...ordinando di tornare a casa e raccontare tutto?"

"Cavoli, che genio."

"Cavoli, che pazzo. Non era questo il piano; chi ci ha inseguiti?"

Jeremy incassò con un sorriso che sperava nascondesse il disappunto. Eccola qui Taylor; troppo testarda e incosciente per decidere di ascoltarlo senza fare domande. Troppo intelligente per sottostare a un ordine senza saperne le motivazioni.

Lanciò un'occhiata alla stada da dove arrivavano: Cordano non ci avrebbe messo molto a trovarli. Altrettando, Jeremy avrebbe dovuto essere veloce – e furbo – a convincere Taylor.

"Perché guardi sempre indietro?" domandò intercettando la direzione del suo sguardo. "Chi diavolo è? E quel Cordano? È venuto per prendere me?"

Dirle la verità? Sarebbe stato possibile, ma era anche sicuro, Jeremy, che sapendola Taylor non l'avrebbe lasciato da solo.

Era sicuro, come poche volte nella vita, che quella ragazzina sarebbe stata così stupida da non volersene andare. Sarebbe rimasta con lui, avrebbe cercato insensatamente di trovare una via diversa, avrebbe solo dato a Cordano la possibilità di uccidere anche lei.

E questo Jeremy non l'avrebbe permesso.

"Vuoi chiudere quella cazzo di bocca una buona volta?" esclamò lui. "Perché semplicemente non taci e te ne vai, eh? Ti sto dando quello che volevi dall'inizio, sei libera, vai!"

"Non mi stai dando alcuna libertà, Jeremy!" ribatté lei, rifiutandosi di seguire le istruzioni che continuava a darle.

Il momento in cui avrebbero dovuto separarsi era arrivato all'improvviso e decisamente non come lei se l'era aspettato, perciò si stava trovando lì su due piedi con le sue contorte idee e una speranza che sembrava di secondo in secondo più vana.

Sentiva che qualcosa non quadrava.

Jeremy rise amaramente, come per prenderla in giro: "Ecco il tuo problema, cara principessina, tu vuoi troppe cose e non sai godere di nulla. Non hai fatto nient'altro che lamentarti per tutto il tempo: di tuo padre, della tua famiglia, della tua sfortuna, del rapimento, di me, di Alex. E adesso cambi di nuovo idea e fai i capricci. Non posso esaudire tutti i tuoi desideri!"

Taylor sentì la forza della rabbia bruciarle la gola e farle salire le lacrime agli occhi: "Io non mai preteso che esaudissi i miei desideri. Voglio solo sapere perché mi stai cacciando così e perché mi nascondi la verità."

"Perché io a te non devo proprio niente, Lor. Nemmeno la verità."

Taylor accusò malamente il colpo e si ritrasse ancor di più: "E cosa credi di fare? Come pensi di cavartela?"

"Senza di te? Alla grande."

"Non doveva andare così."

"E come, sua maestà?" Jeremy ghignò, cattivo, e la guardò sfidandola con il suo gelo. "Ti aspettavi un romantico bacio d'addio? Ti prego, smettila di fare la mocciosa piagnucolona e vattene."

"No."

"Vattene, Taylor."

"No, Jeremy, non ti lascio da solo. C'è qualcosa che non va, non sono stupida."

Taylor non voleva demordere e il tempo stava scorrendo troppo veloce e inesorabile.

Jeremy ancora una volta aveva immaginato di poter arrivare a questo punto e ciò che stava per fare gli causava un dolore lancinante in mezzo all'anima. Ma era l'unico modo.

Sapeva che non avrebbe convinto Taylor, altrimenti. Sapeva che lei era troppo buona e innamorata per non decidere in quel modo, per non decidere di rinunciare a tutto per lui. Quanto l'amava, si disse. Quanto l'avrebbe odiato, e lui l'avrebbe amata comunque e per sempre.

"Non me ne frega un cazzo di quello che vuoi o non vuoi." le riversò addosso con freddezza. "Le cose stanno così punto e basta. Tu ora vai via e io penso ai fatti miei, com'è sempre stato e come sarà per sempre."

"Non è vero!" ribatté lei, alzando il tono di voce. "Tu hai promesso che ti saresti fatto aiutare!"

Il ragazzo scosse la testa, gelido come il ghiaccio: "Era una bugia."

"Non era una bugia, Jeremy." agonizzò con la gola ostruita da un grosso nodo. "Me l'hai promesso."

"Sai quante promesse ti avrei fatto pur di farti tacere?" rise. "Ma che cosa credevi, Taylor? Che fossi così coglione da giocarmi la vita per una mocciosa come te? Che mi fossi sul serio innamorato?"

Una lacrima calda scivolò sulla guancia gelata della ragazza, spargendo l'amarezza che avevano scatenato quelle parole aride come un deserto.

"Hai detto e fatto molte cose per me."

"Oh, ma certo. E ne avrei fatte finché avessi continuato a fare la brava bambina. Oh, Taylor." rise di nuovo, così sprezzante e impersonale che la ragazza non poté fare a meno di rabbrividire. "Non mi sono mai capacitato di quanto fossi stupida."

"Non posso credere che sia stato tutto una recita." disse volendo sembrare convinta, ma aveva la voce incrinata. Dentro di lei qualcosa stava crollando. Forse una certezza che si era costruita da sola?

"E cosa ti rende così convinta del contrario?" fu la sua risposta. "Non me ne è mai fregato nulla dei tuoi moralismi e dei discorsi da ragazzina illusa. Sei una bambina e per me i bambini vanno accontentati, oppure si mettono a piangere e attirano l'attenzione."

Il singhiozzo di Taylor spezzò l'aria e il cemento si bagnò delle sue lacrime che erano cadute come le sue ultime certezze. Sentiva un dolore lancinante al cuore, una fitta che racchiudeva in sé tutte le più negative sensazioni e di colpo le sembrava di essere ritornata una bambina di qualche anno davanti al padre che distruggeva tutte le cose belle a cui era abituata.

Il mondo quella volta le era caduto sulle spalle e sembrava che la storia si stesse ripetendo.

"Mi hai baciato, Jeremy..."

"Oh, sì." ridacchiò lui. "E ti avrei anche scopato, se ne avessi avuto l'occasione. Mi sembrava di avertelo già detto, no? Per quanto tu possa essere insopportabile e poco carina, una donna è pur sempre una donna."

Quella frase uccise Taylor. Quasi si accasciò, sentendo che mai niente al mondo avrebbe potuto chiudere l'enorme ferita che Jeremy, solo aprendo la bocca, le aveva impartito.

Non sembrava nemmeno dispiaciuto. Al contrario di ciò che era accaduto nei giorni precedenti, non stava facendo nulla per impedirle di piangere. Anzi, la stava guardando soffrire e rincarava costantemente la dose, come se lo divertisse, come se non avesse progettato nient'altro, per tutto quel tempo, se non ferirla in quel modo.

"Pensavo che fossi sincero, Jeremy. Pensavo che avessi deciso di non mentirmi da quel giorno in cui mi hai raccontato di tua madre."

"Ti sbagli, ho solo imparato a farlo meglio."

Taylor stava pensando che mai niente e nessuno l'avesse fatta sentire in quel modo: voleva arrabbiarsi e urlargli addosso, ma la sua voce interiore era soffocata dal dolore per essere stata umiliata e tradita. Non si capacitava che la persona dolce e altruista che le aveva dimostrato essere Jeremy fosse in realtà una maschera. Avrebbe dovuto capirlo prima, forse, ma lui era stato un eccellente attore, tanto da farla innamorare follemente del suo personaggio. Com'era stato possibile? Com'era possibile?

Faceva così male da alimentare le lacrime e i singhiozzi, come il legno buttato sul fuoco.

Era stordita, come quando da piccola guardava i fuochi d'artificio e ne aveva allo stesso tempo il terrore. Si sentiva proprio così: stava ammirando un meraviglioso fuoco d'artificio e non si spiegava perché una cosa così bella potesse fare così tanta paura con quel potente chiasso. Voleva che lui la smettesse al più presto di sparare a raffica quelle frasi cattive, voleva vedere i colori senza il frastuono, voleva che le fosse mostrato solo quel lato romantico e sensibile che tanto amava, ma a quanto pareva si era dissolto come le luci colorate che ritornano polvere.

"Adesso vattene." pronunciò quelle parole stancamente, ma senza distogliere le sue iridi turchesi dal volto della ragazza.

Lei scosse la testa debolmente, tirando su con il naso: "Non puoi farmi questo, Jeremy. Lo sai che mi sono innamorata di te...lo sai..."

"Innamorata?" incalzò lui, sprezzante. "Non siamo in un romanzetto rosa, Taylor. Cresci un po', ti prego."

"Non lo stai dicendo sul serio. Dimmi che non lo stai dicendo sul serio..." sembrava quasi lo stesse implorando, gli occhi serrati per trattenere quel fiume di tristezza.

Jeremy stava soffrendo come non mai nella sua vita. Gli sembrava di star accoltellando una colomba: più vedeva le lacrime solcare il viso di Taylor, come sangue scarlatto che sporca le piume immacolate, più si sentiva un assassino, una persona orribile che stava distruggendo la cosa più bella e pura.

Si ripeteva continuamente che lo stava facendo per lei, ma sembrava non funzionare. La amava, come avrebbe potuto sopportare un solo minuto in più quella patetica recita in cui affermava tutto il contrario?

Decise che era arrivato il momento del tutto per tutto. Ormai non c'era uscita che per quella aberrante e imperdonabile strada.

Con immensa fatica, infilò la mano nella tasca interna della giacca e prese un profondo respiro.

"Ti prego, Jeremy." tremò la ragazza. "Ti prego."

E non sapeva per cosa lo stesse pregando, ormai, ma ammutolì non appena vide l'oggetto che lui aveva estratto e che le stava puntando contro.

Indietreggiò fissandolo con gli occhi ancora colmi di lacrime: "Non...non..."

Lo guardò smarrita e piena di paura. Fu come se da quel gesto in poi il suo cervello avesse smesso di funzionare e in lei fosse rimasto solo il primordiale sentimento del terrore.

La mano di Jeremy tremava stretta alla pistola, pallida e gelata.

Anche lui aveva una fottuta paura, mille volte più grande di quella di Taylor. Le puntava l'arma addosso, consapevole che lei ne fosse terrorizzata e si faceva schifo e avrebbe preferito morire che essere protagonista di quella scena. Ma l'avrebbe fatto per salvarla. L'avrebbe fatto per lei.

"Tu...tu non lo faresti mai....Jeremy?" la voce le uscì flebile e tremante, mentre il suo petto si alzava e abbassava velocemente e indietreggiava sul nevischio, come un animale in fuga dall'umano malintenzionato.

Ma Taylor non voleva scappare. Si sentiva morire, eppure preferiva rimanere. Voleva sapere se veramente Jeremy sarebbe stato capace di tanto. Se non gli fosse importato di lei a tal punto da premere il grilletto.

Lo guardò negli occhi, quei meravigliosi ritagli di cielo che l'avevano affascinata dal primo momento, e rivide tutti quei sorrisi e quei pianti che avevano condiviso, insieme.

Si rivide litigare con lui il giorno in cui, svegliandosi di soprassalto, gli aveva dato una testata e lo aveva fatto sanguinare, si rivide trattenersi dalle risate mentre lui tentava di approcciarsi alla religione con scarso successo, si rivide sorridere affettuosamente all'immagine di due candele accese, particolarmente significative.

Quella notte in cui aveva condiviso le lacrime amare di quel ragazzo e a sua volta si era commossa per la sua difficile infanzia, quel mattino in cui lo aveva assillato fingendo di essere logorroica e quel pomeriggio in cui aveva assaporato le sue labbra e la sua insolita dolcezza.

In quegli occhi leggeva se stessa, ma non la solita se stessa, piuttosto quella che aveva scoperto un mondo, quella che aveva imparato a guardare entrambe le facce di una medaglia, quella che aveva messo da parte l'orgoglio e che si era messa in un mare di guai solo perché farlo con Jeremy l'aveva fatta sentire bene.

Quegli occhi rubati al cielo si lasciarono sfuggire una lacrima e subito dopo, nell'aria gelida di Bourton, si udì uno sparo.

Un proiettile colpì un punto del terrenp non molto distante dalla ragazza, facendole perdere l'equilibrio e facendola cadere a terra per lo spavento.

Il braccio di Jeremy rimase rigido nella sua direzione, come era stato un tempo per difenderla, mentre lei si alzava scivolando sulla neve e ansimando tra le lacrime. I suoi occhi erano allucinati e terrorizzati come quelli di un coniglio davanti al cacciatore.

Gli rivolse un'ultima occhiata carica di dolore e poi corse via.

Scivolò di nuovo e si rialzò in fretta, perché quel suono duro e metallico non avrebbe smesso per molto tempo di riecheggiare nella sua mente.

Solo quando fu completamente sparita da quello spiazzo, Jeremy lasciò cadere la pistola e si accasciò a terra, tremante.

Ce l'aveva fatta. Taylor non era più a rischio. Aveva seriamente temuto di non riuscirci, ma ora era sicuro che non sarebbe più tornata indietro. Si era spinto così in là che non sarebbe tornata mai indietro. Ma era certo che, se le cose fossero andate diversamente, lei sarebbe rimasta. Le avrebbero fatto del male e piuttosto che ciò succedesse, aveva preferito essere lui a farle del male. Aveva preferito il suo odio alla sua morte.

Però ora Jeremy era vuoto. Jeremy non era più nessuno.

Gli sembrava di stare sulla punta di una montagna, la valle da una parte, una ripida parete rocciosa dall'altra: aveva appena spinto Taylor giù per la valle e aveva usato così tanta forza che ora per il contraccolpo stava precipitando per la parete rocciosa. Ne era consapevole, ma non pensava potesse fare così male.

Gli aveva detto che si era innamorata di lui. Non che non se lo fosse aspettato, ma sentirselo dire chiaro e tondo era stata una coltellata in pieno petto, perché sapeva che cosa si provasse. Lui sentiva le stesse cose di cui parlava Taylor e di conseguenza poteva benissimo immaginare quanto le sue parole cattive l'avessero ferita.

Sperare che in un futuro si sarebbe innamorata di qualcun altro? No, non ci riusciva. Non ci riusciva perché sapeva che non avrebbe mai trovato nessuno migliore di lui nel proteggerla, ma sopratutto nell'amarla.

Amore, sì...davvero uno schifo.

Esalò un sospiro, di quelli a cui generalmente seguono un mare di lacrime, ma di lacrime Jeremy non ebbe il tempo di versarne.

"Parker!"

Lo sapeva. Era lì per aspettare quel momento e nonostante stesse per diventare il peggiore della sua intera e breve vita, era immensamente felice di non doverlo condividere con Taylor.

Che smielosamente altruista che sei, Jeremy, si disse, e in quel momento ebbe la percezione di quanto profondamente fosse stato cambiato.

Un'auto frenò di scatto a pochi metri dallo spiazzo, sollevando un sacco di neve che sembrava messa lì apposta, per attutire la scena. Il rumore dei freni non fu niente in confronto a quello della portiera che sbatté violentemente, ma Jeremy non si mosse.

Rimase immobile, a guardare con occhi vitrei quello che gli succedeva attorno. Neanche volendo avrebbe potuto tentare qualcosa: Cordano gli teneva la pistola ben puntata contro. E Cordano aveva un'ottima mira, dopotutto.

"Bastardo...sei un bastardo!" gridò l'uomo, furioso. "L'hai fatta scappare!"

Jeremy sorrise: "E fidati, non è stato facile."

"Sei un gran pezzo di merda!" l'uomo rise, pazzo e sprezzante: "Dovresti davvero vederti, Parker, sei diventato così debole che mi fai quasi pena. Guardati! Sei ridotto come un cane, sei piegato a metà! Che cazzo ti ha fatto quella sgualdrina? È questo quello per cui l'hai ritenuta così importante? È per questo che stai accettando di morire?"

"Cordano, tu non capirai mai un cazzo."

"Quindi era questo che volevi sin dall'inizio. Salvare quell'insulsa ragazzina, perché ti sei innamorato. Beh, complimenti, ce l'hai fatta: lei vivrà la sua vita innamorandosi di qualcun altro e costruendo la famiglia che tu non hai mai avuto, mentre tu morirai ventenne in mezzo a un mucchio di neve. Furbo, non c'è che dire."

Il ragazzo strizzò gli occhi per mandare giù il colpo: "Ho accettato il compromesso."

"Fammi indovinare." incalzò Cordano giocherellando con quell'odioso arnese. "La sindrome di Stoccolma ha contagiato anche te?"

"Sindrome di Stoccolma...?" nonostante non avesse la minima voglia di farsi prendere in giro da quella carogna, Jeremy voleva sapere di quali diavolerie stesse blaterando.

"È semplice, Parker: due persone costrette alla convivenza forzata, in genere rapitore e vittima, che sviluppano una sorta di...sentimento? Una cosa malata, totalmente irrazionale e priva di qualsiasi senso. Specialmente nel momento in cui lei si fa fottere dal poliziotto che la salva e lui muore." si divertiva davvero, perché aveva trovato in Jeremy un punto ancora più debole della paura di morire. Lo stesso che, colpito, aveva trasformato il Jeremy indifferente ed egoista con cui era venuto a conoscenza diversi mesi prima. Quel punto si chiamava Taylor Heavens.

Ma Jeremy realizzò subito le intenzioni di Cordano e gli lanciò un'occhiata truce: "Non c'è nessuna sindrome, Cordano, solo la tua sudicia e maledetta presenza nella mia vita. Smettila con i tuoi giochetti e fai quello che devi fare."

Cordano rise di nuovo, di un riso amaro e crudo: "Lascia che ti illustri la cosa, piccolo Romeo dei bassi fondi. Avresti potuto intascare poco meno di un milione di sterline, risolvere tutti i tuoi casini da orfano dimenticato dal mondo e andartene da questo posto a cui sei incatenato da quando quella bestia di tuo padre ha ucciso tua madre."

"Non-"

"Lasciami finire, Parker!" l'uomo era a dir poco furioso. Furioso per i guai che Jeremy gli aveva fatto passare dal giorno in cui aveva fatto irruzione in casa sua, furioso per tutti quelli che sarebbero arrivati da lì a poche ore, se non minuti.

"Quando ci siamo conosciuti, la tua misera vita ti ha dato l'occasione di riscattarti dalla merda che David Parker ti aveva gettato addosso e tu cos'hai fatto? L'hai bruciata, l'hai mandata a puttane per un'insulsa bambinetta viziata. Perché, Jeremy? Perché ti sei innamorato." ripeté.

"Me l'ha insegnato mia madre!" esclamò Jeremy, la gola annodata. "Me l'ha insegnato mia madre ad amare, prima che quella bestia di mio padre la uccidesse!"

"Oh, ma amare è un'altra cosa, mio caro Parker." ghignò lui. "Infatti a quanto pare tua madre non è mai stata ferrata sull'argomento e ha insegnato pure a te come si fa a farsi prendere per il culo dagli stronzi."

Jeremy si avventò su di lui, sopraffatto dalla rabbia.

Si scagliò con tutta la forza che gli era rimasta, ma l'uomo era preparato e lo bloccò facilmente con un potente calcio all'altezza dello stomaco. Il ragazzo cadde a terra piegandosi in due e sputando sangue.

Fece fatica a riprendere fiato, ma riuscì comunque a rispondergli: "Non...parlare così...di lei."

"Di chi? Di Taylor o di tua madre?" Cordano rise amaramente."Dio, Parker, tutto questo è davvero incomprensibile."

Jeremy fece cadere un'altra lacrima, di dolore e di frustrazione: "Non preoccuparti. Magari lo comprenderai durante il lungo periodo di tempo che avrai per meditare dietro le sbarre."

Il mafioso lo raggiunse con una falcata e, afferrato saldamente il colletto della sua felpa, lo fece ritornare in piedi, puntandogli la pistola dritta dritta sul ventre.

La felpa di Jeremy si era sollevata e il contatto tra il ferro gelido e la sua pelle nuda lo fece rabbrividire.

In quel preciso momento, la sua mente ripercorse a ritroso quei giorni in cui tutto era cambiato. Vedeva un ragazzo coperto da una sciarpa bianca, la stessa che ora penzolava sul suo petto, slegata. Il suo naso era coperto di sangue perché era stato picchiato e Cordano gli puntava la pistola sotto il mento. Quel giorno aveva firmato la sua condanna, ma potendo, sarebbe tornato indietro? Non sapeva rispondersi. C'era qualcosa che non avrebbe mai potuto perdersi, nonostante stesse per perdere tutto.

"Va bene, Parker. Le tue ultime parole."

Quel giorno, quel ragazzo aveva affermato che tenere a bada una ragazzina sarebbe stato l'ultimo dei suoi problemi. Quando si dice 'le ultime parole famose'.

"Vaffanculo, Cordano." rispose, flebile come la fiamma della sua stessa vita, che si stava per spegnere. "E buon Natale."

Quel giorno quel ragazzo aveva detto a Cordano che sperava di morire dopo di lui, perché la sua vita valeva molto di più e avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di riuscirci. Il possibile l'aveva fatto, ma aveva trovato una vita che valeva ancora di più della propria.

"Nonostante tutti i tuoi inutili sforzi, morirai da solo, Parker. Buon Natale."

Quel giorno quel ragazzo aveva pensato che nessuno si sarebbe mai frapposto tra lui e il proiettile.

E aveva ragione.

Il rumore insopportabile dello sparo tormentava le orecchie e la mente di Taylor da diversi minuti, ma era quasi sicura di averne appena sentito un altro dal luogo da cui era scappata.

Si asciugò gli occhi con il palmo delle mani, tremante, e alzò lo sguardo sulla vietta innevata.

Non ce l'aveva fatta ad arrivare fino alla stazione, si era fermata prima, si era raggomitolata su una panchina di legno sotto un albero spoglio e aveva pianto tutta la delusione e il dolore che l'avevano sopraffatta. Come aveva fatto all'inizio di quella stupida avventura. Se avesse potuto, sarebbe tornata indietro e avrebbe cambiato molte cose.

Non aveva ancora smesso di sfogare tutte le sue lacrime, ma quell'odioso rumore, impossibile per lei non udirlo, aveva fatto scattare un campanello d'allarme.

Proveniva indubbiamente dallo spiazzo abbandonato, ma quale poteva essere la sua causa, se Jeremy era rimasto solo?

Jeremy...un singhiozzo risuonò nell'aria. Se lui fosse stato lì, lei non lo sapeva, non avrebbe sopportato la sensazione che gli provocava il suo pianto. Se lui non le avesse detto un mare di bugie, lei non si sarebbe messa a piangere. Si era immaginata, era stata così presuntuosa da immaginarsi, di poter cambiare quel ragazzo.

Cosa le aveva fatto credere di riuscire ad attenuare l'egoismo, l'orgoglio, la strafottenza, il menefreghismo? La risposta era facile: lui gliel'aveva fatto credere. L'aveva baciata, si era preso cura di lei in una maniera così dolce che non cascarci con tutte le scarpe sarebbe stato impossibile.

E continuava a non capire come avesse fatto a recitare così bene. Perché a lei quei baci e quelle cure erano sembrati veri. Troppo veri per non esserlo.

Chi aveva sparato? Il suo cuore cominciava ad agitarsi. Magari era stato lui stesso per accertarsi che non fosse tornata indietro...magari no.

Non era pronta all'azione, lei era sempre rimasta a guardare gli altri che agivano davanti ai suoi occhi. Spesso era impotente, quindi era abituata a lasciar correre ed essere vittima, come era accaduto con suo padre e con sua sorella e ora con Jeremy. Forse sarebbe stato meglio se fosse rimasta lì a soffrire in silenzio e avesse fatto finta di niente.

Ma se Jeremy si fosse trovato in pericolo?

Dalle sue parole, lui non aveva bisogno di lei, quindi poteva benissimo smetterla di arrovellarsi tanto per una persona del genere. Peccato che si fosse innamorata di una persona del genere, anzi, esattamente di quella.

Quando si è innamorati, innamorati davvero, si tende a respingere le proprie obiezioni di coscienza per il bene dell'altro.

Fu forse per questo che Taylor, contro quello che le imponeva il cervello, si alzò e a passi incerti ripercorse la stradina in pendenza che conduceva alla piazzola. Più ci si avvicinava, osservando intimorita i dintorni deserti, più sentiva chiaramente dei rumori...qualcuno che apriva la portiera di un'auto, la chiudeva e il motore che partiva. Sperava che fosse Jeremy che se ne stava andando. Sperava di non trovare nessuno, lì.

Sbucò nello spiazzo nell'esatto momento in cui l'auto partì sgommando in retromarcia. La seguì con gli occhi per un istante, per poi abbassare lo sguardo e sentire il suo cuore perdere un battito.

A terra, non lontano dal piccolo alberello di Natale, giaceva inerme il corpo di Jeremy, supino e con una mano sul ventre.

La mano pallida contrastava il rosso vibrante che si era espanso sul suo petto e sulla neve attorno a lui. Generalmente Taylor si sarebbe pietrificata sul posto, completamente congelata, ma senza dare retta alla sua stupida paura, si precipitò verso di lui sentendosi ancora più stupida per averlo abbandonato.

Si accovacciò accanto l suo corpo immobile e si sforzò con tutta la volontà che aveva di non lasciarsi prendere dal terrore: "Je-Jeremy. Oh mio Dio. Jeremy!"

Il ragazzo mosse di poco la testa e schiuse gli occhi come se le sue palpebre pesassero un quintale. Ci mise qualche secondo a mettere a fuoco il volto, mentre il vero fuoco si diramava dal suo fianco per tutto il corpo, raggiungendo ogni estremità in un tripudio di dolore.

"Lor."

Gli uscì come un soffio di sorpresa, mentre gli occhi della ragazza si riempivano di lacrime.

"Sei uno stronzo." fu tutto ciò che riuscì a dirgli. "Sei un grandissimo stronzo, Jeremy."

Il ragazzo raccolse le forze per farle un sorriso, ma ne uscì solo una smorfia sofferente: "Sempre delicata come una rosa, principessa..."

Lei si strofinò gli occhi offuscati dal pianto, presa dal panico e dal rifiuto per ciò che aveva davanti. Poi, prendendo un grosso respiro, cercò di soppesare il danno, constatando che la pozza di sangue si era ingrandita e le mani di Jeremy erano più fredde della neve su cui era disteso.

Respirava sempre più lentamente ed emetteva gemiti sofferenti, muovendo il bacino spasmodicamente per assecondare il dolore.

Doveva fare qualcosa, qualsiasi cosa, anche se aveva una dannatissima paura e quasi non riusciva a muoversi.

"Non dovevo lasciarti da solo." parlò tra le lacrime, mentre lui tremava per il freddo e la debolezza sempre più opprimenti. "Non avrei dovuto crederti, Jeremy. Perché finisco sempre per darti retta, eh? Perché ti ascolto? Se fossi rimasta con te, avrei potuto fare qualcosa...qualsiasi cosa."

"Sì...con la tua stazza imponente...e la tua forza bruta..." anche in quelle condizioni riusciva a prenderla in giro.

Lei si fece forza e gli sfilò la sciarpa bianca dal collo. Con le mani tremanti, alzò il lembo della sua giacca, trovando malamente ripiegato il suo disegno, il regalo di Natale che aveva fatto per il ragazzo. Ormai era completamente macchiato di sangue, perciò lo lasciò cadere sulla neve e con tutta la delicatezza possibile per il suo stato di ipertensione, sollevò la felpa e affrontò la ferita direttamente.

Avrebbe vomitato anima e corpo seduta stante, se solo il rifiuto di vedere Jeremy in quello stato non fosse stato più forte di qualsiasi altra emozione o sensazione. Con estrema cautela gli legò la sciarpa attorno alla vita, in modo che fungesse da improvvisata benda.

"Che cosa fai?" chiese flebilmente lui. "È la sciarpa di mia mamma."

"È il modo più utile in cui tu l'abbia utilizzata finora."

"Lascia perdere, Taylor..." la esortò, quasi dolcemente, come se stesse riprendendo un bambino impegnato in qualcosa di inutile e stupido.

Lei scosse il capo, testarda, e tirando su con il naso continuò a concentrarsi sul suo lavoro. Ma le mani tremavano sempre di più e le lacrime scendevano sul viso, scivolando via lentamente...esattamente come stava facendo la vita di Jeremy sotto i suoi occhi.

"Beh, almeno non è vero." tossicchiò lui, tentando un altro debole sorriso.

"Non è vero cosa?"

"Che morirò da solo."

La ragazza si bloccò: "Che-che cosa dici, Jeremy?" balbettò, lo sguardo basso. "Tu non...non morirai."

"E poi dici che sono io quello che dice le bugie...sei proprio una mocciosa, Lor."

"Devo solo...ho solo bisogno di un cellulare..." mormorò la ragazza tra le lacrime, tastando la giacca di Jeremy. "Dove...dove cavolo...?"

"Smettila." con uno sforzo immenso, la sua mano gelida si posò su quella di Taylor, sporca di sangue e intenta a perlustrare spasmodicamente una tasca.

Lei nascose il viso dietro il braccio, un patetico tentativo di non farsi vedere mentre frignava. Si sentiva così inutile!

"Taylor, guardami." la implorò Jeremy. "Per favore..."

Finalmente incrociò i suoi occhi. I suoi occhi che stavano quasi per chiudersi, di cui scorgeva l'azzurro intenso, quello che non era mai cambiato, che non si era mai affievolito e che le sembrava ingiusto dover perdere così, per una stupida vendetta. Lei amava quell'azzurro. Non era giusto.

"Promettimi che comunque vada, cercherai di riconciliarti con tuo padre." era una richiesta formulata debolmente, ma lui ci credeva nell'amore di quel singolare uomo per Taylor. Sapeva che l'amava, riconosceva in lui i suoi stessi sintomi.

Taylor annuì nei singhiozzi.

"Promettimi che...se non potrò farlo io...farai in modo che Alex...non combini cazzate..."

Le scappò un sorriso tra le lacrime: "L'impegno ce lo metto, Jeremy."

"Promettimi che...imparerai a pattinare."

"Ok. Lo prometto." sospirò, incapace di aggiungere altro.

Silenziosamente, allungò la mano per stringere quella di Jeremy, odiando tutto e tutti quelli che si erano messi tra di loro, contro di loro.

Lui era sempre stato quello forte, quello determinato. Anche se faceva qualcosa contro la sua volontà, eseguiva tutto perfettamente. Dei tre era sempre stato l'unico a sapere a cosa andasse incontro, ma non l'aveva mai detto.

Aveva affrontato i suoi problemi con il coraggio di un leone che protegge gli animali più deboli e ora che il leone era stato colpito da un proiettile, gli animali più deboli non potevano fare altro che stare a guardare e sentirsi impotenti. Avrebbe voluto essere al suo posto e non capiva perché Dio stesse facendo questo proprio a lui. Non aveva già sofferto abbastanza?

"Stai pensando...al tuo Dio...vero?"

"Sì." rispose lei. "Sì, lui...non doveva farti questo."

"No, Lor." la contraddisse. "La mia preghiera ha funzionato."

Gli lanciò uno sguardo sconvolto e interrogativo.

"Quel giorno, a Stroud." disse. "Avevo chiesto...che..." respirava a fatica, i polmoni che lo stavano abbandonando, stanchi. "Che andasse tutto bene..."

"Oh, bel modo di fare andare tutto bene! Niente è andato bene, Jeremy! Guarda!"

"Non è vero." Jeremy tossì, stringendo forte la mano di Taylor. "Mi sono innamorato anch'io, Lor."

Il rumore di una brusca frenata a pochi metri da loro spezzò la catena di sguardi, ma chiunque fosse, arrivò troppo tardi. In quel momento Jeremy chiuse gli occhi, esausto, e mollò la presa sulla mano di Taylor.

🩸🩸🩸

"Taylor!" Allyson corse incontro all'amica, gettandosi con le ginocchia sulla neve e abbracciandola forte.

La ragazza rispose all'abbraccio come fosse un automa, rimanendo in silenzio perché non aveva nemmeno la forza di pensare.

Svenne poco dopo, oppressa da quel sovraccarico di eventi ed emozioni, ricordandosi solo la voce di Alex che chiamava un'ambulanza e quella di Richard che dopo aver discusso con la sorella, aveva deciso di inseguire Cordano finché non l'avesse raggiunto e fatto arrestare.



ANGOLO AUTRICE

Il titolo, "Salvarti per salvarmi", mi sembra alquanto emblematico. Per questo non vi rompo troppo e vi lascio subito al prossimo capitolo.



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