All I want for Christmas is...

By yellow_daffy_writer

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[COMPLETA] Jeremy Parker ha 22 anni ed è un criminale. Ha chiesto al suo migliore amico di aiutarlo a rapire... More

1. Deck the Halls
2. Broken Photo, Broken Heart, Broken Nose
3. Everybody's Fault
4. The Value of a Life
5. Fresh Fish and Hot Thoughts
6. Oh Holy Light
7. Monsters at the Diderot
8. Athens and Sparta
9. Heavens and Bell
10. A Lot of Things Together
12. Save You to Save Me
13. All Kinds of Love - part 1
14. All Kinds of Love - part 2
15. Omnia vincit amor

11. Fatal Encounters

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By yellow_daffy_writer

Allyson si svegliò sentendo suonare il suo telefono.

Si sporse sul comodino e lo afferrò per non perdere la chiamata: "Pronto?"

Si mise a sedere tirandosi le lenzuola per coprire il petto nudo, stando attenta a non svegliare Alex, angelicamente addormentato con la bocca socchiusa e una mano sul suo cuscino.

"Ally, sono io. Come stai?"

"Richard!" gioì a bassa voce. "Credevo che non potessi chiamarmi prima di domani."

"Come si fa a stare lontani dalla tua voce?" ridacchiò il fratello.

"Il solito adulatore." Allyson scosse la testa sorridendo. "Come stai?"

"Alla grande, sono di turno a Bourton e mi chiedevo se avessi tempo per passare a prendere il tuo regalo di Natale."

Alex si mosse leggermente, spostando la mano dal cuscino e portandosela accanto al viso. La ragazza scese lentamente dal letto, coprendosi con la prima vestaglia che trovò nei paraggi e uscendo dalla camera. In salotto la luce della vigilia di Natale filtrava attraverso le tende e, scostandole, osservò il paesaggio fuori, imbiancato in una suggestiva giornata di sole.

"Certo che verrei. Molto volentieri, Richie." rispose appoggiandosi al vetro e seguendo con gli occhi i due bambini che si prendevano a palle di neve sulla strada, ricordando quando quei due bambini erano lei e suo fratello, congelati fino all'osso, ma troppo felici di trovarsi nella neve fino alle ginocchia.

"Che ne dici di trovarci al nuovo caffè? Quello che ha appena appena aperto vicino alla stazione."

"Perfetto. Tra una mezz'ora ti raggiungo. Ti devo assolutamente presentare una persona, Richie." squittì, eccitata.

Richard si morse il labbro. Aveva sempre paura di fare conoscenza con persone sbagliate, ma non riusciva a dire di no ad Allyson: "Spero solo che non sia un pezzo di stronzo, oppure sai che faccio presto a spaccargli-"

"Sempre con queste manie da patriarca, Richard!" alzò la voce, in difesa del suo Alex, che di stronzo aveva ben poco: "Vedrai che farete amicizia in quattro e quattr'otto."

"Allora è davvero un ragazzo..."

"A dopo." sbuffò lei scuotendo la testa e chiudendo lo schermo del cellulare con uno scatto. Questo aspetto del carattere di Richard le aveva sempre dato fastidio. Non serviva a nulla fare l'iperprotettivo quando era stato lui il primo ad abbandonarla quando era una ragazzina innamorata del suo fratellone!

Si pentì subito del suo egoistico pensiero. In fondo, lui gliel'aveva sempre detto che sarebbe scappato per vivere la vita che voleva. Che colpa poteva fargliene?

"Ally." Alex entrò in cucina con i capelli neri arruffati e il cuscino ancora stampato in faccia, incurante di indossare solo un paio di boxer.

Per quanto la vista del suo ragazzo a petto nudo la allietasse, Allyson decise di voltargli le spalle e scaldare un buon tè: "Buongiorno, Bella Addormentata. Dormito bene?" gli domandò.

Il ragazzo diede un'occhiata fuori, riavvolgendo il nastro fino alla sera scorsa, quando, dopo aver chiamato Jeremy per tenerlo aggiornato da Bourton, era salito da Allyson, la casa vuota perché i genitori erano partiti qualche giorno verso una località montana.

"Beh, si può dire che ho preferito la parte prima del dormire."

Allyson sorrise, arrossendo: "Effettivamente è piaciuta molto anche a me..."

La raggiunse cingendole la vita e lasciandole un bacio sul collo, mentre lei riempiva le due tazze: "Chi era al telefono?" sussurrò solleticandole l'orecchio.

"Mio fratello." rispose lei. "Oggi te lo faccio conoscere."

Alex storse il naso: "Spero che non sia il tipico fratello geloso."

Allyson smise all'istante di versare il tè nelle tazze.

Si divincolò dalla stretta del ragazzo e sbatté la teiera sul ripiano, irritata: "Voi maschi siete tutti caproni uguali!" esclamò prima di andarsene nella stanza a fianco sbattendo sonoramente la porta. Alex pensò che fosse in quel periodo del mese, non vedeva altre soluzioni.

Jeremy diede un'occhiata al contachilometri, calcolando che ce l'avrebbe fatta senza problemi a raggiungere Burford nei tempi che aveva prestabilito.

Mancavano solo un paio d'ore e poi sarebbe tutto finito.

Jeremy amava Taylor. L'aveva capito nel momento in cui l'aveva sentita piangere sulla panchina di villa Heavens, l'aveva rinnegato tutte le volte che si era sentito bene con lei e l'aveva accettato solo la sera prima, quando l'aveva baciata.

Gli sarebbe piaciuto farlo di nuovo e continuare a farlo per tutta la sua vita, ma la sua vita era un fottuto casino e non poteva uscirne così per magia.

E adesso, proprio adesso che aveva aperto gli occhi, avrebbe dovuto forzatamente richiuderli e tutto perché non era concepito che lui fosse felice.

Aveva preso una decisione: aveva deciso che avrebbe considerato quel bacio come una piccola défaillance, che avrebbe dimenticato la sensazione che gli aveva invaso il cuore, che avrebbe finto che quel periodo della sua vita non fosse mai esistito e forse sarebbe stato capace di continuare senza fare appello al passato.

Si sarebbe concentrato su se stesso e non avrebbe mai più lasciato che una persona influenzasse la sua esistenza, mai più. Sarebbe ritornato il vecchio Jeremy egoista, che non si preoccupava di nessuno fuorché di se stesso e che non usciva di senno per una semplice ragazza.

Taylor si mosse sul sedile e con un sonoro respiro aprì gli occhi.

Il ragazzo le lanciò una rapida occhiata, senza dire nulla. Era ancora nel pieno della fase di rinnego dei sentimenti.

"Che ore sono?" biascicò lei, stropicciandosi gli occhi.

"Le dieci."

Taylor si sistemò sul sedile, guardando la strada e riconoscendo la statale che conduceva alla parte a Nord della regione: "Nevica da molto?"

"No."

"Sarai stanco di guidare."

"No."

"D'accordo..." la ragazza lo guardò strano, per accertarsi del suo stato. Sembrava normale, se si considerava quel persistente pallore una cosa normale.

"Ehi, oggi è la vigilia!" sorrise, cercando di rendere quell'atmosfera tesa un po' più allegra.

Nemmeno lei si sentiva in vena di festeggiamenti: al solo pensare che entro poco avrebbero dovuto separarsi le si annodava la gola, ma da persona speranzosa quale era, si augurava, fino all'ultimo, che lui cambiasse idea una volta arrivati a Burford.

Ecco, sperava di essere lei a convincerlo a rimanere, aiutandolo a superare tutte le sue difficoltà. Ovviamente Taylor non aveva idea dell'enorme caos con cui Jeremy doveva destreggiarsi per la salvare la propria vita e non solo, non sapeva che per Jeremy, di rimanere, non se ne parlava proprio.

"Ho...qualcosa per te." aggiunse, sorridendo ed estraendo un foglietto ripiegato dalla tasca del cappotto. Glielo porse, notando il suo sguardo smarrito, reso ancora più celeste dal bianco di fuori. Forse non si aspettava che lei avesse un regalo per lui, ipotizzò compiaciuta.

Jeremy prese il foglietto, titubante, e lesse il suo nome su uno dei due lati.

Possibile che stesse davvero ricevendo un regalo di Natale dopo anni?

Lo aprì tenendo un occhio sulla strada e quando vide il suo ritratto disegnato a matita, rimase profondamente colpito dalla perfezione con cui era stato riportato su carta. Se c'era una cosa che non potesse essere rinnegata era il talento di Taylor. Si chiedeva come avesse fatto a intrappolare nella matita tutti quei minimi dettagli che insieme davano un'inconfondibile immagine di un Jeremy sorridente. Era bellissimo; sia il disegno che il soggetto, naturalmente.

"Grazie...wow...beh, è..." difficilmente gli rimanevano in bocca così poche parole. "Non me lo aspettavo."

Taylor sorrise, soddisfatta di aver fatto affluire un po' di sangue a quelle guance.

"D'accordo, sì, me lo aspettavo." la smontò lui. "Erano giorni che ti vedevo disegnare e quando mi hai dato il foglio, ho capito perché. Ma non pensavo fossi così brava. E non pensavo stessi disegnando me."

"Ebbene sì." rimbeccò lei. "Sai com'è, certi sorrisi sono più unici che rari, per cui ho pensato di immortalarne uno per quando sarai il solito stronzo. Sappi che agli altri piaci quando sorridi."

Il ragazzo scosse la testa ridacchiando: "Mi sa che piaccio specialmente a te, mh?"

Taylor arrossì e proiettò lo sguardo sulla carreggiata, fuori dal finestrino.

Era impossibile restarle indifferente, pensò Jeremy, con un ghigno quasi rassegnato e allo stesso tempo divertito nell'osservare come si vergognasse.

"Ehi, ti capisco...è normale perdere la testa quando si ha una meraviglia davanti." rincarò la dose, tanto per vedere l'effetto delle sue parole su di lei. Effetto che amava, perché qualsiasi reazione di Taylor, per lui, era sempre interessante.

La ragazza avrebbe voluto sprofondare. La stava facendo sentire così sciocca: "Io non perdo mai la testa, Jeremy. So sempre quello che faccio."

"Quindi sei consapevole del fatto che io ti piaccia da morire."

"Finiscila!" intimò incrociando le braccia. "Sei tu che mi hai baciata."

"Il passato è passato." la prese in giro.

Lei sgranò gli occhi, offesa e oltraggiata: "Beh, anche quel disegno allora è passato! Ma guarda tu..."

"No, questo lo voglio tenere!" esclamò infilando il foglio sotto al maglione per evitare che lei lo riprendesse. "Immagina quale utilizzo potrebbe farne la polizia, se tu decidessi di farne mostra. Le uniche immagini che hanno di me sono quelle in cui sono un marmocchio con i denti davanti mancanti; non vedono l'ora di farmi un servizio come si deve, magari con un bello sfondo a strisce bianche e nere."

"Sei un barbaro!" esclamò lei, alterata. "Una cosa che ti manca oltre alla gratitudine è il tatto!"

"Però non mi manca il fascino, vero?"

"No, quello no. Ne hai tanto quanto l'autostima. Ehi, potresti aprire il finestrino? Il tuo ego mi sta soffocando."

"Certo, principessa." l'aria gelata irruppe nel piccolo abitacolo rimbalzando contro la faccia della ragazza, spettinandole i capelli.

"Chiudi il finestrino!" pigolò, mentre cercava di tenere a bada i ciuffi volanti.

"Sai usare qualche altro verbo oltre all'imperativo?"

"Sì: vai a quel paese. Imperativo esortativo."

Jeremy rise, alzando finalmente il finestrino e riportando una certa stabilità all'interno dell'auto: "Sei così irritante quando fai la saputella."

"Sei così irritante quando fai lo strafottente."

"Comunque grazie per il disegno."

La ragazza scosse la testa: "Prego, Jeremy." ribatté sarcastica.

Rimasero in silenzio; l'uno con il sorriso (forse era l'unico che i litigi mettessero di buon umore, oppure erano una cosa così normale da fargli scordare tutti gli anormali problemi che doveva sopportare), l'altra a braccia incrociate, buttata giù da una versione del ragazzo che niente aveva a che vedere con quella del giorno prima.

Continuò a pensarci per svariati minuti, godendo del momento di tacita pace che si era venuto a creare: in fondo anche litigare le accendeva quella piccola scintilla nel cuore.

Come i baci, come gli sguardi, come i pianti. Ogni cosa che facessero assieme risvegliava in lei un sentimento nuovo e ininterpretabile. Una specie di bibitone di tutte le emozioni esistenti, una voglia di non fermarsi mai perché quel mix le dava energia.

Gli lanciò un'occhiata, notando che anche lui era distrattamente immerso in qualche pensiero e poi ritornò a concentrarsi sulla strada.

Per fortuna lo fece.

"Jeremy!" gridò, afferrando il volante e sterzando, mentre lui frenava di colpo. I loro corpi vennero bloccati dalla cintura e la botta non fu poi così forte, ma il tonfo che avevano sentito non preannunciava nulla di buono.

"Taylor! Stai bene?"

"Sì, e tu? Chi diavolo era quell'idiota in mezzo alla strada?!"

Jeremy si sporse per vedere meglio chi aveva investito, poi sbuffò seccato: "Un travestito con la barba. Aspetta qui." le intimò slacciandosi in fretta la cintura e scendendo dall'auto.

Si avvicinò all'uomo disteso lungo la carreggiata, vicino al marciapiedi, e si accovacciò su di lui, verificando di non aver fatto danni seri: "Signore, tutto bene?" domandò, più seccato che preoccupato.

Un imbecille travestito da Babbo Natale era l'ultima cosa che gli serviva, dato che si trovava sul filo del rasoio di una missione che non aspettava altro di essere mandata a rotoli da un dettaglio insignificante. Come quell'imbecille travestito.

La vittima tossicchiò rialzandosi a fatica a causa della imponente massa del suo corpo, sputacchiando la neve che gli era entrata in bocca: "La gamba..." si lamentò.

Jeremy controllò l'arto che l'uomo gli aveva indicato. Non scorse nulla di troppo traumatico e dopo essersi accertato che riuscisse ancora a piegare le giunture, si rilassò, tentando di rimettere in piedi quell'omone imponente.

"Ti serve una mano?" la voce di Taylor suonò fin troppo vicina al suo orecchio destro.

"Quale parte di "aspetta qui" non comprendi?" le domandò, mentre issava l'uomo e sbuffava per la fatica.

La ragazza roteò gli occhi e aiutò a sorreggere Babbo Natale, che ben presto ritornò sui suoi piedi, zoppicando leggermente.

"Sono desolato, sono davvero un disastro." tentò di scusarsi. "Sono di fretta perché devo consegnare questi regali e scivolo continuamente sul dannatissimo ghiaccio."

"Ho notato." fu il commento di Jeremy.

"Ero caduto in mezzo alla strada e non riuscivo a fare altro che trascinarmi all'indietro. Ma voi siete arrivati prima che riuscissi a raggiungere il marciapiedi e io un giorno o l'altro la inizierò questa maledetta dieta. Vi ringrazio di aver frenato in tempo."

"Non si preoccupi, piuttosto torni a casa e si faccia controllare da un medico, per sicurezza." gli consigliò Taylor, apprensiva, guadagnandosi un grugnito nell'orecchio da parte di Jeremy. Dopo quella nottata al Diderot, non aveva ancora perso il vizio di parlare a vanvera.

"Non posso." scosse la testa il signore.

"Perché?"

"Beh, perché è la vigilia di Natale e io sono vestito da Babbo Natale." rise lui, facendo vibrare le sue grosse corde, poi prese il naso di Taylor tra l'indice e il medio e lo strinse amorevolmente. "Non è solo un impegno, ci sono venti bambini che mi stanno aspettando da un anno intero con un sorrisone sdentato. Non potrei mai deludere quei sorrisoni."

A Taylor quell'uomo sembrò davvero il Papà per eccellenza e gli sorrise, stregata dal suo modo di fare: "Andrà nelle scuole a dare le caramelle?"

Quando era piccola e andava alle elementari, adorava quel momento.

L'uomo scosse la testa: "No. Sono per i bambini dell'orfanotrofio."

Taylor lanciò una rapida occhiata a Jeremy, che aveva alzato le sopracciglia per la sorpresa. Improvvisamente quell'uomo gli era diventato simpatico.

Lo ringraziò mentalmente a nome di tutti quei ragazzini, a cui si sentiva inevitabilmente vicino, e poi si incantò a guardare i mille pacchi sparsi per il marciapiedi. Taylor avrebbe dato oro per congelare quell'attimo e avere il tempo di immortalare l'espressione di Jeremy in un ritratto. Non gliel'aveva detto, ma aveva fatto due copie del suo regalo. Una l'avrebbe conservata per sempre così da non dimenticare mai il suo volto.

Jeremy si disincantò con un colpo di tosse, poi si diresse verso il regali e li raccolse senza dire nulla, riponendoli frettolosamente nel sacco per restituirli a Babbo Natale.

"Grazie, ragazzo." sorrise lui, mettendo a posto la barba finta e il cappellino rosso. "Non so come scusarmi con voi."

"Non ce n'è bisogno." ribatté. "Riesce ancora a camminare?"

"Oh sì, tutto questo lardo ha attutito la caduta." rise di gusto con quel vocione profondo da perfetto Papà Natale, sistemandosi poco elegantemente i calzoni e rimettendosi il sacco in spalla per andarsene.

Ma quella risata contagiosa si affievolì non appena i suoi occhi appannati dalla neve si soffermarono nuovamente sul viso di Taylor. Rimasero sul volto della ragazza per un po' e poi, come preso da un'intuizione, il suo sguardo saettò verso Jeremy. Poi l'espressione cambiò radicalmente.

"Sa, cara, lei assomiglia talmente tanto a..."

"È vero, glielo dicono tutti. Non è così, Tracy?" Jeremy lo precedette, cingendo la vita di Taylor, sorridente.

"Sì, è vero..." rispose lei, sperando di intuire al più presto il gioco di Jeremy.

L'uomo li guardò confuso e sospettoso: "...a quella ragazza..."

"Già, Tessy Heavens, lei sì che ha talento." proseguì Jeremy, cercando di deviare i sospetti dell'uomo. "Come lei il violino non lo suona nessuno. Strano che la mia Tracy non sia di Bourton, avrebbero potuto essere parenti!"

L'uomo annuì, a corto di parole.

Ritornò a guardare la giovane, che tanto somigliava alla ragazza che era stata rapita nella sua città. In effetti non sembrava tanto una che era stata rapita, così amorevolmente avvolta nelle braccia di quella faccia d'angelo. Sembrava davvero in pace con se stessa, felice, si direbbe, al suo fianco.

Lui gli era sembrato un po' freddo e distante; gli aveva ricordato quel ragazzino che qualche anno prima vedeva sempre all'orfanotrofio durante il suo rituale giro di regali. Era uno dei più grandi e se ne stava sempre in disparte. Assisteva alla sua recita da un angolo con le braccia incrociate e non si lasciava mai avvicinare, nemmeno per riceve il dono che gli spettava. L'uomo aveva sempre intuito la sua voglia di volersi lasciare andare come gli altri e l'enorme bisogno d'affetto che reprimeva. Gli dispiaceva per lui, ma le suore gli avevano sempre detto che era fatto così e non c'era niente da fare.

Era sparito anni fa e non l'aveva più visto, anche se ora gli sembrava di averlo di fronte di nuovo: chissà forse anche lui, come quel ragazzino, era solo una facciata dura, ma non nascondeva nulla se non un amore profondo. Sicuramente per quella ragazza, si disse.

"Tracy non saprà suonare il violino, ma per me rimane la miglior artista del mondo." rincarò Jeremy, per rinforzare la copertura. "Non per niente è la mia ragazza. Vero, Tracy?"

I suoi occhi limpidi andarono a pregare quelli di Taylor perché capisse. Poi si sporse sul suo viso per lasciarle un fugace bacio a stampo sulle labbra, che lei ricambiò con piacere.

"Sei sempre così ammaliante, Ludwig." Taylor sbatté le ciglia, sorridendo esageratamente. "Ma è per questo che ti amo così tanto."

"Ludwig." protestò lui, sibilando a denti stretti mentre sfoggiava un sorriso forzato.

L'uomo li guardava come fossero due pazzi, ma comunque il suo cuore smise di agitarsi per i sospetti e la tensione si sciolse con una bella risata. Era un vecchio miope e sulle nuvole, che aveva appena subito uno shock; il suo sospetto non poteva che essere un'allucinazione. E poi, era sicuro che chiunque avesse avuto davanti non avrebbe potuto rappresentare l'unione di un rapitore con la sua vittima. C'era così tanto amore solo nello sguardo di quei due che come minimo dovevano essere fidanzati da anni.

"Oh, perdonatemi di nuovo." si scusò, allora. "Siete proprio una bella coppia."

"Meravigliosa." commentò Jeremy, guadagnandosi un pizzicotto da Taylor.

Dopotutto lei gli stava facendo un enorme favore; aveva l'occasione di farlo finire dietro le sbarre davanti agli occhi, travestita di rosso e bianco, e non la stava sfruttando. Aveva scelto di fare quella stupida sceneggiata, piuttosto di confermare i sospetti dell'uomo.

"Buon Natale, signore." cercò di congedarsi. "Si riguardi."

"Aspetta, ragazzo!" lo chiamò il Babbo, frugando nel sacco. "Non posso non ringraziarvi almeno con un piccolo dono. I bambini dell'orfanotrofio e io vi auguriamo buonissime feste." sorrise cordiale da dietro le lenti e con le guanciotte rosse, porgendogli un'elaborata sfera con un pupazzo di neve all'interno, abbellita da un fiocco rosso e un ramo di vischio. Era il regalo che aveva sempre tentato di porgere a quel ragazzino prima che sparisse dall'orfanotrofio. Ora l'avrebbe dato a Ludwig, che tanto gli somigliava e a cui augurava davvero il meglio.

"Grazie." soffiò Jeremy, abbassando gli occhi e non facendosi sentire nemmeno da lui.

Il Babbo Natale se ne andò zoppicando e lasciando Taylor con due occhioni dolci e lacrimosi, come una bambina commossa dal regalo più bello che potesse aspettarsi.

Jeremy la guardò, il solito atteggiamento indifferente: "Cos'è, mai visto un tipo che si traveste?"

"No, è che...è stato così carino e gentile..."

"Oh, principessina dell'universo." le cinse le spalle e la strinse a sé con fare divertito. "Domani festeggerai anche tu con regali e travestiti con la barba...te lo prometto."

Tralasciando il fatto che l'avesse chiamata "principessina dell'universo" e che suonasse molto come una presa in giro, Taylor lo guardò da quella posizione, con una voglia pazza di poggiare la testa lì sul suo petto e rimanere ad ascoltare il suo cuore.

"Mancherà comunque qualcosa." si limitò a dire, sperando che Jeremy cogliesse il riferimento.

"Lo so." ribatté lui, fingendo invece di non capire. "Il regalo di Ludwig."

Staccò la foglia di vischio dalla sfera e la infilò nella tasca del cappotto di Taylor: "Fanne buon uso, Lor."

Lei finse una risata, quando invece avrebbe volentieri lasciato che la malinconia s'impadronisse di quella scena: "Grazie."

Risalirono in macchina, un po' infreddoliti e amareggiati. Taylor sapeva che non avrebbe potuto farne così buon uso. Le sarebbe piaciuto vedere quel vischio sopra le loro due teste, ma il fatto che Jeremy le avesse indirettamente suggerito di utilizzarlo con qualcun altro l'aveva rattristita enormemente. Non sarebbe mai successo.

Jeremy mise in moto e sospirò.

Burford era vicina. Il momento in cui avrebbero dovuto dirsi addio ancora di più.

"Mi raccomando, Alex." la voce di Allyson era in qualche modo minacciosa. "Niente battute ingrate, niente occhiate troppo lunghe e niente domande strane."

Il ragazzo annuì, salendo la vietta che conduceva alla caffetteria.

"Comportati bene e sicuramente vi piacerete a vicenda."

Si passò una mano nei capelli forse un po' troppo lunghi per lui e annuì ancora.

"Hai capito, Alex?"

"Sì, perbacco, Ally." esclamò allora, sbuffando. "Che sarà mai, un mangiafidanzati?"

La ragazza gli lanciò un'occhiata truce e si fece strada camminando più velocemente fino a raggiungere la porta che era stata decorata con una scritta di buone feste: "Non mi fare pentire di essere tornata assieme a te."

Lui le fece il verso, pensando che nonostante tutto, a volte fosse proprio paranoica.

La seguì nel caldo ambiente di paese, riempito da qualche anima in giro per gli ultimi affrettatissimi acquisti di Natale e avvolto in un invitante aroma di caffè.

Al bancone stava seduto un ragazzo robusto, con una barba di parecchi giorni e i capelli ricci e crespi spettinati sulla fronte. Sembrava avere gli spilli sulla sedia, stava come pronto allo scatto, impaziente di vedere la sorella dopo tempo che non si incontravano.

Aveva un pacchetto rosa in mano, contenente un grazioso cappello di lana del medesimo colore, che aveva scelto con l'aiuto di ben due commesse per paura di deluderla. Era agitato il triplo del solito: non solo aveva una paura folle che Allyson sospettasse che lui fosse coinvolto nel rapimento della sua migliore amica, ma doveva inoltre sopportare la presenza di un intruso.

La sola idea che qualcun altro potesse condividere con lui la sua intoccabile sorella gli faceva rivoltare lo stomaco e il fatto che molto probabilmente questo individuo sarebbe stato addirittura più presente di lui nella sua vita gli faceva venire voglia di prenderlo a sprangate a priori.

In più, da quando l'aveva vista piangere alla televisione a causa in minima parte sua, si era ammattito così tanto che aveva quasi cambiato idea sul fronte rapimento. Ovviamente il mirabile Cordano non gli aveva lasciato scelta e quindi ora si trovava lì con un senso di colpa grande quanto quella caffetteria.

"Richie!"

La sua testa si girò di scatto per incontrare l'esile figura della ragazza, radiosa nel suo cappotto beige. Si alzò e le corse letteralmente addosso, abbracciandola con impeto e stringendola così forte che i suoi piedi si sollevarono da terra e incominciò a tossicchiare: "Non sono un orsacchiotto di peluche, Richie. Potresti rompermi."

Allentò la presa baciandole la fronte: "Mi sei mancata, Ally."

Alex li raggiunse in quel momento, non aveva voluto rovinare il melodrammatico incontro, ma appena si fece più vicino i suoi occhi si assottigliarono, seguendo quel profilo barbuto e scannerizzando quell'immagine stranamente familiare.

"Anche tu." sorrise la ricciolina, poi accennò ad Alex. "Ecco, lui è ragazzo che ti volevo presentare, Richie. Si chiama Alex."

Fu una specie di esplosione atomica l'incrocio tra gli sguardi dei due ragazzi. Un silenzio tombale piombò nel bar, come in ogni film che si rispetti, e persino l'aria sembrò gelare all'istante. Qualcuno avrebbe potuto giurare di aver sentito un tuono all'esterno.

"Tu." una sola sillaba che sembrava traboccare di disprezzo da parte di Richard.

"No, dimmi che non è vero..." era impossibile per Alex accettare che quel verme avesse lo stesso sangue dell sua Allyson. Non voleva credere ai suoi occhi.

Proprio quest'ultima impallidì e fece spola con lo sguardo tra la figura dell'uno e l'altro.

"Quel Richard." ringhiò Alex sentendosi sormontare dalla rabbia e dal rancore di quel giorno all'hotel in cui aveva dovuto ricorrere alle mani per impedirgli di aprire la porta del bagno mentre Taylor stava facendo una doccia.

"Quell'Alex." a dire il vero Richard non ricordava nemmeno il suo nome, ma il viso di quello stronzo lo aveva irritato la prima volta che si erano visti e continuava a irritarlo anche in quel momento con crescente intensità.

"Dimmi che questo porco non è davvero tuo fratello." Alex si rivolse ad Allyson, facendole aprire la bocca con incredulità.

"Non ti permettere!" s'indignò lei.

"Allyson, se ti sei davvero fidanzata con questo coglione, hai perso la ragione."

"Richard! Siete impazziti?"

"Coglione, eh?" Alex lo raggiunse con una sola falcata, puntandogli addosso lo sguardo più astioso che avesse. "Prova a ripetere, stronzo."

Richard non ci vide più, era totalmente sopraffatto dalla rabbia, e fu incontrollabile la reazione che lo spinse a colpire il ragazzo dritto al volto, facendolo cadere all'indietro per l'urto.

"Oh mio Dio!" esclamò Allyson correndo in soccorso del suo ragazzo.

Lui la allontanò, scattando in piedi e pulendosi il labbro. Ripagò Richard con la sua stessa moneta, sferrandogli un fortissimo pugno allo stomaco.

La rissa che si scatenò qualche secondo più tardi fu inevitabile. Mentre Allyson e il proprietario della caffetteria pregavano perché la smettessero, i due ragazzi si colpirono a vicenda senza pietà, entrambi non riuscendo a sopportare il fatto che l'altro fosse in qualche modo legato alla ragazza.

Incredibile la voglia che avesse Alex di essere aggressivo con quell'essere, incredibile anche il rancore che provasse nei suoi confronti, non essendo abituato a quel tipo di sentimento. I suoi modi rozzi e pesanti lo nauseavano e l'ipotesi che avessero potuto essere rivolti alla sua Allyson incrementava sempre di più la forza con cui dava pugni a raffica.

"Uscite da qui, oppure chiamo la polizia!" tuonò il proprietario, ottenendo finalmente un po' di ascolto da parte dei due. La polizia non sarebbe stata d'aiuto a nessuno dei due, sicuramente.

Si fermarono guardandosi intorno e notarono le svariate paia di occhi puntate su di loro. Una su tutti, la più sconvolta, ferì profondamente entrambi. Richard avrebbe preferito sprofondare sotto terra.

"Grazie davvero a tutti e due." Allyson aveva un tono che traboccava di delusione, verso entrambi i fronti. Diede loro le spalle e uscì dalla caffetteria con passo veloce e deciso, sentendosi esterrefatta e irrimediabilmente tradita.

Senza pensarci molto, i ragazzi la seguirono, per uscire assieme dalla porta e chiamarla invano, mentre lei non abbandonava i suoi passi.

Alex fece per correrle dietro, ma Richard lo trattenne per la giacca, facendolo cadere di nuovo a terra.

"A lei pensiamo dopo." ringhiò guardandolo dritto negli occhi.

"Immagino che tu sia abituato a pensare a lei dopo."

Alex si beccò un pugno più violento dei precedenti che gli fece sanguinare copiosamente il labbro. Gli aveva fatto male, ma non si era pentito della frase che aveva detto.

"Non azzardarti mai più a dirlo, pezzo di merda!" gli intimò il ragazzo, ormai vinto dalla rabbia.

"È la verità!" si difese Alex, gridando. "Sei uno sporco doppiogiochista, dove trovi la forza di fingere davanti a lei come se nulla fosse?"

"Oh, quindi deduco che tu le abbia raccontato tutto, vero, pezzo di stronzo?" Richard gli si avvicinò, afferrandolo per il colletto della giacca.

Alex tentò di divincolarsi, ma la stretta del ragazzo non ammetteva obiezioni.

"Il tuo amico ti ha scaricato qui perché non gli servi più?"

Richard rise di nuovo, nella sua proverbiale cattiveria: "Che c'è, braccio destro del cazzo, il tuo compagno segreto di scopate ha realizzato che eri un peso morto? Ti ha lasciato in pasto agli squali per potersi dedicare meglio al suo lato etero?"

Alex non rispose, ma gli sputò dritto in faccia; quelle gli sembravano solo cattiverie gratuite. Jeremy non lo aveva abbandonato. Non poteva sapere che Richard era a Bourton.

Richard si ripulì senza smettere di ridere amaramente: "Ti avverto, feccia, prova solo a toccare mia sorella e io ti farò pentire di essere nato."

"A quanto pare tieni davvero tanto a tua sorella, eh? Così tanto che non ti importa di essere un gran pezzo di merda nei suoi confronti."

"Non permetterti di parlare di Allyson e non dirmi come devo comportarmi."

"Certo che ne parlo, invece. Sono il suo fottutissimo fidanzato e la capisco molto meglio di te." lo sfidò, allora, riuscendo finalmente a liberarsi dalla sua stretta. "Lei ti ama perdutamente, ti venera e ti difende. E tu invece non sai e non puoi far altro che nasconderle la verità, farla soffrire e prenderti gioco della sua fiducia. Se è questo il tuo modo di dimostrarle quanto ci tieni, beh allora lasciati dire che non vali niente come persona e come fratello."

Gli occhi nocciola di Richard lampeggiarono e un altro lamento di dolore sfuggì dalla bocca di Alex, dopo essere stato colpito violentemente.

"Chiudi quella bocca, feccia! Tu non sai un cazzo di come tratto Allyson!" gridò guardando il ragazzo a terra in modo quasi spaventato.

Forse le sue parole non erano così insensate, ma erano indicibili. Non era disposto ad ascoltare, tanto meno ad accettarle.

"Beh, a giudicare da come tratti gli altri, Richard..." ribatté il moro rialzandosi in modo traballante.

"Quella ragazza non ha niente a che vedere con Allyson." fu la sua ragione.

Alex rise sprezzante: "No? Sono amiche, sono coetanee e si conoscono da una vita. Se ci fossimo sbagliati e avessimo rapito Allyson? Eh?"

Quella domanda riecheggiò nell'aria, mentre il traffico sembrava essere scomparso e persino la neve aveva preso a scendere più soavemente.

"Se non avessi conosciuto Ally e avessimo preso lei? Se fosse stata lei quella minacciata di non rivedere più la sua famiglia?

E se i rapitori non fossimo stati noi, ma qualcuno di molto più esperto e senza scrupoli?" il petto di Alex si alzava e abbassava a corto di fiato per la lotta, mentre quello di Richard si muoveva alla stessa maniera, in cerca disperata di ossigeno. Le immagini che gli stavano scorrendo nella mente erano a dir poco disarmanti.

"E se fosse stata Ally quella a trovarsi faccia a faccia con uno stronzo della tua portata, in un pub di maniaci alcolizzati, senza la certezza di nulla se non quella di poter morire?"

Lui, a differenza del moro, era molto più pratico del mestiere e conosceva persone davvero capaci di tanto. Aveva visto cose sgradevoli e aveva riso per scongiurare quell'amarezza che ogni volta gli avevano suscitato. In quel momento l'idea che tutto quello che era in progetto per Taylor Heavens avesse potuto riguardare Allyson gli faceva venire i brividi.

"È una merda, vero?" lo riscosse Alex, avvicinandosi.

"Stammi lontano!" gli ordinò, quasi fosse un appestato.

Si stava davvero sentendo male; un senso di angoscia si era insidiato nel suo cuore e non riusciva a scacciarlo. Più pensava alle parole di quel ragazzo, più la sua testa vorticava in preda al terrore e ai sensi di colpa.

"Anche io la amo." continuò Alex. "Non sopporterei che le succedesse qualcosa di brutto. Taylor poteva essere Allyson e sai una cosa? Neanche Taylor se lo merita. Immagina quanto male è stata lontano dalla sua famiglia, immagina la paura che avuto, immagina quella sera al Diderot, Richard."

Il ragazzo indietreggiò di un passo, lo sguardo perso nel ricordo. Aveva scoperto solo pochi giorni prima che quella Taylor era così legata ad Allyson, e si era sentito un verme. Ma non tanto quanto il momento in cui si era rivisto darle della troia e farle assumere un'espressione terrorizzata.

Si era davvero comportato da maiale. Non aveva idea che la ragazza fosse la migliore amica di sua sorella, allora. Forse se l'avesse saputo, qualcosa sarebbe cambiato. Forse no. Forse immaginare Allyson al suo posto, ora, glielo stava facendo capire. Forse realizzare quanto male stesse causando alla sorella lo aveva distrutto sin da quando aveva visto il telegiornale e ora era arrivato al punto in cui non riusciva a sopportarlo.

Ma si era anche reso conto della sua stupidità: chiunque avrebbe potuto essere Allyson e il suo lavoro era proprio quello di rendere la vita difficile a chiunque.

Gli spari, la rissa nel pub, le persone colpite dai proiettili: una ragazza che non c'entrava nulla avrebbe potuto essere uccisa. Perché? Per un capriccio di un animale come Cordano e della bestia che aveva come assistente.

"Immagina che Allyson fosse stata al posto di Taylor." insistette Alex, un rivolo di sangue che scese dal labbro tagliato. "Immagina che uno di quei vermi l'avesse presa e l'avesse violentata."

"Ho capito, basta!" lo bloccò il ragazzo, alzando le mani di fronte a lui come per fermarlo. Era incapace di ascoltare di più. La testa gli stava scoppiando e sentiva un'opprimente sensazione di rimorso e di paura per tutto quello che sarebbe potuto succedere. "Basta." ripeté, in un sibilo straziato.

Alex rimase in silenzio. Per una manciata di secondi si sentì solo il suono dei loro respiri pesanti.

"È vero, ho sbagliato. È questo che vuoi sentirti dire?" quella di Richard era una preghiera perché Alex la smettesse di farlo sentire così sporco e colpevole.

"Sì."

"D'accordo, allora. Lo ammetto. Ho sbagliato."

"Mi sembra impossibile che siate fratelli, perché tu non sei come lei?"

"Che domanda del cazzo, Alex, il braccio destro stupido." s'innervosì di nuovo. "Anche i miei genitori se lo sono chiesti per anni, ma nessuno ha mai capito la semplice e chiara risposta. Io non sono come loro, come gli altri, io sono diverso punto e basta. E tu sei l'ennesimo deficiente che non lo capisce."

"Lo capisco, invece." rispose Alex. "Anch'io sono diverso. Non sono brillante o intelligente come altri, faccio casini in continuazione, ho deluso spesso i miei genitori e...le persone che amo. Ma Allyson è stata capace di farmi sentire speciale lo stesso. Io voglio stare con lei, Richard, anche se a te non va bene. E non mi importa se mi farai pentire di essere nato, sopporterei anche questo per lei."

Richard rimase in silenzio, con uno sguardo impassibile.

"Se per te vale lo stesso, lascia che lei ti migliori." suggerì il moro. "Lascia perdere quella schifezza in cui ti sei lasciato trascinare da Cordano. Fallo per Allyson."

Il riccio si avvicinò ancora ad Alex, che, dolorante e troppo stanco, si lasciò prendere per il colletto senza difendersi: "Sai una cosa, Alex?" gli sputò in faccia con cattiveria, ma con una certa insicurezza nella voce. "Ti credevo inutile, invece sei davvero una spina nel fianco."

Alex alzò le sopracciglia: "Dovrei forse prenderlo come un complimento?"

"Assolutamente no." gli rispose l'altro, recuperando il suo ghigno divertito. "Non ti sopporto e mi fai schifo dal primo secondo in cui ti ho visto, ma se mia sorella ha scelto te come fidanzato, allora deve aver avuto delle ragioni." sorprendentemente gli aveva fatto un sorriso sghembo. "Solo un passo falso, amico, e questa non sarà stata l'ultima rissa tra me e te."

"Idem per te, amico." ribatté Alex, sfidandolo.

"Lo faccio solo per Allyson." tornò a ripetere Richard.

"Io pure."

Sembrò quasi che fosse avvenuto un miracolo. In realtà Richard aveva semplicemente convenuto con le parole di Alex. Aveva esagerato, aveva permesso troppe ingiustizie ed era stato artefice di cattiverie che non sarebbe più stato in grado di ripetere, nemmeno se avesse voluto. In più, c'era qualcosa che gli era venuto in mente, qualcosa con cui davvero poteva dimostrare quanto tenesse a sua sorella e magari impedire che tante persone soffrissero.

"Alex?"

"Sì?"

"Avvisa il tuo amico, non gli rimane molto tempo."

Mentre la radio trasmetteva il concerto natalizio di una famosissima orchestra a Londra, anche il cellulare di Jeremy suonò, rovinando una bellissima "Silent Night" di viole e flauti.

Taylor si sporse per abbassare il volume e lui rispose, senza nemmeno controllare il numero del mittente.

"Non andare a Burford!" fu la prima cosa che sentì dall'altoparlante.

Allora sì, staccò il cellulare dall'orecchio e controllò di aver riconosciuto bene la voce.

"Alex?"

"Dove siete, Jeremy? Non dovete andare a Burford, allontanatevi subito, non imboccate neanche la statale!"

"Alex, ormai sono all'entrata della città." rispose lui, confuso. "Che succede?"

"Merda. Devi deviare!" gli ordinò l'amico, il tono ansioso e preoccupato. "Hanno capito che ti saresti diretto lì e Cordano ha seminato gente da tutte le parti."

"Come ha capito che...? Che cosa stai-"

"Vogliono uccidervi, porca puttana!" gridò, disperato.

Jeremy trattenne il respiro; si aspettava una cosa del genere, ma non in quel momento, non con Taylor ancora al suo fianco. Pensava di avere il piano perfetto, ma evidentemente c'era stata qualche falla.

"Che cazzo ho sbagliato?!" rimproverò quasi a se stesso. "Sai dove sono?"

"Ci sono circa dodici persone a Burford, come minimo quattro saranno alle porte della città. Ha piazzato gente anche lungo l'autostrada: devi completamente cambiare rotta, Jeremy. Adesso."

Il ragazzo lanciò un'occhiata a Taylor, che cercava di capire qualcosa scrutandolo. Doveva pensare in fretta, ma era difficile pensare in una situazione di quella portata. Ogni possibile soluzione che gli saltava alla mente veniva scartata nemmeno un secondo dopo.

Quando, però, consultò lo specchio retrovisore, ogni singola soluzione esistente diventò impossibile.

Mentre il sangue gli si gelava nelle vene e il cielo gli crollava sulla testa, anche i suoi occhi si inumidirono: non seppe se per la frustrazione o per la consapevolezza che tutto era finito in quell'istante. Non c'era più speranza.

Edoardo Cordano si era appena immesso nella statale e con un'accelerata l'aveva raggiunto, standogli esattamente alle calcagna.

"Grazie, Alex." biascicò mentre tratteneva il nodo della sconfitta nella gola.

"Ti prego, Jerry, allontanati da lì il più in fretta possibile. Anche Cordano è sulle tue tracce, perciò è meglio che tu sparisca del tutto. Ti daremo una mano da qui e appena sarai da qualche parte correrò da te. Hai capito?

Jerry, hai capito?"

"Certo che ho capito." la voce di Jeremy tremò. "Ti sembro forse scemo?"

"Beh, no. Fammi sapere qualcosa senza lasciar passare un'eternità." rispose Alex. "Non farmi preoccupare troppo, ok?"

Jeremy faticò a trattenere una lacrima, mentre il sorriso sprezzante di Cordano si rifletteva sul suo specchietto.

"Ti voglio bene, Alex."

Terminò la telefonata senza aggiungere nient'altro. Non gliel'aveva mai detto prima e se ne pentì.

"Jeremy, che cosa succede?" domandò Taylor, che aveva seguito tutto intuendo che qualcosa di irrimediabile stava per succedere.

Jeremy guardò la diramazione dell'autostrada nelle sue diverse uscite, scartando quella contrassegnata dal cartello "Burford", poi tornò a guardare Cordano, sempre dietro di loro.

No, non aveva più scelta, ma fu in quel momento che capì che c'era una cosa che avrebbe cercato di salvare a tutti i costi. Qualcosa che importava più della sua stessa vita. Qualcosa, anzi qualcuno, che aveva importato più della sua stessa vita per tutto quel tempo.

Guardò Taylor e decise: il volante girò, le ruote stridettero e Jeremy imboccò l'unica strada che conduceva a Bourton.



ANGOLO AUTRICE

Gli "Incontri Fatali" qui sono tanti: quello di Richard con Alex, quello di Jeremy e Taylor con Babbo Natale, ma, soprattutto, quello di Jeremy con Cordano.

A quale piano avrà pensato Jeremy?? Ma, SOPRATTUTTO, voi credete a Babbo Natale? (adesso mi ammazzate) 🎅🎅🎅

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