1943. Tre Passi per Sopravviv...

By -Francesco

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Vincitore #Wattys2016 categoria "Apripista(Trailblazers)". Nate(Nathan) Dumont è riuscito a nascondere la su... More

Prologo.
Capitolo 1.
Capitolo 2.
Capitolo 3.
Capitolo 4.
Capitolo 6.
Capitolo 7.
Capitolo 8.
Capitolo 9.
Capitolo 10.
Capitolo 11.
Capitolo 12.
Capitolo 13.
Capitolo 14.
Capitolo 15.
Capitolo 16.
Capitolo 17.
Capitolo 18.
Capitolo 19. Primo passo.
Capitolo 20. Secondo Passo. Parte 1.
Capitolo 20. Secondo Passo. Parte 2.
Capitolo 21. Terzo Passo.
Capitolo 22.
Capitolo 23
Capitolo 24.
Capitolo 25.
Capitolo 26.
Capitolo 27
Epilogo.
BONUS, Giornata della memoria

Capitolo 5.

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By -Francesco

Quando arrivò il treno, Nate capì che non era un treno comune. A giudicare dall'aspetto, veniva utilizzato per il trasporto di grandi carichi, magari di ghisa, o forse di legno.
Nate si guardò intorno: tutte queste persone ora rappresentavano un grande carico. Non c'era da stupirsi.
Per i tedeschi la ghisa importata valeva molto di più degli ebrei, dei rom e degli omosessuali deportati, eppure eccoli qui ad impegnare i loro treni più grandi per un folla di prigionieri.
Nate notò una grande massa verdastra avvicinarsi verso la folla, circondandola. I soldati li stavano spingendo verso i vagoni.

In mezzo a quella bolgia, Nate pensò di afferrare Gilb per il braccio. Sapeva che se non l'avesse fatto l'avrebbe perso. Spinti dalla corrente umana Nate e Gilb si ritrovarono a bordo di un vagone.

Lì dentro c'era umidità, e odore di muffa. Nate non seppe dire cosa avesse trasportato di recente quel vagone in cui era finito.
Nonostante non ci fosse più spazio, i soldati fecero salire altre persone.

-Nate! Nate! Dove ci vogliono portare?- gli chiese Gilb sempre tenendolo stretto per il braccio.
Gilb gli aveva fatto la stessa domanda tante volte da quando erano arrivati alla stazione, ma Nate lo aveva ignorato.
-Non ne ho idea Gilb.- Le sue parole vennero fuori rauche dalle sue labbra asciutte.

Gilb, spaventato, scosse la testa per poi abbracciare Nate, che avrebbe voluto consolarlo, ma non c'era modo di farlo.

Un uomo in divisa sulla cinquantina si fermò di fronte al vagone e lo scrutò, come se stesse cercando di contare le persone al suo interno.
Aveva una pancia enorme, che sembrava quasi scoppiare sotto la sua uniforme zeppa di distintivi. Era senz'altro un ufficiale.
Aveva un'aria furibonda, sembrava irritato. Disse qualcosa a un soldato senza neanche guardarlo in faccia e passò avanti.
In men che non si dica, il soldato si mosse e il portellone del vagone si chiuse cigolando e stridendo.

Rimasero al buio. La poca luce che c'era filtrava debole da una finestrella posta al centro del tetto del vagone.
Nate pensò a occhio e croce che in quel vagone ci fossero quaranta persone, o forse cinquanta.

Nate, che era vicino alla parete, si appoggiò per poi trascinarsi a terra, e lì si sedette. Gilb lo imitò.

Avrebbe voluto sprofondare, sparire. Erano nella terribile situazione di impotenza.
Erano come dei piccoli insetti in trappola. E non erano i soli, ce n'erano almeno mille in tutto il treno.

Nate pensò a sua madre e a sua sorella. Le uniche donne che avesse veramente amato. Si chiese come avrebbero fatto senza di lui a tirare avanti. Lui era l'uomo di casa ed era lui a portare i soldi a casa.
Le avrebbe più riviste?
Ripensò al dolce sorriso di Vivian, e sperò che rimanesse sempre felice e spensierata anche senza di lui.
Avrebbe tanto voluto abbracciare sua madre e sua sorella in quel momento. 

Guardandosi intorno però Nathan si sentì quasi fortunato. Le famiglie, raggruppate, soffrivano insieme.
Sì, si abbracciavano forte, si sostenevano l'un l'altra, ma soffrivano. La pena non sarebbe stata risparmiata a nessuno in quel vagone, tutti lo sapevano.
Cambiò idea, e pensò che per nulla al mondo avrebbe voluto la sua famiglia lì con lui. Nate, in confronto a molti altri in quel treno, aveva il privilegio di sapere che la sua famiglia era in salvo.
Questo pensiero lo alleggerì.

Ma lui aveva Gilb. E cos'era Gilbert se non un fratello? Non lo avrebbe mai abbandonato. Proprio come non avrebbe mai abbandonato sua sorellina se fosse stata lì con lui.

Uno sferragliare sinistro riportò Nate alla realtà. Il treno cominciò a muoversi  facendo un gran fracasso. Alcuni si sedettero nel pavimento umido e maleodorante, altri rimasero in piedi cercando appigli di fortuna per non cadere addosso ad altre persone durante la marcia.

Il treno scorreva velocemente sulle rotaie provocando un clangore ritmico e regolare. Qualcuno parlava. Un bambino di tre anni si divertiva a battere le mani nella parete metallica del vagone. Questi erano gli unici suoni udibili, la maggior parte delle persone stava in silenzio. Un silenzio snervante che rendeva l'atmosfera dura e cupa.
-Credi che troverò mai un ragazzo?- gli chiese Gilb improvvisamente.

Nate si girò di scatto, e lo guardò scettico. -Ma che dici Gilb?-

-Sì lo so. Non ti sembra il momento, ma non mi importa. Rispondi.-

Era vero, non era né il luogo né il momento secondo Nate.

-Hai paura che ti sentano? Che ti importa? Tanto qui siamo tutti condannati.-

Gilb aveva ragione, non c'era niente di cui vergognarsi. Ma Nate non capì comunque.

-Perché mi fai questa domanda?-

-Perché non ho mai avuto un ragazzo. E probabilmente non ce l'avrò mai, però mi piace sognare. È l'unica cosa che posso fare per scacciare i brutti pensieri.-

Nate lo guardò, non più con scetticismo ma con ammirazione. Fino a poche ore fa Gilb era spaventato e disperato. Ora invece era rassegnato e stranamente "sereno".
Dunque era questa la fase successiva della tragedia? L'accettazione di essa?

Nate decise di rispondere.
-Visto che ti va di sognare, allora sì, lo avrai.-

-E credi che sarà bello?-

-Più che bello, moro con gli occhi verdi, come piacciono a te, no?-

-Sì, esatto! E avrà un bel fisico anche! E dimmi, secondo te dove vivremo?-

-In un cottage in campagna. Circondati dalla natura.-

-Spero gli piaccia leggere!- disse con voce sempre più rauca.

-Oh sì, adora Jules Verne, proprio come te.-

-Sembra proprio perfetto.- disse Gilb.
Nate si sentiva ridicolo, ma gli piacque l'idea del suo amico. Alleviare le tensioni è tipico di Gilb. Lo osservò. La testa poggiata sulla parete, gli occhi rivolti verso l'alto, come se stesse guardando le nuvole nuotare nell'immensità del cielo.
I suoi occhi sognanti brillavano.
Anche Nate guardò verso l'alto, e in un attimo si sentì sollevato.
Gli sembrò di vedere un incantevole notte stellata, che andava pian piano assumendo una tonalità purpurea. Il cielo cambiava sempre di più, ora aveva meno stelle, ora non sembrava più un cielo... e ora non era altro che puro metallo.
Non c'era nessun cielo. Nessuna casa e nessun ragazzo moro con gli occhi verdi. Solo il triste tettuccio del vagone.
Gilb posò la testa sulla spalla di Nate- Non è giusto... non è giusto Nate.- ripeté con voce rotta dalle lacrime.

***

Tre giorni fanno in fretta a passare quando non ci pensi.
Ma quando ci pensi sembrano infiniti.
Tre giorni di viaggio, senza alcuna interruzione. Senza cibo, senza acqua e naturalmente, senza latrina.
Il freddo si fece sentire. Questo fece capire alla mente ormai intorpidita di Nate che si stavano avvicinando alle terre del Nord. In Germania, presumibilmente.

L'umidità si aggiunse alle tante sofferenze. Il bambino di tre anni che fino a qualche giorno fa giocava ignaro, ora piangeva e tremava in un angolo.

Nate, stava sempre seduto nello stesso punto, con Gilb al suo fianco. Si riscaldavano a vicenda.

Nate osservò il bambino, solo e infreddolito. Non osò chiedersi dove fossero finiti i genitori. Non ce la fece più.
Si alzò improvvisamente, e si fece spazio fino a lui. Le gambe addormentate lo fecero barcollare un po'.
Quando lo raggiunse si tolse la giacca della divisa e l'avvolse intorno al piccolo. Poi lo prese in braccio e lo portò con sé vicino a Gilb.
-Ti riscaldo io, tranquillo.- sussurrò al piccolo orecchio congelato del bambino.

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