STARLIGHT

By cristinastories

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I corridoi dell'università sembrano infiniti, soprattutto per una matricola come Daisy. Tutto è nuovo e belli... More

Prologo.
Capitolo 1.
Capitolo 2.
Capitolo 3.
Capitolo 5.
Capitolo 6.
Capitolo 7.
Capitolo 8.
Capitolo 9.
Capitolo 10.
Capitolo 11.
Capitolo 12.
Capitolo 13.
Capitolo 14.
Capitolo 15.
Capitolo 16.
Capitolo 17.
Capitolo 18.
GRAZIE.
Capitolo 19.
Capitolo 20.
Capitolo 21.
Capitolo 22.
Capitolo 23.
Capitolo 24.
Capitolo 25.
Capitolo 26.
Capitolo 27.
Capitolo 28.
Capitolo 29.
Capitolo 30.
SEGUITO.

Capitolo 4.

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By cristinastories

Canzoni per il capitolo:

Imagine Dragons - It's Time

The Fray - Corners

Citazione:

"Tu guardi le stelle, stella mia, ed io vorrei essere il cielo per guardare te con mille occhi... "
Platone.

Nomi di costellazioni e di stelle stavano prendendo il posto di un sogno meraviglioso in cui io e i miei genitori stavamo pranzando in riva ad un fiumiciattolo. Andromeda, Cassiopea, Centauro e tanti altri nomi che non avevo mai sentito pronunciare cominciarono a svolazzare nella mia testa, o meglio venivano pronunciati dalla voce calda e profonda di Ethan. Improvvisamente era diventato notte e le stelle erano ben visibili in cielo, come se non fossimo più nella nostra città, ma in montagna dove non ci so no luci. Il ragazzo mi indicava con la mano il cielo e io ascoltavo, come se parlare con lui e soprattutto trovarmi in quel posto fosse normale. Beh, nei sogni lo era... Lo ascoltai e mi lasciai cullare dalla sua voce, fino a quando quel suono morbido e caldo fu sostituito da frequenti rumori acuti di piatti della batteria. Aprii immediatamente gli occhi e capii che il suono proveniva dall'appartamento del mio carissimo vicino : Ale.

Contai fino a dieci prima di saltare giù dal letto per andare a chiedergli gentilmente di smetterla.
Dieci, mi rigirai tra le coperte. Nove, Ale continuò a suonare. Otto, afferrai il cuscino per mettermelo in testa e magari cercare di rendere quel rumore meno fastidioso. Sette, feci fatica a respirare, perciò rimisi il cuscino al suo posto. Sei, presi un respiro profondo. Cinque, afferrai il cellulare dal comodino. Quattro, controllai l'ora. Tre, mi accorsi che erano solo le sei del mattino. Due, riappoggia il cellulare al suo posto. Uno, la mia testa mi ricordò amaramente i minuti in più che avrei potuto dormire se non fosse stato per il mio insopportabile vicino di casa. Zero, scesi dal letto infuriata, pronta a dirgliene quattro.

Ero in pigiama, con i capelli scuri arruffati, i calzini bianchi, gli occhi assonnati, eppure non mi importava. L'unica cosa che mi importava era far smettere tutto quel baccano per poter tornare nel mio caldo e morbido letto. Dopo una serata come quella precedente avevo bisogno di sonno per poter riaffrontare la giornata successiva, tra studio e altro lavoro, e Ale non era d'aiuto. Più volte avevo cercato di fargli entrare in quella testa quel facile concetto, ma non c'ero mai riuscita.

Mi scaraventai fuori dal mio appartamento, con la rabbia e il nervoso che scorreva nelle mie vene e cominciai a bussare insistendo su quella fredda porta di legno. Il volume della musica era così alto che avevo paura che non mi sentisse nemmeno, ma io non avevo alcuna intenzione di arrendermi. Doveva smettere. Basta. Erano le sei del mattino. Con che coraggio si metteva a fare tutto quel baccano?
Possibile che le vibrazioni dal box si sentissero solo al primo piano e il resto el condominio continuava a dormire inditurbato?

Grazie a Dio, aprì la porta quando quasi non riuscii più a sentire le nocche della mia mano e senza nemmeno aspettare che si aprisse del tutto, cominciai a dire:<<Alessandro, mi spieghi quante volte devo ancora ripeterti di...>> mi bloccai di colpo.

Il ragazzo che mi trovai davanti non era Ale, ma era Ethan. Si erano messi d'accordo la sera precedente per incontrarsi prima o poi per suonare insieme, solo che non mi sarebbe mai saltato che l'incontro sarebbe potuto avvenire così presto. Sì, avrei veramente voluto spaccare oggi singolo pezzo di quella batteria in testa al mio amico per la grandissima cavolata che aveva fatto.

<<Di... cosa?>> domandò incuriosito Ethan. Mi aveva rivolto ancora come se nulla fosse.

Gli passai accanto. Non avevo alcuna intenzione di rivolgergli parola. Perciò mi rivolsi al diretto interessato, Ale, che stava comodamente seduto a sgranocchiare uno dei soliti biscotti alle gocce di cioccolato.

<<Quante volte devo dirtelo che devi smettere di suonare quell'aggeggio la mattina presto, quando io dormo?>>

<<Buongiorno anche a te, Daisy>> sentii sussurrare Ethan dietro di me. Non sembrava arrabbiato o innervosito, solamente ironico e divertito. Riuscii a ignorarlo e a non girarmi di colpo per mandarlo a quel paese solo grazie all'utilizzo del mio sguardo...

<<E io quante volte devo dirtelo che non posso fare a meno di dare ascolto alla mia ispirazione. Quando arriva il momento, mi sento obbligato a prendere le bacchette e a suonare, è più forte di me>> si inventò.

<<Ma tu la mattina non dormi?>> domandai incavolata

<<In realtà, oggi avevo voglia di dormire, ma Ethan ha bussato alla porta e mi ha svegliato>> si giustificò.
Ethan si era presentato. Avevo paura di esplodere a momenti. Avrei presto a parole anche Ethan, se solo avessi avuto l'energia necessaria per farlo.

La verità era che la mattina non riuscivo mai a fare nulla, sembravo uno zombie e a malapena riuscivo a fare le cose più elementari, come farmi la doccia o lavarmi i denti. Mi limitai solamente a girarmi nella sua direzione e a guardarlo, speravo che quello gli sarebbe bastato per fargli capire che cosa stesi pensando in quel momento.

<<Ops... >> si limitò a dire, passando la mano tra i capelli scuri e il suo sguardo profondo si spostò sull'amico, in cerca di una mano per risolvere la situazione:<<...A mia discolpa, posso dire che l'ispirazione mi ha fatto alzare dal letto prima del solito e mi ha obbligato a venire fino a qui, per suonare>>

Era la scusa in assoluto più banale, gliel'avrei anche detto. Ma avevo talmente sonno che i miei occhi ormai si stavano chiudendo da soli, perciò mi limitai a dire ad entrambi :<<Voi due non siete normali.>>
Mentre varcai la soglia del box sentii Ehan ridacchiare e dire all'amico:<<Bel pigiamino. >>

Feci apposta a far sbattere forte la porta del mio appartamento e mi lanciai sul letto. La voglia di dormire era svanita completamente, e in più quei due avevano continuato a suonare, facendomi capire che la mia grandissima figuraccia non aveva portato a nulla, anzi, li aveva incoraggiati dato quella batteria continuò ad essere suonata per un'intera ora senza alcuna di pausa.

Alla fine decisi di chiamare Noemi e di dirle di andare a fare colazione in un bar non molto lontano dal campus. Rispose subito. Ero sicura che fosse già sveglia. Noemi era una persona davvero particolare, era sempre piena di energia e di voglia di fare. Infatti, ogni mattina si alzava alle sei per andare a correre e per poi avere il tempo di passare due ore a fare Yoga.

Sì, tra il mio migliore amico con l'ispirazione delle sei e la mia migliore amica che andava a correre dalle sei, io ero l'unica 'poco normale', se così mi potevo definire, dato che dormivo fino alle sette e mezza per poi mangiare e vestirmi in massima fretta per non fare tardi. Volevo godermi ogni singolo minuto di sonno, anche a costo di non mangiare nulla.

<<Come mai sei già sveglia a quest'ora?>> domandò al telefono, leggermente sorpresa.

<<Te lo spiego dopo.>> mi dava fastidio raccontare le cose per telefono. Preferivo parlare a quattr'occhi con le persone.

<<Va bene, allora a tra poco>>chiuse la chiamata.
Prima di uscire, feci le solite e monotone cose che mi tocca fare ogni singola mattina: doccia, lavaggio denti, un po' di trucco per essere un minimo presentabile, solite felpe, soliti leggings, solite Adidas. Certo, non ero il massimo dell'eleganza, ma io andavo all'università per studiare, non per fare sfilate di moda.

Presi le chiavi, ed uscii di casa. Con l'arrivo dell'autunno la città cominciò a farsi improvvisamente più grigia. I nuvoloni grigi in cielo, il vento che faceva venire i brividi sulla pelle, le persone che sembravano improvvisamente di cattivo umore, la città più affollata del solito, ragazzi della mia età con gigantesca borse e libri in mano... Non sopportavo le stagioni fredde. Anzi, le odiavo proprio.

<<Finalmente, pensavo avessi deciso di restare a mangiare da Ale. Ma mi sono ricordata che non è mercoledì e che quindi è impossibile.>> mi disse Noemi quando finalmente arrivai nel locale.

<<Non parliamo di Ale, ti prego. Mi sale il nervoso solo a sentire quel nome.>>mi accomodai accanto a lei.

<<Cos'è successo? Ah no, aspetta. Voglio indovinare... >>Noemi amava fare queste cose.

La ragazza del bar finalmente ci portò il caffè e il pancake. Fu una vera goduria quando il caffè caldo scivolò lungo la mia gola.

<<...Allora... Videogiochi ad alto volume?>> domandò dando un morso al pancake.

<<No>> già, Ale faceva anche questo. Metteva a massimo volume i giochi della sua playstation e perché diceva che lo aiutava ad immedesimarsi meglio nel ruolo del protagonista.

<<Non aveva più acqua calda per farsi la doccia, quindi è passato prima da te?>>

<<No. Ti concedo l'ultimo tentativo.>>

<<C'entra per caso con la sua batteria?>> cominciò a ridacchiare.

<<Sì, proprio quella. Ho fatto anche una figuraccia, che mi vergogno anche solo a raccontartela...>>cominciai a dirle della mi entrata trionfale nel box in pigiama e della presenza del nuovo amico di Ale, Ethan. Noemi quasi sputò il caffè per quanto la divertì quella storia. <<... Non c'è nulla da ridere. Ho fatto una grandissima figuraccia e non sono neanche più riuscita ad addormentarmi >>

<<Chissà cosa avrà pensato Ethan! Ale è abituato a certe cose, Ethan no. Oh amica, non vorrei essere al tuo posto!>>

<<Nemmeno io vorrei essere nei miei panni, ma non posso farci nulla. Quel che fatto è fatto.>> sbuffai prendendo una forchettata di pancake. Al solo pensiero di quella mattinata, sentii il battito cardiaco aumentare per il nervoso.

<<Comunque, parlando di Ethan... Come ti sembra? Voglio dire, fisicamente, dato che non lo conosciamo ancora benissimo>> Gesticolò mentre pronunciava quelle parole. Mi fu subito chiara una cosa: a Noemi interessava quel ragazzo.

<<Se me lo stai chiedendo per sapere se hai via libera con lui, ti dico subito di sì. Non mi interessa.>> puntualizzai.

<<Davvero? Voglio dire, ieri sera sembravi così agitata e confusa da quando aveva fatto ingresso nel locale che pensavo ti interessasse. Ma adesso che lo so, posso stare più tranquilla, grazie>> sorrise.
<<Quegli occhi scuri, i suoi capelli lucenti, e hai visto quel sorriso? Non ha i denti più belli che tu abbia mai visto? E quelle labbra? Sembrano così morbide e così... Non so nemmeno come descriverle... >>mano a mano che lo descriveva, non potevo fare a meno di immaginarmelo nella mia testa. 'Se solo lo conoscessi meglio, sapresti che non è assolutamente così perfetto come credi' pensai tra me e me.

Avrei tanto voluto dirlo a Noemi, ma aprire bocca sulla mia storia con Ethan avrebbe rovinato la scenata del 'non ci conosciamo' che avevamo messo in atto e che mi andava benissimo visto che volevo evitarlo. Mi promisi di riuscire a far capire a Noemi in altro modo che Ethan non era per niente fatto per lei e che si meritava di avere accanto una persona mille volte meglio di lui.<<... Devo assolutamente buttare le mie idee su Ethan in una lista. Sono sicura che se la seguiremo punto per punto, andrà tutto bene. Come sempre, d'altronde! >>

<<Andiamo a lezione, che è meglio... >> più sentivo parlare di Ethan, e più mi veniva la nausea.
Ce ne andammo e finalmente arrivammo al campus. Come al solito pieno di persone davanti al cancello, ma non abbastanza da non riuscire a distinguere Ale, Nico ed Ethan, che stavano animatamente parlando di qualche cosa, probabilmente delle loro band. Poi si salutarono, perché Nico ed Ethan dovevano raggiungere il loro dipartimento, e Ale ci raggiunse per poter andare a lezione.

Qualche minuto dopo, il professore strano entrò in classe con uno strano sorriso stampato in volto. Sapevo, per esperienza personale, che quando un professore entrava in classe di buon umore, non prometteva nulla di buono, anzi, il peggio. Al liceo, per esempio, succedeva quando i docenti avevano intenzione di fare interrogazioni a tappeto o di fare verifiche a sorpresa.

<<La speranza è un sogno fatto da svegli>> citò il professore, dando inizio alla sua lezione. <<Quali sono le vostre speranze per il futuro?>>

La domanda incuriosì tutta la classe così tanto che, in pochi secondi, il brusio iniziale che si era creato dalle chiacchiere, svanì completamente, lasciando spazio al silenzio.

<<Tu, con la maglietta gialla, quali speranze hai per il futuro?>> indicò una ragazza dai capelli rossi.
<<Avere la possibilità di poter fare la professoressa di filosofia e di far appassionare i giovani a questa materia>> disse timidamente la rossa, ma Signor Giacca Nera non sembrò per niente soddisfatto, e per questo passò alla sua preda successiva, ossia un ragazzo seduto non poco lontano da noi.

<<Tu, con quella bandana colorata attorno al braccio, rispondi alla mia domanda>>

Il ragazzo, prima si guardò attorno per assicurarsi che l'uomo stesse parlando con lui, poi, quando finalmente si rese conto di essere proprio lui il fortunato, si alzò in piedi dalla sedia e prese un respiro profondo per cominciare a parlare. <<Oh, grazie al cielo!>>sussurrò ad un tono un pop' più alto, quando fu salvato dall'ingresso in aula di un ragazzo che aveva già fatto ritardo dal primo giorno.
Il professore strano non gli diede nemmeno un'occhiata, anzi, lo ignorò, come se non fosse successo nulla.

<<Tu, con gli occhi scuri, dammi una risposta. Pensaci bene. Rifletti sui valori più importanti.>>mi indicò il professore.

Mi alzai in piedi con le gambe tremanti. Che speranze avevo veramente per il futuro? La risposta fu quasi immediata nella mia testa.

<<Spero solo di essere felice>>dissi sicura di me. Nel momento esatto in cui quelle parole uscirono dalla mia bocca, ricordai i suoi occhi scuri, quelli che mi ispirarono così tanta fiducia a dodici anni, quelli che mi avevano tradita.

La presenza di Ethan non solo mi dava fastidio, ma addirittura mi impediva di essere felice. Ogni volta che lo vedevo, il passato tornava a impossessarsi del mio presente, facendomi ricordare la tristezza provata quell'anno in cui erano successe troppe cose. Ethan, in un certo senso, era il mio passato. Era stato la causa di tutto ciò che mi aveva cambiata.

<<La felicità. Giusto. >> il professore fu entusiasta. Partì da lì per il suo argomento della lezione. Era un professore di filosofia insolito, con quella giacchetta di pelle nera, i jeans neri, i capelli scuri lunghi lasciati ricadere sulle spalle e la grinta che spesso manca ai docenti. Ma caspita se riusciva a farmi appassionare alla filosofia! Mi lasciò a bocca aperta, in senso positivo chiaramente.

Sbuffai quando la lezione si concluse e già non vedevo l'ora che fosse il giorno successivo per scoprire che di che cosa avremmo trattato. Mi alzai dalla sedia, soddisfatta delle pagine di appunti che avevo preso e incuriosita per l'ultima parte della lezione, che sicuramente non c'entrava nulla con 'estetica, ma si trattava pur sempre di filosofia. Quando uscimmo dalla facoltà, vidi lui.

Ale si allontanò da me e Noemi per raggiungere l'amico all'ingresso. Parlarono poco poi vidi solamente Ethan allontanarsi di corsa, probabilmente per raggiungere il prima possibile la sua facoltà.
Lo osservai scappare via e notai che dal suo quaderno, cadde un foglietto di carta. 'Lo raccolgo? Che ci faccio?' continuai a pensare tra me e me. Alla fine decisi di andare a prenderlo da terra... La curiosità aveva avuto la mia meglio su di me e io volevo sapere che cosa ci fosse scritto su quel foglio. 'Suvvia, cosa vuoi che ci sia scritto su un foglio? Ovviamente appunti di astronomia. O semplicemente, un foglio bianco che si è staccato dal quaderno per qualche strana ragione'.

Era piegato in quattro, e quando lo aprii notai dei disegni, stelle, per la precisione. Fu impossibile trattenere il sorriso al ricordo della prima volta che lo vidi pasticciare sul suo quaderno cose che non c'entravano per niente con la lezione che avevamo avuto. Ricordavo benissimo quella volta in cui, per curiosità, una sera mentre eravamo nella casetta sull'albero, afferrai il suo quaderno per sbirciare. Era pieno di strani disegnini, e perciò gli domandai di spiegarmi una di quelle tantissime cose che aveva scritto. Senza pensarci due volte, scelse la Stella di Barnard.

Lui stesso si paragonò ad essa, e quando domandai perché, mi rispose che quella stella è sorprendente per il fatto che non è accompagnata da pianeti, come per esempio il sole del Sistema Solare. Da moltissimi astronomi, è considerata la perfetta rappresentazione della solitudine cosmica, ed  Ethan, infatti amava stare da solo.

La sua calligrafia era decisamente migliorata, era più ordinato. E il suo modo di disegnare gli astri si era perfezionato : i disegni segnavano con precisione traiettorie, ammassi di stelle. Era un disegno particolare... Il foglio era segnato da tante stelle, una però lasciava dietro di sé una sia, segno che si muoveva più velocemente rispetto alle altre.

<<Daisy, tutto bene? >> domandò Noemi, sbucando improvvisamente dietro di me e facendomi prendere uno spavento. <<Cos'è quello?>>

"Da quando ti metti a scarabocchiare cose strane durante l'ora di filosofia?" chiese Ale avvicinandosi per guardare il disegno di Ethan.

<<Non è mio. L'ho trovato per terra. Dai, andiamo via>> chiusi il discorso ripiegando il foglio e mettendolo via nella mia borsa.

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