All I want for Christmas is...

De yellow_daffy_writer

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[COMPLETA] Jeremy Parker ha 22 anni ed è un criminale. Ha chiesto al suo migliore amico di aiutarlo a rapire... Mais

1. Deck the Halls
2. Broken Photo, Broken Heart, Broken Nose
3. Everybody's Fault
4. The Value of a Life
5. Fresh Fish and Hot Thoughts
6. Oh Holy Light
7. Monsters at the Diderot
8. Athens and Sparta
9. Heavens and Bell
11. Fatal Encounters
12. Save You to Save Me
13. All Kinds of Love - part 1
14. All Kinds of Love - part 2
15. Omnia vincit amor

10. A Lot of Things Together

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De yellow_daffy_writer

Taylor si svegliò quando la luce biancastra arrivò a pungere il suo naso all'aria. Aprì gli occhi pesanti e rimase immobile in quella comoda posizione. Le sembrava una di quelle domeniche sotto Natale di anni fa in cui si risvegliava al calduccio delle coperte e aspettava che Amanda tirasse le tende per controllare fino a dove la neve fosse arrivata a coprire il vetro.

Si voltò per vedere se Jeremy stesse ancora dormendo e con un vago senso di delusione trovò il posto accanto al suo vuoto. In compenso c'era una coperta di lana a coprirla perché non prendesse freddo e un vassoio ai suoi piedi. Sorrise alzandosi e guardando con un sopracciglio inarcato il tentativo di succo d'arancia che il ragazzo le aveva lasciato. C'era un bicchiere con dentro quelle che sembravano interiora di qualche animale miste al suo sangue, ma comunque apprezzava lo sforzo.

Si sentiva bene, un po' stordita, ma felice.

Sul letto di Jeremy c'erano un paio di felpe di cui una un po' sbiadita, gialla, che prese in prestito perché sapeva che l'avrebbe tenuta al caldo. Infilò le sneakers che aveva raccattato in quel negozietto di Cirencester e si specchiò sull'anta dell'armadio vuoto. Raccolse i capelli in una coda e fece una smorfia: no, non la convincevano. Provò a lasciarli cadere, ma sembravano due drappi da teatro senza alcun significato. Sbuffò.

Quand'era stata l'ultima volta che si era preoccupata seriamente dei suoi capelli? Probabilmente nemmeno alla festa di Tessy le era importato così tanto.

Optò per una treccia laterale e invano cercò qualche traccia di cosmetico nella casa. Zero. In genere un po' di matita e mascara le avrebbero dato un tocco femminile e le sarebbe davvero servito in quel momento.

D'improvviso si rese conto che si stava davvero preoccupando di essere carina. In una situazione del genere. Stava dando i numeri.

Uscì scrollando la testa e seguendo il rumore di un motore proveniente dal retro della casa.

Di Jeremy riusciva a vedere solamente le gambe coperte dai jeans, dato che il resto del corpo era nascosto sotto una macchina che faceva un rumore infernale. La scrutò cercando di capirne il modello, ma rinunciandoci non appena notò che il volante era a sinistra.

Un modello europeo e per giunta senza targa, color grigio topo e con un'ammaccatura sul lato destro. Insomma, girare con quella equivaleva ad avere un insegna luminosa sul capo fatta apposta per insospettire la polizia.

Una sgradevole imprecazione uscì da sotto la macchina assieme a una nuvoletta di fumo.

"Che cosa stai facendo?" chiese Taylor avvicinandosi all'auto rombante.

Jeremy uscì a fatica da lì sotto: "Buongiorno, principessa." la salutò pulendosi il viso dalla cenere.

Taylor fece una smorfia: "Buongiorno. Che cosa stai facendo?"

"Non vedi? Mi sono sempre interessato di botanica, quindi sto dando un occhio al giardino."

Davvero irritante, la notte non l'aveva cambiato.

Forse Jeremy notò la sua faccia, forse pensò che nonostante si divertisse un mondo a prenderla in giro, lei non era nella giusta modalità: "Cerco di resuscitare questa vecchia carriola." spiegò.

Taylor diede un'occhiata attraverso i finestrini e storse il naso: "Non sembra che tu te la stia cavando alla grande."

"Vuoi provare tu?" propose passandole quella che doveva essere una chiave inglese.

Gli riservò un'occhiata fosca che esplicitava un convintissimo "no".

"D'accordo, principessa, non sia mai che sporchi quella meravigliosa felpa. A proposito, potresti prestarmela di tanto in tanto. Sembra fatta apposta per me."

Taylor arrossì lievemente: "Scusa, non te l'ho chiesta."

Fece di spallucce e ritornò a macchinare: "Non preoccuparti, tanto è orribile."

Taylor emise un silenzioso commento di disappunto; tutti i suoi sforzi smontati da un misero "tanto è orribile". Com'erano gratificanti i complimenti di Jeremy.

"Che c'è?" chiese, notando quella sua espressione assorta.

"Niente." rispose la ragazza. "Posso darti una mano?"

"Nah...si muore di freddo qui, rientra pure, ci metterò un attimo."

"Mmm."

Jeremy la guardò con sufficienza. Quel "mmm" esprimeva tutto il disappunto di Taylor sulle sue doti restauratrici e sicuramente gli stava rimproverando quell'atteggiamento troppo spavaldo.

"Abbiamo un meccanico affermato qui? D'accordo, Lor. Sali e premi l'acceleratore quando te lo dico."

La ragazza annuì, felice di poter essere utile e, diciamolo, rimanere in sua compagnia.

"Dove andremo con questa?" chiese timidamente, sperando di non ottenere un nuovo muro di ghiaccio.

"Il piano è questo, principessa." cominciò, sbrigativo, appoggiandosi alla porta dell'auto. "Appena abbiamo riesumato il catorcio, ce ne andiamo e ci dirigiamo verso Burford, un paesino a una manciata di kilometri da Bourton. Percorreremo tutte le strade secondarie possibili e una volta lì ti rifugerai nella chiesa, dove svelerai ai frati chi sei e ti farai riaccompagnare a casa. Ovviamente prima di ciò, mi darai il tempo di andarmene dal Cotswolds e possibilmente dall'Inghilterra. Se riusciamo a fare tutto senza che nessuno ci metta i bastoni tra le ruote, ognuno di noi tornerà alla normalità. O perlomeno, tu lo farai e io mi eviterò parecchi guai."

"Oh." Taylor fissò il volante in pelle, riflettendo sul "e dopo?" che Jeremy aveva palesemente lasciato intendere.

Jeremy ci aveva pensato tutta la notte, non aveva mai chiuso occhio perché a ogni nuova possibile soluzione si presentava un nuovo possibile problema. Alla fine aveva convenuto con se stesso che per salvare la pelle di entrambi avrebbe dovuto giocare sul fattore fortuna.

Bourton era una zona inavvicinabile sia per lui che per Taylor, Dio solo sapeva quanti seguaci di Cordano erano in attesa di un suo arrivo, quindi aveva optato per la cittadina lì accanto. Certo, era sicuro che le "sentinelle" non si limitassero a controllare Bourton, ma che fossero seminate un po' dovunque, anche a Bruford. Ma almeno Bruford era una città piccola e che Jeremy conosceva a memoria; poteva sfruttare questi fattori per rendersi meno visibile e in più era abbastanza sicuro che il caro Cordy non avrebbe sprecato troppi uomini per quella macchietta di case dimenticate da Dio.

Come luogo dove mettere Taylor al sicuro, la chiesa era perfetta; la chiesa di Bruford, che era popolata da frati e vecchie pettegole, ancora di più. Avrebbero riconosciuto Taylor in un battibaleno e, prima di ogni cosa, si sarebbero preoccupati di accertare la sua salute. L'avrebbero curata e messa al caldo e quando sarebbe stata pronta, avrebbero ascoltato la sua storia. Era certo che Taylor avrebbe fatto in modo di dargli il vantaggio temporale che le aveva chiesto. Quando la polizia di Bourton avrebbe raggiunto la chiesa di Bruford per portare la ragazza a casa, lui sarebbe stato lontano già da un po'.

Avrebbe corso il più velocemente possibile fino al porto e si sarebbe imbarcato sulla prima nave in partenza per qualsiasi altro posto, dove avrebbe finto un'altra identità. Nessuno avrebbe potuto fare del male a Taylor una volta circondata da altre persone, e lui se ne sarebbe andato con questa sicurezza. Triste e malinconica per lui, che non l'avrebbe mai più rivista, ma almeno era una sicurezza.

"Premi." le disse da sotto l'auto.

Il rombo del motore sovrastò un tentativo di parola da parte di Taylor, ma quando finì, ripeté: "Farò in tempo a farti gli auguri di Natale?"

La voce di Jeremy le arrivò ovattata, ma riuscì comunque a capire: "Sai che non credo in quelle cose."

"Beh, io sì."

"Premi."

Taylor spinse di nuovo l'acceleratore con uno sbuffo.

"Da tempo che non ci si vedeva, Bell." la barista sorrise ad Alex porgendogli la bottiglia di birra che aveva ordinato e facendogli spudoratamente l'occhiolino.

"L'università mi ha tenuto parecchio impegnato." rispose lui, disinvolto.

La ragazza annuì comprensiva: "Non ti prendi una piccola pausa natalizia?"

"Da quando mia nonna è morta non ci sono più pause per me."

"Oh, Alex...io...non credevo, mi dispiace."

Il ragazzo alzò una mano scuotendo la testa: "Meglio non piangere sul passato, Katherine."

"Crystal."

"Proprio come mia nonna! Scusa, ho bisogno di uscire."

E fu così che si congedò dalla bella barista, ritornando sulla strada imbiancata di Bourton. Bevve un sorso della sua birra ghiacciata e alzò la lampo della giacca, diretto all'asilo. La cosa poteva sembrare paradossale, tuttavia il motivo che lo spingeva a raggiungere quel luogo con un mazzo di fiori in mano era proprio Allyson.

Sapeva che sarebbe uscita da lì entro pochi minuti, dopo aver dato una mano alla zia che faceva la maestra. Era in quel posto che tutto era cominciato, pensò con amarezza. Erano i primi di ottobre e pioveva a dirotto; Alex aveva parcheggiato lì davanti per riconsegnare un libro alla biblioteca giusto di fronte, ma nello scendere dall'auto aveva trascinato con sé il suo blocco degli appunti facendo svolazzare foglietti per tutto il viale.

Allyson arrivava proprio in quel momento diretta all'asilo, l'ombrello a ripararla e una certa fretta data dal ritardo. Non appena aveva visto il rimbambito che imprecava sotto l'acqua con gli appunti fradici sparsi ai piedi, aveva provato un moto di pietà e l'aveva aiutato. Non l'avrebbe fatto, se avesse riconosciuto il famoso Alex Bell, donnaiolo per fama, eppure era stato proprio quando i loro occhi si erano incontrati sotto le fitte gocce che era scoccata la scintilla.

Sì, proprio come nei film, lei era ammutolita e lui le aveva sorriso. Poi le aveva anche fatto l'occhiolino e le aveva chiesto come si chiamasse, ricevendo in cambio un chiarissimo invito ad andare a quel paese in quanto i due avevano svolto parecchi laboratori assieme, durante le scuole medie.

Depresso al massimo, Alex era risalito in macchina inzuppato fino all'osso, ma era stato fermato da Allyson e dalla sua infinità bontà d'animo. Lei lo aveva portato al coperto dentro all'asilo e gli aveva trovato un cambio asciutto. Da quel giorno avevano cominciato a uscire insieme fino agli inizi di dicembre quando lui, innamorato tanto quanto era impregnato sotto la pioggia di ottobre, le aveva proposto di ufficializzare la cosa.

Ebbene, erano passate solo tre settimane da quando si erano fidanzati e in quest'arco di tempo era riuscito a mandare all'aria tre mesi di dura conquista. Quel che era peggio era che per Alex, se lo sentiva, quella Allyson era la ragazza giusta.

Moriva dalla voglia di vederla, voleva baciarla di nuovo, sentire la sua delicatezza e la sua dolcezza sulla pelle. Non poteva accettare di perderla.

Aspettò cinque, dieci, venti minuti sulle scale della scuola materna, ma nessuno uscì e allora, vinto dall'impazienza, decise di entrare.

All'interno sembrava scoppiata la terza mini-guerra mondiale. Migliaia di nanerottoli correvano come impazziti vestiti da personaggi della natività, tutti in fermento per quella che Alex intuì essere la recita.

Ricordava di aver partecipato a una di quelle rappresentazioni da bambino. Lui faceva l'asino mentre Jeremy aveva ottenuto la parte dell'arcangelo Gabriele, solo perché era biondo e carino. E tenero a suo tempo, aggiunse mentalmente con un sorriso.

Una bimbetta si schiantò sulle sue gambe, rovinando a terra assieme al suo vestitino da pallina di Natale.

"Oh, scusa, scricciolo." ridacchiò Alex, allungandole una mano per aiutarla ad alzarsi. Ma non appena la piccola alzò gli occhi, gridò di paura e scoppiò a piangere.

"Shh...zitta, pallina di Natale, non piangere. Su, per favore."

La bambina pianse ancora più disperatamente: "Sei cattivo! Mi hai fatto cadere!"

"No, non è vero."

"Sì!"

"Tecnicamente sei stata tu a venirmi addosso."

"No, sei stato tu, perché sei cattivo!"

"E vabbè, adesso diamo un giudizio alle persone così, solo perché pensiamo di essere dalla parte della ragione."

La bambina raggiunse il culmine della disperazione.

Si alzò a fatica e corse a mo' di pinguino fino al primo adulto che trovò: una ragazza che stava sistemando le orecchie da asino a un bambino imbronciato. Le tirò il vestito e non appena ricevette la sua attenzione, le indicò Alex, aumentando i suoi singhiozzi e pulendosi il naso con la mano.

Quando Allyson si accorse che l'incriminato non era altri che Alex, il suo Alex, le si accese lo sguardo e sembrò che una scintilla illuminasse il salone.

La ragazza sussurrò qualcosa alla bambina che, rivolta un'ultima occhiata d'odio ad Alex, se ne andò facendogli la linguaccia. Alex rispose con lo stesso gesto, mentre anche il piccolo con le orecchie da asino se la svignava dalle cure di Allyson.

Fu inevitabile che i due ragazzi decidessero di avvicinarsi, cautamente, per trovarsi giusto a qualche centimetro di distanza. Satavano in piedi a specchiarsi l'uno negli occhi dell'altra, in mezzo a quel tripudio di bambini e colori e decorazioni, dopo giorni che nemmeno si vedevano.

"Che cosa ci fai qui?" chiese la ragazza, la voce che un po' tradiva l'emozione.

"Consegna diretta." rispose, porgendole il mazzo di fiori.

Allyson guardò i fiori titubante, senza sapere a quale delle mille opzioni che le presentava la mente dare retta.

"Sono fiori, Ally. Se non vuoi accettare le mie scuse, almeno accetta questi, perché li ho scelti pensando a te e a quel poco che so sui tuoi gusti."

Allyson si perse in quelle pozze scure, la prima cosa che l'aveva catturata quando aveva conosciuto Alex. L'aveva amato dal primo giorno e aveva sofferto così tanto quando aveva dovuto prendere la decisione di lasciarlo, che si era ripromessa che non si sarebbe mai più fatta ingannare da un paio di pupille. Peccato, sembrava non riuscire a mantenere certe promesse.

"Grazie." disse infine, prendendo il mazzo. "È gentile da parte tua."

"Allyson, non è per niente gentile, lo so. Non fingere di essere educata con me, so che vorresti prendermi a schiaffi."

"Oh, Alex."

"Io lo farei." si morse il labbro, attanagliato dalla rabbia contro se stesso. "Io volevo dimostrarti che posso essere molto di più. Sono imbecille e stupido, molto stupido, ma avrei voluto farti vedere anche dell'altro."

"C'è stato poco tempo..." mormorò lei con gli occhi bassi e un nodo alla gola.

"Non è vero, Ally." sospirò lui. "Ce ne sarebbe stato a sufficienza, ma è colpa mia. Non l'ho saputo usare bene. Non l'ho saputo usare affatto."

"E come lo useresti, se potessi tornare indietro?"

"Farei la cosa più bella del mondo; starti accanto." rispose di getto e con la voce tremante. "Ti farei conoscere il meglio di Alex Bell, ti farei sorridere quando inciampo sui miei stessi piedi, ti racconterei tutta la vera storia di mia nonna. Vorrei sembrare intelligente a tutti i costi, per non fare brutte figure con te, finendo per farne comunque e per fermarmi a fissare le tue bellissime guance rosse e la tua espressione felice. Rimedierei a tutti i miei errori e ogni singolo secondo, Ally, lo regalerei a te."

La ricciolina lo stava ad ascoltare senza riuscire a reprimere il sorriso, le guance rosa increspate dall'emozione. Nemmeno lei avrebbe mai voluto perdersi tutte quelle cose; per tutti i giorni in cui lui non era stato al suo fianco aveva sentito la sua mancanza come qualcosa di opprimente e insostenibile. Il tempo, aveva pensato, era il regalo più bello che qualcuno potesse fare a qualcun altro.

E la notizia felice in tutto ciò era che il loro tempo non si era mai davvero esaurito; ne avevano ancora tanto davanti e avevano la possibilità di riprenderlo in mano, adesso, ricominciare di nuovo.

Non voleva perdersi tutto quello che Alex aveva di speciale e ora che era di nuovo lì con lei, sentiva che sarebbe stato tutto più facile. Era stata ferita da lui, ma non riusciva a stargli distante. Non se lui si preparava un discorso del genere solo per chiederle scusa.

"Ally, Sam mi ha tirato i capelli, è cattivo!" la pallina di Natale le tirò di nuovo il vestito, stavolta con meno lacrime agli occhi, ma la stessa faccia arrabbiata.

"Un momento, Clarisse, sto parlando."

"Ma lui è cattivo!"

"Senti, pallina." Alex si abbassò sulle ginocchia per raggiungere la piccola Clarisse. "Per favore, puoi lasciarmi solo un minuto per dire una cosa ad Allyson? Poi ti prometto che sarà di nuovo tutta per te. Voglio solamente dirle che sono stato un idiota e che non mi merito un solo grammo del suo amore, ma che io la amo. E non importa se finora gliel'avevo detto solo un paio di volte: l'ho pensato ogni notte in cui dormivo distante da lei e ogni mattino in cui mi svegliavo senza il suo profumo sotto il naso. Voglio dirle che quello che provo per lei è stato qualcosa di puro fin dal primo istante in cui l'ho guardata e che, anche se ho sbagliato, i miei errori e le mie bugie non hanno corrotto i miei sentimenti. Io amo Allyson, piccola pallina di Natale. Credi che anche lei ami me?"

"Sì."

La testa di Alex si alzò per guardare la ragazza, ai cui occhi si erano affacciate delle lacrime di commozione. Era stata lei a rispondergli e fu come se gli avesse ridato la vita.

Anche la bambina sorrise e allora Alex tornò a concentrarsi su di lei: "Grazie, pallina, per avermi lasciato quel minuto. Credi che mi perdonerà per tutti i guai che ho combinato?"

La bambina si aprì in un sorriso sdentato e annuì. Gli stava simpatico ora, Alex.

"Ti perdono, Alex." confermò la ragazza.

Il ragazzo si alzò e abbracciò Allyson di slancio, sollevandola da terra e facendole fare una giravolta per la gioia.

"Ti amo, Allyson!" esclamò. "Ti amo."

Il viso della ragazza si colorò come non succedeva da giorni e si appoggiò a quello di Alex, avvicinandosi alle sue labbra e coronando quel meraviglioso momento con un bacio. Il più dolce che si fossero mai scambiati, il più vero che Alex avesse mai dato, il più bello che Allyson avesse mai ricevuto.

Clarisse aprì la bocca e sgranò gli occhi, dimenticandosi del suo amichetto Sam e fissando la scena come se di fronte a lei stesse accadendo l'apocalisse.

La mano di Alex percorse la schiena di Allyson in una carezza che voleva essere la promessa di non andarsene mai più. No, non avrebbe più rischiato di perderla e le avrebbe sempre e per sempre raccontato la verità.

Certo, avrebbe aspettato il ritorno di Jeremy per dire tutta la verità, ma era già un grande passo.

"Che schifo! Suor Mary! Suor Maaaaary!" Clarisse si coprì gli occhi sgolandosi per richiamare l'attenzione della donna, una vecchia suora che bazzicava per l'asilo da quando c'erano solo le fondamenta.

Il viso rugoso e un'espressione hitleriana, suor Mary si fece largo per mettere le mani addosso a coloro che stavano generando un vago senso di scompiglio in un luogo in cui lo scompiglio già regnava sovrano.

"Cosa succede qui?" domandò la donna, portandosi le mani ai fianchi.

Faticosamente e con grande disappunto, Alex allontanò da sé la sua ragazza e si ricompose assumendo uno sguardo innocente: "Buongiorno."

"Buongiorno un corno!" gracchiò suor Mary. "Allyson, per l'amor di Dio, chi è quest'uomo? Hai forse perso il buonsenso?"

La ragazza si liberò in una risata così cristallina, così tipica della vecchia Allyson allegra che la suora sgranò gli occhi, stupita.

"È un bravo ragazzo, suor Mary. Un po' scemo di tanto in tanto, ma..."

"Quel figliolo che frequentavi qualche mese fa?" la interruppe la suora, abbastanza contrariata all'idea. Di lui non aveva che una brutta considerazione e lo sfocato ricordo dei pomeriggi in cui si presentava per scroccare qualcosa da mangiare alla mensa.

"Esatto, è Alex. Ora siamo insieme. Di nuovo." le sorrise Allyson di rimando, radiosa.

"L'avevo notato. Gesù...le dimostrazioni pubbliche fuori di qui." intimò puntando un dito inquisitore contro Alex.

Lui indietreggiò vagamente inquietato.

"Mi prendo una pausa, allora." decise Allyson. "Posso, suor Mary?"

Suor Mary la scrutò pensando che fosse matta. Da qualche settimana a quella parte la ragazza aveva passato cupi pomeriggi interi senza mai uscire dall'asilo. Sempre assorta o in combutta con la vecchia amica, figlia del celebre Heavens. Sapeva di tutta la faccenda della sua amica Taylor e sapeva che Allyson stava soffrendo, per questo aveva continuato a sentirsi impotente di fronte alla sua tristezza.

Aveva provato a tirarla su in tutti i modi, ma non aveva mai mostrato alcun segno di serenità, nemmeno un sorriso. E ora, proprio ora, come un dono di Natale dopo chili di amaro carbone, arrivava questo scapestrato manifestatore della sua avidità sessuale (o perlomeno questo era ciò che pensava di lui) e la faceva letteralmente rifiorire. Non capiva, per questo era felice di aver scelto Dio.

"Certamente, lo dico a tua zia, se ti cerca." rispose infine.

"Suor Mary, il tipo cattivo gli ha dato un bacio con la lingua! Bleah!" pigolò Clarisse tirando la veste della suora.

"Si dice le ha dato..." gracchiò quest'ultima, prendendo per mano la pallina di Natale con le gambe e allontanandola al più presto da quel pessimo esempio che era Albert o come diavolo aveva detto di chiamarsi.

"Vecchia zitella." commentò lui per l'appunto, non appena suor Mary fu abbastanza distante da non sentire.

"Non è zitella, Alex, è sposata con Dio."

"Ha scelto l'unico che non potesse rifiutare."

Allyson ridacchiò, avvolgendosi nella calda sciarpa di lana: "Ti amo anch'io, Alex. Non sai quanto mi sei mancato."

Alex le sorrise, ricordando improvvisamente le parole di Taylor.

Sottovaluti la bontà di Allyson. Tutti meritano una seconda occasione.

Aveva ragione.

"Sai cosa ti dico?" proruppe cingendole la vita con la mano e accompagnandola fuori dall'asilo. "Che sono sicuro che la tua migliore amica tornerà a Bourton sana e salva. In fondo, se è tua amica, è senza dubbio in gamba come te. E poi quel Jeremy di cui parlano tanto alla tv dev'essere un tipo a posto, nonostante le malelingue."

Allyson gli riservò un sguardo un po' sarcastico. Di certo Alex aveva una discreta fantasia.

"Lo spero davvero, Al. Grazie per l'ottimismo, comunque." aggiunse lasciandogli un delicato bacio sulla guancia.

Si allontanarono a piedi verso il parco imbiancato di Bourton, l'uno abbracciato all'altra mentre la neve ricominciava a scendere per creare un'atmosfera sempre più natalizia. Avevano molte cose da raccontarsi.

"Jeremy!"

Il ragazzo prese paura e sussultò, rischiando di uscire di carreggiata. Era così sovrappensiero che persino la familiare voce di Taylor era riuscita a fargli prendere un colpo.

"Che succede?" domandò ritrovando il contegno e sbirciando il sedile posteriore.

"Guarda cos'ho trovato!" la nota d'eccitazione che accompagnava l'esclamazione della ragazza gli fece desiderare di essere lì dietro con lei e godersi la sua espressione bambinesca.

"Dev'essere qualcosa che vale almeno un milione di sterline, o un milione di sterline vero e proprio, da come hai preso la notizia."

La sentì armeggiare e sbuffare per qualche istante, poi un sospiro soddisfatto gli fece finalmente voltare la testa all'indietro per osservare la grande scoperta.

Taylor tentava di rispolverare un paio di pattini da ghiaccio di colore bianco. Sembravano vecchi e trascurati, ma la sua faccia era totalmente meravigliata, come se li avesse trovati nuovi nuovi e impacchettati a mo' di regalo di Natale.

Dovevano essere dei figli di Hans, l'amico che aveva prestato l'auto a Jeremy, e Taylor doveva averli scovati sotto il suo sedile durante un'esplorazione dettata dalla sua fastidiosissima e incontentabile curiosità.

"Wow, Lor. Dovresti avvisarmi la prossima volta che trovi un tale tesoro. Potrei rimanerci secco dalla sorpresa." il ragazzo rise tra sé.

"Non eri tu quello che voleva imparare a pattinare, di grazia?"

"Ti sembra che quei cosi mi vadano bene, di grazia? Al massimo ci andranno dentro i tuoi preziosi piedini, principessa."

Taylor scosse la testa, esasperata per quel perenne tono canzonatorio. E va bene, Jeremy aveva ragione e quei pattini sarebbero alla meglio andati bene su di lei. Senza contare che il modello era femminile ed era piuttosto sicura che Jeremy non li avrebbe messi ai piedi nemmeno se gli fossero calzati a pennello. Eppure a lei quella scoperta era sembrata bellissima; se Jeremy avesse saputo lasciarsi andare, ogni tanto, avrebbe vissuto una vita più felice.

"Devono appartenere della figlia di Hans." spiegò lui. "Sai, è una tua coeta-"

"Jeremy?"

Le parole si erano smorzate nella gola del ragazzo non appena aveva avvertito una fitta al fianco destro, così potente da annebbiargli per un secondo la vista e fargli mollare la pressione sull'acceleratore.

Si riprese con fatica, prendendo un paio di lunghi respiri e deglutendo tutto il dolore con la speranza di eliminarlo in quel modo.

"Jeremy." Taylor si sporse in avanti, fino ad arrivare all'altezza del ragazzo.

"...nea. Una coetanea." continuò lui a denti stretti, come se non fosse successo nulla.

"Jeremy, sei tutto pallido. Ti senti male?" domandò, preoccupata.

"No, Lor, sto benissimo. Piantala di dirmi che sono pallido, lo sono sempre stato."

La ragazza si ritirò arrendendosi al solito barbarismo nei suoi confronti. Era solamente, inevitabilmente, allarmata. Come una mamma con il suo bambino, come una ragazza con il suo...

Ecco, lo stava pensando di nuovo! Da quando, la notte prima, aveva in qualche modo esternato il suo affetto per Jeremy, non riusciva a distrarsi. Era come se dicendolo ad alta voce lo avesse ammesso anche a se stessa e ora lo sentisse ancora di più.

Il bene che gli voleva, la rassegnazione che dirlo non era servito, la consapevolezza che fosse solo una stupida. Una povera adolescente innamorata che non era capace di realizzare la situazione, ecco cos'era. Si era fatta così tanti castelli in aria che avrebbe potuto dare domicilio a tutti i senzatetto del mondo! Che le era passato per la testa?

Che stava succedendo al suo cuore?

Jeremy abbassò gli occhi sulle sue mani, bianche e gelide, aggrappate al volante come se fosse la sua ultima speranza. Stavano tremando e quando si accorse che, alzando lo sguardo, anche la strada sembrava tremare, frenò. Convenne con se stesso che se non si fosse fermato all'istante, sarebbe svenuto rischiando di fare il doppio favore a Cordano.

Accostò vicino alla zona boschiva di Lake Baenue, riconoscendo il piccolo lago che si trovava in linea d'aria esattamente a metà tra Cheltenham e Burford. Sì, avrebbe potuto permettersi un ritardo sulla tabella di marcia. Una breve pausa, giusto per recuperare le energie per terminare quel maledetto viaggio.

"Lake Baenue?" chiese Taylor. "Non è dove c'è quello storico chiosco di cioccolata calda?"

Ricordava i giorni di San Valentino passati con Amanda a riscaldarsi lo stomaco mentre una Allyson di dieci anni già volteggiava sul laghetto ghiacciato, supportata dal padre.

"Sarebbe davvero utile che ci fosse ancora." biascicò Jeremy uscendo dall'auto e inspirando a pieni polmoni il freddo ossigeno emanato dagli alberi lì intorno.

Si appoggiò alla fiancata con la schiena e si passò una mano tra i capelli biondi mentre con l'altra si sfiorava il petto all'altezza del cuore. I suoi battiti erano sempre stati piuttosto lenti, ma quando l'anemia da cui era affetto non veniva tenuta sotto controllo, questi sembravano quasi inesistenti.

Si sentiva debole e sotto pressione, sfinito.

I medici, quando ancora qualcuno si prendeva cura di lui e si preoccupava di accompagnarlo all'ospedale, gli avevano sempre raccomandato una pastiglia ogni due settimane perché il suo caso era uno di quelli gravi e non doveva prendersi sotto gamba.

Senza abbastanza zucchero e ferro in corpo sarebbe svenuto e con un taglio avrebbe rischiato di morire per dissanguamento. Naturalmente era sempre riuscito a scamparla rubacchiando qua e là confezioni del medicinale, ma ora che le pastiglie erano finite, come anche tutte le energie che gli rimanevano in corpo, sentiva che anche l'anemia stava diventando uno dei suoi innumerevoli nemici.

Sarebbe almeno riuscito a mettere in salvo Taylor?

"Che ti succede?"

Trovarsela davanti agli occhi l'aveva fatto ancora una volta sussultare.

"Niente."

La ragazza lo guardò così male che rivide per un attimo quella strega travestita da suora a cui aveva alzato la sottana quando andava all'asilo. Ottimo, ora aveva anche le visioni.

Taylor si alzò sulle punte e si allungò verso la sua fronte. In un gesto che lo sorprese, ci posò sopra le sue labbra. Ecco, ora sì che il cuore batteva veloce.

"Che cosa...?"

"Sento se hai la febbre. Hai la febbre." decretò lei, senza ombra di dubbio nella voce.

"Sciocchezze."

"Ti sei fermato perché ti senti male."

"No."

"Guido io."

"Che cosa??"

Lo sguardo sconcertato di Jeremy si posò su di lei come se si fosse appena proposta di accompagnarlo in una scampagnata sulla Luna.

"Hai un aspetto terribile, Jeremy." spiegò corrucciando le sopracciglia.

"Grazie per il complimento." ritornò stabile sui suoi piedi e le prese le spalle. "Ma brutto o bello, sono io quello che guida. Non voglio morire spappolato contro un albero."

"Divertente."

"E poi non sai neanche la strada. E non mi fido di te."

"Bene. Allora rimaniamo qui a trasformarci in ghiaccioli malati e orgogliosi."

"Senti." tagliò corto lui, pensando alla soluzione più saggia. "Io ho bisogno di una di quelle cioccolate di cui parlavi e sono sicuro che tu vuoi provare i tuoi nuovi pattini sul lago. Tutti e due ora prendiamo una pausa e poi si riparte con destinazione Burford. Basta con le iniziative patriottiche, Giovanna D'Arco."

"Perché mi parli come se fossi una demente?" si divincolò lei, irritata.

"Giovanna D'Arco era una demente."

"Giovanna D'Arco era un'eroina!"

"Sentiva le voci."

"E ha salvato la Francia."

"Ed è morta bruciata."

"Ma ora tutti la ricordano."

"...come una povera demente."

"Come un'eroina!"

Taylor lo guardò offesissima, ma parve che ciò lo dilettasse molto, per cui, dopo essersela spassata con una risata, la prese per un polso e la guidò fino al chiosco di cioccolato caldo, cominciando già a sentirsi meglio.

Quando cadde per la terza volta, Taylor desiderò di sprofondare nell'acqua gelida, piuttosto che ascoltare la risata melodicamente divertita di Jeremy.

Sbuffò e a fatica ritornò alla posizione eretta che difficilmente riusciva a mantenere per due minuti. Fortunatamente erano i soli in quel posto, salvo per il vecchio Sullivan, il proprietario gentile del chioschetto.

Era bastato che si nascondessero dietro sciarpe e cappucci perché l'ormai ottantenne sdentato non li riconoscesse e dopo aver finalmente riempito i loro stomaci con qualcosa di caldo e dolce, facesse pure lo sconto per loro.

Dopo quell'ottima cioccolata, Taylor aveva indossato i pattini e, convinta che fosse fattibile, si era precipitata sulla superficie ghiacciata del Baenue. Pessima idea.

Non aveva fatto i conti con la sua goffaggine e la totale mancanza di coordinazione. E ovviamente il ghiaccio scivoloso.

"Dai, dammi la mano." Jeremy l'aveva raggiunta e le aveva offerto un appiglio, prevedendo a breve un'ennesima rovinosa caduta. Forse non serviva nemmeno tentare di salvarle la vita, perché continuando così, si sarebbe ammazzata da sola.

Ma a Jeremy ciò faceva ridere e la trovava di una tenerezza disarmante, purtroppo.

"Ce la faccio." bofonchiò lei tentando di avanzare graziosamente.

Al biondo riusciva davvero difficile trattenersi; non avrebbe voluto riderle in faccia, ma Taylor era semplicemente negata. Persino aggrappata come un'ancora al suo braccio vacillava sui suo stessi piedi.

"Non mi aiuti prendendomi in giro, sai?" ringhiò lei cercando di sembrare disinvolta. Si sarebbe davvero scompisciata dalle risate a vedere lui nella situazione inversa, invece che con le sue comodissime scarpe a suole piatte.

"Credo che tu abbia un talento nascosto." ribatté Jeremy, tenendole saldamente la mano mentre molto lentamente lei pattinava in avanti. "Molto nascosto."

"Nascosto come il tuo senso dell'umorismo?" la ragazza rispose a tono.

Jeremy stava per controbattere qualcosa di altrettanto arguto, ma il ghiaccio lo tradì e lo fece scivolare all'indietro, facendolo finire con la schiena a terra e con una ragazza sulla pancia. Nella caduta, infatti, aveva trascinato con sé la povera Taylor, che se fino a ora si era presa della scoordinata, per lo meno adesso aveva avuto la sua rivincita.

Il biondo, schiacciato dal peso della ragazza e dolorante per la botta contro il durissimo suolo, le era almeno servito da cuscino e ora si trovavano esattamente l'una sopra l'altro, petto contro petto.

Taylor, preoccupata, tentò di rialzarsi, ma ottenne solo un ulteriore scivolone per ripiombare sopra la pancia di Jeremy.

"Sei un elefante coi pattini!" sbuffò lui, respirando a fatica.

"Certo, sono stata io a trascinarti per terra, vero?"

"Beh, sicuramente non sei un modello di agilità e leggerezza."

"Senti che stronzo!" lo guardò infuriata per scoprire che a sua volta anche lui la stava osservando come quel giorno a Stroud, in cui si era meravigliata di vedere per la prima volta Jeremy divertirsi.

Non seppe perché, ma quell'espressione serena la contagiò e si aprì in un sorriso che di arrabbiato aveva ben poco.

Ben presto finirono entrambi con le lacrime agli occhi dalle risate; la scena davvero paradossale era ciò che ci voleva per allentare tutta quella tensione e, sì, tutti e due avevano bisogno di lasciarsi andare così, come se fossero due semplici ragazzi a un semplice appuntamento.

"Lor, mi stai spappolando un polmone." riuscì a dire Jeremy, tra un respiro affannato e l'altro.

Così si misero d'impegno per districarsi e sedersi a bordo lago, l'una ancora con i pattini, l'altro con un ritrovato rossore sulle gote e l'aria tutta felice.

Eh sì, a quanto pareva un po' di zucchero e la presenza di Taylor erano bastati come toccasana per il suo fisico e aveva deciso di godersi appieno quegli ultimi momenti di spensieratezza, sperando di conservarli per sempre anche quando sarebbe tutto finito.

Magari avrebbe fatto come con sua madre, avrebbe cercato di dimenticare in fretta e mettere per sempre da parte le emozioni, ma era sicuro che non ci sarebbe mai riuscito. Non una seconda volta.

"Non imparerò mai a pattinare." esordì lei avvolgendosi le ginocchia in un abbraccio.

"Mai dire mai, principessa." ridacchiò lui. "Ricordati che ho bisogno di un insegnante."

"Jeremy, tu hai bisogno di un miracolo." ribatté sarcastica.

Jeremy infilò la mano nella tasca dei jeans e ne estrasse un pacchetto di sigarette e un accendino. Fumare, un vizio che gli aveva trasmesso un senzatetto ancora quando aveva quattordici anni. Una delle poche cose, seppur anch'essa sbagliata, che lo faceva sentire un comune ventiduenne.

"Vuoi?" chiese offrendone una a Taylor e ricordando immediatamente il primo giorno di quella avventura, al distributore automatico. Sapeva da quella volta che lei l'avrebbe rifiutata.

"Sei scemo, Jeremy?"

"È vero, è vero...gas nocivi nei tuoi polmoni." la citò roteando gli occhi.

"No, Jeremy. Sei scemo perché sei malato e ti metti a fumare. Già che ci sei fammi guidare la tua macchina e lascia che ti spappoli contro un albero, tanto che differenza fa?"

Jeremy non poté fare a meno di alzare le sopracciglia e guardarla con una certa sorpresa. Sembrava quasi...arrabbiata?

"Ehi. È solo una sigaretta." la svalorizzò accendendola ed emettendo la prima densa nuovoletta di fumo.

Taylor non poteva sapere quanto gli piacesse. Certo, Jremy non poteva fumare molto spesso, se non aveva l'occasione di rubare le sigarette, ma quando ne aveva qualcuna tra le mani, poteva dirsi felice. Per lui fumare una sigaretta era un momento di cui godere, un tempo brevissimo in cui essere tranquilli, normali, in pace. Jeremy adorava soffermarsi a osservare i ghirigori biancastri che vorticavano davanti ai suoi occhi per sfumare e confondersi con il colore del cielo. Era il suo momento di quiete, non aveva nient'altro che la sciarpa di sua madre e le sigarette rubate.

Taylor tossì, coprendosi il naso con la manica: "Perché sei così masochista?"

Jeremy rise di nuovo, trovando quasi irritante che fosse adorabile anche mentre cercava di fare la mammina. A pensarci bene, non trovava occasione in cui non fosse adorabile.

"Dovresti provare a sentire il sapore del fumo, Lor." le suggerì, sapendo, per com'era fatta, che non avrebbe mai osato. "È un sapore così contro le regole, ma che allo stesso tempo lascia il buono in bocca."

La ragazza si tolse la sciarpa dal naso e si avvicinò a lui per testare quel fantomatico sapore, ma l'unica cosa che sentì fu un fastidioso odore di cenere insidiarsi nei polmoni e tossì di nuovo: "È disgustoso."

"Non ho detto odore, Lor." ripeté lui dolcemente, osservando la punta arrossata del suo naso. "Il sapore è totalmente diverso."

"Oh, certo." lo prese in giro. "Il sapore della cenere e del pericolo di morte devono essere favolosi."

"A volte con il pericolo di morte puoi giocare. Se sei bravo abbastanza, non muori."

"Jeremy, tu mi sembri proprio sull'orlo della morte."

"Eppure sono qui." sorrise, enigmatico. "Forse è proprio perché volevo sentire questo sapore che non sono ancora morto."

"Il sapore di una sigaretta è così buono da mantenerti in vita?"

"Il sapore di tante cose assieme."

"Non ti credo."

"Allora prova."

Taylor avrebbe voluto dire a quell'idiota masochista che lei non avrebbe mai osato provare a fumare, ma non ci riuscì. Perché Jeremy si sporse dolcemente sul suo viso e la baciò.

Sembrava impossibile, ma era l'unica persona oltre a lei in quel lago e quindi il bacio non poteva che essere suo. Era così sorpresa che per un attimo fu presa dal panico, ma la sensazione passò subito, per il semplice fatto che il tocco di Jeremy era il più dolce che avesse mai sentito.

I suoi occhi si chiusero per assaporare al meglio quell'inaspettato contatto e si sentì improvvisamente pervasa da un'emozione intensa come lo scoppio di un fuoco d'artificio; un'esplosione di gioia che le fece quasi male al cuore e benissimo all'anima.

Stava baciando Jeremy Parker.

Le labbra del ragazzo erano morbide e calde contro le sue e il suo respiro le accarezzava il viso così delicatamente che le venne spontaneo allungare una mano per stringerla attorno a un lembo della sua giacca, una silenziosa preghiera che quel contatto durasse il più a lungo possibile.

Le stava piacendo più di quanto avrebbe potuto immaginare e aveva improvvisamente capito a cosa si riferisse Jeremy con quel sapore di tante cose assieme.

Il suo cuore sembrava voler rompere la gabbia toracica, così forte che il battito le invadeva le orecchie e la mente, sempre più inebriata dai modi e dai ritmi di Jeremy. La mano fredda del ragazzo era scivolata lentamente tra i suoi capelli, sciogliendo la treccia che si era fatta quella mattina e facendo scendere i ciuffi sulla sua pelle, la voglia di essere scaldato e di sentire la morbidezza di Taylor ovunque potesse.

La attirò ancor più a sé, mentre le loro lingue si accarezzavano sapendo di essere perfette le une per le altre, come due pezzi complementari di un puzzle, ritrovati in mezzo a mille altri.

Non ce l'aveva fatta, Jeremy.

Aveva permesso che la parte debole di sé avesse il sopravvento su quella forte e si era lasciato trasportare da un sentimento nuovo per lui, finalmente, dopo giorni che desiderava farlo.

Il profumo di Taylor gli invase le narici, colpendogli la memoria, colpendo il cuore, che adesso sembrava traboccare di vita.

Sentiva le gambe molli, ma non per l'anemia: la causa era Taylor e quella sovrabbondanza di amore che si era ritrovato a provare per lei. Quasi gli veniva da ridere; sembrava tutto così semplice con lei accanto, sembrava tutto così bello e buono, sembrava che niente avrebbe mai potuto andargli storto, per il semplice fatto che lui era innamorato.

Che buffo, Jeremy si era innamorato, qualcosa che suonava talmente inadeguato a lui!

Eppure, smise di baciarla solo perché era a corto di fiato.

"Allora, principessa. Che cosa ne pensa di questo sapore?" quasi sussurrò, posando le sue iridi chiarissime sul viso confuso di Taylor, le palpebre ancora socchiuse e le labbra arrossate.

Lei ci mise un po' per riprendersi: ancora la mente era scollegata, immersa nel tepore di una sconvolgente sensazione e nella consapevolezza di aver amato quel bacio dal primo all'ultimo istante.

Si schiarì la voce, cercando una certa stabilità per poter almeno mettere in fila una manciata di parole: "Come...come dicevi tu. Così contro le regole, ma che...che allo stesso tempo lascia il buono in bocca."

Le sorrise, afferrando di nuovo il pacchetto e porgendoglielo: "Vuoi una sigaretta?"

"Una sigaretta no, ma magari un altro bacio sì." Taylor non riuscì a trattenersi e quando capì di averlo detto davvero, arrossì di botto. Un applauso alla sfacciataggine, si disse.

Jeremy rise e la guardò in un certo senso compiaciuto, ma anche consapevole che così facendo stava solo complicando la situazione.

"Perché sei così masochista?"

"Perché mi hai baciata?"

Aprì la bocca per rispondere, ma di fatto da quelle labbra non uscì che una nuovoletta di ossigeno condensato. C'erano mille motivi che potevano essere riassunti in due bravissime parole, ma di certo non poteva pronunciarle. Non proprio ora che era arrivato fino a quel punto.

"Io...credo che sia stato un addio opportuno." disse deglutendo la voglia di prendersi a schiaffi.

Taylor abbassò lo sguardo, annuendo appena, mentre il vento muoveva i ciuffi castani sul suo viso: "Ho sempre odiato gli addii."

Il ragazzo si trovò assolutamente d'accordo: "Anch'io."

"Jeremy, tu...non provi nulla per me?"

Ecco, gliel'aveva chiesto. Diretta come un proiettile, mirando al punto. Era una domanda senza scampo, per cui una volta saputa la risposta, avrebbe potuto mettersi finalmente il cuore in pace.

"No." fu la risposta di Jeremy, altrettanto diretta.

Annuì di nuovo, stavolta trattenendo una lacrima: "E se tu...se non fossimo in questa maledetta situazione, tu proveresti qualcosa per me?"

Sembrava quasi una supplica, la voce sommessa e lo sguardo tremulo, lucido, immerso nel suo. Provava a leggere la vera risposta nei suoi occhi, cosa in cui era diventata piuttosto brava, ma sembrava davvero dannatamente impossibile questa volta.

Jeremy si era già enormemente pentito per quel bacio. Aveva ottenuto solo sofferenza, sofferenza in più da aggiungere a tutta quella che già le aveva impartito. Era uno stupido, un idiota, un povero maschio che si faceva mettere k.o. dai sentimenti.

Forse fu per quello che le rispose di no, anche se la vera risposta sarebbe stata sì. Sì, avrebbe provato qualcosa per lei e lo avrebbe fatto incondizionatamente dal dove, il come e il se. Purtoppo però, in quel momento erano tre incognite fondamentali e non poteva certo trovare una soluzione non sapendo il loro valore.

Non poteva dirle che l'amava, perché sennò né lei e né lui sarebbero sopravvissuti.

Taylor sorrise amaramente come aveva fatto la sera prima e si portò i capelli dietro all'orecchio: "Sei un rapitore orribile, Jeremy."

Anche lui assunse la medesima espressione: "E tu sei la ragazza più sbagliata del mondo. Avrei davvero voluto rapire Tessy, almeno non sarebbe stata così bella, così gentile e così intelligente da farmi sembrare uno stupido mostro senza sentimenti."

Taylor alzò gli occhi su di lui e gli regalò lo sguardo più bello del mondo.

Non disse nulla, ma capì molto e sentì l'impulso di ritrovare quel contatto di labbra.

Portò una mano dietro il collo del ragazzo e attirò a sé il suo viso con l'altra.

Al contrario di ciò che si sarebbe aspettata, lui non si oppose a quel bacio, ma lasciò che tutto il suo corpo si infiammasse di nuovo, come benzina fredda che aspetta solo che il suo fiammifero le cada sopra.

Labbra roventi in quel gelido dicembre che anche solo sfiorandosi, emanavano lingue di fuoco. Si accarezzavano prima dolcemente, poi con passione, senza mai staccarsi le une dalle altre, perché il freddo non piaceva a nessuno dei due, ma ancora di più perché non c'era nessuno a impedirlo.

Nessuno che volesse separarli in quel momento, solo loro due e quel bacio, molto meno innocente del primo, che non voleva mai finire. Jeremy non si era mai sentito così nel baciare una ragazza, non aveva mai sentito quella reazione chimica che si aveva solamente tra due determinati elementi.

"Ci sono cose che capisci dopo averle provate sulla tua stessa pelle" gli diceva sua madre e ora lui aveva colto il senso della frase. Certo, Madre Natura era stata piuttosto stronza a scegliere proprio Taylor come suo elemento compatibile.

Se all'inizio gli avessero detto che Taylor Heavens, l'irritante principessina, sarebbe riuscita a cambiarlo così tanto in meglio, si sarebbe fatto una grassa risata. Non lo credeva ancora possibile, in effetti, il modo in cui era riuscita a sconvolgergli la vita. Anche se niente si era ancora risolto, sentiva che qualsiasi cosa fosse accaduta, gli sarebbe comunque rimasto quel ricordo, quell'amore che l'aveva migliorato, che l'aveva fatto ridere e aveva colorato il grigio in cui viveva da anni.

Forse un semplice "grazie" non sarebbe mai bastato. Forse non le avrebbe mai detto "ti amo", non direttamente, ma era quello che sentiva e che avrebbe sempre portato con sé, come un polo con il suo polo opposto, come un lucchetto con la sua chiave.

"Promettimi una cosa." sussurò Taylor appoggiando la fronte alla sua, il fiato corto. "Promettimi che qualsiasi cosa dovesse succedere, ti farai aiutare. Che cercherai di migliorare la tua vita. Sono certa che quando mamma e Oliver sapranno la verità, saranno disposti a darti una mano e-"

"Te lo prometto." la zittì prima che parlasse oltre.

Sapeva che non l'avrebbe mantenuta, quella promessa, ma ormai era abituato a dire bugie importanti. Avrebbe fatto il possibile perché lei si dimenticasse di lui per sempre e viceversa. Punto e basta.

"Ok..." annuì la ragazza, sollevata. "Ok, Jeremy."

"Andiamo." disse allora lui, scostandosi finalmente da lei con enorme rammarico. "Si sta facendo tardi."

Si alzò in piedi e le porse la mano, aiutandola a mantenere l'equilibrio sui pattini, finché non poté indossare di nuovo le scarpe. Ritornarono alla macchina così, mano nella mano, persi ognuno nei propri pensieri, a loro volta persi in quel sapore di tante cose assieme che era rimasto nelle loro bocche.

"Pronto?"

"Edoardo Cordano?"

"Dipende."

"Stanno andando via da qui."

Il silenzio dall'altra parte fece intendere che l'interlocutore si aspettava maggiori informazioni per essere sicuro di poter parlare.

"Lake Banue, sono diretti a Nord."

"Sullivan, sei tu, vecchia carcassa!" Cordano parve sollevato, ma anche arrabbiato. "Quante volte ti devo dire di farti riconoscere subito quando mi telefoni?"

Di sicuro una chiamata dalla polizia era l'ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento e aveva paura che sarebbe capitata a momenti.

"Scusami, Edoardo, ma avevo fretta di parlare." rispose il vecchio, seguendo con lo sguardo il ragazzo biondo che faceva salire la Heavens in macchina con fare premuroso. "Non puoi credere a quello che ho appena visto."

"Sono tutto orecchi, Sullivan."

"Sembra che il caro Parker abbia veramente un problema ad eseguire il tuo semplicissimo ordine."

"Ovvero? Non giocare a fare il misterioso, vecchio della malora. Sai che sono nella merda fino ai capelli per colpa di quel figlio di-"

"Sono innamorati."

"...prego?"

Il vecchio cioccolatiere ridacchiò mettendo in mostra gli ultimi tre denti che componevano il suo sorriso: "Cosa ti aspettavi? Sono due giovani, Cordano. Sono predisposti a credere nell'amore eterno e puttanate del genere, non hanno ancora capito che a questo mondo contano solo i maledettissimi soldi."

"Sei sicuro di quello che dici, vecchio?"

"Ti può bastare sapere che si sono baciati e che si tengono per mano?"

"Dove hai detto che sono diretti?"

"Verso Nord, con una Fiat ammaccata di almeno due secoli fa."

Dall'altoparlante del telefono si sentì il rombo di un'automobile messa in moto.

"Hai intenzione di seguirli?" chiese Sullivan, divertito dall'astio che traboccava dal fare di Cordano.

"Sì." rispose quest'ultimo. "Ho in mente per la nuova coppia un regalo bello da morire."



ANGOLO AUTRICE

"Tante cose insieme" credo che si spieghi da solo 😁

Anche per questo capitolo ho un debole e credo che il primo bacio tra i due sia il più romantico che io abbia mai scritto nella storia della mia vita (edit di tre anni dopo: NO)

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