All I want for Christmas is...

By yellow_daffy_writer

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[COMPLETA] Jeremy Parker ha 22 anni ed è un criminale. Ha chiesto al suo migliore amico di aiutarlo a rapire... More

1. Deck the Halls
2. Broken Photo, Broken Heart, Broken Nose
3. Everybody's Fault
4. The Value of a Life
5. Fresh Fish and Hot Thoughts
6. Oh Holy Light
7. Monsters at the Diderot
8. Athens and Sparta
10. A Lot of Things Together
11. Fatal Encounters
12. Save You to Save Me
13. All Kinds of Love - part 1
14. All Kinds of Love - part 2
15. Omnia vincit amor

9. Heavens and Bell

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By yellow_daffy_writer

Jeremy mollò lo zaino ai piedi di Taylor, che alzò la testa dal foglio e lo scrutò senza parlare.

"Ce ne andiamo." disse.

Dietro di loro, Alex aprì la porta del motel, trascinando il suo borsone noncurante del rischio che si potesse sporcare. Sembrava non importargli di nulla, in quel momento. Aveva il muso lungo e le labbra serrate da giorni.

"Dove andiamo?" fu la naturale domanda della ragazza, a cui sembrava di star rivivendo un dejà-vu.

"Una mia vecchia conoscenza ci lascia la sua casa in periferia a Cheltenham." spiegò il biondo, iniziando a riempire lo zaino con le poche cose di Taylor. "Staremo lì fino a Natale."

"Mancano solo cinque giorni a Natale. E poi che faremo?" si lasciò sfuggire Taylor, impaziente di sentire buone notizie.

"E poi, se tutto andrà come dovrebbe andare, sarai libera." le rispose lui, più seccato che gentile.

Taylor sorrise d'istinto, anche se non avrebbe voluto. Aveva così tanta voglia di rivedere i suoi cari che non poté ignorare l'euforia che fomentava dentro di lei. Allo stesso tempo, però, non riusciva a immaginarsi in assenza di Jeremy e Alex. Ormai poteva dire di essersi abituata a quei due, alla loro presenza, ai loro ritmi, alle loro voci attorno.

Era così strano, ma in qualche modo erano diventati una parte di lei; una parte che non sapeva se amare od odiare, ma che indipendentemente da tutto, la rendeva completa. Sembrava assurdo a dirsi, ma attualmente Taylor Heavens si trovava tra due fuochi: la sua famiglia, da una parte, e i suoi rapitori, dall'altra. Due fuochi così ardenti, uno dei quali avrebbe potuto bruciarla in qualsiasi momento.

Doveva ammettere che da quando Jeremy le aveva parlato di sua madre, aveva iniziato a considerarlo diversamente. Non riusciva più a vederlo solo come un rapitore o come una persona che faceva del male volontariamente, ma piuttosto come un ragazzo solo e sofferente, che si comportava in un determinato modo perché nessuno gli aveva mai dato la possibilità di agire diversamente.

Avrebbe voluto abbracciarlo perché era sicura che meritasse un po' d'affetto nella vita. Avrebbe voluto dirgli che era riuscita a comprendere i motivi dietro le sue scelte e che le dispiaceva di avergli detto certe cattiverie. Avrebbe voluto ammettere che provava qualcosa di strano e diverso per lui. Qualcosa di inspiegabile, che andava oltre la compassione e la logica. Avrebbe voluto, ma non poteva.

Da una parte non ci riusciva, perché sapeva che i suoi sentimenti erano insensati e privi di buon senso, oltre che sicuramente non ricambiati. Dall'altra non osava nemmeno immaginare che la situazione potesse prendere risvolti più rosei e felici. Era troppo complessa e sbagliata per lasciar spazio a ipotesi di miglioramento.

"Non racconterò di voi alla polizia." esordì, decisa.

"Lo so." ribatté Jeremy con un mezzo sorriso.

All'inizio pensava che sarebbe dovuto ricorrere alle minacce con lei. Era sicuro che l'avrebbe terrorizzata, in modo tale che la verità sarebbe rimasta per sempre un segreto e lei avrebbe raccontato ai suoi familiari una storia messa a punto per far quadrare ogni cosa e non destare sospetti su i veri responsabili.

Tuttavia, col tempo aveva capito che non era necessario. In qualche modo era giunto a fidarsi più di Taylor che di se stesso e si era accorto che tra loro tre era nato qualcosa. Un rapporto, lo poteva definire, che gli dava la sicurezza che Taylor non lo avrebbe mai messo nei guai più di quanto lo era ora. E lo stesso discorso valeva per Alex. Poteva starne certo.

"Ehi, non essere così sicuro di te." Taylor si alzò in piedi e guardò il ragazzo con occhi maliziosi. "Potrai anche essere un sommo rapitore, ma io sono pur sempre la ragazza sbagliata, ricordi?" sussurrò.

Anche Jeremy le sorrise, seguendola con lo sguardo, mentre preparava le sue cose: "La peggiore di tutte."

"Avete finito di tubare, voi due? Possiamo andare?" la domanda secca e indolente di Alex riportò i ragazzi alla realtà e li spinse a tacere e darsi una mossa per finire di prepararsi.

Alex non aveva perso quel tono dalla mattina in cui Allyson lo aveva lasciato e Jeremy doveva ammettere che era arrivato a mettergli una certa paura. Non l'aveva mai visto in quello stato.

Salirono in macchina senza dirsi nient'altro, ognuno immerso nei propri pensieri e nei canti melensi delle voci bianche alla radio. Jeremy guidò per qualche ora e nessuno cambiò stazione finché non arrivarono a destinazione, accolti dal pallido sole del primo pomeriggio. Pareva che i canti di Natale scaldassero i cuori di chiunque.

La casa che avevano raggiunto era nascosta in periferia, piccola e accerchiata dal bosco, collocata alla fine di una trascurata stradina sassosa. Il genere di posto in cui si sarebbero potuti tenere segreti centinaia di contrabbandi, osservò Taylor. Il genere di posto che solo uno come Jeremy poteva conoscere.

Quando entrarono, la prima cosa che Taylor avvertì fu uno strano tepore, come se quella casa fosse solita ospitare delle persone. La mobilia all'interno era piuttosto antica, ma nel complesso comoda: un letto a castello nell'angolo, una cucina essenziale, un divanetto con una tv della grandezza di una scatola da scarpe. Sulla parte più lontana, una massiccia porta in legno che presumibilmente portava al bagno. Modesta sì, ma era finora il posto più confortevole che Taylor avesse visto. Dopo il petto di Jeremy, ovviamente.

"Hans è partito due giorni fa. Credo sia in un altro Paese, probabilmente in cerca di un permesso di soggiorno per i suoi figli." spiegò Jeremy riferendosi alla vecchia conoscenza di cui aveva parlato. Gettò lo zaino sul divano e aprì la finestra, facendola scricchiolare per tutto ghiaccio che le si era attaccato.

Taylor faticava a pensare che il proprietario di quella baracca potesse farci stare anche dei figli, ma non si pose troppe domande.

"Non è male." commentò, sistemando le sue poche cose sul letto. "Il tuo amico è stato gentile."

"È lo stesso che mi ha venduto il cloroformio per te."

"Il tuo amico è uno stronzo."

Jeremy rise, ricordando quanto Taylor l'avesse rimproverato, indignata, per aver cercato di drogarla. Fu una delle prime volte che la trovò davvero buffa e che lo fece ridere di gusto. Era normale che sentisse quasi un senso di nostalgia?

Alex, non troppo distante da loro, si affacciò alla finestra e prese una sonora boccata d'aria guardando malinconicamente le fronde degli alberi pressate dal peso della neve.

Jeremy smise all'istante di trafficare con lo zaino e posò gli occhi preoccupati sul suo amico. Avrebbe voluto consolarlo, spendere delle parole utili per lui, ma non aveva idea di cosa dire o fare. Era come bloccato; come non era mai stato capace di dargli consigli d'amore, altrettanto era negato per queste situazioni e in più aveva la netta sensazione che ora Alex lo odiasse.

Per come lo aveva sentito parlare, gli era sembrato che quella Allyson fosse davvero la ragazza giusta per lui e se ora lo aveva lasciato, la colpa non era che di Jeremy. Aveva capito benissimo che il motivo per cui Alex aveva dovuto mentirle era il guaio in cui l'aveva personalmente coinvolto e l'aveva trascurata per non lasciare solo lui. Era un amico fantastico, Alex, e lui non era che un inutile, ingrato peso per le vite altrui.

Taylor lanciò al tormentato amante uno sguardo di compassione e provò ad avvicinarsi a lui. Se anche in precedenza le aveva fatto capire di non avere la minima intenzione di ascoltarla, lei non avrebbe mollato. Ci aveva riflettuto in macchina: lui ed Allyson sarebbero stati una bellissima coppia. Non potevano perdere il potenziale che avevano.

Così si appoggiò alla cornice della finestra e gli parlò, cauta: "Sai, ho sempre pensato che l'Alex di cui mi parlava Ally non fosse altro che un borghesotto universitario tutto fumo e niente arrosto." confessò con un mezzo sorriso.

Il moro proruppe in un verso di scetticismo: "Te ne parlava bene, allora."

"Alex." Taylor si issò sul davanzale della finestra per guardare in faccia il ragazzo e Jeremy provò un po' d'invidia per non essere al suo posto. Ma non disse nulla; si limitò a seguire il dialogo di quei due da una colpevole distanza, sentendosi se possibile ancora più inutile e dannoso.

"Quando mi parlava di te, i suoi occhi splendevano come quando mi parlava dei suoi pattini." proseguì Taylor. "Diceva che eri quello giusto ed eri semplicemente perfetto, così io mi ero fatta quest'idea di te. Una specie di dio molto ricco che regalava il suo fascino a belle ragazze come Allyson solo per portarsele a letto."

Ci fu un secondo, un breve istante, in cui Alex e Jeremy si scambiarono un'impercettibile occhiata significativa.

"Avevate torto entrambe." si sminuì il ragazzo, tornando a concentrarsi su di lei.

"E invece sai che ti dico?" continuò lei, senza dargli retta. "Che avevamo torto entrambe!"

Alex allargò le braccia eloquentemente.

"Non sei perfetto e non sei nemmeno un borghesotto universitario tutto fumo e niente arrosto."

"Ehm...grazie?"

"Sei molto di più. Sei simpatico, divertente, buono, gentile, altruista, ma, sopratutto, sei leale. Tu sei un amico vero, il migliore che si possa avere e il più prezioso. La tua umanità e la tua abnegazione sono tanto forti quanto quelli di un vero eroe e, se solo Ally avesse avuto l'occasione di capirlo, ti ammirerebbe come tale."

"Io? Un eroe?"

"Alex, tu faresti qualsiasi cosa per gli altri." era sicura di ciò che aveva appena detto; lo pensava da quando lui l'aveva afferrata nel mezzo della folla impazzita del Diderot, e, rischiando la sua stessa vita per lei, l'aveva portata in salvo. L'aveva fatto per lei e per Jeremy, ma era piuttosto convinta che l'avrebbe fatto per chiunque.

"So che è una pazzia, perché dopotutto tu mi stai rapendo, ma è questo che penso di te." affermò, sorridendogli.

Il ragazzo non era del tutto convinto di aver afferrato il punto, ma si sentiva davvero onorato per la considerazione che Taylor aveva di lui.

"All'inizio, non ti avrei dato una lira." assicurò lei.

"Vorresti dire che le opinioni cambiano?" tentò di indovinare.

"No, voglio dire che Allyson non conosce la vera persona che sei e appena lo farà, se ne innamorerà ancora di più. Vedrai." gli appoggiò una mano sul braccio, accarezzandolo con fare materno.

Lui assunse un tono pieno di amarezza e rimorso: "Ma ci siamo lasciati, Taylor."

"Sottovaluti la bontà di Allyson; in un certo senso, voi due siete molto simili. E poi, tutti meritano una seconda occasione." gli fece l'occhiolino e saltò giù dal davanzale, lasciandolo a fissare fuori con un'espressione perplessa.

Jeremy aveva osservato la scena con gli occhi di un bambino affascinato. Ringraziava mentalmente Taylor, che con la sua dolcezza era riuscita a rasserenare Alex, ma allo stesso tempo era geloso di lui. Il modo in cui Taylor gli aveva parlato era carico di affetto, di rispetto e ammirazione. Cosa che con lui no aveva mai fatto.

Aveva la netta impressione che alla ragazza piacesse molto di più Alex. Sotto tutti i punti di vista, il suo amico era migliore: aveva un fisico più scolpito, era bruno e molto piacente, non era uno stronzo e agiva sempre seguendo il suo cuore. Era chiaro che lui avesse un effetto positivo su una persona sensibile come Taylor, mentre Jeremy non faceva che nausearla e spaventarla.

Si riscosse di colpo dai pensieri, allibito.

Che cosa gli passava per la mente? Era forse diventato pazzo? In una situazione del genere, si ritrovava ad avere uno stupido attacco di gelosia, mentre la sua vita andava a rotoli, assieme a quella del suo migliore amico. Gli sembrava di essere tornato indietro a quand'erano a Stroud e aveva fatto quella scenata davanti ad Alex. Che diavolo di ragione aveva per essere invidioso di chiunque intrattenesse rapporti con Taylor?

Accese la televisione per distrarsi, scoprendo che l'unico canale visibile era quello a emissione regionale. Sbuffò davanti allo schermo e lasciò, sconsolato, la trasmissione sui bambini del Cotswolds che – tanto per cambiare – si erano riuniti davanti al municipio di Winchcombe per cantare carole in compagnia del sindaco.

Tutto ciò gli metteva ansia: Natale era ormai vicino e con lui la fine di tutto quel trambusto. Avrebbe rilasciato Taylor, incassato una percentuale – forse – della refurtiva, estinto i suoi debiti e poi...basta. Avrebbe ricominciato a vagare per i borghi malfamati d'Inghilterra, rubando ai fruttivendoli e aiutando di tanto in tanto le nonnette che attraversavano la strada, per sentirsi meno cattivo. Cordano non gli avrebbe lasciato una somma generosa, ma almeno non avrebbe mai più avuto a che fare con lui. Alex sarebbe tornato da Allyson e con un po' di fortuna si sarebbero messi di nuovo insieme e avrebbe ripreso gli studi all'università.

Sarebbe rimasto di nuovo solo e quel che era peggio, suo malgrado, era che non avrebbe mai più rivisto Taylor. Sbuffò di nuovo cercando di scacciare quel malessere dal cuore e quei pensieri dalla testa, mentre si eclissava in cucina per preparare qualcosa di caldo.

Taylor stava nel salotto a disegnare, di buon umore, con il blocchetto che aveva trovato a Stroud ben sistemato sulle gambe. Alex, animato da una nuova speranza, scribacchiava su una cartaccia trovata in giro: voleva comporre una lettera di scuse per Allyson.

Improvvisamente, però, i bambini smisero di cantare e la sigla del notiziario speciale riempì le mura della casetta. L'annuncio proveniente dal conduttore fece sussultare tutti e tre.

Jeremy finì col rovesciare il latte bollente a terra.

Alex scattò in piedi.

Taylor calciò il blocco in disparte e si appiccicò allo schermo della tv.

"Nuovo aggiornamento relativo alla misteriosa scomparsa della diciannovenne di Bourton. Dopo ulteriori indagini, pare che la giovane Taylor Margaret Heavens, figlia dell'appena dimesso direttore della Money House, sia ufficialmente vittima di un rapimento. Abbiamo notizie di un suo avvistamento lo scorso diciotto dicembre a Cirentester e, a seguire, il risultato delle indagini della polizia sui due presunti rapitori. Ma vediamo prima il servizio del nostro inviato Stanley Finnigan, da Cirencester."

Jeremy sentì il cuore smettere di battere per un secondo e fece un passo indietro, per lasciarsi sostenere dalla parete.

Alla televisione un giovane impacciato parlava alla telecamera mostrando la stanza dell'hotel in cui avevano alloggiato nei giorni precedenti e poi intervistava un tizio che nessuno di loro aveva mai visto, ma che, apparentemente, aveva visto loro. Probabilmente, pensò Taylor venendo attanagliata da un assurdo senso di colpa, l'aveva sentita urlare quando aveva provato a scappare.

L'uomo descrisse sommariamente Taylor e i suoi due accompagnatori, sostenendo di averli visti entrare e uscire dalla hall più di una volta, poi prese a criticare lo scadente servizio dell'hotel finché l'inviato non lo congedò frettolosamente. Diede di nuovo la linea allo studio, augurando a Taylor di essere ancora viva.

Taylor fissava la tv a bocca aperta, Alex tratteneva il respiro, Jeremy pensava che il suo personale conto alla rovescia fosse appena iniziato.

"Passiamo allora alle notizie più recenti. Dopo il sopralluogo della polizia di ventiquattrore fa, sarebbero state ritrovate alcune tracce di sangue all'esterno di villa Heavens. Non si dispone ancora di un referto ufficiale da parte dei medici, ma dall'intervista rilasciata stamani dal dottor Bowels, il sangue risulterebbe appartenere a un giovane residente di Bourton."

"Cazzo." commentò Jeremy, vedendo una sua foto non troppo recente comparire sullo schermo.

Anche Alex emise un gemito, sconvolto da quello che stava sentendo.

"Jeremy David Parker, ventiduenne pregiudicato e senza fissa dimora, sembra non avere alcun apparente collegamento con la vittima, ma rimane finora l'indagato numero uno. Sentiamo il servizio in diretta di Maria Ross."

L'inquadratura mostrò una signora ben vestita, che, sullo sfondo della stazione di Bourton, si teneva l'auricolare e raccontava a tutto il Cotswolds ciò che Jeremy temeva di più al mondo: "Sì, buonasera, mi trovo qui nel cuore di Bourton dove sta per arrivare il sindaco di Cirencester in vista della riunione col nostro sindaco, l'onorevole Darren Grisham. In queste ultime ore le forze dell'ordine hanno indagato sui dati di Parker, trovando un unico precedente che lo vedrebbe coinvolto, assieme a un impiegato della Money House, in un caso di furto. Si parlerebbe di Edoardo Cordano, proprio il neo appuntato presidente dell'azienda. Giusto trentasei ore fa, Oliver Heavens avrebbe ceduto la sua carica all'uomo, elemento che ha spinto le indagini ad andare più a fondo. Cordano risulterebbe, infatti, coinvolto nello scarceramento di Parker, avvenuto nel luglio di quest'anno, come persona a carico del pagamento della sua cauzione. L'elemento sconcertante sembra essere proprio il luogo in cui Parker avrebbe compiuto il furto, ovvero la mansione di Bourton appartenente a Cordano."

Jeremy pensò di stare morendo: si accasciò sul divano esalando una soffocata imprecazione, mentre anche la fotografia di Edoardo compariva sul lato destro dello schermo.

"L'uomo sarebbe strettamente legato all'ex-dirigente aziendale, nonché padre della vittima, che avrebbe personalmente fatto il suo nome come sostituto. L'indagato al momento risulta non rintracciabile, in particolare dopo la perquisizione della sua residenza a Bourton. Le prove rilevate durante l'ispezione rimanderebbero a una piuttosto certa attività mafiosa da parte dell'indagato. Attualmente, si ipotizza che Edoardo Cordano e Jeremy David Parker siano i rapitori della giovane e che abbiano un interesse comune a riscattare la quota per il suo rilascio. Sono già state inviate le pratiche di ricerca in tutta la regione e l'atmosfera, qui a Bourton è più che irrequieta. Ma lasciamo spazio alle interviste di Georgia Calls."

Sullo schermo apparve l'immagine di una Amanda Vallet in lacrime, al centro di polizia, accerchiata da mille microfoni e registratori. Il suo nome comparve sotto l'inquadratura, accompagnato dall'indicazione di parentela che aveva con Taylor.

"Conosce quegli uomini, signora? Pensa che sia colpa del suo ex-marito se sua figlia è scomparsa?"

"No..io...non so nulla."

"Amanda, che cosa direbbe a sua figlia, se potesse sentirla?"

"Oh, Tay, ti voglio bene e ti giuro che qui stanno facendo di tutto per trovarti...tieni duro, piccola, tieni duro."

"Oh mio Dio." Taylor si era portata una mano alla bocca e aveva gli occhi colmi di lacrime.

Il nome dell'intervistato cambiò in "Allyson Stuart, amica" e comparve una ragazza sotto un ombrello, che guardava spaesata alla telecamera.

"Stuart, un'ultima domanda, è stata davvero lei a ritrovare la traccia di sangue vicino a quella panchina?"

"Sì, io e Tessy."

"Che cos'ha pensato quando l'ha vista?"

"Beh, abbiamo avuto paura che Taylor fosse stata ferita e siamo corse a riferirlo alla polizia. Adesso che sappiamo chi sta cercando di farle del male, sono sicura che la troveremo presto. Ce la faremo, Tay, mi manchi da morire."

La ripresa seguente raffigurava una porta che si sbatteva in faccia alla telecamera per nascondere Oliver Heavens dai flash.

Il conduttore tornò allora al centro dell'inquadratura e passò alla notizia successiva.

Alex si affrettò a spegnere il televisore, facendo piombare la casa in un lugubre, nefasto silenzio.

Non passò nemmeno un minuto, e il cellulare di Jeremy squillò.

Oliver si sbatté la porta alle spalle, girando la chiave nella toppa e appoggiando la schiena al gelido metallo della doppia mandata.

Era appena sfuggito a una marea di giornalisti e non aveva idea di come avesse fatto, ma aveva il fiatone e pensieri molto più neri a cui dedicarsi.

Il suo salotto ampio e freddo gli parve un carcere in attesa di essere riempito dai suoi sensi di colpa, che per quella giornata avevano già sovraffollato la sua gola. Senza nemmeno togliersi il cappotto, si lasciò scivolare lungo il legno della porta, rompendo quel chiassoso silenzio con un singhiozzo.

Aveva fallito.

Come padre, come marito e come uomo. E nemmeno per la prima volta.

Aveva fallito quando aveva lasciato Amanda e Taylor, aveva fallito quando aveva trascurato Tessy e aveva fallito quando non aveva saputo gestire un'altra vita, oltre la sua. Ecco cosa, lui non sapeva gestire nient'altro al di fuori di se stesso. Soldi, lavoro, piacere, fama...tutto quello che lo rendeva orgoglioso era individuale, egoistico e solo finché non lo stancava, riusciva a giostrarlo al meglio.

Lacrime salate iniziarono a solcargli le guance deperite.

Adesso si rendeva conto che la sua vita non era un film, che non c'era alcun regista dietro le quinte, che era lui l'unico a doversi accertare che tutto fosse perfetto per andare in scena. Capiva che aveva sbagliato fin dall'inizio. Il suo copione adesso era bianco, in attesa della battuta giusta per uscire di scena senza sacrificare nessuno.

Non era riuscito a salvare Taylor prima che la polizia si intromettesse. Era stato troppo lento e ora il rapitore avrebbe rispettato la sua orribile promessa.

Avrebbe voluto morire, Oliver.

L'aveva detto ad Amanda e lei si era arrabbiata. Non con lui, ma con la vita. Con il mondo, così crudele con lei, e lui era rimasto ad ascoltarla, pensando che era stato l'origine di ogni male. La sua ex-moglie aveva pianto lacrime amare tante volte e lui non le aveva mai viste fino a quel lunedì nel quale le aveva rivelato che sua figlia era stata rapita.

Certo, l'aveva consolata, e si era sentito un verme. Nessuno l'aveva mai consolata quando lui se n'era andato. O forse sì. Taylor, che ora stava rimettendo per tutti gli errori di un padre troppo superficiale. La Taylor a cui non aveva mai smesso di volere bene, come lo voleva a Tessy e a Martha, solo che non lo aveva mai dimostrato. Né a lei, né a se stesso.

Il cuore gli sfondava la gabbia toracica: aveva un'enorme, dannata, paura. Aveva paura di perdere una figlia che aveva già perso. Aveva paura che Taylor potesse morire.

Cos'avrebbe fatto a quel punto? Non avrebbe mai avuto l'occasione di parlarle e di dirle quanto sordo e cieco fosse stato in quegli anni, non avrebbe potuto chiederle scusa e si sarebbe sentito un assassino. Il cuore di Amanda avrebbe ceduto per la seconda volta e probabilmente anche il suo non ce l'avrebbe fatta.

"Papà." la candida voce di Tessy gli fece alzare il capo.

La guardò frastornato, preso dai mille pensieri.

"Ti avevo detto che avrei fatto da solo. Non ti sei fidata di me, Tessy."

La ragazza aveva gli occhi colmi di lacrime: "Papà, non è questo. Io...papà, io mi fido di te. È che ho avuto paura e mi sono sentita in colpa per lei."

Oliver si alzò in piedi quasi barcollando e le offrì il posto tra le sue braccia: "Lo so, Tessy. Ti capisco. Scusami."

"Perché ti scusi, papà?"

L'innocenza con cui sua figlia gli porse quella domanda era quasi disarmante. Lo abbracciava e non sapeva, non aveva idea di quanto lui c'entrasse in quella situazione. Di quanto la sua incapacità avesse permesso che il caso non si fosse risolto prima e senza il bisogno che altri s'intromettessero. Di quanto quella che lei reputava una nuova speranza non era che l'ufficiale condanna a morte della sua sorellastra.

"Perché sono un buono a nulla. È tutta colpa mia." rispose.

"No!" Tessy si animò. "Non hai rapito tu Taylor, papà! La colpa è solo di quei bastardi e sono sicura che la polizia li troverà! Ci puoi scommettere che li metteranno dentro! E che Taylor sarà salva."

Lo sguardo grigio di Oliver divenne ancora più angosciato.

"È troppo tardi, Tessy." ribatté, scuotendo la testa. "Troppo tardi."

E sì, poteva anche sembrare una frase da film, ma purtroppo non lo era.

Taylor era rannicchiata in un angolino del divano, silenziosa e muta come se uno stato di trance si fosse impossessato di lei. Stringeva un cuscino impolverato, lo sentiva aderire al suo corpo e premeva ancora di più, poi ci appoggiava sopra le labbra e soffocava un umido sospiro.

Alex sbuffò alzandosi in piedi e facendo cadere qualche libro per la foga.

"Smettila." le ordinò.

Ma il suo imperativo risuonò molto più come una malcelata supplica. Non aveva il polso di Jeremy, lui. Taylor gli lanciò un'occhiata offuscata e decise di fingere di non averlo sentito, come volevasi dimostrare.

"Se non la finisci di fare così, me ne vado." fu il secondo tentativo del moro.

La ragazza tirò su col naso: "Così come?"

"Così...triste."

"Scusa, Alex. Non riesco a non essere triste dopo quello." esalò a mezza voce, indicando con la testa il televisore spento.

"Mi dispiace." ribatté lui. "Ma mi stai facendo sentire un mostro."

Taylor si stropicciò gli occhi con la manica del maglione, pensando a quella parola, mostro, e sentendosi sempre più confusa. Poi, inspirò profondamente e riprese la calma. Mille domande affollavano la sua mente dopo quel telegiornale.

"Alex, voi siete dei bravi ragazzi. Perché tutto questo? Che cosa ve lo fa fare?"

Alex si passò una mano sul viso, trattenendo un fiume di scuse e spiegazioni che Jeremy gli avrebbe sicuramente impedito di dare: "Noi...beh, Taylor, non dipende del tutto da noi."

"Questo l'avevo capito." sbuffò lei. "Ma perché? Perché siete arrivati a questo punto? Chi c'è davvero dietro a tutto questo?"

"Beh, Jeremy, lui..."

"Non è Jeremy. E nemmeno tu. È quel Cordano, vero? È lui che vi ha ingaggiati per il lavoro."

Alex si sentiva sopraffatto da tutte quelle domande e iniziava davvero a capire Jeremy con le sue crisi isteriche nei confronti della ragazza.

"Taylor, ti prego."

"E ora che vi stanno cercando che cosa succederà? Jeremy era sconvolto!"

"Non lo so."

"Perché vi siete messi in questa situazione? Che cosa ci guadagnate? Mi chiedo cosa diavolo vi abbia promesso quel verme per convincervi ad abbassarvi a tanto."

"Ehi." Alex la interruppe, seriamente offeso. "Jeremy non si sarebbe mai cacciato in questo casino, se non fosse stato strettamente necessario, ok?" non riusciva a trovare le parole per rimanere discreto, ma si sentiva in dovere di difendersi da quelle accuse. "Quindi per lui è strettamente necessario. E di conseguenza lo è anche per me. Fine della storia."

Taylor rimase molto colpita da quella risposta e abbassò subito gli occhi, come riconoscendosi in torto. In realtà, Alex era una persona così genuina che qualsiasi suo rimprovero non poteva che essere fondato su un valido motivo. Anche se non sapeva ancora quale fosse, si accontentò. Paradossalmente, si faceva impressionare più da lui che da Jeremy.

"Scusa, Alex." proruppe.

"Scusa tu." borbottò lui, incrociando le braccia, incapace di rimanere arrabbiato persino con chi lo attaccava personalmente.

"Io potrei aiutarlo."

"Anch'io vorrei poterlo fare." ribatté il moro, frustrato. "Ma, vedi, il punto con Jeremy è che è del tutto inutile. Aiutarlo è quello che provo a fare da anni, ma è così testardo che l'unico capace di tirarlo fuori da questa vita di merda non può che essere lui stesso. Io lo aiuto come posso, ma non sarà mai abbastanza e così è il massimo che posso." concluse indicandosi insoddisfatto.

La ragazza rifletté per qualche istante e convenne con Alex che era aveva ragione. Si era accorta anche meglio dei diretti interessati quando Alex donasse l'anima e il corpo per il suo amico. Quanta stima e quanto affetto provasse per lui, volendo rischiare qualunque prezzo, senza chiedere nulla in cambio, accettando anche gli insulti e subendo il caratteraccio di Jeremy.

Ma non serviva a nulla: Jeremy non era quello ragionevole. Sebbene paresse l'esatto contrario, Jeremy era quello stupido, folle, che seguiva l'istinto prima che il pensiero e che avrebbe nascosto le sue debolezze a qualsiasi costo. Jeremy era quello a cui era mancata una vita e quello che ora tentava di tenerne in piedi una in completa assenza di fondamenta.

Alex ci era arrivato prima di lui. Alex l'aveva capito ormai da molto, molto tempo e aveva accettato silenziosamente che il suo orgoglio e la sua caparbietà non gli avrebbero mai permesso di rendergli la vita migliore.

E nonostante tutto, era ancora al suo fianco.

"Sei davvero una brava persona, Al." sussurrò Taylor.

Il ragazzo sorrise: "Anche Jeremy lo è, te lo assicuro. Anche se non lo dimostra, lui è l'unico che mi abbia sempre rispettato per quello che sono. L'unico che mi insulterebbe per ore intere, ma che, alla fine dei conti, darebbe volentieri la vita per me."

Taylor lo guardò ammirata e ipnotizzata; era difficile credere a quella visione così positiva di Jeremy, ma era altrettanto commovente ascoltare con quanta gratitudine e sicurezza Alex parlasse del suo amico. Alex le aveva appena rivelato un lato davvero dolce del suo carattere e lei non poté fare a meno di sentirsi come una mamma orgogliosa del proprio figliolo.

"Grazie, Alex."

Scrollò le spalle: "Di che?"

"Di avermi dato speranza. E di essere così come sei." rispose con un sorriso contro il cuscino. "A volte non ti daresti mai la pena di conoscere persone da cui in realtà si può imparare molto."

Alex la guardò con un mezzo sorriso: "A volte fai dei discorsi davvero incomprensibili."

La ragazza si lasciò finalmente scappare una risata, ma venne spezzata sul nascere dalla porta che si apriva di colpo, portando nella stanza il gelo dell'esterno.

Taylor e Alex si voltarono a guardare Jeremy, curiosi e impazienti di sapere il verdetto della telefonata.

Il suo viso era se possibile ancora più pallido, l'unico accenno di colore stava nei contorni degli occhi, rossi di capillari e viola per le profonde occhiaie. Era evidente che fosse infreddolito, i muscoli tesi e le mani nelle tasche. In realtà, le teneva ben nascoste lì dentro per non far vedere ad Alex e Taylor che stavano tremando.

Il suo sguardo distaccato si spostò in giro per la stanza, per poi finire deciso sulla figura del suo migliore amico: "Alex, devi tornare a casa."

Il moro alzò le sopracciglia con fare confuso: "A casa...a Bourton?"

"Sì." sembrava che Jeremy stesse prendendo quella decisione al momento. "Sì, prendi Betsie e torna a casa."

"Pure Betsie? E tu?"

"Non mi serve."

"Ma-"

"Niente ma." Jeremy suonò spaventosamente serio, in un modo che nessuno dei due aveva mai sentito, né visto sul suo volto. "Devi tornare dalla tua famiglia e da Allyson, devi far deviare tutti i possibili sospetti da te, perché se non ritorni subito, ti scopriranno."

"Non ti lascio da solo!" esclamò Alex, capendo ben poco di ciò che il biondo gli stava spiegando. L'aria di dicembre gli aveva per caso congelato la ragione?

"Non sarò solo, Taylor sarà con me." ribatté lui, lanciando una fugace occhiata alla ragazza, due passi più distante da loro e con un aspetto terribile.

"E cos'hai intenzione di fare con lei? Usarla come guardia del corpo?" sbottò Alex, sentendosi quasi tradito dall'amico.

"Alex, lo faccio per te, te ne devi andare. Qui rischi solo di essere riconosciuto come mio complice."

"Perché lo sono." sbottò lui. "E lo sono stato fino ad ora, è un rischio che grava sulla mia testa da un po', se non te n'eri accorto."

"Allora forse non eri in questa stanza quando mi hanno trasmesso alla tv!"

"E che cosa cambia una tua stupida fotografia?!" gridò il moro, arrabbiato. "Fino ad ora non potevano riconoscere Taylor? Non potevano sospettare di me a Bourton? Pensa ai miei e ad Allyson! Per la miseria, Jeremy, sono stato nella merda dal primo minuto che ho passato in giro con te, che diavolo è cambiato adesso?"

Qualsiasi cosa gli avessero detto al telefono, era impensabile che d'un tratto avesse deciso di sbrigarsela da solo. Che diavolo gli era successo? Di punto in bianco non aveva più bisogno di lui? Magari era lui a non capire, eppure non sopportava l'idea che in qualche modo Jeremy lo stesse liquidando.

"Allora sei proprio stupido." gli sputò contro il biondo. "Adesso che la polizia pensa che il mio complice sia Cordano, è il momento perfetto per te per uscire da questa situazione."

"Ma io non voglio uscire!"

"Alex!" la voce profonda di Jeremy risuonò oltremodo aggressiva. "Quelle persone non sono così stupide! Quanto pensi che ci voglia prima che qualcuno se ne esca con il tuo nome? Ci siamo fatti vedere ovunque, manchi da Bourton da svariati giorni, ma, soprattutto, io e te siamo amici da una vita!"

Ad Alex quella sembrò quasi un'accusa e allora indietreggiò, confuso e ferito dalle parole dell'amico.

"Finché credono che i rapitori siamo io e Cordano, tu sei salvo, Alex. È la copertura perfetta e se non cogli l'occasione, durerà troppo poco."

"È vero. Ma se io non sto con te, come faccio ad assicurarmi che vada tutto bene?"

Jeremy sospirò: "Andrà tutto bene." gli uscì come una cantilena.

"Non posso saperlo, se non ci sono. Non posso aiutarti."

"Devi fidarti di me."

Alex si morse il labbro, il respiro che usciva pesante dalle narici e gli occhi che pizzicavano fastidiosamente: "Che cosa pensi di fare?"

Jeremy non osò incontrare gli occhi di Taylor. Non sapeva cos'avrebbe fatto; sapeva solo che non avrebbe mai permesso che Alex venisse coinvolto più del dovuto e quindi doveva assolutamente rinunciare al suo aiuto. Subito. O sarebbe stato troppo tardi per lui.

Quando sarebbe rimasto solo con la ragazza, avrebbe davvero pensato al da farsi.

"Taylor e io ce ne andremo di qua." rispose solamente. "Aspetterò fino a nuovo ordine."

Il moro mostrò un'espressione sempre più agitata e incredula: "Fammi capire: Cordano ti ha telefonato semplicemente per dirti di aspettare un nuovo ordine?"

"Non...non era Cordano." disse Jeremy, abbassando gli occhi.

"E chi, allora?"

"Oliver."

Taylor sussultò: "Oliver? Che cosa ti ha detto?"

"Nulla." tagliò corto lui, gelido, senza nemmeno degnarla di uno sguardo, poi tornò a concentrarsi sul suo amico. "Alex, ti prego. Torna a casa, inventati qualcosa che funzioni e riguadagna la fiducia di tutti. Dopotutto, mi sarai d'aiuto anche da Bourton." aggiunse, sperando di convincerlo. "Ho bisogno che qualcuno mi aggiorni su come procedono le cose là; posso fidarmi solo di te."

Ci fu qualche istante di profondo silenzio. Il silenzio improvviso e inerte che precede una dolorosa separazione, che segna una lenta presa di consapevolezza, un silenzio deluso e carico di dispiacere. Alla fine, però, Alex annuì.

Era abituato agli ordini di Jeremy, ma questo aveva un che di solenne. Un ordine che avrebbe potuto sembrare maleducato e ingrato, ma che sotto sotto sapeva di supplica. Jeremy voleva che lui andasse via e anche se non aveva ancora afferrato il perché, capiva che avrebbe dovuto ascoltarlo. Si era sempre fidato del suo migliore amico e non se n'era mai pentito. Jeremy sapeva sempre cosa fare.

Si diresse verso il letto a castello e senza troppi sforzi afferrò il suo zaino. Raccolse le sue cose sparse per la stanza, fece mucchio in malo modo di tutti i foglietti che aveva scritto poco prima e si infilò una felpa scura, quella con cui Taylor l'aveva visto per la prima volta.

Fece tutte queste cose sotto lo sguardo di due paia di occhi; uno caldo e prosciugato di lacrime, ma non di voglia di versarne, uno freddo e piegato dalla forza che il mondo esercitava su di lui.

Si avvicinò per primo a Taylor, la scrutò dall'alto del suo metro e ottantacinque e le sorrise: "Ehi, Tay." la salutò dandole una leggera pacca sulla spalla.

"Alex..."

Lei era ancora frastornata. Tutto stava succedendo così velocemente, aveva ancora una miriade di domande vorticanti per la testa e ora si trovava a combattere una sensazione tanto inaspettata quanto orribile. Era il rifiuto di veder Alex partire, la sofferenza nell'immaginare quell'inedito trio senza una delle sue parti. Mai avrebbe immaginato che si sarebbe affezionata così tanto a un tale idiota.

"Ehi, Taylor, non fare quella faccia." sorrise lui. "Jeremy è bravino, ma resto sempre e comunque io il tuo peggiore incubo, ci puoi scommettere!"

"Ma per favore." fu l'unica cosa che riuscì a dirgli, la voce alterata dal nodo in gola.

"Stai bene, Taylor." le augurò, sincero. "Vedrai che andrà tutto bene! E poi, se dico ad Ally che mia nonna è risorta, magari torna con me." scherzò lui.

Sempre il solito.

Si voltò verso Jeremy, non ancora mossosi dalla sua posizione. Il biondino era poco più basso di lui e aveva un aspetto molto più trascurato. Magari guardandoli la gente non avrebbe creduto che tra di loro scorresse quel legame incredibile, ma la verità era che non avrebbero mai smesso di essere amici. Mai, nemmeno se un mafioso si fosse messo tra di loro, nemmeno se il destino li avesse voluti separare a tutti i costi, nemmeno se uno dei due avesse rischiato la vita.

Si sarebbero sempre dati man forte, perché anche se erano diversi e in qualche modo appartenevano a due realtà opposte, formavano un duo che non sarebbe mai diventato un singolo. Jeremy e Alex, era così che quei due nomi erano sempre stati pronunciati assieme, come Stanlio e Ollio, come Timon e Pumbah, come Dolce e Gabbana...beh, forse era meglio che non sentissero del paragone con Dolce e Gabbana o avrebbero di sicuro protestato.

"Ti chiamo quando arrivo, Jerry." gli disse.

"Sempre se non ti perdi per strada." sorrise lui, debolmente. "Teniamoci in contatto. Appena sai qualcosa, avvertimi."

Alex annuì ed estrasse un pacchetto di fazzoletti di carta dallo zaino: "Tieni." li porse all'amico. "La prossima volta che il tuo naso sarà in piena dovrebbe bastarti il pacchetto intero."

"Davvero divertente." Jeremy aveva voglia di ridere, ma il fatto che quello fosse un addio glielo impediva e lo faceva sentire come se qualcuno gli stesse strappando le braccia e le gambe dal corpo. "Sei stato di aiuto, Al."

"Credevo non l'avresti mai detto." esultò, soddisfatto. "Ci vediamo tra cinque giorni."

Jeremy si limitò a spostare gli occhi dal suo viso e fu a quel punto che Taylor capì che stava nascondendo qualcosa.

Ma Alex non si fece troppe domande e, zaino in spalla, aprì la porta per uscire. Salutò di nuovo entrambi e poi imboccò il vialetto sassoso, verso l'albero sotto cui se ne stava parcheggiata la vecchia Betsie.

Non appena Taylor e Jeremy rimasero soli, il biondo spostò gli occhi su di lei e sentì che non ci sarebbe più stato nemmeno un minuto in cui si sarebbe sentito bene.

"Che cosa nascondi?" lo aggredì subito Taylor.

"Niente, principessa. Ormai conosce tutta la verità grazie ai fottutissimi mass media."

"Non è vero. Perché stai mandando via Alex?"

"Te l'ho detto, Taylor. L'ho fatto solo per il suo bene."

Taylor fece spola tra le sue iridi e non trovò traccia di falsità riguardo quell'ultima affermazione.

"Beh, ti mancherà." disse allora, semplicemente.

"Ha parlato Capitan Ovvio." commentò lui, saccente.

"Se è così ovvio, perché non gliel'hai detto?" la sua voce suonava piena di indignazione e tristezza.

Quale amico si reputava, se non riusciva neanche a dire qualcosa di carino? Non aveva nemmeno perso il suo tono da sergente di ghiaccio e ora Alex se ne stava andando via assieme alla probabilità che si rivedessero.

"Perché non è affar tuo." rispose lui.

"Beh, sai una cosa?" esordì la ragazza. "Alex non ti merita."

Jeremy s'irrigidì di colpo. Non era vero. Non poteva dirgli questo!

"Vaffanculo, Taylor." sibilò.

Lei gli voltò le spalle e presa la decisione di non dargli retta, ascoltò il suo cuore e si diresse di corsa verso la porta.

"Alex!" gridò uscendo nel vialetto.

Il moro, che ormai aveva raggiunto la macchina e stava per montarci, si voltò, sorpreso.

"Aspetta!"

Taylor, anche se vestita solo di un maglione troppo grande, gli corse incontro e prima ancora che lui potesse dirle qualcosa, si gettò tra le sue braccia.

Il moro sorrise, preso un po' in contropiede, e la abbracciò a sua volta, stringendola con fare fraterno: "Ehi."

"Sì, rimarrai per sempre la mia più grande paura." incalzò con voce tremula. "E a Jeremy mancherai da morire. Sono venuta a dirtelo io, perché lui è troppo stronzo."

Alex ridacchiò, sorpreso e vagamente felice.

"Grazie. Solo che è strano che sia tu a fermare me, questa volta."

A Taylor tornò in mente il suo tentativo di fuga dall'hotel di Cirencester. Quel giorno Alex aveva dovuto rincorrerla e trattenerla perché non scappasse e ricordava ancora molto bene i suoi lamenti dopo che lei gli aveva sferrato un bel calcio nel luogo sacro. Ricordava anche di aver pensato cose cattive su di lui e di averlo giudicato male. Era contenta di essersi ricreduta, ma triste di averlo fatto troppo tardi.

Una flebile risata uscì dalla sua bocca, assieme a una solitaria lacrima sul viso schiaffeggiato dal freddo.

"Stai piangendo per me?" Alex si stupì.

"Sì, stupido." rispose la ragazza. "Mi mancherai."

"Anche tu, Taylor." la strinse di nuovo, ancora più stretto di prima e grato nei suoi confronti. Pensò che forse Jeremy non era l'unico a volergli bene e, tutto sommato, Taylor aveva ragione. Alex non era del tutto inutile; c'erano delle qualità in lui.

Si era davvero affezionato a Taylor e riteneva che Allyson fosse fortunata ad averla come migliore amica. Forse anche lui avrebbe potuto considerarla un'amica, un giorno. Forse, a pensarci, erano amici già da tempo; da quando, quella mattina a Stroud, lui le aveva portato pesce alla griglia per colazione e lei gli aveva sorriso per ringraziarlo. Aveva addirittura mangiato tutto il pesce.

"Salutami Allyson." disse Taylor, sciogliendo finalmente l'abbraccio.

"Certo, lo farò."

"No, Alex!" Taylor si sbatté una mano in fronte. "Non puoi farlo, lei non deve sapere che tu hai a che fare con me!"

"Oh. Giusto."

Era incredibile; lei doveva insegnare a lui come rapirla! Cose da Alex.

"Grazie, Taylor." Alex salì in macchina e la mise in moto, poi chiuse la portiera e abbassò il finestrino, sporgendosi leggermente e rivolgendo a Taylor un sorriso fraterno. "Proteggi Jeremy, ok? Anche se sei gracile e scoordinata."

"Ci provo." ribatté lei, gli occhi ancora lucidi. "E tu non fare cazzate."

"Io? Ma quando mai?" le fece l'occhiolino e se ne andò.

Jeremy poggiò il piatto sul tavolo e aspettò che la lancetta segnasse i dieci minuti. Alzò il coperchio della pentola e ammirò il suo primo vero purè: una soluzione di acqua e polverina giallognola con tanto di simpatici grumi galleggianti. Sbuffò sonoramente e spense il fuoco, versando nel lavabo quello che qualsiasi altra persona avrebbe fatto diventare commestibile mediante le quattro semplici regole scritte nella confezione.

Jeremy odiava cucinare.

Non solo non ne era capace, ma sembrava addirittura che anche i piatti già pronti gli venissero male.

Diede un'occhiata all'uovo, perlomeno quello aveva un aspetto sano: bastava solo distruggerlo in malo modo sulla padella, cosa che sapeva fare benissimo, data la sua consolidata esperienza nel distruggere le cose.

Con l'aiuto del cucchiaio di legno riempì il piatto di frittata e la coprì con una manciata di spezie che trovò nel ripiano a destra. Si era bruciato un dito e aveva rotto un uovo sul fornello, ma tutto sommato poteva vantare un discreto successo nella preparazione della cena di Taylor.

Già, Taylor...non le aveva più rivolto la parola da quando era rientrata. Aveva seguito la scenetta dell'abbraccio dalla finestra con una morbosissima serpe attorno allo stomaco, ricacciando indietro la voglia di dare un pugno al muro. Era invidioso del suo amico per l'affetto che aveva ricevuto da Taylor e allo stesso tempo era arrabbiato per non essere riuscito a salutarlo come si doveva.

Certo, Taylor l'aveva fatto al suo posto, ma ora aveva il dubbio che Alex potesse davvero pensare di non meritarsi un amico come lui. Non poteva dirgli che lo aveva cacciato perché gli voleva un bene dell'anima, e aveva paura che per questo lui non l'avrebbe mai saputo. Ma Jeremy sarebbe per sempre rimasto in silenzio, o Alex sarebbe tornato indietro, lo sapeva.

E non avrebbe nemmeno fatto parola del tormento che stava affrontando nella sua anima. Di quanto si sentisse disperato, incazzato e frustrato. A causa di quell'addio, a causa di quella maledetta telefonata, a causa di Taylor.

Il pensiero orribile del futuro che stava per vivere svanì bruscamente quando il tè bollente straripò dalla tazza e gli bruciò per la seconda volta il dito.

Corse verso il getto d'acqua del rubinetto per anestetizzare la scottatura e di colpo pensò a sua madre e a quanto anche lei fosse irrimediabilmente maldestra ai fornelli.

Ricordava torte scoppiate nel forno, polli troppo ripieni, lasagne talmente poco cotte da essere croccanti e caffè salati. Sì, il gene della negazione per l'arte culinaria era ereditario, ma Jeremy non ricordava occasioni in cui sua madre non sorridesse degli errori. Anche se era una totale frana, ci metteva il cuore ogni volta, perché lo faceva per lui, lo faceva per la persona che amava.

Si fanno tante cose per le persone che si amano, pensava Jeremy, a volte cose che si odiano completamente. E aver mandato via Alex era una di quelle, anche se non l'avrebbe mai saputo.

Sospirò sistemando il piatto e il bicchiere di tè sul vassoio e vivendo la consapevolezza che ormai i ricordi di sua madre fossero diventati quotidiani.

Lei, per esempio, gli avrebbe detto di mangiare, perché doveva mantenersi in forze e crescere robusto, ma Miriam non c'era e non poteva vedere come il figlio fosse debole e stanco...e lui non avrebbe mangiato. Non aveva fame, non poteva averne, dato che aveva lo stomaco annodato in mille e più modi, dato che la paura e la preoccupazione condizionavano ogni suo gesto. Non avrebbe mangiato, ma come sua madre per lui, voleva che Taylor lo facesse.

Sì, era arrabbiato con lei, sì, non avevano più scambiato una parola dal pomeriggio e sì, l'aveva abbandonata a se stessa chiudendosi in cucina, ma questo non aveva impedito che il suo cuore si preoccupasse ancora per lei.

Dannazione! Ormai non era più capace di ricacciare tutto indietro, di convincersi dei contrari, di affermare sempre "non è vero".

Ormai era il cuore ad avere la meglio sul cervello e i sentimenti, proprio quelli che aveva soffocato per sedici anni, si stavano abbattendo su di lui come un uragano improvviso e incontrollabile. Non riusciva spiegarsi il perché. Oppure sì, ma sapeva che comunque ammetterlo sarebbe stato inutile.

"Bella fregatura, Jeremy." si disse parlando da solo come i matti.

Afferrò saldamente il vassoio e si diresse nel piccolo salotto, dove assieme al camino, Taylor aveva acceso anche la tv.

"Lor, ti ho portato la-"

Non finì la frase perché non si aspettava la scena che si trovò davanti.

Taylor era seduta a terra, la schiena appoggiata al divano, e dai suoi occhi sgorgavano lacrime accompagnate da potenti singhiozzi.

Appoggiò il vassoio a terra e guardò lo schermo del televisore: era in onda uno speciale sulla storia della ragazza scomparsa a Bourton.

Stavano raccontando la sua vita, la sua infanzia, e il presentatore usava termini come 'abbandono', 'sofferenza' e 'solitudine', che solo a Jeremy diedero i brividi. Figuriamoci a Taylor.

In primo piano c'era una fotografia ritraente Oliver e la sua seconda moglie, assieme alla piccola Tessy Heavens, poi un video: un compleanno di Tessy e la voce che raccontava che da quel giorno Oliver smise di mantenere la corrispondenza con Amanda.

E ancora la fotografia di Amanda, una 'mamma single', la definirono, che aveva sacrificato tutto pur di crescere al meglio la sua bambina. Un' immagine di Taylor ed Allyson abbracciate, che sorridevano entrambe adolescenti e con l'apparecchio, mentre veniva ricordato agli spettatori che mentre frequentava le scuole medie, Taylor non partecipava alla vita sociale di Bourton. Che passava il tempo a studiare, ma che in realtà alla notte piangeva d'invidia verso le amiche che arrivavano a scuola accompagnate dai loro papà. E verso la sua sorellastra, che le stava mostrando il passato che sarebbe spettato a lei. Seguì l'ennesima sfilza di fesserie sentimentali su un accompagnamento di violini e pianoforte.

Taylor aveva gli occhi rossi come il naso, la sua figura tremante e fragile davanti a quel melenso racconto non faceva altro che aumentare la voglia che Jeremy aveva di prendere a calci la causa della sua sofferenza.

Ma tutto, su secondo esame, riconduceva a lui come vera e singola causa di ogni male. Se non l'avesse rapita, tutto sarebbe proceduto senza drammi. Taylor si sarebbe fortificata con gli anni e sarebbe cresciuta indifferente al suo passato e sicura del presente.

Preso da un potente moto di rabbia, staccò la spina del televisore e le si parò davanti agli occhi.

"Perché guardi quella roba?"

"Perché la stanno trasmettendo. Lasciami guardare."

"Credo che sulla tua stessa vita sappia più cose tu e non quello stupido documentario."

"E quindi?"

"Ti stai solo facendo del male."

"Non mi importa."

"Che stronzate." la sua voce suonò sprezzante e fredda.

La ragazza reagì con ancora più singhiozzi: "Non sono stronzate! Quella lì è la mia famiglia!"

"Quale famiglia, Taylor? Quella che non hai mai avuto?"

Jeremy si pentì subito di quello che aveva detto. Non ragionava più, era sopraffatto dalla frustrazione. Non sopportava vedere Taylor in quello stato, non sopportava che piangesse per colpa sua e il fatto che non riuscisse a farla sentire meglio lo mandava in tilt. Con il conseguente risultato di farla stare ancora peggio.

"Scusami." tentò di rimediare. "Non volevo."

Jeremy credeva nella famiglia di Taylor.

Era solo arrabbiato per il passato che le aveva fatto vivere, ma non per questo pensava che non avrebbe rimediato. Certo, se Oliver fosse stato più svelto, ora Taylor non sarebbe così nei guai, ma non poteva biasimare nemmeno lui. Sapeva quanto impegno ci avesse messo, sentiva quanto stesse dando se stesso, quanto si stesse pentendo per ogni singolo errore. Purtroppo, però, quello sarebbe bastato a Jeremy e non a Cordano. Per quell'essere immondo, Oliver era stato troppo lento e basta.

"No, Jeremy. Hai ragione." lo contradisse lei, issandosi sul divano e sedendosi con le ginocchia rannicchiate al petto. "La mia vita fa schifo, è quello che dicono alla tv, in tutti i canali. La vita della mia mamma fa schifo e vederla sullo schermo fa ancora più schifo. Oliver è uno stronzo. È colpa sua se sono qui."

"No, Taylor. È colpa mia se sei qui." il ragazzo sentiva un fuoco ardergli dentro. La verità era che lui le aveva reso la vita uno schifo. Nessun altro.

Le si avvicinò e si sedette accanto a lei, prendendosi la testa tra le mani e ascoltando quel pianto che lo stava lentamente uccidendo. Ogni lacrima della ragazza era come un coltello infilato nel suo petto; avrebbe voluto fare qualcosa, farle ritornare il sorriso, farle scodare quell'orribile esperienza, tornare indietro nel tempo. Ma non poteva, ovviamente.

Si sentiva impotente e inutile, tanto quanto le sofferenze che le stava impartendo.

Lei, d'altro canto, stava odiando mostrarsi così debole e infantile e si asciugava le guance con il palmo della mano, sperando invano che cessassero di venire bagnate.

Che scena paradossale; Taylor rannicchiata accanto a Jeremy, in lacrime, ma disposta a concedergli fiducia nonostante tutto quello che stesse passando, Jeremy confuso e distrutto dalla consapevolezza di essersi innamorato della persona a cui stava rovinando la vita.

"Spero solo che non stia soffrendo troppo." soffiò lei, ripensando ad Amanda, che, sola, non avrebbe mai saputo sostenere una situazione di tale portata.

Jeremy la guardò e la vide così fragile e indifesa che gli venne spontaneo avvolgerla in un abbraccio. Un abbraccio protettivo, che andava oltre il contesto, un abbraccio attraverso il quale voleva urlarle quanto fosse stupido e quanto gli sarebbe piaciuto poter nutrire dei sentimenti senza i limiti che gli impedivano di farlo.

Ma l'avrebbe riportata a casa, l'avrebbe protetta a qualsiasi costo e avrebbe fatto in modo che il suo incubo finisse, anche se questo implicava che il suo non sarebbe mai finito. Era il minimo che potesse fare per lei.

"La rivedrai presto, Taylor, e starete bene entrambe." le disse in un soffio all'orecchio. "Cambierete idea riguardo a Oliver, te lo prometto."

Strinse la sua schiena tremante, la tenne stretta a sé e inspirò a fondo quel profumo di ricordi, immergendo il viso nei suoi capelli e desiderando di non essersi mai innamorato di lei. Era una condanna, una dolce condanna che più s'intensificava, più portava le cose verso un finale inevitabile.

Sentì i pugni di Taylor stringersi attorno alla sua maglietta, sentì le sue lacrime bagnargli il petto e la sua bocca muoversi contro la sua pelle fredda per dirgli grazie. Lei che ringraziava lui? Per cosa? Per averle fatto conoscere l'inferno?

Non sapeva che Taylor con quel "grazie" intendesse "grazie di essere qui". Nonostante tutto, si sentiva protetta tra quelle braccia, si sentiva a casa, si sentiva amata. Non era un caso che il suo cuore battesse così forte.

Aveva già capito da tempo la vera persona che era Jeremy, aveva capito che non era lui a volere questo per lei e, anzi, aveva capito che stava tentando di renderle quella tortura più sopportabile. Il problema era che nel farlo le aveva fatto provare emozioni così intense che aveva paura che fossero amore. Sì, aveva paura, perché se fosse stato amore, sarebbe stato uno di quei classici amori impossibili, in cui tutto avrebbe fatto in modo che non succedesse nulla.

A lei capitavano sempre questo genere di controsensi. Se ci pensava, tutta la sua vita fino a quel momento era stata un controsenso, anche se doveva ammettere che Jeremy era il migliore che le fosse capitato.

Si lasciò cullare in silenzio, memorizzando il ritmo dei suoi respiri e dei battiti lenti del suo cuore. Recuperò l'ossigeno che le mancava e si rilassò contro il petto di quel ragazzo così irritante, stronzo e misterioso. Così pessimo da essere forse il migliore.

Poco a poco ritornò la Taylor calma e razionale di sempre, con una nuova consapevolezza però, quella di essersi innamorata di Jeremy Parker, il ragazzo che l'aveva rapita. Tanto per gradire.

"Perché lo fai?" gli chiese, sciogliendo quell'abbraccio impacciato.

Gli occhi azzurri titubanti cercarono una via di fuga da quelli inquisitori della ragazza, ma non riusciva più a scappare da lei: "Fare cosa?"

"Il cattivo." rispose, disarmante come una bambina. "Il cattivo di una storia in cui credi di essere quello che prende le decisioni, quello che domina. Quando in realtà sai benissimo che non è così e ti lasci dominare dalla rabbia, dal rimpianto e dal rancore."

"È la mia vita, Taylor."

"Non è una vita, questa!" protestò lei. "Vuoi dirmi che non hai mai sofferto, non hai mai desiderato di cambiare?"

Oh, eccome se l'aveva fatto. Ma ovviamente non poteva parlarne a lei.

"Nessuno è mai contento di nulla." disse, alzando le spalle. "Vuoi dirmi che tu sei contenta?"

"No." gli diede ragione. "Non se ho davanti agli occhi tutto questo, senza poterlo cambiare. Vorrei poter fare qualcosa per te."

"Non puoi."

I loro volti erano così vicini che avrebbe voluto baciarla. Aveva il suo respiro leggero adagiato in ogni piega del suo viso, il suo profumo caldo in ogni vuoto della sua gola e c'era una promessa sulle sue labbra che avrebbe tanto voluto assaporare. Ma era il suo buonsenso, quello assopito da tempo, che gli intimava di non farlo.

"Ma tu mi stai aiutando, Jeremy. Perché non posso farlo anch'io? Non è giusto."

"Tante cose non sono giuste. La mia vita è compresa tra queste. E, credimi, non sto facendo nulla di speciale per te."

"Invece sì. Molto più di quello che pensi."

Gli occhi dell'uno erano immersi in quelli dell'altra, così diversi, come le realtà a cui appartenevano, ma con un passato simile e sofferto. Curioso come talvolta il destino giocasse con le vite delle persone e le facesse scontrare nella maniera più impensabile, per poi creare dei legami che nessuno avrebbe mai potuto aspettarsi.

"Che cosa starei facendo per te, Taylor?" domandò lui, in un sussurro.

"Beh, innanzitutto, non mi hai ancora cucito la bocca come avevi promesso."

Sul viso di Jeremy si disegnò un sorriso.

"E poi non mi lasci mai sola."

"Ovviamente. Credi che mi fidi a lasciarti sola con tutto quello che combini?"

"Non pensi anche tu che forse sarà orribile essere di nuovo soli?" gli chiese a bruciapelo, aprendosi al suo sorriso, così vicino e confortevole. "Quando ci separeremo, non dispiacerà un po' anche a te?"

In quel momento, davvero, avrebbe voluto risponderle di sì, e abbracciarla di nuovo, e baciarla.

Ma anche se Jeremy era un ragazzo irrazionale e istintivo, quando doveva fare una scelta così importante, usava sempre pensarla in tutte le sue sfaccettature.

Scegliere di baciare Taylor, o comunque di mostrarle i suoi veri sentimenti, avrebbe comportato una disfatta completa. Non poteva mostrarsi debole, specialmente in quel momento, specialmente se gli era stato imposto di essere forte, o meglio, si era imposto di essere forte. Tutto stava per finire e non doveva fare altro che resistere finché ogni cosa non fosse tornata al suo posto. Lo doveva fare per Taylor.

Se avesse compiuto un solo passo falso, avrebbe firmato la sua condanna. Per salvarla, doveva essere il Jeremy di sempre. O forse il Jeremy di sempre era quello che aveva sempre represso?

Non importava: era il Jeremy arido e insensibile quello che serviva adesso.

"No, Lor." sussurrò. "A me non dispiacerà."

Mentì guardandola dritto negli occhi. Si sentì un codardo e un egoista, ma sapeva che in fondo lei avrebbe fatto presto a dimenticarsi di lui. Le stava rendendo le cose ancora più facili, si stava dimostrando il mostro che le lo aveva sempre accusato di essere.

Era l'unico modo di renderle tutto più facile.

Taylor non riuscì a sostenere quello sguardo denso e duro, per cui abbassò gli occhi e si scostò un po' da quel petto tiepido che ormai era diventato la sua seconda casa: "Lo immaginavo." disse con un filo di voce e un falso sorriso. "L'hai sempre detto che non mi sopporti."

"Per quello servono doti da martire."

"Già." restò al gioco con un sorriso, poi si ritrasse definitivamente da lui e fece per alzarsi. "Scusa se mi sono comportata da bambina."

Ma Jeremy, preso da un moto di profonda tristezza, la fermò, trattenendola per un polso.

"Lor, tu sei una bambina." era un'affermazione quasi dolce e una presa in giro. "Perciò mangia e poi lavati quelle lacrime dal viso. Ti aspetto qui."

Taylor annuì.

Pensò che, anche se lui non provava le stesse cose per lei, aveva comunque la capacità di farla sentire bene. Era meglio così: era meglio che non provasse niente. Meglio per lui, meglio per entrambi. Questo di certo non le impediva di essere delusa, ma doveva fare buon viso a cattivo gioco.

Quindi fece quello che lui le aveva detto e quando tornò in salotto, non si era mosso da quella posizione sul divano.

Fu ben felice di coricarsi accanto a lui e trovare di nuovo l'incavo del suo collo per appoggiare la testa. Sembrava che il corpo del ragazzo avesse la forma complementare al suo, come i pezzi di un puzzle, come un materasso in lattice che si modella perfettamente alla persona che vuole dormirci sopra.

"Jeremy, qualsiasi cosa dovesse succedere..." iniziò prima che potessero addormentarsi. "Sappi che nonostante tutto, credo che tu sia..."

"Che cosa?" lo sentì sorridere, come ogni volta che stava per umiliarla.

"Bello."

"Questo già lo sapevo, principessa."

"Intendo bello dentro, Jeremy, hai capito. Puoi sembrare uno stronzo quanto vuoi, ma io so, perché l'hai dimostrato, che nascondi qualcosa di buono sotto tutta quell'indifferenza." le costava ammetterlo.

In fondo lui era pur sempre un idiota e non avevano fatto altro che litigare da quando si erano conosciuti, però non poteva nascondere la verità. Era irritante, strafottente e prepotente, ma nonostante tutto era lì con lei e guardandosi indietro, Taylor si era accorta che c'era sempre stato.

Forse lui non sentiva quello che sentiva lei e forse era meglio per entrambi, però una cosa era certa e voleva che anche lui lo sapesse: "Non è vero che Alex non ti merita. Forse sei uno stronzo di prima categoria, ma lui sa come sei davvero e per questo ti vuole bene. E...anche io te ne voglio."

Il biondino chiuse gli occhi e prese un lungo respiro, senza ribattere.

Rimase ad ascoltare l'eco di quelle cinque parole nella sua testa, memorizzandole come una bellissima canzone e sorridendo per aver avuto la fortuna di ascoltarle. Tacque finché non fu certo che Taylor si fosse addormentata e poi, quasi in un sussurro, le rispose.

"Io ti amo, invece."

Con un braccio le cinse la vita; sapeva che in futuro non avrebbe più potuto farlo. Strofinò il naso contro i suoi capelli e inspirò il profumo che non avrebbe mai dimenticato; quello di sua madre, quello dei suoi ricordi, quello della sua Taylor. Come fosse diventato così sentimentale non riusciva a spiegarselo, ma sapeva che in parte era dovuto alla telefonata su cui, tanto per cambiare, aveva mentito.

Era stato Cordano in persona, infuriato e aggressivo come non mai, a chiamarlo qualche ora prima. Anche lui aveva avuto modo di vedere il maledetto servizio al telegiornale e a quel punto non gli rimaneva altro da fare che rispettare la sua promessa.

Jeremy ricordava benissimo la minaccia che da settimane vorticava nella sua mente:

Un errore, Parker, e userò il mio giocattolo per decretare la tua eliminazione dal gioco. Cordano aveva deciso di metterla in pratica.

Gli aveva detto che gli avrebbe concesso ancora cinque giorni. Entro Natale avrebbe dovuto risolvere quell'enorme problema, oppure l'avrebbe ucciso personalmente.

E qual era la soluzione al problema? Quando Cordano gliel'aveva detto, si era accasciato contro la parete della casa e aveva sentito la terra mancare da sotto i suoi piedi.

"Non possiamo più continuare con la storia del rapimento, Parker."

"E allora che cosa facciamo?"

"Che cosa farai tu, Parker! Da questo momento in poi il problema è solo tuo e come lo risolverai è molto semplice: ucciderai Taylor Heavens e farai sparire le sue tracce entro Natale, oppure sarai tu a dover dire addio a questo mondo una volta per tutte."

"Che cosa? Sei fuori di testa, Cordano!"

"Chiudi quella merda di bocca, lurido Parker! Se quella ragazzina non sarà morta nel giro di cinque giorni , ti verrò a cercare personalmente e porrò fine alla tua insulsa vita del cazzo! Hai capito oppure no, Parker? Da adesso quella stronza non è che la vittima di uno psicopatico assassino, cioè te. La farai fuori e rivelerai te stesso come unico, pazzo responsabile. Ogni singolo sospetto su un rapimento o su di me dovrà essere smentito, e, se non farai quello che ho detto, ti verrò a cercare con tutti i mezzi di cui dispongo e ti farò soffrire le pene dell'inferno prima di poter finalmente infilare una pallottola nei tuoi stupidi polmoni!

Sono stato chiaro, Parker?

Sono stato chiaro?!?"

Jeremy aveva sentito scivolare la vita dal suo corpo e finire nel nevischio del bosco, persa per sempre nella freddezza di quell'inverno. Era questa la scelta a cui era stato messo di fronte. Due vite, una sola da salvare.

Avrebbe dovuto portare Taylor in un posto nascosto e ucciderla, per poi liberarsi di lei. A quel punto avrebbe potuto denunciarsi, come aveva ordinato Cordano, oppure scappare lontano da Bourton e da quell'uomo, cominciando tutto d'accapo.

Qualsiasi cosa avesse fatto, se non l'avesse fatta entro cinque giorni, sarebbe morto.

Riportare Taylor a Bourton e scappare? Sarebbe stato plausibile, se solo Richard non lo stesse aspettando al varco in previsione di qualsiasi suo tentativo di fuga.

E allora doveva davvero ucciderla. Doveva sacrificare la vita di Taylor per la sua. Ora non era più come prima: la libertà, per una vita, la felicità, per una vita. Ora era una vita per una vita. Non gli rimaneva alternativa alcuna, se non quella di compiere la scelta più grande di sempre.

Era più importante la vita di Taylor Heavens o quella di Jeremy Parker? Ormai cominciava seriamente a dubitarne.



ANGOLO AUTRICE

Anche questo titolo presenta più piani di lettura: nomina Taylor e Alex come rappresentativi dell'intero capitolo e infatti sono le due persone su cui si giocano le scelte più importanti di Jeremy. Ma sono anche due persone dal rapporto "Heaven and Hell", frase che richiama sonoramente il titolo. Inizialmente le loro interazioni erano negative, poi estremamente positive e poi, col proseguire della storia, si vedrà. Sicuramente questo titolo vi tornerà alla mente.

Allo stesso modo, paradisiaca e infernale è l'esperienza che sta vivendo Jeremy e anche il rapporto che lo lega a Taylor e Alex.

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