Credo nei miraggi

Autorstwa yellow_daffy_writer

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[COMPLETA] È realtà o solo un lontano miraggio? È ciò che si chiede Wissal quando incrocia lo sguardo di Sami... Więcej

Introduzione
1. Wissal
2. Samir
3. Wissal
4. Samir
5. Wissal
6. Samir
7. Wissal
8. Samir
9. Wissal
10. Wissal
11. Samir
12. Mohamed
13. Wissal
14. Filippo
15. Alice
16. Alice
18. Wissal
Ringraziamenti e progetti futuri

17. Prof Narciso

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Autorstwa yellow_daffy_writer

Un altro lunedì, un'altra scommessa con me stessa. Ce la farò anche stavolta, oppure tornerò a casa con dubbi e incertezze? Quando ho scelto di fare questo lavoro, non avevo idea che sarebbe stata una tale montagna russa. Credi che fare la professoressa sia insegnare agli adolescenti, invece è imparare dagli adolescenti e, alcune volte, addirittura essere adolescenti.

Insomma, quando firmi il contratto accetti di entrare in un turbinio emotivo che non finisce sempre in concomitanza del suono della campanella.

È una sfida quotidiana che cela in ogni sconfitta la vittoria dell'essere ancora qui, a provarci.

«Buongiorno, prof.» Un mio alunno entra nell'aula, distraendomi dai pensieri.

«Buongiorno, Samir.» Guardo l'orologio e integro il mio saluto con la solita ramanzina: «Sei in ritardo».

«Sì, ho finto una slogatura e mi sono chiuso nel bagno per le persone con disabilità» risponde, togliendosi una garza posticcia avvolta attorno alla caviglia. «Da lì c'è una visuale più diretta sulla quinta dove ci sono solo ragazze. »

Mentre alcuni compagni ridono, mi sbatto il palmo sulla fronte e mi chiedo perché. Quando ho a che vedere con i ragazzi è una domanda che mi faccio spesso è: «Perché lo fanno?». Qualche volta immagino intere strutture psicologiche alla base dei loro comportamenti, altre volte invece non riesco proprio a rispondermi. Non c'è un perché, è semplicemente... così.

Quindi saluto anche gli altri compagni arrivati dal turistico e li invito a prendere posto per il nostro solito incontro. Fra un mese dovremo concordare la struttura dell'elaborato, i ragazzi stenderanno una bozza iniziale e ci saranno delle valutazioni da inserire nel registro per il primo quadrimestre. Spero di riuscire ad accompagnarli come si deve in questo percorso, ma ogni volta in cui li vedo mi chiedo se sarà solo un buco nell'acqua.

Come a confermare le mie paure, percepisco che oggi qualcosa non va.

Eccetto Samir – che è sempre carico a mille – vedo tutti gli altri un po' sconnessi, pensierosi. Come sempre, quelli dell'amministrativo sono arrivati per primi e hanno occupato la parte destra dell'aula, nei banchi in fondo, mentre il turistico si posiziona nei primi banchi a sinistra. Ci sono lunedì in cui hanno verifica alla prima ora, altri in cui si portano addosso malumori accumulati nel weekend. A questo giro, però, sembra si tratti di qualcosa di grave.

Guardo Samir, che ormai è la mia bussola, e mi rendo conto che la sceneggiata del bagno non l'ha soddisfatto perché le risate dei compagni sono durate da Natale a Santo Stefano. Forse voleva influenzare l'umore generale e portarlo più in alto di come appare? In questo intento lo capisco, perché anch'io spesso mi ritrovo a dover convincere un gruppo di persone senza riuscirci. Mi sembra preoccupato, si guarda attorno e incrocia sovente lo sguardo di Wissal, come a volerle chiedere che altro può fare per rammendare l'atmosfera.

A rendere il tutto più ostico è la distrazione di Alice. Soggetto già di per sé assente rispetto al qui e ora delle mie lezioni, pare che oggi trovi interessante solo ciò che accade fuori dalla finestra. I suoi occhi sono infatti rapiti al di là del vetro, e forse persino al di là dell'orizzonte. Sta di certo pensando a qualcosa o a qualcuno e, stranamente, questo non è il suo migliore amico. Di norma lo degna di un sacco di attenzioni ma, proprio oggi che lui sembra averne bisogno, lei lo sta ignorando.

Avevo delle aspettative su Filippo, che è l'elemento più razionale all'interno del gruppo.

È capitato che a volte quelli del turistico arrivassero a lezione litigando e lui, con le dovute osservazioni super partes, era in grado di riportare equilibrio senza che io mi dovessi sforzare per dissipare la matassa delle loro stranezze. Oggi, tuttavia, ha deciso di aprire un libro di un'altra materia e farsi i beati fatti suoi, scegliendo di essere omertoso e lavarsene le mani come Ponzio Pilato. Magari la questione non lo riguarda sul serio, o magari ci è più dentro del solito e ha ben pensato di applicare la strategia della fuga.

L'unica a essere sul pezzo, oltre a Samir, è la povera Wissal che sta seduta accanto a Mohamed con il corpo, ma non con la mente. Infatti, la vedo comunicare in silenzio con il morettino del turistico come se stessero confabulando un piano fallimentare dopo l'altro. Sul volto della ragazza è impressa un'aria apprensiva e amareggiata. Avevamo iniziato l'anno con la più totale mancanza di motivazione e adesso sembra che da questo progetto dipenda la sua vita intera. Non l'ho mai vista così sulle spine e, anche se di certo non è per l'argomento del giorno, ho notato in lei un consistente cambiamento in positivo: non è più lavativa come all'inizio e credo che il merito sia tutto del finto claudicante che ha riacceso i suoi occhi.

In tutto ciò, è come se tanta luce avesse messo in ombra Mohamed, il quale – brillante al pari di Filippo – stamattina mi ha giusto salutato per poi piantare una faccia di bronzo nei confronti del mondo. Non ride a nessuna battuta, fa l'offeso e a malapena comunica con la sua compagna di banco, mostrando fastidio anche con lei. È una palese lesa maestà e, devo ammetterlo, mi incuriosisce così tanto che potrei quasi saltare la lezione per farmi raccontare la soap-opera della loro vita. Purtroppo, però, il tempo stringe, l'elaborato va steso e io devo essere professionale. Non mi resta altra scelta che fingere di non aver visto nulla e aprire l'agenda.

Sto per annunciare l'argomento odierno quando un foglio di carta si frappone tra i miei occhi e lo schema che mi sono fatta.

Osservo il modulo, poi risalgo sul volto di Mohamed e rimango a fissarlo in silenzio, dal lato opposto della cattedra. Attendo che mi dia spiegazioni mentre appuro che, nonostante sia molto più alto di me, non è per nulla intimidatorio. Anzi, sembra svuotato di qualsiasi emozione.

«Che cos'è?» gli domando, allora, quando il silenzio si fa troppo pesante.

«Richiesta formale per rinunciare alla mia partecipazione in questo progetto.»

Eh?

Non ho capito.

Guardo di nuovo il foglio, poi lui, poi la classe.

Vuole ritirarsi dall'iniziativa a cui si era volontariamente aggregato?

Perché?

Anche i miei alunni sembrano chiederselo. Appaiono tutti sorpresi: Alice si è disincantata, tornando nel presente con le sopracciglia aggrottate; Samir si è irrigidito con fare allarmato e Filippo ha addirittura alzato gli occhi dal suo libro con impassibile turbamento. L'unica a non essere stata presa in contropiede è Wissal, ma ha il volto livido di rabbia e tutta l'aria di voler scoppiare.

Lo ammetto: sono anch'io così stranita che alzo un sopracciglio, tra l'incredulità e l'irritazione.

Faccio davvero così pena come insegnante? O è una scelta legata alle materie curricolari e possibili recuperi in vista dello scrutinio? Sarei molto sollevata se si trattasse della seconda opzione ma, a giudicare dall'aria che si respira, credo che l'orario scolastico non c'entri proprio nulla. Temo sia una decisione provocata all'ambiente che si è creato in quest'aula.

«Lei non c'entra, prof» si affretta a precisare, leggendomi nel pensiero. «È... una cosa mia.»

«Non devi dare spiegazioni» gli sorrido, «sono questioni private.»

Prendo una penna, leggo velocemente le scritte sul foglio e mi appresto a firmare. Non importa ciò che dice: quando accadono eventi simili è sempre in parte colpa dell'adulto che non ha fatto nulla per evitarli, o non ha convinto abbastanza gli alunni a non abbandonare la nave.

Ma lui si sente di specificare: «Non c'entra nemmeno il suo progetto, perché in realtà lo amo e avevo anche delle idee carine da proporre per la prima stesura».

Ecco, come sospettavo; così è ancora peggio.

«C'entra che è un periodo di crisi, prof, e preferisco rimanere tutte le ore nella mia vera classe. Tutto qua.»

Tutto qua?

Wow.

Con la punta sospesa sul foglio, alzo di nuovo lo sguardo e cerco di capire la portata del danno: gli occhi del ragazzo sono segnati da due profonde occhiaie, come se il suo disagio non fosse stato capito da nessuno e l'avesse costretto a prendere provvedimenti estremi.

Adolescenti, perché cavolo lo fate? Perché?

Di fronte a questo grido d'aiuto, mi sento così in colpa e pure così impotente che ho già capito che sarà il tipo di lunedì in cui torni a casa piena di dubbi e incertezze. A volte lo odio questo lavoro perché sa far male.

«Mi dispiace davvero, Mohamed. Mi dispiace non averti fatto sentire bene.»

«Non è colpa sua, prof, glielo giuro. Quando ho compilato il modulo in presidenza, ho detto alla dirigente che lei è molto brava e che il suo progetto ha tutte le carte in regola per vincere.»

Questo contentino non è che una medaglia di legno. Ho vinto solo dei complimenti e non quello a cui tengo di più, cioè che i miei studenti siano sereni. Lo ringrazio con un sorriso freddo e lascio la mia firma sull'ennesima sconfitta.

Mi dispiace pure doverlo salutare, perché mi affeziono a questi scemi e poi finisce che piango di sera, sotto alla doccia, pensando di non rivederli più, un domani.

Mohamed si riprende il foglio, dirigendosi a testa bassa sul banco dove ha già preparato il cappotto e lo zaino. La richiesta di ritiro ha effetto immediato, quindi gli basta consegnare in segreteria e smetterà automaticamente di essere un membro del laboratorio di civica.

Il modo in cui Wissal lo sta guardando esprime l'altra sfumatura di ciò che sto provando io: ira. Lei non è nemmeno più triste, perché forse quella fase l'ha passata, perché forse era l'unica qui dentro a sapere quali fossero le intenzioni del suo amico e forse ha pure provato a farlo ragionare. Ma, da quello che posso inferire – pur continuando a non avere la più pallida idea di cosa passi loro per la testa – è che Mohamed non sia cercando di punire Wissal, ma qualcun altro.

Non so nemmeno se si tratti di una punizione, ma di sicuro a lei sembra così, perché sta fissando il suo amico con gli occhi lucidi e i pugni serrati sul banco, come se avesse sperato fino all'ultimo che lui non prendesse quel provvedimento. «Sei uno stupido sembra volergli gridare, ma si trattiene perché il silenzio è davvero l'unico denominatore comune dei pensieri dei presenti.

Delusione, rabbia, pentimento, incredulità, dispiacere... tutto raccolto in un lapidario mutismo.

Lo rompe solo la sedia di Mohamed che torna al suo posto, sotto il banco vuoto. Poi un «ciao» a mezza voce rivolto ai compagni e, in meno di un secondo, è già alla porta.

«Mommy, fermati.»

Avrei voluto dirlo io – lo giuro – ma il mio ruolo me lo impedisce e sono grata che ci abbia pensato un'altra persona. Lo sguardo di tutti corre verso Samir, dall'altro lato dell'aula, che si è appena alzato in piedi e fissa la schiena del suo amico con uno sguardo infuocato.

«Si può sapere che cazzo stai facendo?»

Qualche alunno in primo banco mi guarda per sondare la mia reazione alla parolaccia. Ma sto riponendo così tanta speranza in questo intervento che, sinceramente, me ne frego.

Mohamed non risponde, ma nemmeno si muove. Rimane immobile con la mano sulla maniglia e preferisce fissare quella, anziché voltarsi per affrontare il suo compagno.

«È questa la giusta soluzione, secondo te?» insiste Samir. «È così che si risolvono le incomprensioni?»

«È molto più di un'incomprensione.»

«No, principessa del reame, non lo è. Non è che una fottuta incomprensione» la durezza di Samir sconvolge persino me, che non sono la diretta interessata. Sto per richiamarlo e invitarlo a moderare i toni quando Mohamed si gira verso di lui e mi precede.

«Lo so anch'io, ma tu non capisci! Me ne sto andando per tutto, non solo per quello che è successo sabato sera!»

«Tutto cosa, Mommy? Che cosa c'è di così grave da spingerti lontano da qui?»

«Voi del turistico, tanto per cominciare» risponde lui. «All'inizio non ci credevo affatto, ma poi le cose sono cambiate e ho iniziato a sperarci. Ho considerato l'idea di un'amicizia, forse anche qualcosa di più e, come risultato, mi sono preso una secchiata d'acqua gelida in faccia. Certo, sono incomprensioni, lo so, ma adesso è tutto rovinato.»

«Ma che diavolo stai dicendo? Mommy, abbiamo sbagliato, ma possiamo ancora perdonarci. Se quello che vuoi sono le mie scuse per averti rubato il telefono, te le faccio di nuovo, davanti a tutti. Mi scuso anche per aver fatto casino tra te e Filippo ma giuro che, in quel momento, la vedevo come te. Pensavo di agire in buona fede e ho sbagliato. Può succedere, no?»

Mohamed scuote la testa, giusto prima di tornare a dargli le spalle: «Sì, succede, ma alla fine quello che si è fatto terra bruciata attorno sono io. E chiamami pure principessa del reame, però vorrei che per una volta ti sentissi come me: rifiutato e pure incazzato con te stesso per non riuscire ad accettarlo».

Samir sorride e rimane in silenzio per qualche secondo. La sua espressione dice tutto, dice: «Lo so benissimo, invece, e ti capisco più di quanto credi».

Ma, anziché rispondere così, Samir si allontana dal suo banco per avvicinarsi a Mohamed. Sotto lo sguardo ipnotizzato di tutti, lo raggiunge a passo deciso e, proprio quando lui ha stretto le dita alla maniglia per uscire, fa un gesto che lo lascia a bocca aperta.

Si appoggia alla sua schiena e lo stringe con le braccia, attirandolo a sé.

Gli dà un abbraccio così forte che il suo compagno è costretto a mollare la maniglia e fare un passo indietro, mentre gli occhi gli si riempiono di lacrime.

«Sei un coglione, Mommy» afferma Samir. «Non hai capito che puoi fare tutte le scenate che vuoi, ma non ti libererai di noi. Ti vogliamo bene.»

Una lacrima scende sulla guancia del giovane e, anche se non vorrebbe, rilascia tutta la sua emotività in un singhiozzo.

Samir non lo molla e il ragazzo approfitta del sostegno per liberarsi di un peso nei confronti di Alice: «Non avrei mai voluto che Alice stesse male. Non pensavo che sarebbe finita così».

Alice è stata male?

Oddio, ma quando?

Guardo la ragazza: anche lei si sta per commuovere e così nasconde la guancia con la mano, in un miscuglio di emozioni che neanche durante una terapia di gruppo. Tuttavia, l'apologia di Mohamed non è finita e mi aspettano altri traumi.

Approfittando della forza dell'abbraccio, infatti, si rivolge al biondino del turistico: «Non era nelle mie intenzioni passare certi limiti, Filo. Ho capito che ho davvero dei pregiudizi da vincere e che non è sempre quello che s'innamora a essere dalla parte della ragione».

Quello che s'innamora?

Cioè lui dell'altro? Loro due? Che?

Prima che Filippo possa mostrare qualsiasi reazione, Mohamed si affretta a concludere, riferendosi a Wissal: «E a proposito di storie d'amore, non voglio perdere la mia migliore amica perché ha finalmente trovato un ragazzo più speciale di me».

Samir dà uno scappellotto a Mohamed e Wissal mi chiede il permesso per alzarsi in piedi e andargli a dare il resto. Lo concedo solo perché c'è bisogno di una scenetta che stemperi l'intensità di tutto questo e spero che nessun collega entri mentre la ragazza vessa il suo amico a suon di gomitate e pizzicotti.

Il mio posto di lavoro è appeso a un filo e io ci sto letteralmente facendo uno scooby-doo.

«Sei un vero idiota a pensarlo!» esclama Wissal, mentre combatte contro Mohamed e lo fa ridere. «È vero, Sam è speciale, ma nessuno potrà mai sostituirti. Dovresti aver capito che amicizia non è sinonimo di esclusività, ma di tolleranza. È un compromesso, come ogni rapporto!»

Okay, ho bisogno di aprire il registro e mettere dei dieci.

«Mommy, anche io l'ho capito con le dure, fidati» interviene Alice, ripresasi dalla commozione. «Mi è servito anche il tuo sclero, comunque. A volte ho bisogno di essere ridimensionata e, ti prego, non dare quel foglio in segreteria perché voglio ancora avere la possibilità di essere tua amica. Così, almeno, quando Wis e Sam saranno impegnati a limonare, avrò qualcuno con cui sfogarmi.»

Wis e Sam a... limonare?

Santi numi! Li perdi d'occhio un secondo e si accoppiano come conigli!

Adesso capisco il perché di tutti quegli sguardi languidi.

Mio Dio, sono imprevedibili. Però sono stupendi e mi riempiono il cuore di orgoglio.

Mohamed ride di pancia e risponde ad Alice strappando il foglio con la richiesta firmata e gettandolo in aria. Ma sì, vive la révolution.

«Prof, possiamo darci un abbraccio di gruppo?» mi domanda Samir e, per l'amor del cielo, glielo concedo prima che anche io scoppi a piangere come davanti a una commedia liceale.

Lascio che i ragazzi si uniscano in modi più o meno opportuni, rischiando volentieri il posto di lavoro purché la pace sia ristabilita. Mentre loro decidono che ormai quest'ora sarà dedicata al recupero sociale, io mi metto al computer e butto giù quanto accaduto sotto forma di valutazione.

Dicono che la scuola italiana si basi su un sistema troppo nozionistico e che non punti allo sviluppo delle cosiddette soft skills quindi il saper interagire, il conoscere sé stessi e sé stessi in rapporto con gli altri e tutte queste belle abilità. Be', sono d'accordo, ma sono anche serena perché, finché non ci penseranno sempre più insegnanti, lo faranno i ragazzi stessi.

Hanno così tante cose da dire e degli universi interi dentro l'anima.

Da parte mia, non ho fatto e detto nulla, ma ritengo che anche soltanto lasciare loro un piccolo spazio di espressione sia un passo verso questa nuova concezione di crescita. Per me, tutti oggi avranno un bel voto proprio nelle soft skills e anche se a me stessa do un voto ancora non del tutto sufficiente, mi ritengo soddisfatta di quello che ho imparato e di come sto iniziando a improntare il mio percorso.

L'unico studente su cui ancora mi permane il dubbio è Filippo Prosdocimi, rimasto zitto ed estraniato per tutto il tempo. Tuttavia, come se mi avesse letto nel pensiero, mi compare davanti proprio ora, attirando la mia attenzione con diplomazia ed eleganza.

«Prof, avrei una proposta» dice a voce bassa.

«Dimmi.»

«Vorrei che nell'elaborato trattassimo anche il concetto di identità, sotto le sue varie forme.»

Ah, facile.

Richieste leggere, come sempre.

La smetteranno mai di procurarmi esaurimenti?

«Oh, be'... sì, si potrebbe fare...» rispondo, iniziando già a impanicarmi per la delicatezza insita in questo argomento che sicuramente mi farà dire castronerie, fare figuracce e, come sempre, rischiare il posto di lavoro.

«Potrebbe, magari, farci vedere un film inerente al tema? Io ne conosco uno» azzarda il biondino, controllando che i compagni siano ancora abbastanza distratti da non sentirlo.

«Di che si tratta?»

«S'intitola Chiamami col tuo nome

«Va bene, Filippo» acconsento con un sorriso gentile. «Ci lavorerò su e ne parleremo nelle prossime lezioni.»

«Grazie, prof» fa, mantenendo un profilo basso. «Magari non dica che è un'idea mia.»

«No, certo, stai tranquillo» gli assicuro, guardandolo tornare al posto con un vago senso di fierezza.

Sarà anche strano e di sicuro il più scarso nelle soft skills, però un bel voto andrà anche a lui, oggi, perché ho come l'impressione che sia uscito dalla sua zona di comfort. Magari l'hanno ispirato gli altri e, anche se non ne ho la certezza, mi piace pensarlo. Mi piace pensare che, nonostante l'iniziale diffidenza e le difficoltà che abbiamo condiviso, stia davvero nascendo un gruppo. Che il vero progetto, dietro alle parole che scriveremo, siano loro.

Inserisco tutto nel registro, poi spengo il computer e sospiro.

Guardo i miei alunni intenti a ridere e a fare baccano.

Sorrido.

Anche se fra cinque secondi la collaboratrice verrà a sgridarci per il rumore e le cartacce a terra, sono davvero fiera di loro.





Sono di nuovo in ritardo di un giorno, ormai il mio orologio biologico è settato con 24 ore di jet lag e non chiedetemi il perché.

Vi dico solo che ho amato scrivere questo capitolo perché... beh, perché lo lascio capire a voi, poi se volete dirmi le vostre teorie, sono qui.

Devo dire, a tal proposito, che non posso non ringraziarvi di cuore per tutti i commenti che mi state lasciando, ma anche per i messaggi privati che ho ricevuto in cui mi avete scritto quanto questa storia vi abbia fatto compagnia.

Lo so che vi dispiace che stia per finire e non sapete quanto dispiaccia tantissimo anche a me, però su, lasciamo i pianti e le lacrime per il prossimo e ultimo capitolo, di cui non vi svelo nulla.

Aspetto come sempre le vostre impressioni su questa parte:

👉🏽 vi è piaciuto il POV? Ve lo aspettavate?

👉🏽 vi ha spaventato l'intenzione di Mommy di abbandonare tutto?

👉🏽 quanto si può amare Sam?

Chissà, forse la risposta ce la darà la nostra Wis... 

Al prossimo e ultimo (😱😭) capitolo, lunedì 2 maggio.

Daffy

IG: yellow_daffy_writer

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