Paura del buio (Red Moon Saga...

By Elle_Jenny

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Toby ha paura. Ha paura di sé stesso, delle persone che lo circondano che potrebbero ferirlo, in tutti i sen... More

Introduzione di Toby
Capitolo 1
Capitolo 2
Capitolo 3
Capitolo 4
Capitolo 6
Capitolo 7
Capitolo 8
Capitolo 9
Capitolo 10
Capitolo 11
Capitolo 12
Capitolo 13
Capitolo 14
Capitolo 15
Capitolo 16
Capitolo 17
Capitolo 18
Capitolo 19
Capitolo 20
Capitolo 21
Capitolo 22
Capitolo 23
Capitolo 24
Capitolo 25
Capitolo 26
Capitolo 27
Capitolo 28
Capitolo 29
Capitolo 30
Epilogo

Capitolo 5

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By Elle_Jenny

Mentre Thomas era in attesa del prossimo paziente, si stringeva con una mano il pacchetto di sigarette da sopra la tasca dei jeans.

Era nervoso, come al solito, e aveva una necessità quasi dolorosa di uscire fuori sul retro per andarsi a fumare una tanto agognata sigaretta.

Si era promesso mille volte di smettere di fumare, ma ogni volta che trascorreva un paio di giorni senza tormentare i suoi polmoni con la nicotina finiva per mandare tutti i suoi sforzi all'aria per colpa dell'agitazione che gli causava quel ricciolino demoniaco.

Lanciò uno sguardo fuori dalla finestra dell'ambulatorio, verso il canile. Notò subito il cappellino da baseball che il figlio del suo capo indossava per mantenersi quella chioma meravigliosa di capelli ricci e soffici quando lavorava tra i cani.

Toby Clark era tanto bello quanto problematico.

Thomas se lo ripeteva tutti giorni di doverlo lasciare in pace. Sapeva che quel ragazzino aveva bisogno di una persona accanto che gli facesse bene. Beh, sapeva anche che quella persona non era lui.

Dopo l'esperienza al Centro Veterani, Toby lo evitava ancor più di prima di quel giorno che si era fatto scoprire mentre lo controllava.

Toby, effettivamente, faceva bene a stargli alla larga perché Thomas tanto apposto con la testa non ci stava.

Aveva scoperto da Michael che il Centro Veterani era proprietà federale, ma era gestito da Ashley e Dylan Turner, rispettivamente madre e fratello maggiore di Sebastian Turner, il ragazzo con i capelli mezzi rosa che era in compagnia di Toby quel giorno e che, casualmente, già conosceva perché aveva curato il suo Golden Retriever da una brutta intossicazione alimentare.

Dal dottor Samuel, invece, era venuto a conoscenza della collaborazione che a breve ci sarebbe stata tra l'Animal's Planet e il Centro Veterani per delle sedute di pet therapy agli ex militari che frequentavano quel luogo.

Ecco risolto il mistero della presenza di Toby in compagnia di Sebastian. Sarebbe stato proprio lui, infatti, a doversi occupare due giorni alla settimana di portare i cani più adatti al Centro Veterani per la terapia.

"Ehi, Ciclope! Mi sembri pensieroso più del solito."

Thomas si voltò di scatto verso quella voce familiare e si ritrovò davanti proprio quel combina guai di Ryan Carter con Lucky al guinzaglio.

"Ryan. È sempre un dispiacere vederti," replicò Thomas mentre si abbassava per accarezzare la testa pelosa di Lucky.

Thomas si ritrovava spesso a ringraziare l'esistenza degli esseri animali, che indubbiamente erano migliori degli esseri umani.

"Penso lo stesso del tuo brutto grugno, Thomas," rispose Ryan, passandosi con disinvoltura una mano tra i capelli biondi.

Ryan Carter era un ragazzo bellissimo, sensuale e sempre sorridente. Il genere di ragazzo che avrebbe visto bene anche accanto a Toby.

Infatti, quando lui e Logan avevano iniziato a frequentare l'Animal's Planet per fare volontariato aveva spesso ascoltato Toby flirtare con Ryan, per poi arrendersi una volta venuto a conoscenza che i due erano fidanzati.

Scosse il capo leggermente per levarsi dalla testa quei pensieri fastidiosi e si riconcentrò su Lucky.

"Sei venuto per il controllo mensile di Lucky?" domandò al ragazzo.

Ryan annuì e mise Lucky sul bancone in acciaio per le visite. "Il signorino mangia bene, fa tanta pipì e tanta popò puzzolente. Lo facciamo passeggiare ogni giorno, sembra abbia raggiunto finalmente il giusto peso e il pelo sta crescendo bene. Per di più, ha iniziato ad odorare i sederini alle cagnoline," disse, poi grattò tra le orecchie del cane e aggiunse: "Degno figlio di suo padre."

Thomas si trattenne dal roteare gli occhi solo perché era poco professionale durante una visita e sia perché, sotto sotto, voleva possedere anche quella sua capacità di scherzare sempre e di saper alleggerire ogni situazione.

Non glielo avrebbe mai confessato, ovviamente.

"Lucky si è quasi ripreso del tutto. Si vede che lo state trattando bene," parlò il veterinario, controllando il pelo sopra la schiena che stava ricrescendo folto, poi passò a visionare la dentatura e Lucky gli leccò una guancia. Thomas si ritrovò a guardare quegli occhi color cioccolato tanto buoni.

"Oh, merda, allora sai sorridere!" esclamò Ryan, sorpreso.

Thomas spostò lo sguardo sul ragazzo che lo guardava come se gli fosse diventata improvvisamente la faccia verde fluorescente.

"Ogni tanto lo faccio. Giusto per non farmi atrofizzare i muscoli della faccia," rispose Thomas.

Ryan si portò una mano al centro del petto. "Il mio cuore potrebbe non reggere dopo che ho scoperto che sei capace anche di fare battute spiritose."

"Puoi metterlo giù. Ti segnerò un integratore multi vitaminico da dargli una volta al giorno fino alla prossima visita che lo aiuterà a rinforzare le ossa," disse, ignorando l'ultima affermazione di Ryan.

Il ragazzo rimise Lucky a terra e da dentro una tasca dei jeans cacciò un biscotto che gli diede evidentemente come premio per essersi comportato bene dopo una visita.

"Non esagerare con quelli. Gli animali ne diventano subito dipendenti."

Ryan accarezzò l'orecchio tagliato di Lucky poi guardò Thomas negli occhi. "E tu non esagerare troppo con il buonumore, potresti diventarne dipendente," ribatté, sarcasticamente.

"La visita è finita, Carter. A momenti arriverà il prossimo paziente. Sparisci."

Thomas si era stancato di stare lì a parlare con Ryan che era particolarmente incline a stuzzicare le persone. Ed aveva sempre più voglia di fumarsi quella dannata sigaretta.

"Anche tu, come il ricciolino, siete gentili solo con gli animali. Siete più simili di quanto crediate," lo continuò a provocare, sogghignando in quel suo modo irritante.

Thomas prese un profondo respiro, richiamando a sé quel poco di calma che possedeva. "Ryan..." iniziò a dire ma il ragazzo sventolò una mano davanti a sé e alzò anche gli occhi al cielo.

"Caro Ciclope, sei troppo serio e teso. Scopi? Perché secondo me, no."

Thomas chiuse gli occhi. "Cristo," borbottò e Ryan ebbe anche il coraggio di scoppiare a ridere.

Lo avrebbe strozzato.

Poi all'improvviso sentì una mano poggiarsi su una sua spalla. Riaprì gli occhi e si ritrovò a fissare Ryan a nemmeno mezzo metro di distanza.

"Posso darti un consiglio?" gli domandò.

"No," rispose Thomas, categorico.

"Ma io te lo darò lo stesso," replicò Ryan. Thomas se l'era immaginata una risposta simile da parte del ragazzo.

"Io e te lo sappiamo che il motivo di una buona parte di questa tensione che ti impregna i muscoli è il ricciolino. Capisco che anche tu hai un bel po' di casino in testa, di problemi interiori da risolvere, ma questo non significa che ti devi mettere i bastoni tra le ruote da solo. Perché non provi ad essere felice?"

Perché non provava ad essere felice?

Bella domanda.

Thomas era convinto di non essere mai stato felice, nemmeno quando credeva di esserlo.

Sapeva di aver sempre finto quelle poche volte che aveva sorriso e che era destinato a non avere mai nulla di buono nella sua vita, se si escludeva il suo lavoro che amava.

Dopo che i suoi genitori lo avevano letteralmente obbligato a sposarsi a soli vent'anni con una ragazza che nemmeno conosceva perché solo il matrimonio lo avrebbe aiutato a ritornare sano, la sua vita non era stata altro che un continuo affondare nelle sabbie mobili.

Sbatté le palpebre un paio di volte per scacciare nuovamente i brutti ricordi e riportò la sua attenzione su Ryan.

"Toby non ha bisogno di una testa di cazzo incasinata nella sua vita. Lui ha bisogno di un bravo ragazzo che lo faccia sentire speciale. Quel ragazzo sappiamo tutti che non sono io."

"Non sei un bravo ragazzo, Ciclope?" chiese Ryan, inclinando il capo di lato.

Thomas scosse il capo. "Non sarei capace di farlo sentire speciale," replicò.

Ryan gli accennò un sorriso di lato. "Io credo che una volta che capirai come sistemare il macello nella tua testa sarai capace di far sentire Toby il re del mondo, ragazzone. Parola di Ryan Carter."

•••

Quando Thomas ritornò finalmente a casa dopo una giornata di lavoro che sembrava non voler più finire, la prima cosa che fece fu levarsi gli anfibi dai piedi e gettarsi sul divano, gemendo per la stanchezza.

Stella e Rosemary si accucciarono automaticamente ai piedi del divano e Thomas fece scorrere le dita prima tra il manto nero di una e poi in quello bianco e marrone dell'altra.

Thomas si sentiva stanco, stremato e non per via del lavoro.

Affondò il viso nel cuscino del divano, sentendo l'impulso di scoppiare in un pianto disperato, poi di fumarsi una sigaretta.

Proprio quando era sul punto di dare libero sfogo alle lacrime, il telefono lo avvisò dell'arrivo di un messaggio. Se lo sfilò dalla tasca dei jeans per vedere chi gli avesse scritto.

Quando lesse il nome, il nervosismo gli schizzò alle stelle perché lo aveva contattato nuovamente Debra, la sua simpaticissima sorella maggiore.

Sono due giorni che provo a contattarti, Thomas. Si può sapere che fine hai fatto?  Sapevo che trasferirti in una nuova città non ti avrebbe fatto bene. Fatti sentire, tra una settimana è il compleanno di papà quindi cerca di liberarti e di tornare a casa per quel giorno.

Thomas non pensò minimante di rispondere a quella dispotica di Debra, preferendo di gran lunga continuare ad ignorarla.

Decise, però, di mandare un messaggio a Michael.

Domani mattina corsa?

Fortunatamente con Michael poteva permettersi di essere sintetico e di non dovergli dare particolari spiegazioni.

Solita ora.

Dopo la sua risposta ancora più sintetica, Thomas spense il telefono perché voleva evitare qualsiasi eventuale telefonata da parte di sua sorella.

Aveva ancora in mente le parole di Ryan e il suo cervello non gli stava dando tregua.

Continuò ad accarezzare Stella e Rosemary perché quel gesto era l'unica cosa che riuscisse a tranquillizzarlo e ad evitargli un attacco di panico.

Si ritrovò a pensare a tutta la sua vita trascorsa, come spesso gli capitava di fare.

Gli anni vissuti con i suoi genitori erano stati una merda. Gli ultimi due trascorsi lontani dal Wisconsin erano stati decisamente meglio.

Aveva avuto un'infanzia orrenda, con una sorella maggiore antipatica come la morte e trascorrendo la maggior parte del suo tempo nella parrocchia di suo padre a farsi manipolare il cervello.

Era cresciuto con la consapevolezza che le donne non gli piacessero e che l'attrazione che invece provava per gli uomini fosse assolutamente sbagliata.

A vent'anni si era sposato perché convinto da suo padre pastore e divulgatore della parola di Gesù Cristo che la vita coniugale con una donna, praticamente sconosciuta, gli avrebbe finalmente fatto capire che farsi piacere gli uomini era contro natura.

Aveva divorziato dopo cinque anni infernali e appena ottenute le carte del divorzio, che avrebbe firmato anche con il sangue pur di liberarsi di quelle catene immaginarie, aveva deciso di trasferirsi a Rockford per iniziare una vita nuova lontano dall'Inferno che aveva vissuto per anni.

All'Inferno non ci sarebbe finito a causa della sua omosessualità, Thomas lo aveva vissuto per anni, fingendo di essere quello che non era in una casa con una mentalità retrograda e bigotta.

Appena aveva iniziato a lavorare per Samuel Clark all'Animal's Planet e aveva conosciuto suo figlio Toby erano subito volate le scintille tra i due.

Toby Clark era il tipo di ragazzo che Thomas aveva sempre desiderato e che non poteva avere.

Perché?

Perché doveva ancora capire come non sentirsi sporco e in colpa dopo aver fatto sesso con un ragazzo.

•••

Il mattino seguente, come da accordi presi la sera prima, Thomas andò a correre con Michel.

L'uomo appena lo vide gli disse: "Non hai dormito. Mi sembri uno zombie."

Thomas si limitò a sbuffare e ad iniziare a correre a passo sostenuto. "Sei sempre così carino con me, Michael. Non esagerare che poi ci farei l'abitudine."

"Come è andata a finire con la storia della pet therapy al Centro Veterani?" domandò Michael, senza ribattere alla sua provocazione.

"Oggi pomeriggio, dopo le lezioni al college, Toby inizierà per la prima volta. Ovviamente, non sono tenuto a sapere altro da lui," rispose Thomas prima di iniziare a velocizzare il passo della corsa.

"E te ne meravigli?" chiese Michael.

Thomas sbuffò nuovamente. "No, cazzo. Lo so che Toby non mi direbbe nemmeno un suo voto preso ad un esame."

"E sei soddisfatto di questa cosa?" continuò a chiedere il suo compare di corse.

Thomas voltò velocemente il capo verso di lui. "Ti sembro una persona felice o soddisfatta?" replicò con un'altra domanda.

"No, per niente," rispose l'uomo.

"Infatti, era una domanda retorica."

Thomas vide Michael accennare un piccolo sogghigno di lato e capì, in quel preciso momento, quanto il senso dell'umorismo di quell'uomo fosse peggiore del suo.

"Sai..." iniziò a dire il proprietario del Red Moon, "quando ho conosciuto Jamie la pensavo come te: credevo di non meritarmi niente di più bello, eppure..." lasciò la frase in sospeso a causa di un inizio di affanno per via della corsa.

"Eppure?" ripeté Thomas perché voleva sapere come terminava il racconto.

"Eppure, non mi sono mai pentito di aver mandato a quel paese il mio modo sbagliato di pensare per far entrare Jamie nella mia vita."

"Con questo cosa vorresti dirmi, amico?" domandò il veterinario, sentendosi solo più confuso.

Michael lo guardò di sfuggita con la coda dell'occhio. "Con questo vorrei provare a farti capire che non sei l'unico al mondo ad essere cresciuto con la convinzione che farsi piacere persone dello stesso sesso sia sbagliato. Devi solo trovare un modo, come me, di mandare a farsi fottere quelle convinzioni."

Thomas sbuffò l'aria dal naso, sentendo i battiti del cuore accelerare.

Anche Michael aveva vissuto in una famiglia omofoba?

"Non è facile," rispose Thomas.

"Secondo me, sei tu a non provarci abbastanza, Thomas. Sei venuto qui per crearti una vita nuova, lontano da quella vecchia. Prova ad essere felice, adesso. Lamentarti di quanto Toby ti stia alla larga non ti aiuterà a fargli capire che, forse, in te ci sia nascosta quella persona che possa far bene a lui. Potreste farvi bene a vicenda."

"Come Jamie ha fatto con te?" domandò Thomas.

Michael annuì. "Come Jamie ha fatto con me."

Forse, Thomas stava iniziando a capire.

•••

Il giorno seguente, dopo aver passato una notte quasi del tutto insonne, il veterinario decise di provare a fare un primo passo verso il ricciolino demoniaco.

Aveva dieci minuti di pausa prima della prossima visita e, cercando di non farsi vedere da nessuno, si imbucò nel canile per andare alla ricerca di Toby.

Accarezzò tutti quei cani dolcissimi che decisero di saltargli addosso, riempiendogli i jeans di impronte di terra e pelo.

I cani erano stati divisi in due gruppi e Toby li liberava a rotazione in modo tale che non passassero troppo tempo chiusi nelle gabbie.

Lo trovò accucciato a terra mentre grattava la pancia a due cani contemporaneamente.

"Siete dei bravi cuccioloni, vi meritate tutti una casa con una famiglia che vi ami," lo sentì parlare con voce sorprendentemente dolce.

Era... Gesù, Thomas sentì quel muscolo che si trovava nel petto stringersi dolorosamente.

Ne sarebbe uscito a pezzi da tutta quella storia e lui ne doveva raccogliere ancora qualcuno che  aveva perso in giro dopo il suo fallimentare matrimonio con Cassie, la sua ex moglie.

Prese un respiro profondo e poi si decise a parlare, dicendo la prima cosa che gli venne in mente.

"Perché non hai un animale tuo?"

Toby sussultò e girò di scattò il capo verso di lui. Aveva gli occhi sgranati e i riccioli schiacciati dal cappellino.

"Cosa cazzo vuoi, Parker?" domandò, ritornando al suo classico tono di voce scorbutico.

"Voglio che rispondi alla mia domanda, Clark. Sei ogni giorno circondato dagli animali, ma non ne hai uno tuo, perché?"

Toby si rimise in piedi e i cani che stava accarezzando ritornarono a correre spensierati per tutto il terreno adibito a canile.

"E a te cosa importa?" domandò, diffidente.

Thomas si tastò d'istinto il pacchetto di sigarette, nervoso, poi disse: "Perché... sono stanco di discutere con te, Tobias. Vorrei provare a... conoscerti."

Toby incrociò le braccia al petto. Indossava una felpa blu scuro con la zip molto più grande della sua taglia e un paio di jeans larghi e scoloriti.

Thomas lo preferiva quando si preparava per uscire, anche se spesso portava dei pantaloni di colori discutibili, ma aveva percepito quanto il ragazzo si sentisse a suo agio in abiti sgargianti.

Assottigliò leggermente gli occhi grandi e castani, lo sguardo indubbiamente guardingo. Thomas aveva voglia di entrargli nella testa per sapere cosa stesse pensando.

"Avevo sette anni circa, pioveva fortissimo ma ero uscito in giardino perché sentivo miagolare. Trovai un gattino inzuppato di pioggia, infreddolito e dal pelo nero come il carbone. Lo curai, decisi di tenerlo con me e di chiamarlo Amico. Lui era il mio unico vero amico. È morto di vecchiaia dopo più di dieci anni e io non sono mai riuscito ad adottare un altro animale nonostante ogni giorno mi prenda cura di tutti questi cani che amo più della mia vita."

Thomas prese l'ennesimo respiro profondo perché sentiva come se l'aria non riuscisse ad arrivargli nei polmoni.

Fece un passo in avanti verso quella bestiolina selvatica di Toby, meravigliandosi quando non lo vide arretrare.

"Ti... va di conoscere Stella e Rosemary?" gli domandò.

Toby inarcò un sopracciglio verso l'alto. "E chi sarebbero?"

"I miei cani."

Anche Toby fece un piccolo passo verso di lui e, inclinando il capo verso l'alto perché il veterinario era di svariati centimetri più alto di lui, si fissarono negli occhi finalmente da più vicino.

Toby aveva una leggera spruzzata di lentiggini sul naso e una cicatrice sul sopracciglio destro. Erano dettagli che Thomas aveva iniziato ad apprezzare più del dovuto.

"Non mi fido per niente di te, Parker, ma..."

"Ma?" ripeté Thomas.

"Ma mi piacerebbe conoscere i tuoi cani."

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