CAPITOLO 3

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Simona è incredula. Non sa come, ma incredibilmente è stata presa per quel lavoro. Lei, insieme ad altri dieci tra ragazzi e ragazze - tra cui Marisa che ha il morale alle stelle - sono stati assunti per quel nuovo lavoro. Simona sorride lievemente, afferrando tra le dita quella D appesa alla collana che porta sempre con sé. Sa che è stato lui dall'alto a darle una mano perché davvero, dopo le figuracce fatte, non ci sperava affatto di essere presa.
Adriano spiega velocemente che il giorno dopo alle dieci ci sarebbe stata una riunione per decidere i vari ruoli e firmare i contratti, definire gli stipendi e gli orari di lavoro. Poi li saluta, dirigendosi fuori dalla stanza. Marisa alza una mano di fronte a Simona, chiedendole di darle il cinque e Simona batte contro la mano dell'altra senza troppo entusiasmo.
«Siamo appena state prese e fammelo un sorriso!» la incita Marisa, sbloccando il telefono per comunicare la notizia ai genitori. Simona fa spallucce. È contenta, certo, ma non capisce perché quella ragazza abbia tutta quella felicità in corpo. Così afferra la borsa a tracolla e si volta per uscire, ma vede che appoggiato allo stipite della porta c'è lui, Ultimo. E la sta guardando.
Simona corruccia le sopracciglia e sente la gola secca. Non sa perché, ma la presenza di quel ragazzo, il suo sguardo mirato, la mettono in soggezione.
Lui non la fa neanche uscire dalla stanza che «Fiorentino, vieni con me» le ordina e senza aspettare una risposta da parte della ragazza, gira sui tacchi e si avvia per il corridoio. Simona deglutisce e inizia ad immaginare gli scenari peggiori: di lui che la licenzia in tronco o che la insulta - in quel caso Simona non si sarebbe fatta mettere i piedi in testa - o che fa altre cose poco carine nei suoi confronti.
Una mano batte sulla sua spalla e fa sobbalzare Simona, «Simo ti conviene andare che sennò lo perdi e non lo ritrovi più!» le dice scherzando Marisa. In effetti se non lo avesse raggiunto subito si sarebbe persa nuovamente in quel palazzo labirintico. Così fa un respiro profondo e, prima di avviarsi, «Uno così è meglio perderlo che trovarlo» borbotta.
«Secondo me ti ricrederai» fa spallucce Marisa, regalandole poi un'occhiolino e spingendola a muoversi.
Simona infatti esce di corsa dalla sala e per fortuna vede il ragazzo alla fine del corridoio mentre entra in una stanza della porta bianca. Fa una corsetta e lo raggiunge proprio mentre lui apre la porta e la fa passare.
«Hai avuto bisogno di consultarti per decidere se venire o no con me?»
Simona si morde il labbro, cercando di trovare parole sensate da dire.
«In fin dei conti sei uno sconosciuto, non è facile fidarsi della prima persona che passa» risponde con tono duro, cercando di evitare di guardarlo. Anzi, spazia lo sguardo per la grande stanza bianca e la prima cosa che attira la sua attenzione è il grande pianoforte al centro del pavimento.
Sente una risatina alle sue spalle e «Sei una tosta, mi piaci,» le dice il ragazzo mentre va a sedersi davanti al pianoforte per poi guardarla. Simona è affascinata dal colore nero del pianoforte che contrasta con il bianco delle pareti. Decide di avvicinarsi di qualche passo e di guardare il ragazzo che, nuovamente, la sta fissando.
«È scortese fissare la gente» esclama di getto, senza sapere il perché - forse perché le dà fastidio essere guardata così a lungo.
«Anche dare dello sbruffone ad una persona senza conoscerla è scortese» le risponde per le rime lui e Simona alza gli occhi al cielo. Di certo la martirizzerà con questo evento per tutto il tempo in cui avrebbero lavorato insieme.
Decide di lasciar correre e, poggiate le mani sui fianchi, «Avrei delle cose da fare quindi posso sapere perché sono qui?» domanda schietta, grattandosi il braccio.
Niccolò annuisce, posando le mani sul pianoforte.
«Visto che mi sembri una ragazza molto sincera, senza peli sulla lingua, volevo farti ascoltare questa canzone che sto componendo e tu devi dirmi cosa ne pensi. Ovviamente non l'ho ancora finita, ma in buona parte è fatta» le spiega lui, sistemandosi composto sullo sgabello. Simona sgrana gli occhi. Ultimo, il cantante, sta chiedendo a lei di giudicare una sua canzone?
«Scusa, ma non hai persone del mestiere a cui chiedere un parere?»
«Certo, ma non voglio il loro parere. Voglio il parere di una persona esterna, un'ascoltatrice, che potrebbe far parte del mio pubblico»
«Chi ti dice che io sia tua fan?»
Niccolò ridacchia, «No no, so che non sei una mia fan, ti si legge in faccia. Probabilmente non avrai mai nemmeno sentito una mia canzone».
Simona scuote la testa, «Non è vero, qualcosa ho sentito».
Niccolò allora si volta di scatto verso di lei, «E?» domanda curioso.
Simona batte un piede a terra, «E... carine» risponde vagamente perché in realtà aveva ascoltato alcune sue canzoni, senza però soffermarsi sui testi e quindi non sapeva dare un giudizio vero e proprio.
Niccolò scuote la testa con un sorriso divertito e poi si concentra interamente sul pianoforte. Simona allora si avvicina e poggia le braccia anche lei sul pianoforte, pronta ad ascoltare.
«Ho paura di parlarti mentre il mondo dorme
Mentre la luna si alza ed il cielo l'accoglie
Ho paura perché sbaglio sempre le parole
Sono un bambino che si è perso e non saprà mai dove...
È la mia stupidita fragilità
Quando rinchiudo fuori la realtà
E come si fa? Lasciarsi dietro la città
Io resto qua a bere qualcosa in questo stupido bar
Tu forse dormirai
Sì, adesso dormirai...»
Simona sente la voce delicata del ragazzo entrarle nelle orecchie e si concentra sulle parole. Sono davvero belle. Quella stupida fragilità che caratterizza anche lei, quando richiude la realtà fuori per non doverla vivere, ricordare, quando si chiude in se stessa, in quel guscio che la protegge dal mondo che c'è fuori.
«Cosa ne pensi?» - la voce del cantante la distoglie dai suoi pensieri, «Come ti ho detto è solo una piccola parte».
Simona si mette dritta e lo guarda.
«Strano a dirsi, ma devo dire che è molto bella. Non solo le parole, ma anche il ritmo. Di sicuro piacerà» risponde con criticità e vede spuntare sul volto del cantante un sorriso.
«Sì, ma ora non ti montare la testa. Ce ne sono di più belle di canzoni, ma posso dirti che questa non è malaccio» aggiunge lei quando lo vede rallegrarsi troppo per quelle parole. Il ragazzo alza gli occhi al cielo.
«Sembri la mia ragazza! Ogni volta che sono felice, deve sempre trovare un modo per smontarmi!» scherza lui ridacchiando e mettendosi in piedi.
Simona incrocia le braccia, «Ma scusa perché non l'hai fatta sentire a lei la canzone?» domanda interdetta. Il ragazzo scuote la testa, «Federica non sarebbe imparziale e poi l'ho scritta per lei, vorrei dedicargliela e farle un sorpresa» spiega lui con convinzione, quasi come se volesse convincere se stesso di ciò. Simona lo trova strano come comportamento, ma fa spallucce, annuendo - non sono problemi suoi e non vede l'ora di uscire da lì. Quel ragazzo è troppo attento, la scruta con attenzione e Simona non è abituata a questi sguardi profondi, la infastidiscono perché non ne aveva mai ricevuti. Così allarga le braccia e porta le mani nelle tasche, indietreggiando.
«Va bene, allora ci vediamo domani alle dieci. Ciao Ultimo» lo saluta freddamente, avviandosi all'uscita.
«Non chiamarmi Ultimo! Ho anch'io un nome!» rimbrotta lui e Simona si ferma sulla soglia, voltandosi a guardarlo, appoggiato con il fianco al pianoforte.
«E?» domanda Simona inarcando un sopracciglio.
«E non ti interessa sapere come mi chiamo?» domanda lui con un sorriso.
«Se ti dicessi di no risulterei cattiva?» risponde lei scherzando - più o meno - e non aspettandosi che il ragazzo ridesse di fronte alla sua risposta. È carino quando ride, ha delle rughette che si formano intorno agli occhi e due fossette piccole sulle guance.
«Comunque sono Niccolò, Niccolò Moriconi» si presenta con un sorriso.
Anche Simona si lascia andare ad un piccolo sorrisino, «Be', il mio nome già lo sai» - fa spallucce.
«Sì, Simona Fiorenzo, giusto?» finge lui di non ricordarsi il cognome di Simona che gli lancia un'occhiata trucida, ma lasciandosi scappare un sorriso e alzando gli occhi al cielo.
«Dai, almeno sono simpatico!» scherza lui guardandola con un sorriso.
Simona lo guarda male e nega con la testa per poi fare un cenno di saluto con la mano.
«Diventeremo grandi amici!» le grida dietro Niccolò dalla stanza e Simona lo sente mentre cammina lungo il corridoio.
«Non credo proprio!» risponde lei, lasciandosi sfuggire un sorrisetto involontario mentre scende di corsa le scale del palazzo.

D'improvviso...//Ultimo.Where stories live. Discover now