Capitolo 30

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Quando i portelloni del jet si aprirono, tutta la squadra rimase a bocca aperta

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Quando i portelloni del jet si aprirono, tutta la squadra rimase a bocca aperta.
I loro sguardi erano un misto fra il meravigliato ed il terrorizzato.
Il parco di Yellowstone era proprio di fronte a noi, e nessuno riuscì ad emettere alcun suono.
La natura brillante di quel vulcano, lasciava chiunque di stucco.
L'aria calda e soffocante si sentiva anche a pochi chilometri di distanza.

«Sono fin troppo ottimista nel credere che si entri per delle scale?» disse Clint con una punta di ironia.
«Quelle puoi immaginarle per l'Olimpo» borbottai incrociando le braccia al petto.
Bruce sospirò pesantemente «Immagino che, con la nostra fortuna, le porte degli inferi si trovino proprio al centro di quell'azzurro incandescente..».
Io inarcai un sopracciglio e sbuffai «Non siamo mica dei selvaggi!».
«Avrei dovuto portarmi un cambio» borbottò Clint, portandosi l'arco in spalla.
Io lo fissai con la coda dell'occhio inarcando un sopracciglio «Lo vedi questo?» e mi indicai il vestito «È Prada! Non l'ho messo per rovinarmelo» affermai seria per poi scendere dal velivolo.
Tutti iniziarono a seguirmi.
Steve e Tony si misero al mio fianco, mentre il resto della squadra mi seguì impaurita verso il vulcano.
«La prossima volta possiamo scegliere dei luoghi meno macabri? Non so tipo una spiaggia dei Caraibi, o una città in Europa..» continuò Clint gesticolando con le mani.
Tony, subito lo rispose con la sua ironia tagliente «Si, magari prima che il "cattivo" attui il suo piano malvagio per la distruzione dell'intero pianeta, gli proponi la città che preferisci».
«Credi mi darà ascolto?» Clint era ancora serio.
«Bhe! L'ultima volta che Loki ti ha fritto il cervello, gli hai proposto New York, e lui ti ha dato ascolto» fece un'alzata di spalle Tony «E a proposito, grazie per aver quasi distrutto casa mia!» lo fulminò con lo sguardo.
Clint alzò le mani in segno di difesa «Lo hai detto anche tu! Non sono solo io, Thor anche contribuisce nel rovinare il giardino della torre, per non parlare delle sfuriate di Elizabeth, e del sesso con Steve!».
Mi girai verso occhio di falco, e lo fulminai con gli occhi «Sto pensando di lanciarti in mezzo a quel cratere» brontolai.
«Ti prego, fallo!» esclamò Steve esasperato.
Clint si mise le mani davanti al busto in segno di difesa per poi dire «Opossum!».
Io lo sguardai confusa.
In realtà, tutti lo guardammo confusi.
«Opossum?» chiesi aggrottando le sopracciglia.
Lui annuì più volte «Vedi? Ora sei confusa, e non più arrabbiata perché ho detto una parola a caso, Opossum!».
Io mi portai una mano in fronte per poi continuare a camminare.
«Tony, questa non è una squadra, ma una banda di svalvolati» sussurrai al miliardario sconcertata.
«Almeno siamo simpatici» si giustificò.
Io alzai gli occhi al cielo.
Poco dopo aver fatto il giro del vulcano, ci allontanammo verso una distesa verdeggiante.
«Entrare è molto semplice» annunciai avvicinandomi ad una quercia «Sopravvivere, sarà difficile».
Feci una leggera pressione sulla corteccia dell'albero, e questa di trasformò in una porta, con tanto di pomello in legno.
«Una porta?» disse sbigottita Nat.
Io feci un'alzata di spalle «Noi prendiamo le cose in senso molto letterale» mi giustificai, facendo riferimento al continuo ripetersi de: "le porte degli inferi".
Attorcigliai la mano sul pomello, per poi aprirla verso l'interno.
«Ma è una porta!» Clint quasi urlò indicando con le mani l'albero. Era sbigottito.
Tony si avvicinò a lui, e gli diede due pacche sulle spalle «Lo vuoi un premio? Hai associato l'immagine con una parola, ti meriti una caramella» e cacciò dalla tasca dei pantaloni una caramella gommosa.
Soppressi una risata, scuotendo leggermente la testa.
Tony non si sarebbe smentito mai.
Anche se ci fossimo trovati in una situazione di distruzione globale, lui non avrebbe mai rinunciato al suo sarcasmo.
«Già che ci siete, volete del tea? Caffè?Pastìccini?» chiesi ironica.
«Negli inferi avete il caffè?» chiese sconvolto Steve.
Io mi girai dalla sua parte «Abbiamo perfino Starbucks, non siamo mica dei barbari! Ma il miglior caffè è quello italiano» dissi seria.
Tony si voltò dal mio lato, e mi puntò un dito contro «Mi devi ancora una pizza da Napoli».
Io alzai gli occhi al cielo «Non è colpa mia se Ermes se le mangia durante il cammino!».
«Ermes fa il fattorino?» Steve era confuso.
«Ed io che credevo che andare all'inferno fosse doloroso» esclamò Bruce.
Io sghignazzai «Oh se a mio padre non stai simpatico, stai sicuro che sarà doloroso».
«E quanti hanno ricevuto la benevolenza di tuo padre?» chiese ancora il dottore.
Io ci riflettei sopra, portandomi l'indice sulle labbra.
«Credo...»
Effettivamente mio pare non aveva mai avuto molta pazienza, non negli ultimi millenni almeno.
Gli umani sapevano essere davvero irritanti.
«Non vorrei sbagliarmi, ma sono state al massimo quattro persone» dissi infine.
«Confortante» borbottò scettico Clint.
«Andiamo! Non abbiamo altro tempo da perdere» esclamai, per poi entrare direttamente negli inferi.
Tutta la squadra mi seguì.
Percorremmo un lungo corridoio in pietra, in cui ai lati vi erano poste delle piccole fiaccole infiammate.
Più andavamo avanti e più le fiaccole aumentavano.
Il rumore dei passi riecheggiava come eco sotto una grotta.
Si sentivano perfino i respiri, carichi di ansia, di ognuno di noi.
L'aria afosa iniziò a farsi sempre più intensa, più andavamo avanti e più l'ambiente sembrava caldo come lava.
Dopo aver camminato per quasi due kilometri, finalmente raggiungemmo l'enorme portone che caratterizzava gli inferi.
Alto quasi cinque metri e largo il doppio, si ergeva maestoso e terrificante al tempo stesso.
Era in ferro nero, con raffigurate tutti i miti dell'oltretomba, partendo da Ermes, al viaggio di Orfeo, e perfino ad Ercole.
«Ci siamo» mi rivolsi alla squadra, che guardavano ancora incantati il portone infernale.
Bruce si avvicinò ad esso, toccandone la superficie quasi estasiato.
Sembrava incantato dalle figure in esso rappresentate.
«È magnifico» sussurrò più a se stesso che a noi «E tutto sotto i nostri occhi».
Io rimasi in silenzio.
Dentro di me iniziò a farsi largo la consapevolezza di non voler portare la squadra in questo luogo così tenebroso, da cui forse non avrebbero fatto ritorno.
«Non pensarci nemmeno» mi sussurrò Tony, prendendomi la mano per poi stringermela «Insieme, fino alla fine».
Io chiusi gli occhi, ed assaporai per il più tempo possibile quel momento.
Quasi mi venne da piangere nel costatare quanto quest'uomo potesse conoscermi così bene.
Presi un grosso respiro.
Prima inspirai e poi espirai.
Aprii gli occhi e fissai intensamente il portone davanti a me.
Eravamo appena all'inizio, ed ero già terrorizzata dall'idea di poter perdere anche solo uno di loro.
Poi, presi quel minimo coraggio che mi era rimasto, e sussurrai lentamente «Post fata resurgo» davanti il portone infernale.
La frase riecheggiò per tutto l'androne, nonostante l'avessi detta a fior di labbra.
Le porte iniziarono lentamente ad aprirsi, provocando un cigolio terrificante, per poi concludersi con un tonfo sordo, una volta aperto totalmente.
Avanzai verso il luogo che un tempo definivo casa.
Pochi istanti dopo, correndo minaccioso, ad una velocità impressionante, arrivò Cerbero.
Il famoso e spaventoso cane a tre teste di cui la mitologia è tanto terrorizzata.
La cosa divertente della mitologia, è che non menziona affatto della padrona di questa creatura, ovvero me.
Vidi tutta la squadra prepararsi all'attacco.
Natasha aveva estratto le pistole, Clint stava tendendo l'arco, Tony, attraverso un bottone della giacca che aveva premuto, iniziò a vestirsi della sua armatura, Steve, in posizione di difesa con lo scudo.
Erano tutti pronti all'attacco, se non fosse stato per l'improvvisa corsa che iniziai a fare verso il bel cagnolone.
Gli andai incontro, e non appena mi riconobbe, la sua faccia tramutò subito.
Quasi iniziò a farmi le feste, scodinzolando qua e lá, abbaiando felice.
Io con uno scatto repentino, lo abbracciai contenta.
«Ceecyy» esclamai sorridendo, mentre il cagnolone mi leccava la faccia.
Lentamente vidi la squadra avvicinarsi, e guardarmi quasi sconvolta.
«Lui è Cecy? Il bulldog francese che aveva portato tuo padre alla Stark Tower?» chiese sconvolto Steve.
Io annuii con ancora il sorriso sulle labbra «Proprio così!».
Cerbero si staccò improvvisamente da me, ed iniziò a guardare gli "intrusi" con aria sospetta.
Si avvicinò a Tony, e gli fece un cenno della testa.
Per lui significava essere ben accetto negli inferi.
Poi toccò a Bruce, che gli diede la zampa.
Secondo il suo linguaggio, significava che avrebbe potuto attraversare quel luogo solo in mia compagnia.
Quasi tutta la squadra ebbe questo stesso segno di riconoscimento.
L'unica eccezione fu Steve.
Cerbero gli si posizionò difronte, con sguardo minaccioso, ringhiando per qualche istante, ma il biondo sostenne lo sguardo senza far trapelare alcun tipo di emozione.
Pochi istanti dopo, il cagnolone iniziò a scodinzolare e gli iniziò a leccare la faccia.
Io rimasi stupita da quel gesto.
«È un buon segno?» chiese Steve che intanto stava accarezzando il manto scuro dell'animale.
«Non lo so.. Di solito, lo fa solo con me, o con mio padre» dissi infine.
«Bene!» esclamò all'improvviso Tony, battendo le mani davanti al petto «Adesso che abbiamo la benedizione del paggetto per il vostro matrimonio, possiamo andare avanti?» chiese sempre con una punta di sarcasmo.
Scossi la testa mascherando il sorriso sulle mie labbra.
«Proseguiamo».
Una volta avuto il consenso di Cerbero, ci incamminammo verso il primo dei quattro fiumi.
L'ambiente si trasformò, dal caldo afoso e soffocante, ad un gelo polare.
Le pareti rocciose erano ricoperte di ghiaccio, e spuntoni congelati.
Davanti a noi, si presentò il Cocito.
Era uno stagno completamente ghiacciato, da cui si vedevano delle mani bloccate al suo interno.
Il freddo iniziò ad entrare dentro le ossa, sembrava perfino che stesse quasi per nevicare.
«Ognuno dovrà affrontare la propria paura. Sarà una lotta contro se stessi, e gli inferi, possono conoscervi meglio di quanto crediate» li guardai seria.
La mia faccia aveva assunto una maschera di durezza ed apatia.
Non sarebbero dovuti esserci errori.
Steve mi prese il polso e mi girò dal suo lato «Ci vediamo fra poco?» mi disse premuroso.
«Resta vivo capitano» gli sorrisi avvicinandomi a lui.
«Mi basta pensare a te per non voler abbandonare la realtà».
Mi sentii pervadere da una strana sensazione.
Felicità mista ad un vuoto allo stomaco.
Così dicendo, Steve mi prese per la nuca, ed in una mossa repentina mi mi baciò appassionatamente.
Le lingue iniziarono a vorticare fameliche, in una danza sensuale ed erotica.
Se non fosse stata per la situazione, mi sarei spinta a fare ben altro.
Desiderai che quel momento durasse per sempre, ma non fu così.
Pochi istanti dopo ci staccammo, guardandoci negli occhi e sorridendoci a vicenda sussurrammo in contemporanea due semplici parole: «Ti amo».

PHOENIX ☯︎︎//MARVELDove le storie prendono vita. Scoprilo ora