Capitolo 44

1K 57 30
                                    

Erano ormai due mesi che ci eravamo stabiliti al Complesso e con mia grande sorpresa reputai quella struttura come casa fin dall'inizio.
Era enorme. Forse troppo grande per i pochi abitanti in cui ci vivevano, ma andava bene così. Era familiare.
La struttura era suddivisa in diverse aree: c'era una palestra grande quanto un campo da calcio, con una piccola saletta annessa in cui poter fare simulazioni delle missioni, e testare i poteri miei o di Wanda.
Due piscine olimpioniche, una interna ed una esterna, una cucina open space molto simile a quella della torre, in marmo bianco, un salone da pranzo in cui mangiare, una sala riunioni, un salotto, una biblioteca, i laboratori di Tony e Bruce, ed infine gli alloggi.
Quest'ultimi erano tutti confinanti su uno stesso corridoio, raggiungibile o tramite le scale, o un ascensore in vetro.
Tony si era superato stavolta.
La mia stanza era una suite in piena regola.
Girai il pomello della porta a due ante in legno ed entrai dentro la camera, in realtà, erano ben tre stanze in una sola.
Non appena entrai, potei notare subito il lampadario in cristallo, e le rifiniture in barocco sui bordi delle pareti.
Un letto king size con una testata imbottita in pelle, color avorio.
Le lenzuola in seta color panna, e diversi cuscini color cipria a riempire tutto il materasso.
Ai lati del letto, due comodini in legno, su uno vi era poggiata una lampada, sull'altro invece, c'era una foto incorniciata, con tutta la squadra.
Poco più distante, un camino scoppiettante e dei divanetti in pelle bianco.
Dall'altro lato della stanza, c'erano altre due porte, una, che conduceva al bagno, l'altra alla cabina armadio.
Inutile dire che se la stanza sembrava quella di una reale, la cabina armadio era identica a quella della Principessa Mia, nel film "Principe azzurro cercasi"
Si, avevo fatto vedere un miliardo di volte quel film a Tony, così tanto da farlo diventare un cult in questa casa, e farne diventare ossessionate perfino Wanda e Natasha.
Ma stavo divagando..
Era tutto diviso per sezioni; le scarpe, le borse, i vestiti ed i gioielli. Tony non aveva di certo badato a spese.
Le pareti delle varie stanze erano del medesimo color bianco latte, ma le grandi porta finestre che davano sulla vasta pianura della periferia New Yorkese erano il punto forte dell'intera struttura.
Il Complesso era circondato da una fitta vegetazione, solo chi era al corrente dell'esatta ubicazione della struttura poteva raggiungerci.
«Signorina Stark, l'agente Romanoff la sta aspettando per l'allenamento mattutino» la voce di J.A.R.V.I.S risuonò per la camera.
Alzai gli occhi al cielo.
Tony aveva riprogrammato l'intelligenza artificiale e deciso che anche lui mi avrebbe dovuto chiamare signorina Stark.
Risi fra me e me.
Quanto poteva essere megalomane il miliardario.
Poi mi guardai un'ultima volta davanti allo specchio ovale: un reggiseno sportivo, un paio di leggings ed una felpa semi aperta.
In quei mesi non avevo fatto altro che allenarmi.
Non c'erano state missioni in previsto, e Tony sembrava sempre più assente.
Non che mancasse alle nostre bevute settimanali, ma c'era qualcosa che ancora non mi quadrava.
Non del tutto almeno.
Uscii dalla stanza, camminai verso il lungo corridoio ed arrivai all'ascensore.
Premetti il pulsante per la palestra ed iniziò a scendere.
Inutile dire che rimasi incantata nel vedere quanto il panorama fosse mozzafiato.
Una volta arrivata, le porte dell'ascensore si aprirono direttamente nella palestra.
Questa era divisa in due livelli: il primo con un ring al centro, gli attrezzi per allenarsi, un sacco da box, una pista su cui poter correre, ed una sala simulazioni a vista.
Il secondo aveva una balconata su cui affacciarsi e guardare gli allenamenti.
Solitamente Tony si poggiava alla ringhiera ad osservare i nostri miglioramenti, ma quel giorno, il miliardario non era presente.
«Ti vedo stanca» mi disse Natasha avvicinandosi a me.
Ed era vero.
Ero stanca di fingere che andasse tutto bene, ero stanca di fingere che l'avessi superata, ero stanca di fingere di essere una persona che in realtà non ero.
In quei due mesi mi ero chiusa a riccio, diventando ancora più apatica e scontrosa.
Tony se ne era reso conto, e mi piaceva pensare che avesse attribuito la cosa all'odio che provavo per Bucky e a non perché pensassi costantemente di essere stata abbandonata.
«Nottata di follie» dissi maliziosa.

PHOENIX ☯︎︎//MARVELWhere stories live. Discover now