Capitolo Ventinove

197 35 203
                                    

16 maggio 1579

Rozsalia sentiva la sua mente sul punto di straripare dalle preoccupazioni, e il suo cuore scoppiare dal desiderio di rivedere Solean. Nonostante se lo fossero promessi, infatti, i due non erano più riusciti a incontrarsi in sogno, e le più terribili e bizzarre ansie stavano prendendo d'assedio la mente della povera ragazza.

Se avesse perso la memoria di nuovo? Se si fosse dimenticato di lei? Se avesse incontrato un'altra? Se fosse stato ucciso? Dopotutto, l'intera storia di andare a Noomadel sarebbe benissimo potuta essere una copertura, e l'Imperatore avrebbe potuto semplicemente mandarlo a morire.

Loura le aveva detto che l'Imperatore aveva in mente di usare le due Coppie Fortunate per esplorare l'Onirico e l'Aldilà. Certo, il loro dono faceva presagire che lei e Solean sarebbero serviti per l'Onirico, ma se questa loro capacità non fosse stata poi così rara o semplicemente se l'Imperatore avesse conosciuto qualcun altro in grado di fare la stessa cosa, lei e Solean sarebbero automaticamente passati a essere la Coppia Fortunata dell'Aldilà.

Forse anche Lanes Kerol era in grado di controllare l'Onirico? Dopo tutto ciò che aveva passato, dopo tutti i peccati che aveva commesso, a Rozsalia sembrava strano che la Djabel del Dragone riuscisse anche solo a chiudere occhio, la notte.

Questi erano i pensieri che annebbiavano la sua mente, mentre gettava tutto ciò che era suo in un'enorme borsa nera, in procinto di partire. Libri, vestiti, anche alcuni viveri. Non ricordava molto del racconto di Kerol, ma ricordava abbastanza. Almeno, sapeva i nomi dei luoghi che avrebbe dovuto attraversare.

Fogad, Gejta, Herenthel, Noomadel. Il ritornello si perse tra i suoi pensieri, mentre Rozsalia fantasticava sull'aspetto dei diversi luoghi.

Fogad l'aveva già visto – il quartier generale dell'Accademia della Guerra. Edifici alti, ma tozzi, e non slanciati come i palazzi di Wedenak o del quartiere Imperiale. Blocchi di cemento armato e travi di ferro che componevano fabbricati squadrati. I più alti emettevano il fumo che l'intera città era costretta a respirare.

Fogad, Gejta, Herenthel, Noomadel. Rozsalia si chiese come avrebbe raggiunto l'uno e l'altro luogo. Kerol aveva parlato di essere stata portata in un trasporto, un fuoristrada.

Sarebbe stato meglio che Rozsalia si inventasse una qualche bugia. Un'ispezione da parte di una studentessa dell'Accademia della Guerra? No, era troppo improbabile. Se ne sarebbero accorti.

Allora, forse il metodo migliore sarebbe stato fingersi una Megert al lavoro a Gejta? Una Megert che sarebbe dovuta andare a lavorare a Noomadel? Avrebbe potuto sottrarre un'uniforme e un camice bianco dall'armadio della sorella, ma Rozsalia non sapeva nulla di scienza. Non sarebbe mai stata una Megert credibile.

Fu allora che la porta si aprì. Rozsalia non l'aveva nemmeno chiusa a chiave. Non temeva visite indesiderate. E poi, la camera della sorella era relativamente vicina, sullo stesso piano.

Si trattava proprio di Loura, infatti. Rozsalia si voltò appena, e la sua mente andò alla ricerca di una spiegazione plausibile per ciò che stava facendo. Poi, però, capì che Loura doveva essere già al corrente di ogni cosa. I suoi pensieri e i suoi intenti erano noti sia all'Alto Imperatore sia a Loura, ed entrambi la guardavano dall'alto, con quegli occhi vuoti e impenetrabili.

Rozsalia tornò a concentrarsi sugli oggetti che doveva infilare nella borsa, ordinandoli in modo da risparmiare spazio.

«Rozsa,» cominciò a dire Loura, con un mezzo sospiro, quasi annoiata dall'ennesima marachella della sorella minore, «Non partirai.» disse.

Questo fermò Rozsalia. Le parole di Loura valevano ormai tanto quanto quelle dell'Imperatore, per quanto riguardava il futuro.

Ma Loura poteva mentire, si disse Rozsalia, quindi si voltò verso di lei.

EmberWhere stories live. Discover now