Capitolo Trentotto

164 31 266
                                    

La ferita di Larenc non era troppo severa, ma lo avrebbe costretto fermo a letto per qualche tempo. Avrebbe dovuto limitare i propri movimenti, e prendersi del tempo per riposare. Per questo motivo solo Kerol si era recata in biblioteca per prendere in prestito i libri dei quali avrebbero avuto bisogno per continuare le loro ricerche e i loro studi.

Era bene che il campo di battaglia restasse fuori dai loro pensieri per un bel po' di tempo. Eppure, Kerol non riusciva a evitare di farsi domande. Si chiedeva quanto di ciò che era successo a Larenc fosse colpa sua. Se avesse tenuto duro, se non avesse perso il controllo del muro di fiamme, forse le illusioni degli Yksan sarebbero rimaste alla larga. Endris Walturn sarebbe stato ancora vivo, Larenc avrebbe ancora avuto un padre, e avrebbe camminato senza fatica.

Ma perché le interessava? Lei era viva. Che cos'altro importava? Certo, la morte di Endris Walturn avrebbe reso più difficile la ricerca di una chiave per il portale onirico di Keja, ma non impossibile. Aveva ancora tempo, prima che la sua bellezza sfiorisse. Prima che l'involucro della sua vita non avesse più motivo di essere preservato.

Perché, allora, si stava colpevolizzando per non aver tenuto duro solo un poco più a lungo? Non valeva la pena rischiare uno sfregio cerebrale, soprattutto con i suoi pregressi. Sarebbe stato a discapito suo, e a favore di chi? Della guerra? Di Zena? Difficile che i Tesrat avessero una qualche possibilità di trionfare, senza la Djabel del Dragone tra le loro fila.

Perché si sentiva disposta a rischiare tanto? Per chi?

Era esistito un tempo in cui Kerol aveva creduto di aver trovato qualcuno meritevole della sua vita, qualcuno per cui sarebbe stata disposta a sacrificarsi. Ma lo stesso non valeva per lui, e lei lo aveva scoperto nel peggiore dei modi.

Da allora si era ripromessa che nessuno avrebbe mai più occupato quel posto nel suo cuore, che il suo cuore sarebbe bruciato tra le fiamme dell'ira e dell'odio, che sarebbe stato vuoto, e pieno di sé. Il suo orgoglio adornava quello che era un semplice contenitore. Era uno scrigno del quale nessuno aveva la chiave, poiché era stata Kerol stessa a gettarla via.

Ma ancora ricordava dove l'avesse sepolta. Seppellire non il cuore ma ciò che vi era all'interno. Questo era ciò che Kerol aveva fatto, forse in modo da poter essere ancora considerata umana, forse perché non aveva completamente abbandonato la speranza.

Ora Kerol era sicura di essere sola, senza nulla a riempire il suo cuore se non l'incessante desiderio di possederne uno di nuovo, mentre la ragione le urlava di attendere, di pensare a se stessa, di raggiungere Keja prima di fare qualsiasi altra cosa. La stessa ragione che ora stava combattendo contro la verità, quella a cui Larenc l'aveva messa di fronte in modo tanto schietto, con tale freddezza, come a lei sola era permesso. Non funzionerà mai, aveva detto, Non così.

Per questo lo odiava. Perché prendeva il suo posto, perché si permetteva di trattarla come una sua pari. E questo era lo stesso motivo per cui, suo malgrado, stava cominciando ad amarlo. Perché non aveva paura di lei, perché era abbastanza forte da stare al suo fianco. Perché aveva coraggio.

 Perché aveva coraggio

Hoppsan! Denna bild följer inte våra riktliner för innehåll. Försök att ta bort den eller ladda upp en annan bild för att fortsätta.
EmberDär berättelser lever. Upptäck nu