02 - College Life

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Il giovedì successivo consegnai il mio tema al professor Styles e gli dissi che avrei preferito una valutazione privata, perché non ero ancora pronta perché i miei lavori venissero letti (e criticati) in pubblico.
Lui sorrise, facendomi sentire le gambe deboli e lo stomaco attorcigliato, e mi diede appuntamento nel suo ufficio per quel pomeriggio.
 

***

 
“Signorina Watson.” Disse. “Mary Jane.” Si corresse subito quando entrai nel suo ufficio. Era esattamente come mi ero immaginata, con le librerie intorno alle pareti, la scrivania di legno scuro e il divano di pelle nera. Cercai di evitare di immaginarmi in atteggiamenti poco appropriati su quel divano e mi sedetti invece sulla poltroncina di fronte alla sua scrivania.
“Professor Styles. Grazie per avermi ricevuta.” Replicai, cercando di sorridere. In verità ero abbastanza agitata, perché sì, lo trovavo davvero attraente, ma lo ammiravo come professore (e anche come scrittore, perché ero andata a comprare i suoi libri, anche se non l’avevo detto a nessuno, nemmeno a Laurel) e avevo paura che potesse odiare quello che avevo scritto.
“Nessun problema, figurati.” Rispose. Cercò il foglio che avevo stampato tra quelli che gli avevano consegnato i miei compagni di classe e un sorriso trionfale spuntò sulle sue labbra quando lo trovò.
“Forse è infantile avere paura di sentire le critiche ai propri lavori davanti a tutta la classe…” Cominciai a dire.
“Oh, no. Assolutamente no, non preoccuparti. Anzi, direi che è piuttosto normale. A me ci sono voluti tre mesi di lezioni prima di trovare il coraggio di affrontare una critica in classe.” Rispose lui.
“Ed è riuscito ad accettarle dopo tre mesi?” Domandai. Mi sembrava strano dare del lei a un ragazzo così giovane, ma era un professore. Dovevo rivolgermi a lui in quel modo.
“Non proprio.” Confessò. “La prima critica è stata brutta, il mio professore è stato abbastanza cattivo e quando sono tornato nel mio dormitorio ho pianto.” Aggiunse, fissando un punto nel vuoto sopra la mia spalla. Sembrava che stesse rivivendo quei momenti. “Non dirlo a nessuno, perderei qualunque tipo di credibilità.”
“Non si preoccupi.” Dissi, trattenendo un sorriso. Immaginai un giovane (più giovane di così) Harry Styles con il viso affondato nel cuscino mentre piangeva. Provai una stretta al cuore e cercai di tornare a concentrarmi sul motivo per cui ero lì.
“Tornando a te e al tuo lavoro, ho letto il tuo tema e l’ho trovato interessante. È grammaticalmente corretto e i contenuti sono buoni, ma l’ho trovato un po’ freddo.”
“Freddo?” Domandai.
“Sì, mi è piaciuto leggere qual è stata la città d’America in cui hai preferito vivere con i tuoi genitori, ma mancavano un po’ di emozioni. Hai scritto tanti dati e tante informazioni che si possono leggere ovunque. Manca quello che c’era qui.” Rispose, indicandosi il cuore.
“Quindi avrei dovuto concentrarmi più su quello che ho provato vivendo in quella città rispetto a quello che ho visto?”
“Più o meno. Va benissimo scrivere delle cose che hai visto, ma cosa hai provato quando le hai viste? Come ti hanno fatta sentire?” Il professor Styles si mise comodo sulla sedia e lesse ad alta voce un paragrafo tratto dal mio tema e capii immediatamente quello che voleva dirmi. Avevo scritto un mucchio di informazioni e di descrizioni che chiunque avrebbe potuto scrivere o leggere su Internet. Non avevo scritto nulla di personale, non come mi sentivo in quel posto, non perché era stato il mio preferito in cui vivere, niente.
“Ha ragione.” Dissi.
“Proveremo a lavorarci, se vuoi. Ti posso dare degli esercizi extra da fare e me li puoi consegnare qui in ufficio, così ne parliamo insieme e ti aiuto a correggerli e a tirare fuori le emozioni.” Propose lui.
Beh, dovevo ammettere che l’idea di avere lezioni private dal professor Styles non mi dispiaceva per niente.
“Sarebbe perfetto!” Esclamai, forse con un po’ troppo entusiasmo.
“Ottimo, allora comincio a darti qualcosa da scrivere per, diciamo, la settimana prossima.”
Il professore scrisse qualcosa su un foglietto, poi lo piegò e me lo porse. Cercai immediatamente di aprirlo.
“No.” Mi ammonì. “Voglio che tu apra questo foglio solo quando sarai pronta per scrivere. E poi voglio che tu inizi il tema scrivendo l’emozione che ti ha evocato quello che c’è scritto. Trova un posto tranquillo, dove puoi essere lasciata in pace. Leggi la traccia e lasciati trasportare dalle emozioni e dai ricordi. Voglio che tu scriva un tema molto personale.” Aggiunse.
Mi sembrava un’ottima idea. Annuii e sorrisi.
“Grazie.” Dissi.
“Consegnami il risultato giovedì durante la lezione. Poi ti convocherò in ufficio per parlarne insieme quando riuscirò a leggerlo.”
Purtroppo era arrivato il momento di salutarci, anche se sarei rimasta in quella stanza per ore e ore. Gli occhi del professor Styles mi ipnotizzavano, il suo sorriso mi faceva battere il cuore e continuavo ad avere pensieri poco appropriati sulle sue labbra e sulle sue mani. E su quei capelli. Avrei voluto stringerli mentre…
“È tutto chiaro?” Sentii la sua voce in lontananza e mi riscossi da quelle immagini.
“Ehm, che cosa? Mi scusi, stavo pensando a… a quello che mi ha appena detto.” Mentii.
Lui scosse la testa, sorridendo. Probabilmente era abituato a fare quell’effetto alle studentesse.
Cercai di non sentirmi stupida, ma non fu un’impresa facile.
“Ti ho detto di provare a trasferire quello che provi qui,” – si interruppe brevemente per mettere una mano sul cuore – “senza farlo passare di qui.” Aggiunse, toccandosi una tempia con l’indice.
“Ci proverò, grazie mille.” Risposi. Poi lo salutai e uscii dal suo ufficio, chiudendo la porta alle mie spalle. Fuori notai una fila di quattro, tra compagni e compagne di classe, che aspettavano di entrare.
 

Little White Lies || [One Direction - Harry Styles]Kde žijí příběhy. Začni objevovat