Capitolo 20

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Galline in tutù che ballano il Cancan.

Park Jimin aprì gli occhi con quest'immagine e constatò che i sogni post-sbornia fossero strani forte.

Il vino che gli allappava ancora la bocca, invece, non era forte per niente.

Era abituato a bere whiskey con due zeri sull'etichetta e l'ultima sbronza con più di un litro di alcolici risaliva forse ai tempi in cui ancora sgobbava per debuttare.

Si massaggiò la faccia distrattamente e se ne pentì un secondo dopo, sentendo il trucco della sera prima bruciare negli occhi. Osservò i polpastrelli sporchi di matita nera per qualche attimo, poi si concentrò su ciò che aveva intorno. Il suo appartamento illuminato dal sole lo accoglieva immobile ma ancora non gli dava indizi sul come ci fosse arrivato.

Mentre affondava la testa tra i cuscini e cercava di fondere la propria pelle con quella del divano, iniziò ad analizzare i coriandoli di ricordi della sera precedente. Si fermava tutto all'ennesimo calice, forse il quarto, sollevato vuoto con spavalderia per mostrare a Yoongi che sapesse reggere più di lui.

Yoongi. Merda.

Se fino a quel momento aveva dovuto sforzarsi per ricordare, una cascata di informazioni improvvise lo portarono ad annaspare nella vergogna e nella voglia di cambiare nome e residenza.

Le urla di tutti e quattro - che non potevano aver disturbato i vicini solo perché l'unico vicino era lui - avevano accompagnato ogni singolo brindisi a volume crescente e parte del tappeto in soggiorno si era tinto di rosso, di un tono fortunatamente troppo scuro per destare il sospetto di omicidio.

Ricordava vagamente di essere inciampato sul niente mentre cercava di dimostrare a Jungkook di potersi toccare la punta dei piedi con le dita e un altro paio di battute stupide a cui Taehyung aveva riso per disperazione.

C'era poi un vuoto, un blackout totale, che terminava con il ricordo che spaventava Jimin più di tutti.

Un istante, la fotografia di un attimo. Yoongi, forse a metri di distanza, forse a pochi centimetri, che apriva la porta del suo appartamento per lui.

Un brivido di mezza consapevolezza lo percorse dalla testa ai piedi mentre, con le mani che correvano nervose tra i capelli, cercava un qualsiasi indizio sul finale di quel ricordo.

Era successo qualcosa?

Non sapeva neanche di cosa potesse aver paura a quel punto. Tutti i loro trascorsi gli volarono veloci davanti agli occhi e le palpebre si strinsero di riflesso.

Il tavolino di vetro nel corridoio d'entrata vibrò con un tintinnio cristallino, amplificando la notifica di un cellulare. Jimin si accorse di aver corso per leggere il messaggio solo quando sentì la testa girare per essersi alzato dal divano troppo in fretta.

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Cocomero || YoonminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora