Capitolo Ventidue

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Questo non era il caso della maggior parte della famiglia Khilents, che si era invece dedicata alla carriera militare al pari degli altri Tesrat, incapaci di creare illusioni. Alcuni tra i Khilents, però, lo avevano fatto. Erano giunti a una sorta di via di mezzo, fra Tesrat e Djabel. Combattevano in prima linea, ma all'occorrenza potevano creare illusioni.

Era una scelta molto pericolosa, compiuta da alcuni impavidi combattenti, tra cui anche Khilents Annekha, sorella minore di Chayon, morta in battaglia soltanto poco tempo prima, al fronte del Vuoto, durante un'eclisse di Erran. I mostri avevano invaso il campo di battaglia, e Annekha era stata separata dal fratello, trascinata prima verso Tenger, poi verso le cascate del Vuoto. Chayon non l'aveva mai più rivista.

La famiglia Endris aveva una storia diversa. I suoi membri erano infatti, per la maggior parte, Djabel del Cigno. Nemmeno le loro illusioni erano abbastanza spaventose da distrarre gli Yksan, ovviamente, e per questo motivo la famiglia aveva scelto di servire l'Impero nelle vesti di Tesrat. Il fatto che Larenc non avesse ereditato il dono da suo padre, quindi, non costituiva un disonore.

«Gli scorpioni sono aracnidi, Lady Kerol, non insetti.» ribatté Chayon, con un'inaspettata compostezza. Forse il suo fuoco era stato domato dal gelido vento che era il ricordo della sorella. «Ma immagino che la Djabel del serpente volante che non è mai esistito non sappia neanche questo.» concluse con un sorriso, velenoso quanto le sue inutili illusioni.

Kerol si morse la lingua, decisa a non cadere nella trappola di quello che, a parer suo, rimaneva un insetto – Chayon stesso – e ricambiò il suo sorriso straripante di odio. «Comunque sia, perché dovrei trattenermi dall'esprimere i miei pensieri, quando quel mostro riesce a entrare nella mia testa?» fece cenno in direzione del trono. Dell'Alto Imperatore.

Questa volta, Larenc non riuscì a fermarsi. Aveva sopportato per troppo tempo quella tensione. Kerol sembrava stare facendo di tutto per rovinare la loro posizione. Peggio ancora, sembrava voler infangare l'intero nome della famiglia Endris, andando a prendersela proprio con Khilents Chayon.

La prese per il braccio destro, stringendo forte, forse più forte di quanto avrebbe dovuto.

Kerol reagì sobbalzando – non si aspettava niente del genere, non da Larenc, sempre calmo, rilassato, e composto. Il giovane uomo la guardò negli occhi, pregandola di smetterla. Occhi del colore del carbone tentavano di placare il fuoco nei suoi.

«Kerol,» cominciò a dire, la sua voce un sussurro, e una preghiera.

La giovane, di tutta risposta, sfoderò un sorriso malizioso. «Insomma, ti sembra il momento?» fece cenno alla mano ancora stretta attorno al suo braccio, che cominciava a dolerle. «E davanti all'Imperatore—»

«Sai che voglio ben altro, da te.» la voce di Larenc sovrastò la sua, e la sua mano strinse ancora più forte il braccio di lei, le nocche bianche in risalto. «Non chiedo molto. Solo che tieni a bada quel nido di vespe che ti ritrovi in bocca.»

Dopo aver sibilato quelle parole a denti stretti la lasciò andare. Né Chayon né l'Imperatore parevano aver fatto caso a quella breve discussione.

Kerol non trovò la forza di ridere, e non ne ebbe il tempo, poiché Chayon riprese immediatamente a parlare. «Come puoi definire un mostro quello che dovresti considerare il tuo Dio?» domandò.

Kerol aveva la risposta pronta. «Il confine tra dei e mostri è estremamente sottile. Direi invisibile.»

L'Imperatore si vide d'accordo, annuendo lievemente. «Ed è proprio perché varchiate questa soglia e delineate questo confine che vi ho convocati qui.» si inserì nel discorso, come se il tutto fosse stato orchestrato per condurli proprio a quello scambio di battute. Come se tutti loro fossero attori e avessero appena recitato un copione, e l'Imperatore avesse appena avuto la sua parte da ripetere a memoria.

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