-undici-

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-sei pronto?- lui mi guardò, poi scosse la testa.
-certo che lo sei- lo guardai male.
-sono sicuro che appena arriverò là dimenticherò tutto- piagnucolò guardando l'edificio.
-non succederà. Se dimentichi tutto respira profondamente e calmati, non farti sopraffare dall'ansia. Puoi chiedere che ti lascino qualche attimo per pensare, non sentirti a disagio. Tu sai che hai studiato e sai le cose, anche io lo so e sono sicuro che andrà bene, se così non sarà io sarò comunque orgoglioso di te-
-che schifo, perché sei così... bleah- io ridacchiai e mi alzai dal sedile uscendo all'auto, lui mi seguì lentamente.
Guardai l'edificio quasi con malinconia, ricordando quando fino a solo due anni prima ogni mattina fossi obbligato ad andarci e non fare altro che studiare tutto il giorno, ritrovandomi alle tre del mattino, fuori dalla finestra, un australiano che mi chiedeva di giocare a fortnite con lui.

-m-mi accompagni dentro?- sussurrò a sguardo basso, dondolandosi da un piede all'altro, giocando timidamente con le mani.
Sorrisi e gli porsi la mano -certo che ti accompagno-.
Lui sorrise e mi prese la mia mano fra le sue, nascondendosi dietro di me.
-come possiamo camminare se ti metti così?- ridacchiai girandomi verso di lui.
Lui fece un broncio, senza lasciare la mia mano.
-ho paura- sussurrò.
-lo so, é normale. Tutti ce l'hanno. Ma non devi pensarci. Sono sicuro che se sarai positivo riuscirai a farcela senza problemi, e poi ti sentirai in pace con te stesso, quindi dai il meglio di te e non avrai nulla di cui temere- annuì alle mie stesse parole, come se fossero chissà quanto sagge.
-dai, vieni- continuai, tirandogli la mano verso di me, invitandolo a seguirmi.
-mh- mi seguì a piccoli passi, stringendo la mia mano.

In forse fin troppo tempo, a causa delle continue pause, arrivammo davanti all'aula dove si sarebbe tenuto il test. Lui sbirciò appena dal vetro al centro della porta, poi si girò verso di me con gli occhi sbarrati.
-no, non ce la faccio. Ciao- fece per tornare indietro ma lo fermai velocemente.
-devi farlo!-
-ma guarda quanti professori ci sono!- sclerò indicando i professori seduti attraverso il vetro della porta.
-non puoi tirarti indietro ora, e non devi- gli presi le mani e lui mi guardò respirando lentamente.
-mi dai un bacio?- lo guardai confuso e sorpreso, non sapendo che dire o fare.

-un... Un cosa?- balbettai.
-un bacio sulla fronte, come quelli che mi dai prima di dormire. Mi rilassano- io annuì flebilmente, insultandomi mentalmente per aver potuto pensare che intendesse altro, poi mi sporsi lentamente verso di lui, sentendo così estraneo un gesto quotidiano.
Appoggiai le mie labbra sulla sua fronte, rimanendo immobile un paio di secondi, per qualche istante chiusi gli occhi, poi mi allontanai.
-vai, ti staranno per chiamare-
-non mi dici qualcosa tipo buona fortuna?- incrociò le braccia al petto.
-non penso che la fortuna ti serva, sono sicuro che ce la farai da solo. Ma se proprio ci tieni, buona fortuna- lui arrossì leggermente e mi diede un piccolo pugno, poi si allontanò titubante.

Sospirai e mi sedetti su una delle sedie in plastica attaccate al muro.
Ero sicuro che avesse studiato e sapesse tutto, ma conoscendolo avevo capito quanto desse importanza alle altre persone e quanto temesse il loro giudizio. Appena entrato dentro potrebbe dimenticarsi tutto, o ancora peggio sentirsi male.
Sentivo una strana sensazione tra lo stomaco e la gola, che seppur non avessi mai sperimentato mi sembrava proprio quella che hanno le madri il primo giorno di scuola dei loro figli.
Consideravo Jisung come un figlio per me? Sarebbe stato strano, considerando che a parare di Felix ero innamorato di lui. Forse era Felix a sbagliarsi. Non posso amare mio figlio.
Ma Jisung non è mio figlio.
Quindi può essere che ami davvero Jisung?
No, è solo affetto. Molto affetto. Un affetto diverso da quello che si prova per gli amici, ma anche dall'amore. Già.
Sbuffai e mi alzai, sapendo che se fossi rimasto lì a pensare i miei film mentali mi avrebbero fatto venire un'emicrania non da poco.

Decisi di andare a prendere un caffè, anche se magari non era la scelta più saggia considerando che l'ansia, che mi ostinavo a negare di avere, mi stava facendo agitare più di un bambino iperattivivo.
Quando arrivai alle macchinette dovetti aspettare il mio turno, vedendo una ragazza che già l'occupava.
Mi fermai dietro di lei, mantenendo abbastanza distanza, continuando a pestare a terra con un piede.
-le serve una mano?- chiesi dopo diverso tempo.
Lei si girò sussultando, notando solo ora la mia presenza.
In realtà anche io sussultai, appena vidi delle occhiaie scure contornarle gli occhi, che non aveva neppure provato a nascondere con del trucco, e i suoi capelli che da dietro non sembravano così spettinati.
Sembrava che si fosse appena svegliata, nonostante il suo outfit impeccabile.
-oh... non mi prende i soldi- balbettò spostandosi leggermente.
-cosa deve prendere?- continuai prendendo delle monete dal portafogli.
-uhm... caffè con cioccolata, anzi no, solo cioccolata... Anzi, caffè con cioccolata- io annuì e misi le monete nel distributore, poi selezionai quello che mi aveva chiesto.
-uhm, vorrei anche molto zucchero, molto molto- annuì titubante e cliccai sul tasto per aggiungere lo zucchero fino al massimo.
-grazie! Tenga i soldi- s'inchinò, poi mi diede le monete.
-giuro che sono veri, non so perché non me li riconosce!- io annuì e basta, non avendo voglia di continuare la conversazione.

Presi anche il mio caffè, poi mi appoggiai al muro giusto per il tempo di finirlo e poi buttare il bicchiere nel cestino.
-è un nuovo professore? Non l'ho mai vista- alzai lo sguardo dal bicchierino, quasi vuoto, e guardai la ragazza.
-no- lei mi guardò scioccata.
-sei un alunno?- io ridacchiai e scossi la testa.
-sono qua per altro- lei annuì titubante
-sei misterioso, ok. Io sto facendo un anno di prova! Quest'anno mi devo laureare-
-ok- buttai il bicchiere nel cestino, poi mi allontanai.
-comunque io sono Lucrecia!- sorrise.
-Lu... Luresia?- lei scosse la testa ridacchiando.
-Lucrecia! sono spagnola! No, in realtà sono coreana, ma sono nata mentre i miei genitori erano in vacanza in Spagna quindi sono spagnola in realtà, e loro hanno voluto darmi un nome spagnolo perché pensavano di rimanere là, ma quando avevo quattro anni hanno deciso di ritornare qua- non m'interessava, ma il tono con cui lo disse mi fece sorridere leggermente.
-ok, io sono Minho- finalmente me ne andai, tornando a sedermi nella stessa sedia di prima.

Rimasi seduto qualche minuto, poi mi alzai cominciando a camminare avanti e indietro per il corridoio. Ogni tanto mi avvicinavo alla porta sperando di riuscire a sentire qualcosa, ma non riuscivo a comprendere le parole.
Un ora dopo dall'inizio del test la porta si aprì e ne vidi uscire Jisung a testa bassa, con una cartellina viola in mano.
-com'è andata?- chiesi, sorpreso e spaventato dalla sua reazione.
Lui si avvicinò a me, poi mi abbracciò singhiozzando piano contro il mio petto mentre la mia camicia assorbiva le sue piccole lacrime.

Non sapevo che dirgli, non avevo preso in considerazione la possibilità di un fallimento, completamente convinto che l'avrebbe superato.

-hyung- si staccò leggermente, non tanto da interrompere il contatto fisico, ma abbastanza da poterci guardare faccia a faccia.
-ho fatto novantatre punti- mi allontanai da lui sorpreso.
-vaffanculo Jisung, mi hai fatto preoccupare! Perchè piangi se ce l'hai fatta?!- lui ridacchiò asciugandosi il viso.
-non puoi solo abbracciarmi e magari portarmi al McDonald's?- io sospirai e feci come mi chiese.
-e te perché piangi? Ce l'ho fatta!- ridacchiai asciugandomi le poche lacrime che mi ero fatto scappare.
-mh, immagino di essere orgoglioso di te- gli avvolsi le spalle con un braccio e lui sorrise arrossendo.
-andiamo al MC!-
-ok andiamo!- ridacchiai incamminandomi verso l'auto, seguito subito da lui.

𝙃𝙤𝙢𝙚𝙡𝙚𝙨𝙨 // 𝙈𝙞𝙣𝙨𝙪𝙣𝙜Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora