Capitolo III

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7 Gennaio 1997, Mismar (Georgia)

«Sono cinque dollari e sessanta» scandì Axel dopo aver battuto in cassa un flacone di detersivo e una confezione di guanti in lattice. La signora Brown, sforando di dieci minuti l'orario di chiusura del locale, prese a trafficare col suo portafoglio alla ricerca di qualche moneta e Axel ne approfittò per cambiare stazione radiofonica, smanettando sullo stereo alle sue spalle e interrompendo la sequenza di cattive notizie trasmesse dalla NPR. Fermò la sua ricerca quando riconobbe un pezzo degli Smashing Pumpkins tra una frequenza e l'altra, e un attimo dopo nel piccolo alimentari di Earl si sparsero le note di 1979.

«Tieni, ragazzo» lo richiamò la signora Brown, guardandolo spazientita mentre gli allungava una manciata di monete. Non era una novità che la donna fosse di cattivo umore, ma era già tanto che non si fosse lamentata, come suo solito, dei prezzi in aumento del negozio, che in realtà erano gli stessi di quando vi era entrata per la prima volta, circa cinque anni prima. Earl, il proprietario, aveva smesso di rispondere ai suoi reclami già da tempo, incassando le sue critiche e pregando Axel di fare lo stesso, tanto, sosteneva, era come convincere un cieco che l'erba fosse verde e non rosa shocking come l'aveva sempre immaginata. Una similitudine piuttosto bizzarra, riteneva Axel, ma Earl non era mai stato un tipo che la gente comune definirebbe "normale", quindi annuiva e obbediva agli ordini.

Aveva iniziato a lavorare nel suo negozio un paio di anni prima, quando la morte di suo zio Davis lo aveva obbligato a rimboccarsi le maniche e aumentare il suo conto in banca per pagarsi bollette e tasse universitarie. Lo stipendio non era certo altissimo, ma aggiunto ai suoi risparmi gli permetteva di sopravvivere senza tirare troppo la cinghia.

La signora Brown nel frattempo aveva lasciato il negozio e Axel era già in procinto di chiudere la cassa e abbassare la saracinesca, quando il campanellino alla porta d'ingresso anticipò l'entrata di altri clienti.

«...e poi ci sarà anche Angie Sanders, non hai davvero nessun motivo per darmi buca» squillò contrariata una voce maschile. Axel stava per informare il ragazzo ancora fermo sulla soglia che da lì a poco avrebbe chiuso, ma la cascata di capelli rossi che comparve dietro di lui gli incollò la lingua al palato lasciandolo a corto di parole.

«Angie Sanders? Quella per cui ho rischiato di finire in galera per colpa di quindici grammi di erba?»

Axel si accorse di avere gli occhi fissi su di lei solo quando la giovane volse lo sguardo nella sua direzione, forse per accertarsi che chi era dall'altra parte non avesse sentito le sue parole . Il suo aspetto decisamente poco austero parve tranquillizzarla, quindi gli rivolse un sorriso e tornò a girarsi.

«Sì, proprio lei,» confermò il ragazzo scrutando con attenzione le poche corsie del negozio «ma pare che abbia smesso di infrangere la legge. Ehi, ma non hanno gel per capelli, qui?»

«Pare? Mi ha infilato di nascosto dell'erba nella borsa, se mi avessero beccata...»

«...ti saresti fatta un paio di notti al fresco, ma invece sei ancora pulita e ti sei persino fumata un po' di roba buona senza pagare. Direi che quella che ci ha rimesso è lei, no? Comunque non posso credere che non abbiano il gel, come accidenti faccio domani?»

«Tu sei tutto scemo, Jake» gli rispose la ragazza prendendo un barattolo di gel da uno scaffale e piazzandoglielo in mano.

Da dietro la cassa, Axel li sentiva battibeccare animatamente senza avere la forza di avvisarli sulla chiusura del negozio. C'era qualcosa, nel rivolgersi ai suoi coetanei con addosso un grembiule da cassiere, che lo metteva terribilmente a disagio; non che in genere fosse un ragazzo molto loquace, ma spesso pensava che quel grembiule avesse su di lui un effetto del tutto opposto a quello che il costume di Spider-Man aveva su Peter Parker.

Dark SirioWhere stories live. Discover now