28. Una tragedia nella tragedia

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«Dopo prendo un drink all'aloe vera.» Scrollo le spalle, posando i calici sul bancone dov'è seduta. Rimane interdetta, assottigliando lo sguardo. Riconosco benissimo quell'espressione sbigottita che tiene in volto, quasi come se non potesse credere ai suoi occhi. Poi sospira, scuotendo il capo — trattenendosi dal dire qualcosa.

«L'aloe vera, uhm?» Fa un colpetto di tosse e poi si perde ad osservare Zayn che spalma un cucchiaio di nutella sulla sua fetta di pandoro.

Margaret si mette in piedi e, con la scusa di afferrare un bicchiere, si avvicina — stando bene attenta a non farsi ascoltare da nessun altro all'infuori di me.

«Appena hai un attimo possiamo parlare?» Bisbiglia, dondolandosi sui talloni. «In privato.»

Annuisco dismesso. Poi allungo le labbra in una linea sottile, oscillando tra la logorante necessità di sapere — che porta come conseguenza l'inventare una scusa per allontanare Zayn — e la paura stessa per cosa voglia effettivamente dirmi. Non mi è difficile credere che riguardi sua sorella.

Sono ben sicuro che Margaret non sia il tipo da lunghi monologhi zeppi di avvertimenti — se non in casi speciali. Forse non ne ha trovato il bisogno in una persona che, allo Spritz, preferisce un drink analcolico all'aloe vera. Motivo per cui mi lascio trasportare dalla curiosità e penso a qualcosa che possa distrarre in qualche modo mio cugino.

«Zayn.» Quando lo richiamo ha le guance rossastre ricoperte di zucchero a velo. «Non è che potresti raccattare un po' di roba per tagliarmi i capelli?»

Lui sgrana gli occhi, leccando via i residui di nutella dalle dita.

«Pochi centimetri, solo per comodità.» Faccio spallucce, perché alla fine era comunque mia intenzione accorciare di poco le punte. I miei capelli sono, forse, una delle cose più preziose che ho al momento. Principalmente perché c'ho messo una quantità di tempo immane per farmeli crescere e, questo, porta a farmi dolere il cuore alla sola idea di tagliare qualche punta.

Zayn annuisce, richiudendo la busta col restante pandoro e infilando in bocca l'ultimo boccone. Ripone al suo posto pure la cioccolata e sorride soddisfatto della sua merenda.

«In cambio voglio che tu mi faccia del caffè.» Mi punta un dito contro, provando malamente a levarsi lo zucchero a velo dal viso. «Così posso inzupparci le gocciole.»

«Mi fai chiamare prima mamma?» Fruga alla ricerca del suo cellulare, per poi comporre il numero sul tastierino. Sua madre è una parrucchiera e spesso si è trovato a doverle dare una mano, per poter portare qualche spicciolo in più a casa.

«Vorrei ripassare qualche passaggio, quindi dammi dieci minuti.» Borbotta, portando il ricevitore all'orecchio. «Ci metto poco.»

Annuisco, spaventato dal sorriso complice che mi lancia Margaret, che allunga le labbra all'insù da dietro al bicchiere d'acqua che si è appena versata.

Quando Zayn scompare dietro la porta di camera sua, lei scatta in piedi.

«Riesco a percepire la tua paura da un metro e mezzo, Harry.» Ridacchia, allungando le labbra in un sorriso acerbo. Nel mentre approfitto della sua vicinanza per cercare ossessivamente delle differenze, dal punto di vista estetico, che io possa sfruttare quando entrambe saranno nella stessa stanza.

Margaret, a differenza di Gwendaline, ha un neo non molto grande sulla guancia, mentre il colore delle sue pupille è più scuro. Ciò nonostante potrei cogliere questi dettagli solamente alla luce del sole, con una buona dose di attenzione ad aiutarmi. Per questo mi ritrovo a desiderare che non accadano situazioni spiacevoli quando verranno a mancare questi due elementi.

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