Frequenti visite in libreria.

82 16 0
                                    

Sherlock Holmes non smise un attimo di pensare al piccolo incontro con John Watson, l'aspirante dottore. C'era stato come qualcosa negl'occhi di quell'uomo che brillò quando Sherlock lo dedusse. Le pieghe che prendeva la sua pelle quando sorrideva. Di solito la gente non sorrideva a Sherlock in quel modo. Ripensandoci, non riusciva neanche a ricordare se una cosa del genere fosse mai accaduta. La sua famiglia ne aveva sempre fatti di falsi, applaudendo il loro bambino semplicemente perché tale, e non per i suoi validi successi. E nella sua scuola nessuno lo degnava neanche di uno sguardo, oltre alle occhiate di tutte quelle stupide ragazze.

Mrs. Hudson entrò nella stanza con un vassoio di biscotti e due tazze piene di tè bianco, solo per trovarci Sherlock steso sul divano a faccia in giù che si lamentava.
"Sherlock, caro, qualcosa non va?" gli chiese, sedendosi su una delle sedie. Sherlock borbottò qualcosa di indecifrabile per poi voltarsi dall'altro lato, pancia all'aria. La signora bevve il suo tè in silenzio. Sherlock si morse il labbro, meditando.

"Che significa quando non riesci a smettere di pensare ad un avvenimento successo più di una settimana fa?"

Un sorriso sfiorò le labbra di Mrs. Hudson, ma lo nascose velocemente.
"Che tipo di 'avvenimento'?"

Sherlock emise un gemito soffocato, spiaccicandosi un cuscino sulla faccia. Doveva tornare indietro. Ne aveva bisogno, in questo esatto momento. Qualcosa continuava a rimuginargli in testa, un nervoso tormento nel petto.
"Sto uscendo."

Questo successe di nuovo ogni singolo giorno per un mese di fila. Sherlock camminava ansiosamente per casa, col timore che potesse mancargli qualcosa. Qualcuno? Era così fastidioso non riuscire a capire la differenza. In realtà, lui sapeva benissimo cosa gli mancasse. Semplicemente non lo accettava.

Andava sembre alla stessa libreria, alla stessa ora, aspettando lo stesso lasso di tempo, per poi sedersi alla fermata del bus per quanto ritenesse necessario. Ogni giorno chiedeva alla commessa se l'uomo dell'ultima volta fosse stato là. John Watson. Se l'avesse visto. La ragazza finiva sempre per imbarazzarsi, dicendogli che non lo aveva visto da quel giorno. Ma nonostante questo, per un intero mese, Sherlock aspettò.

Era davvero ridicolo.

Non avrebbe mai più rivisto John Watson. Era inutile riprovarci. Sherlock si alzò, in procinto di andarsene. Ma, mentre stava uscendo, un libro gli saltò all'occhio. Non era nel giusto scaffale. Lo prese e lo osservò attentamente, esaminando il disegno in copertina di quel tanto particolare libro in suo possesso.

"La pioggia" di Karen Brown.

E improvvisamente Sherlock si accorse del leggero "tip tap" dell'acqua sulle finestre del negozio.
Aumentò presto di volume, poteva sentire il vento schiantarsi violentemente sul vetro, poteva vedere la grandezza delle enormi gocce colpire le finestre come rocce, poteva sentire il profondo ruggito del tuono nel suo petto e sotto i piedi. Rabbrividì impercettibilmente.

Riportò la sua attenzione sul libro che aveva in mano. Ironico che fosse sulla pioggia proprio con quel tempaccio.

La porta dietro di lui si aprì, e la campanellina sopra di essa tintinnò dolcemente.
"È qui..." sembrava annunciare. Travolto da quel freddo pungente, Sherlock scattò contro l'idiota che l'aveva aperta, girandosi. Si fermò prima di poter dire accidentalmente qualcosa di poco educato, per quanto era rimasto esterrefatto ed affascinato da chi era appena piombato lì.

I biondi capelli mossi del ragazzo erano grondanti di goccioline cristalline, i suoi occhi caffè che esaminavano ciò che lo circondava, il suo naso a patata e le guance erano di una tenue tonalità di rosa, il suo sorriso che prendeva forma nonostante avesse un freddo cane.

Rainy Days (ITA) || ᴛᴇᴇɴ!ʟᴏᴄᴋDove le storie prendono vita. Scoprilo ora