Capitolo 12

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Alexandra

La prima cosa che noto sono i suoi occhi, blu e freddi come il ghiaccio, così come i suoi folti capelli grigi.
Ha un’espressione seria e che non lascia trasparire nessuna emozione, se non probabilmente l'indifferenza.
Non lo conosco, non so chi sia, ma non posso non dire che sia molto bello; l’accenno di muscoli è evidenziato dal sottile tessuto della maglietta e le sue muscolose gambe da un paio di pantaloncini neri.

Solo ora noto quanto i nostri volti siano estremamente vicini.

Cerco di indietreggiare, tuttavia i piedi non rispondono.
Mi sento strana, é come se mi avesse avvolta un senso di familiarità.
Sbuffo infastidita, mentre inutilmente cerco di staccarmi dalla sua forte presa.

Il ragazzo mi guarda, accenna un sorriso, e poi sussurra:‘Che c’è, non si chiede scusa? Mi sei venuta addosso

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Il ragazzo mi guarda, accenna un sorriso, e poi sussurra:
‘Che c’è, non si chiede scusa? Mi sei venuta addosso. Di nuovo.’
Accentua quelle due parole, e io afferro al volo quello che intende insinuare.

‘Davvero pensi che lo stia facendo apposta?’ Lo guardo accigliata.
‘Che caratterino ragazzina. I tuoi genitori non ti hanno insegnato che non si risponde ad una domanda con un’altra domanda?’
‘E i tuoi non ti hanno insegnato a non afferrare persone a caso? Che problemi hai? Non ti conosco e non voglio avere niente a che fare con te!’ grido più forte di quanto volessi, mentre indico la sua mano, che è ancora saldamente attaccata attorno al mio polso.

La pazienza l’ho persa già da un po’ e mi tocca perfino sbraitare contro uno stupido sconosciuto.

Mi fissa per un momento, forse interdetto dalla mia reazione, e qualche secondo dopo mi lascia andare.

‘Io non ho dei genitori.’
Rimango sbigottita a quelle parole.
Boccheggio molte volte, senza sapere effettivamente cosa dire.
Mi sento tremendamente in colpa per averglielo detto con un tono così brusco, anche se il mio subconscio mi suggerisce di non farci caso, siccome dal nulla mi ha “adocchiata” come una preda.
‘Mi dispiace.'
Riesco a pronunciare soltanto queste due parole.
‘Non importa, tranquilla, ci sono già passato sopra… comunque il mio nome è Bryce Whitingale.’
'Io mi chiamo Alexandra Collins.'
Al suono del mio nome, i suoi occhi vengono attraversati da una scintilla, ma non riesco a capirne il motivo, e prima che possa fare domande ulteriormente inopportune, lui mi precede, decidendo di parlare, mentre mi indica il lato opposto della strada: ‘Vieni, ti porto in un bar, così parliamo.'

**
Siamo seduti l’uno di fronte all’altra in attesa delle nostre ordinazioni.

La situazione si sta facendo imbarazzante, e non mi riesco neanche a capacitare di aver accettato il suo “invito”, e mi maledico per averlo fatto, ma sentivo di doverlo fare.

‘Allora…’, esordisce Bryce.
‘Allora…’ mi guardo le mani.
'Perché mi hai portata qui? Di cosa dobbiamo parlare?’ La rabbia di prima è improvvisamente sparita, lasciando invece spazio al mio lato curioso.
‘Non lo so. Mi ricordi tanto una persona. Se lei non fosse scomparsa da anni direi che sei proprio te colei che cerco da tempo.’ Non so di cosa stia parlando, tuttavia qualcosa mi dice di continuare a porre delle domande.
Lo guardo aggrottando le sopracciglia, e con un cenno della mano gli dico di continuare, eppure lui non lo fa. Rimane in silenzio a fissare la tazza di cioccolata, che nemmeno mi ero accorta fosse arrivata insieme alla mia bevanda fresca, nonostante sia quasi inverno.
‘Ma c’è dell’altro, vero?’ Richiamo la sua attenzione appoggiando una mano sulla sua, per confortarlo.

Questo ragazzo è come se lo conoscessi da sempre, con nessuno mi sono sentita così tanto in sintonia.
È come se ci legasse qualcosa.

‘Si. Lei è… mia sorella. Una decina di anni fa, dopo la morte dei nostri genitori siamo stati mandati in due orfanotrofi diversi. Da quel momento in poi non ho più avuto sue notizie. Non mi sono mai dimenticata di lei, ed essendo maggiorenne potrei prendere io la sua custodia. È da ormai due anni che la sto cercando. Però non sono mai riuscito a trovare niente.‘
Sono a corto di parole.
Non so che dire e mi sento stranamente a disagio.
Per evitare di proferire parola, afferro il bicchiere e sorseggio il liquido fresco con molta calma.

Per evitare di proferire parola, afferro il bicchiere e sorseggio il liquido fresco con molta calma

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Questo momento di quiete viene interrotto dal mio telefono, che inizia a vibrare sul tavolino.
Lo afferro e guardo il display, dove noto l’arrivo di un messaggio.
Lo leggo: Mi piace il tuo spirito vendicativo, Collins.
Strabuzzo gli occhi: è Caleb.

Nell’istante in cui visualizzo il mio cognome, mi arriva anche una foto da parte sua, dove ci siamo raffigurati io e Bryce seduti a fare conversazione.

Mi volto velocemente nella direzione in cui è stata fotografata -il tutto sotto gli occhi sconcertati del mio nuovo amico, sempre se così si possa definire- ma non trovo nessuno, se non un tavolino vuoto.
Di rimando, gli scrivo: Sai Stonewall, a casa mia c’è un detto: chi si fa i cazzi suoi campa cent’anni.

Caleb

La risposta di Alexandra non tarda ad arrivare.
Appena lo visualizzo scoppio a ridere.
È proprio una ragazza buffa.

Con tutta la calma del mondo cammino di nuovo verso il campo da calcio, sapendo già che vi troverò Jude: aspetterà che sua sorella Celia finisca di pulire lo spogliatoio, per poi ritornare a casa.

Arrivato lo trovo seduto sulla panchina, con del ghiaccio sui molteplici lividi, ormai viola.
‘Wow Sharp, che bella cera che hai.’
Lui in tutta risposta mi lancia un’occhiataccia, visibilmente scocciato.
‘Vattene Caleb.’

Trattengo le risate mordendomi la lingua. È anche divertente vederlo così, in questo stato.

‘Quella ragazza ti ha mandato in pappa il cervello. Non eri così sensibile, prima; avevi la scorza dura, uno che si portava a letto quasi la prima che capitava sotto il naso.’
'Stai zitto! Lei mi perdonerà, ne sono fermamente convinto.’
Non resisto: inizio a ridere di gusto, trattenendomi la pancia con le mani, e appena mi calmo, parlo: ‘Questa è una cazzata bella e buona Jude, peccato che lei ti abbia già rimpiazzato. Ci è già passata sopra in due secondi. Adesso é in ottima compagnia, amico.'
Per confermare le mie parole, prendo il telefono dalla tasca anteriore dei jeans, lo accendo, e gli mostro la foto scattata al bar, raffigurante l’attaccante dei Fire Dragons e la ragazzina.

L'espressione del rasta muta, diventando arrabbiata.
Cerca di parlare, ma richiude subito la bocca. Le sue mani si stringono in due pugni.
‘Bhe, ho fatto il mio dovere. Ci si vede.’

Mi alzo, stiracchiandomi, per poi continuare la mia strada e autocompiacermi del mio eccellente lavoro

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Mi alzo, stiracchiandomi, per poi continuare la mia strada e autocompiacermi del mio eccellente lavoro.

Spazio Autrice

Ciao a Tutti! Spero che questo capitolo vi piaccia!
Che ne pensate dell'arrivo di Bryce?
Secondo voi, cosa faranno i nostri due amati protagonisti?
Fatemelo sapere nei commenti♡

Poli opposti - Jude SharpOù les histoires vivent. Découvrez maintenant