Capitolo 12

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I've gotta learn how to love without you, I've gotta carry my cross without you, stuck in a riddle and I'm just about to figure it out without you".

Nei miei , relativamente pochi, anni di vita, mai avevo immaginato che mi sarei realmente trovata su un aereo, completamente sola, ad andare a chilometri di distanza da casa mia. Come mai, nemmeno nei sogni più simili a quello che stavo vivendo, mi ero immaginata di sentirmi in questo modo. Spersa, disorientata. Avevo lasciato alle spalle una vita intera, le persone di una vita, per andare via con tre ragazze che non sono mai state il mio tipo di ragazze. La più bionda delle tre fumava allegramente, esattamente sotto il cartello che diceva "vietato fumare", Ashley scriveva freneticamente sul telefono, e dalla sua espressione maliziosa, non ero sicura di voler scoprire che tipo di conversazione stesse avendo. L' altra mia amica, era sparita più o meno un ora prima, per andare chissà dove con chissà chi. E poi c'era quella ragazza, seduta sul sedile numero cinquantasei, che osservava le sue amiche chiedendosi se avesse fatto la scelta giusta, se lasciare tutto indietro fosse davvero stata la soluzione migliore. O se ce ne fosse stata un'altra, magari altre mille. Mano a mano che si allontanava dal suo paese, quella ragazza pensava a tutto ciò che aveva fatto in quei, sempre relativamente pochi anni; a tutte quelle persone che aveva deluso, a tutte quelle discussioni che con un po' meno di testardaggine avrebbe potuto evitare, e a quelle scelte prese che non erano state in alcun modo geniali. Quella ragazza, potevo garantirlo, si sentiva estremamente stupida.

«Vorrei che questi finestrini si potessero aprire. Inizio a sentirmi nervosa». Ashley si lamentò muovendosi a disagio sul sedile. Eravamo riuscite a rimediare – rubare – tre biglietti per la prima classe. Non avevo mai viaggiato in così tanto splendore, l'unica altra volta in cui presi l'aereo ero con i miei fratelli, e avendo deciso di andare all'avventura, prenotammo il viaggio il giorno prima di partire e ci ritrovammo su un elicottero che spacciavano per aereo sul quale come altri passeggeri vi erano animali strani simili ad opossum. Invece ci ritrovavamo lì, sedute con le gambe su un altro sedile blu, un tavolino in mezzo e Vanessa che tentava di fumare esattamente sotto il cartello 'vietato fumare'. «Se ti beccano ci buttano giù. Non importa se siamo a migliaia di metri di altezza». Vanessa mi rivolse il tipico sguardo di chi si ritiene più furbo, quello sguardo di superiorità che mi ero vista rivolta tante volte. «Non ti andrebbe di fare un giro stile Bungee-jumping?» Ashley si girò verso di lei tirandole uno schiaffo sul braccio. «Falla finita e posa la sigaretta. Vorrei arrivare in Florida senza denunce.»

E fu così che andò avanti il viaggio, io a guardare fuori dal finestrino, Ashley e Vanessa a dormire, una contro il finestrino e una contro la mia spalla. Mi piaceva il paesaggio che vedevo, le nubi si mischiavano al fondo blu scuro. Non avrei saputo dire se fossimo sul mare oppure fossero semplicemente le sfumature della notte. Nonostante ciò era uno dei panorami più belli che io avessi mai visto. Sebbene io non amassi né il silenzio né la scarsa compagnia , quelle ore di viaggio non mi pesarono particolarmente. Mi persi nei pensieri più e più volte, ma se qualcuno mi avesse chiesto a che cosa stessi pensando, sicuramente non sarei stata in grado di rispondergli. Restavano ancora sessanta minuti prima dell'atterraggio, e il sonno non voleva neanche pensare di arrivare. Presi la rivista della donna seduta nella fila di sedili accanto alla nostra : capelli lunghi e scuri e qualche chilo di troppo, l'aspetto di chi dalla vita si aspettava di più, dormiva pacificamente e sembrava una gattara , non credevo avrebbe potuto rendersi conto di una rivista in meno. Iniziai a sfogliarla, articoli di cronaca, qualche gossip inutile e una parte sportiva della quale non capivo assolutamente nulla.

 Distolsi lo sgaurdo dalle parole in neretto solo quando sentii degli occhi fissi su di me. Pensavo fosse solo una bizzeffa del mio subconscio, ma quando mi girai vidi un ragazzo. Non distinguevo bene i tratti del suo viso, vedevo che era pallido e che la mascella era abbastanza spigolosa, ma null'altro. Era vestito con un enorme felpone grigio, il cappuccio di esso gli copriva il capo. Riuscii a guardarlo per poco più di una manciata di secondi, il tempo di accertarmi che il suo sguardo leggermente cupo ed insistente fosse realmente rivolto verso di me, prima che lo sconosciuto si girasse e percorresse il corridoietto dell'aereo. Forse avrei dovuto pensarci su, rendermi conto che seguire uno sconosciuto abbastanza minaccioso che mi osservava in modo non esattamente simpatico non fosse una buona idea. Ma giustamente, prima che potessi pensarci su, ero già sui miei piedi e mi stavo dirigendo nella sua direzione. Avevo il cuore in gola, le gambe tremavano leggermente, ma il desiderio e la curiosità di scoprire il perché di quell'insistenza erano più forti. Non ero certa di come potessi essere sicura che quello sguardo fosse rivolto verso di me, era solo una sensazione, troppo forte per poterla ignorare.

Arrivai davanti ai bagni, la porta bianca mi separava dallo sconosciuto. Sicuramente dall'aereo non poteva essere sceso. Venni interrotta solo da una Hostess poco più grande di me, vestita elegantemente come necessario per il suo lavoro, che mi chiese se fosse tutto a posto. Ovviamente non le dissi che stavo cercando un tipo incappucciato e inquietante, anche perché avrei scatenato il panico inutilmente, almeno speravo inutilmente. Presi un profondo respiro, la mano che rilasciava dei leggeri tremiti. Poi afferrai la maniglia ed aprii il bagno. Non vidi nessuno. Entrai per controllare, non che fosse così grande da averne bisogno, ma tentai lo stesso. Nulla. Vidi solo il riflesso nello specchio. Ero stanca, avevo profonde occhiaie sotto gli occhi e i capelli parevano quelli di una squitternata. Eppure quella stanchezza che vidi riflessa non la sentivo. Fu in quell'istante che nello specchio apparve una seconda figura. Fu solo il tempo di realizzare la sua presenza che la porta del bagno venne sbattuta. Uno scatto, e provai ad aprirla. Sbattei la mano il più forte possibile, ma lo sconosciuto non sembrava avere intenzione di spostarsi. Mi domandai come fosse possibile che nessuno lo notasse. Insomma un uomo incappuciato teneva chiusa a forza la porta di un bagno, come poteva non sembrare strano? Mi allontanai prendendo un po' di rincorsa , correndo e sbattendo la porta, sprendol, con il cuore in gola. Uscendo mi ritrovai a sbattere contro la parete dell'aereo ; non ne ero certa, ma ero piuttosto sicura di star sanguinando. Una hostess mi si avvicinò un misto tra lo stranito e l'incazzato. Mi infastidii, com'era possibile che non si fossero accorti di un uomo incappucciato che mi tenev a forza chiusa in un bagno , mentre gridavo disperta , ma della mia caduta sì?

«Signorina si alzi , sta scatenando il panico tra i passeggeri.» rimproverò porgendomi un fazzoletto. Subito le rivolsi un occhiata confusa, poi portai istintivamente il fazzoletto alla fronte, macchiandolo subito di sangue. Mi alzai afferrando la mano della Hostess , e avanzai per il corridoietto. Non aveva tutti i torti, ad ogni passo che facevo occhi spaventati erano rivolti verso di me. Mi sentii in soggezione, come se fossi una sorta di pazza criminale salita per una fuga. In alcuni di essi leggevo giudizi , e diamine, non c'era nulla che odiassi di più di uno sguardo schifato rivolto verso uno sconosciuto. Arrivai al mio posto, la hostess ancora dietro di me. Vanessa si era svegliata e mi aspettava. Fu solo quando mi sedetti che la donna si allontanò da me. «Che cazzo è successo? – spostò il fazzoletto dalla fronte osservando il mio possibile trauma – Questo taglio ti lascerà una brutta crosta, ma non sembra troppo profondo, come te lo sei procurato?» Passai un dito sul taglio, sporcandomi leggermente con il mio sangue. «L'uomo incappucciato.» Vanessa strabuzzò gli occhi e mi guardò stordita.

 «l'uomo incappucciato?» sicuramente non potevo aspettarmi che mi credesse al primo colpo, ma nemmeno che fosse così scettica. Non avrei avuto motivo per inventarmi una storia del genere , ancor meno per ferirmi da sola, tanto più in viso. «Un ragazzo , o un uomo non lo so. Sembrava osservarci e allora mi sono alzata. L'ho seguito fin davanti ai bagni, poi era sparito nel nulla. Ho aperto la porta e mi ha chiuso dentro, riaprendola all'improvviso e facendomi battere la testa contro la parete.» «E nessuno ha sentito o visto niente?» «A quanto pare no. Niente di niente.» Sbuffai accasciandomi sul sedile. La bionda mi rivolse un occhiata più di pena che di dispiacere, e anche se mi dispiaceva ammetterlo , quel suo assoluto scetticismo mi fece fremere tutti i nervi. «Secondo me sei solo stanca. Oppure spaventata, o magari entrambi. Comunque dovresti dormire, magari sei una che sogna ad occhi aperti. Vedrai che appena arriveremo e ti sarai ambientata queste allucinazioni passeranno». Evitai di rispondere, consapevole che se lo avessi fatto, non sarebbero state parole carine, e cominciare in un nuovo posto litigando con le due sole persone di mia conoscenza non era esattamente il meglio del meglio. Mi accucciai su me stessa, mettendo la felpa grigia di Ashley sulle gambe per riscaldarmi un po'.

Pensai, quello che avevo vissuto non era un sogno, non poteva esserlo, l'ho visto con troppa precisione per non essere stato reale. Era tutto vero, ogni istante, ed era così limpido nella mia mente che ancora potevo provare quella stretta allo stomaco che mi fece stare male, la paura a irradiare ogni centimetro del mio corpo.

E fu così che mi addormentai, persa tra i pensieri confusionari della mia testa, mettendo un punto finale ad un capitolo della mia vita, lasciando il passato dietro, nascondendolo in un angolo indefinito della mia mente.

All Dangerous || Justin Bieber [in revisione]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora