Capitolo 1

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Sono una donna che sa cosa vuole dalla sua vita.

Chiudo la lampo della gonna, che sembra strizzarmi, senza troppe cerimonie, l'addome tonico e piatto.

Un abbigliamento elegante, ma non austero.

Mi do un'ultima occhiata allo specchio, stirando alcune pieghette creatasi sulla camicia bianca di Valentino.

In un gesto veloce, poggio gli occhiali da sole sulla testa, afferrando la borsa e le chiavi, lasciando poi la porta chiusa alle mie spalle.

L'aria di Manhattan mi colpisce a pieno, mentre mi muovo con i miei tacchi alti, alla ricerca di un taxi.

La temperatura è fredda.

Terribilmente fredda.

Accenno un sorriso al santo uomo, all'interno della scatoletta gialla, che decide di fermarsi e farmi salire.

"Dove la porto, Signorina?"

"Al New York Times." Dalla mia borsa, estraggo un mini specchio, che apro per controllare che il rossetto rosso non abbia subito alcune sbavature.

Deve essere tutto perfetto.

Oggi non posso sbagliare.

Un respiro profondo fuoriesce dalla base della gola, non appena vedo la coda interminabile di macchine, intasare New York.

Ecco, il problema di abitare in una metropoli.

Per l'ennesima volta, controllo l'ora sull'orologio al polso, cercando di frenare l'ansia.

Non posso fare tardi.

Dopo dieci minuti, le macchine sembrano tornare a scorrere. L'uomo alla guida, fischietta una canzone dei Rolling Stones, giocherellando con uno stuzzicadenti, che sbuca a uno dei due lati della sua bocca. Un cappello di una squadra di Baseball sopra la testa, e un forte odore di fritto impregnato nella sua giacca di jeans.

"Arrivati." Esclama, girandosi leggermente a guardarmi.

Non appena fuori dall'auto, mi sporgo
lasciando cadere fra le sue mani, tre banconote.

"La ringrazio, buona giornata." Mi sorride, salutandomi con un cenno.

Mi volto, trovandomi davanti uno degli edifici più imponenti e conosciuti della Grande Mela.

È indecifrabile capire quanto sia alto, ma so solo che percepisco la mia statura pari a quella di una formica, in confronto

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È indecifrabile capire quanto sia alto, ma so solo che percepisco la mia statura pari a quella di una formica, in confronto.

Il marchio The New York times spicca tra le porte scorrevoli in vetro, all'entrata, assieme a un piccolo globo disegnatovi sotto.

L'arredamento è moderno, ma piuttosto spoglio, se non fosse per qualche pianta verde, sparsa qua e là. Esattamente come si direbbe di tutti gli uffici.

Mi avvicino alla grande reception, composta da un incombente postazione, in cui spicca la figura minuta di una ragazza dagli occhiali da vista e i capelli scuri.

"Buongiorno, mi scusi, sono Alba Romero. Ho parlato con lei, per il colloquio?" Lei solleva gli occhi su di me, mormorando di aspettare a chiunque sia al telefono con lei.

"Buongiorno. Si, ha parlato con me. Piano 89, corridoio a sinistra. Aspetti nella sala comune, la faranno chiamare." Annuisco, augurandole una buona giornata, mentre lei nemmeno mi sorride, evidentemente troppo indaffarata.

Perfetto.

Ho questa sensazione addosso di essere appena entrata nella tana, non di un lupo, ma di un gruppo di lupi.

Mi addentro nell'ascensore, dalle mura cristalline, a causa del vetro.

La vista da qui, man mano che si sale, è quasi spaventosa. Sembra di trovarsi su un'attrazione di un parco divertimenti.

Non appena, il piccolo schermo segnala l'arrivo al mio piano, le porte si spalancano di fronte a me.

Sistemo la borsa contro il mio braccio. Il rumore dei miei tacchi che si imbattono contro il pavimento lucido in marmo, è l'unico suono udibile.

Corridoio a sinistra.

Davanti a me, si rivela quella che sembra essere la sala di cui mi parlava la receptionist.

Una grande pianta dalle foglie verdi, spicca al centro della stanza, su cui si avvolgono file interminabili di sedie.

Vedo altre tre ragazze sedute davanti a me.

Devono essere qui per il posto di segretaria, anche loro.

La concorrenza è spietata, e me ne accorgo quando esclamo un buongiorno e nessuno osa rispondermi.

Fanculo.

Dopo minuti che sembrano essere ore, il ticchettio della scarpe fa sì che tutte ci mettiamo sull'attenti.

Una donna da un tauiller scuro, e una spessa collana di perle al collo, fa oscillare gli occhi su dei fogli.

"Alba Romero?" Mi cerca sotto gli occhiali, facendo vagare le iridi nere tra di noi.

"Sono io." Mi alzo in piedi, cercando di darmi una parvenza autoritaria.

"Prego, venga con me. La stanno aspettando."

The New York times h.sWhere stories live. Discover now