17.

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"Ragazze!" Fermo Marta e Camilla davanti scuola, si scambiano sguardi confusi.
"Ho perso il bus e ho corso fin qui ma non è quello l'importante. Volevo chiedervi scusa per sabato."
"Scusa per cosa?" Ribatte la rossa.
"Per le scenate che ho fatto, infatti non mi ricordavo nulla. E grazie di essermi state vicine mentre vomitavo." Continuo io, poi si stringono in un abbraccio attorno a me.
"E con Luca?" Chiede questa volta Marta.
"Luca chi? Ah quel Luca. Ho chiuso." Dico a testa alta e fingendo un sorriso, ma dai loro sguardi poco convinti capisco che non se la sono bevuta.
"Eva, passerà, serve tempo. Avresti dovuto saperlo che non è uno di quei ragazzi che si perde in sentimenti inutili." Camilla mi poggia una mano sulla spalla.
"Ragazze, sto bene. Non voglio più pensare a lui. Ora entriamo."

Come se fosse semplice non pensarlo, me lo ritrovo seduto affianco dopo qualche minuto che ho preso posto.

Per tutte e cinque le ore ho fatto finta che lui non esistesse, non gli ho rivolto la parola e non l'ho guardato nemmeno per sbaglio.
La parte peggiore? Lui ha fatto la stessa cosa.

Fortunatamente domani torna mia madre.
Abbiamo avuto sempre un bel rapporto, le ho sempre raccontato dei miei problemi di cuore o problemi di amicizia, evitando di entrare nei particolari un po' più intimi.

Saprebbe cosa fare, cosa consigliarmi, anche se fa male, mi dice cosa realmente pensa e com'è la situazione vista da una terza persona.
Lì per lì è un pugno nello stomaco ascoltare certe cose da una madre, ma quando ho seguito i suoi consigli hanno sempre funzionato, anche se è stato difficile mettere un punto.

Lei non sa nulla di Luca, credo se ne sia accorta, le mamme hanno un sesto senso. Ma cosa dovrei raccontarle?
Mi sono innamorata? Non di certo, troppo in fretta.
Mi piace? Non sono più una bambina di 10 anni.
Mi è entrato in testa e basta. Sto in fissa, non so dare un nome a questa cosa.

Arrivo a casa, ma non ho fame, apro i libri e mi metto direttamente a studiare fisica, anche se non è così semplice concentrarsi sulle parole del libro.

Sobbalzo quando qualcuno bussa alla porta, mi alzo, ma vedo un bigliettino che scivola sotto la porta, mi chino per prenderlo, lo apro e ci trovo scritto "mi dispiace."
Seguito da una faccina triste.

Sorrido amaramente, apro la porta e me lo trovo davanti con una faccia dispiaciuta, ma no, sta volta non mi freghi.

Accartoccio il foglietto di carta e glielo lancio contro.
"Va' al diavolo!"
Sta per dire qualcosa ma non fa in tempo, perchè rientro in casa sbattendo la porta alle mie spalle.

Non ci posso credere, ha davvero avuto il coraggio di presentarsi con un fottuto bigliettino? Patetico.

Finalmente ho finito di studiare tra un pensiero e l'altro, alzo gli occhi sull'orologio, cazzo sono quasi le 21.

Bussano di nuovo alla porta, mio Dio basta.
Vado ad aprire infuriata, ancora non ha capito che non lo voglio vederlo?

"Luca, vaffanculo, non vo... aspe e tu saresti? Non aspetto nessuna consegna." Chiedo confusa al fattorino evidentemente imbarazzato.
"Eva Del Vecchio?" Annuisco.
"La pizza è stata già pagata, buona cena, arrivederci." Consegna la pizza tra le mie mani e se ne va.

Ancora sul ciglio della porta, apro il cartone, margherita con olive nere, scuoto la testa. Ma fa sul serio?
Noto che c'è scritto qualcosa sulla parte interna del cartone.
"Come posso farmi perdonare? Non volevo ferirti, davvero."
Sbuffo e vado a suonare alla sua porta, viene immediatamente ad aprirmi e gli mollo la pizza tra le mani.
"Fottiti, ecco cosa puoi fare." Sputo acida con un sorriso ironico, facendogli il medio con la mano.

Mentre do un morso alla mela, mi rendo conto che non sarebbe stato male accettare la pizza, però il mio orgoglio sovrasta anche la fame, strano ma vero.

Giornate come queste sono noiose e difficili da affrontare, dovrei uscire ogni tanto la sera, Camilla e Marta me lo chiedono spesso, sono io quella che declina ogni volta gli inviti.

Sono le 22 e mi trovo già nel letto, ma prospetto una lunga nottata. La mia testa non mi da pace.

Il mio sesto senso mi dice che Luca mentiva, che qualcosa l'ha provata, che in fondo non è così insensibile e menefreghista come sembra.
I suoi gesti con me sono sembrati genuini, o forse è molto bravo a fingere.

La mia testa, invece, insiste per convincermi che quelle parole siano vere, mi guardava negli occhi mentre diceva che per lui non aveva significato proprio nulla.
Forse è insensibile e menefreghista come sembra, probabilmente avrebbe voluto usare anche me come suo passatempo.

Pur se il mio sesto senso non sbaglia quasi mai, per questa volta decido di affidarmi alla mia testa, a dei ragionamenti più logici e fondati su quello che effettivamente è successo, non aggrappandosi a false speranze.

Fissarsi su dei ragazzi stronzi quanto basta da credere di poterli cambiare, è controproducente. Non siamo in un film, in un romanzo rosa.

La vita è più un thriller o un romanzo di avventura che finisce inesorabilmente con la morte. Non c'è mai un lieto fine.

La notte, per me, è la parte peggiore della giornata, è tutto così silenzioso e calmo.
Non riesco a non fare i conti con me stessa.

Non so chi sono.
Ognuno di noi indossa delle maschere in base a chi abbiamo davanti o alla situazione che stiamo affrontando.
Ma la notte, quando rimaniamo soli con noi stessi, chi siamo veramente?

Poi ci si mettono anche i ricordi a infierire, soprattutto i momenti difficili.

Ma questa volta non ho nessuno con cui parlarne, mi sento terribilmente sola.

Dimmi di noi.||CapoplazaWhere stories live. Discover now