Annuisco, pregando di non aver toccato un tasto dolente. Lei si schiarisce la voce, puntando lo sguardo altrove per una manciata di secondi.

«Ci siamo frequentati per un po', sai. Avevamo preso le cose con calma. Tre o quattro appuntamenti.» Si mantiene vaga, giocando nervosamente col tappo della bottiglia. «Mi piaceva parecchio e pensavo fosse una cosa seria. Poi sono salita a casa sua e...»Stringe le labbra in una linea sottile. La sua voce cala bruscamente e non aggiunge altro.

«Non è stato poi così... gentile e quella notte stessa mi ha mollata.» Scrolla le spalle, fermando il tremolio delle sue mani. «Poi ho scoperto che mi aveva persino bloccata su Facebook.» Si lascia scappare un risolino amaro «In realtà non voleva farmi sapere che era sposato, con due figli.»

«Che bastardo.» Stringo i denti, arricciando il viso in una smorfia. Lei annuisce, tirando su col naso.

«Mi sono sentita così sporca, usata.» Scuote il capo, ingoiando gli ultimi sorsi del suo calice senza prendere fiato — quasi singhiozzante. Subito dopo, infatti, abbassa la testa, con sguardo triste e gli occhi velati di lacrime.

D'istinto mi metto in piedi, solo per avvolgerla in un abbraccio. Mi soffermo ad inspirare il suo profumo e lei ricambia la stretta, posando il mento sulla mia spalla.

«Non sto piangendo.» Scuote il capo. «Sono triste perché il vino è finito.»

Quando scioglie la presa il suo viso si trova ad una spanna dal mio. Rallenta in prossimità delle mie labbra e devia verso la mia guancia, lasciando un delicato bacio su questa.

«Grazie.» Alza gli angoli delle labbra in un sorriso, inclinando il capo di lato.

«Per cosa?» Chiedo, confuso dalla situazione.

«Ti ricordi quella domenica mattina quando tornai a casa piangendo perché mi si era rotto il tacco delle mie scarpe preferite?» Ridacchia nervosamente. «E tu mi preparasti quella mega colazione calorica, facendo quelle pessime battute squallide — che, per inciso, non facevano ridere — e ti offristi di ripararmele?» Sorride, questa volta in modo più sentito, trasportata da un ricordo felice.

«Le avevo rotte di proposito con il corrimano delle scale.» Scrolla le spalle, continuando a ridacchiare. «In realtà piangevo per questa storia di Riccardo e non mi andava di dirlo in giro.» Tira su col naso.

«Non mi piace piangere per gli uomini, preferisco farlo per le scarpe.» Alza gli occhi al cielo scherzosamente ed io mi lascio andare ad una grassa risata. Si alza, poi, senza staccare le mie mani dalle sue e si dirige verso il frigorifero. Apre l'anta ed estrae alcune merendine. Afferra due monoporzioni e me ne porge una.

La sua viene presto privata della confezione di plastica e morde la superficie, mugolando estasiata, studiando lo strato di panna, con la copertura in cioccolato e la marmellata al centro.

«Non me ne faccio nulla degli uomini.» scuote il capo, dando un altro morso «Ho la kinder pinguì alla ciliegia.»

Reclina il capo, salterellando sul posto. Io, la mia merendina, la tengo ancora tra le mani, intatta nel suo pacchetto.

«La mangi quella?» Domanda appena scettica.

«Gwendaline, smettila.» Ringhio, vendendo la sua espressione triste e un po' delusa.

«Dici che così accumulo grasso?» domanda a capo chino, sbuffando.

«No.» Scuoto il capo, tenendo il ponte del naso tra indice e medio.

«Allora perché non posso mangiare un'altra merendina?!» Si ferma ad un paio di centimetri dal mio viso, sospirando.

«Perché...» Lascio la frase in sospiro, beandomi della sua espressione confusa. Pressa le labbra in una linea sottile ed è così carina che mi verrebbe da farle una foto ed immortalare la sua espressione. Pagherei oro per osservarla di nuovo, con le stesse rughe di espressione e le palpebre che battono in continuazione.

Ma ben presto lei si dimentica dei suoi dolcetti kinder, afferrando la mia mano e trascinandomi fuori al piccolo balcone della cucina.

«C'è la musica!» Afferma divertita, spingendomi più al centro del terrazzino. «Balliamo.» Applaude entusiasta, sorridendo.

Le mie mani si agganciano sui suoi fianchi, mentre le sue braccia attorno al mio collo. Ondeggiamo, con il fresco venticello che ci scombina i capelli, mentre la musica esce dalle casse di casa di qualche vicino.

Se non fossi così sciolto per via del vino, che comunque è nettamente inferiore rispetto alla quantità da lei ingerita, mi preoccuperei che Sidney possa rovinare l'atmosfera, interrompendo com'è suo solito fare.

La canzone è in italiano e a stento da sobrio riesco a riconoscerne le parole.

Io, a differenza sua, sono quasi astemio e per questo, nonostante la quantità assunta da entrambi sia poi diversa, forse siamo brilli allo stesso modo.

I miei palmi aperti si posizionano sui suoi fianchi, e la isso leggermente, facendole perdere il contatto con le piastrelle per una piroetta rivisitata. Ridacchia leggermente, allargando le braccia.

La sua espressione serena, dipinta sul volto, mi fa rilassare all'istante e, quando la poso a terra, lei poggia la sua testa sul mio petto e si lascia cullare dalle mie forti braccia posizionate attorno al suo corpo. Come fosse azione abituale, mi chino leggermente in più per lasciarle un bacio tra i capelli.

«Gwendaline?» domando, tenendo le mie labbra posate tra i suoi capelli.

«Si?» risponde lei con voce gracchiante, strofinando una guancia contro il mio petto, forse assonata.

«Esci con me.» Dico con una certa tranquillità, senza un briciolo di incertezza nella voce.

«È una domanda?» chiede, dopo attimi di esitazione.

«No.» Scuoto il capo, anche se non può vedermi. Pochi attimi dopo, però, si stacca per fissare il suo sguardo nel mio. Ha le sopracciglia aggrottate.

«È un ordine?» Mantiene quell'aria accigliata, giocando col tessuto della mia t-shirt.

«No.» Mi lascio andare ad un sorriso.

«Un suggerimento?» Il suo tono di voce diventa più acuto, di volta in volta, mentre cerca disperatamente di indovinare.

«No.» Le rispondo, anche questa volta.

«Ma-»

«Gwendaline?» domando ancora, incontrando il suo sguardo confuso e le guance tinte di un leggero rosso. La chioma castana disordinata e le labbra rosee e appena gonfie, per la sua mania di morderle quando pensa troppo. E nonostante si dimostri sempre così forte, così sicura di sé da far spavento, adesso appare ai miei occhi come la cosa più piccola e indifesa di questo mondo, così vulnerabile.

«Si?» Ingoia a vuoto, questa volta senza un fil di voce.

«Esci con me

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