Capitolo 13

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Isabel camminava spedita verso la classe di inglese.

Dopo che Dyana l'aveva vista con il professore, lui si era eclissato dalla sua vita. Non voleva essere ignorata, aveva paura che una persona potesse dimenticarsi di lei senza alcuno sforzo. Ostentava una sicurezza sfacciata e una vita perfetta, ma dietro le quinte crollava sotto il peso della pressione che si prova prima di andare in scena.

Il problema era il fallimento, anche il più piccolo. La faceva sentire indegna di vivere.

Isabel si impuntava sui suoi voti, sui suoi rapporti con le persone e soprattutto sul suo aspetto fisico. L'unica cosa su cui si sentiva di avere il controllo completo.

Volevano sapere perché facesse tutto quello. Cosa avrebbe dovuto rispondere? Che era una faccenda personale? Che voleva sentirsi meglio con il suo corpo, essere in forma, superare una sfida? Che amava lo sport e la sana alimentazione? Le bugie abbondavano, erano sempre le stesse, poteva riempirsi la bocca con un mucchio di frasi convincenti, snocciolare i suoi discorsi sull'importanza di una vita regolare ed equilibrata, indossando i panni di un corpo plasmato ad arte da anni di paranoie e torture.

Isabel non lo faceva per sé, non le interessava il suo aspetto esteriore, perché avrebbe dovuto? Guardarsi allo specchio e trovarsi bella a cosa sarebbe servito, se non ci fosse stato nessuno a guardarla? Senza il mondo esterno non le sarebbe importato della sua apparenza, il problema sorgeva nel momento in cui doveva relazionarsi con le persone.

La maggior parte dei suoi pensieri ruotavano attorno al cibo e alla palestra. Conosceva a memoria le calorie di ogni alimento, si pesava prima e dopo i pasti, non saltava un giorno senza dedicarsi all'attività fisica. Il suo corpo era diventato la sua prigione, ogni mattina appena sveglia si controllava minuziosamente allo specchio. Analizzava lo spessore del ventre, delle cosce, delle braccia e si infilava in vestiti di taglie più piccole, per calcolare quanti chili avrebbe dovuto perdere per raggiungere il prossimo "traguardo". Non c'era niente che non desiderasse di più di una pizza, o un gelato. A volte per la fame che provava persino del riso in bianco scondito le pareva una prelibatezza inaccessibile.

Voleva che le persone la guardassero e vedessero nella sua apparenza tutto ciò che non era. Una ragazza forte e sicura di sé, una vincente, da imitare. Era arrogante e crudele perché glielo consentiva la sua sofferenza, perché combatteva quotidianamente con il suo corpo e questo le dava il lasciapassare per giudicare gli altri. Se odiava qualcosa è perché aveva paura di vedercisi riflessa.

Aprì la porta e la richiuse un attimo dopo –Buongiorno, signor Daves-

Il professore stava sistemando alcuni fogli nella sua valigetta. Non appena vide Isabel fuggì con lo sguardo -Cosa ci fai qui? Le lezioni sono finite-

-Speravo potesse chiarirmi alcuni concetti su Shakespeare, oggi ho provato molta difficoltà a svolgere il test-

Ryan Daves rimase impassibile e la ferì. Ogni gesto di indifferenza era una lama che squarciava le tende del suo palco di finzione.

-Lo farò quando saremo tutti in classe- le passò accanto e mise la mano sul pomello della porta -Dimenticati di tutto. E' meglio per entrambi, fidati di me- e andò via

Lui fingeva che non esistesse e lei si dannava l'anima.

Ryan Daves aveva chiesto spontaneamente il trasferimento a Steeland. Aveva bisogno di tagliare i ponti con il passato e non c'era niente di meglio che una cittadina di pochi abitanti. Viveva solo, uno scapolo d'oro, aveva attirato subito l'attenzione di tutta la popolazione femminile locale. Discreto e distinto, non parlava quasi mai di sé. La sua vita si divideva tra il lavoro e l'anonima villetta bianca. Ogni fine settimana si recava alla stazione per tornare il lunedì. Neppure Isabel era riuscita ad estorcergli il segreto di dove fosse diretto.

L'affinità con la ragazza si era sviluppata dal suo arrivo, in estate, qualche tempo dopo la tragedia accaduta a Bred Lee.
Si erano visti per la prima volta il lunedì, alle sei del mattino. Il primo treno arrivava nella desolata stazione con precisione matematica, Ryan vide che seduta su una panchina c'era una ragazzetta bionda, rannicchiata su se stessa. Le lacrime ballavano sui fili di tristezza delle sue ciglia. Portava un abitino corto e bianco. Le gambe erano abbracciate da un sentiero scuro di lividi.

Sembrava che le fosse accaduta ogni disgrazia.

Le si sedette affianco, le accarezzò i capelli e le porse un fazzoletto. Fu gentile con lei senza chiederle nulla in cambio.

Naturalmente non voleva che il suo segreto fosse scoperto, aveva altri problemi a cui badare e la madre di Isabel, l'avvocatessa, era l'ultima persona contro la quale si sarebbe mai messo.

Ma quando entrambi avevano saputo che sarebbero finiti nella stessa classe, non avevano deciso di troncare il loro rapporto.

Avevano consumato due notti di passione a casa dell'uomo, con la luce soffusa dei lampioni che accarezzava il parquet della camera, le pareti che avvolgevano il segreto di quei corpi sudati e attaccati. Si afferravano con un bisogno spasmodico, cercavano nel rapporto carnale qualcosa di segreto. Isabel apriva il suo corpo come uno scrigno di tesori, Ryan la saccheggiava senza lasciare più niente, poi si scioglieva per entrare dentro di lei, per riempire il vuoto che aveva lasciato.

Avevano iniziato senza parlare, perché non volevano dirsi niente.

A volte Ryan la guardava ballare, lei lo faceva quasi sempre dopo un orgasmo. I suoi seni arrossati oscillavano ad ogni passo. I capelli svolazzavano sul suo viso concentrato. Le gambe sottili si allargavano assieme alle braccia e la mostravano nella sua interezza.

Ryan se riceveva una telefonata si alzava e cambiava stanza, rispondeva con voce bassa e ritornava da lei con un velo scuro sugli occhi. Isabel si aggrappava alle sue spalle e rideva, apriva le finestre del suo cuore e lasciava volare via le preoccupazioni.

-Ti lascerà il segno- osservava l'uomo. Voleva marchiarle il cuore per renderlo terra bruciata, portare via le ultime speranze che le erano rimaste. Perché non era una brava persona e il suo amore portava con sé solo distruzione.

Lei aveva paura di essere dimenticata; l'unica cosa che non sapeva è che lui non l'avrebbe fatto. Ogni resistenza era fasulla, un tentativo patetico fallito in partenza.

Era tra i segreti migliori che aveva, la Venere nel sistema solare dei suoi pensieri.

Esteriormente era un uomo tranquillo e posato, glaciale, immobile nella sua statica tranquillità. Nascondeva i suoi segreti come si nasconde la polvere sotto i tappeti. Ovunque andava portava scompiglio.

Un pomeriggio Isabel decise di andare da lui in macchina. Arrivò, sbatté lo sportello della vettura e si diresse verso la porta d'ingresso.. Suonò il campanello più volte.

Quando Ryan aprì e si trovò la ragazza davanti, fece per richiudere e tagliarla di nuovo fuori dalla sua vita, ma lei appoggiò un piede tra il cardine e la porta.

-Ti ho detto di andare via, di dimenticare tutto questo-

-Non voglio dimenticare niente- Isabel aprì con forza ed entrò nel salone, chiudendosi dentro

-Dyana non lo dirà a nessuno. Io quest'anno mi diplomerò e poi potremo ancora stare insieme-

-Tra noi non c'è niente, e non metto fine solo perché quella ragazza ci ha visti, è una cosa che avrei dovuto fare dall'inizio. Avrei dovuto chiedere di cambiare aula quando ti ho visto tra i miei studenti. Ora è troppo tardi, ma non per smetterla con questa storia-

-Tra noi non c'è niente?- chiese Isabel ridendo –La verità è che hai paura, sei un codardo. È la stessa paura che ti porta ad andare via ogni fine settimana. Che segreti nascondi? Oltre me, ovviamente-

-Non sono affari che ti riguardano. Devi andare via. Sei solo una ragazzina che si è presa una cotta per il suo professore. Mi sono divertito perché ne avevo voglia, ma non potevo immaginare che questa storia prendesse una piega così scomoda. Solo perché tu hai paura, non vuol dire che io sia come te- le rispose lapidario, come per mettere fine ad ogni discussione. Riaprì la porta di casa e indicò fuori.

Isabel non rispose, andò via da quella casa con la bocca chiusa. Non sarebbe finita lì. Avrebbe scoperto cosa aveva da nascondere Ryan Daves e l'avrebbe usato contro di lui.

Perché non avrebbe mai più lasciato a qualcuno la libertà di usarla e gettarla via.

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