Capitolo 36

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Nell'afosa mattina in cui si svolse il processo l'aria era satura di agitazione, premeva contro le pareti dell'aula del tribunale, sembrava infiltrarsi in ogni poro della pelle dei presenti.

La madre di Isabel guardava sua figlia seduta tra i testimoni, mentre giocava nervosamente con la penna e scambiava qualche sguardo con Ellen: si trovava a difenderla come aveva già fatto in passato col marito defunto.

Accanto ad Isabel c'erano anche Ashton e Phoenix, la madre di quest'ultimo sedeva dietro il figlio, ogni tanto gli sfiorava le spalle con la punta delle dita, come a volerlo rassicurare.

Furono esposte le accuse contro l'imputata: omicidio premeditato, con occultamento di cadavere e diffamazione contro uno dei testimoni, Phoenix Diaz, il primo chiamato a deporre.

-Come avevo già detto mesi fa, non sono stato io ad uccidere Bred Lee- esordì, avvicinando la bocca al microfono –Mio padre- posò gli occhi su Marla, a cui non aveva ancora rivelato ciò che sapeva.

-Suo padre? La prego di essere più chiaro- interruppe il giudice.

-Bred Lee ha avuto una relazione con mia madre, l'ha pagata affinché tacesse e l'ha addirittura minacciata.-

-Questa è una menzogna!- Ellen si alzò, premendo le mani sul banco di legno.

-Obiezione, signor giudice- la fermò l'avvocato.

-Obiezione accolta-

-Il teste non ha modi per provare ciò che sta dicendo.-

-E questo cos'è?- chiese Phoenix, sfilando dalla tasca dei jeans una carta: il test del DNA che provava il vincolo di parentela tra lui ed Ashton –Non stupitevi, è solo l'inizio. Se ho spacciato, è stato perché Bred Lee non mi permetteva di fare altro. Fingeva di volermi bene come un padre, di volermi riportare sulla retta via, ma era lui ad organizzare le piazze di spaccio, era lui a vincolarmi. E se ho combattuto, è stato perché prima lui, e poi sua moglie, mi hanno obbligato. Ho combattuto per tutto il tempo in cui ho scontato la mia pena, in carcere, e ho continuato anche dopo. La signora Lee minacciava di farmi anche ammazzare se non avessi continuato ad alimentare il suo business privato. E mi minacciava anche quando mi metteva le mani addosso, anche quando mi spogliava e mi chiedeva di stare nudo davanti a lei. Non mi lasciava nessuna scelta.-

Era la prima volta ce Phoenix parlava ad alta voce di ciò che gli era successo, davanti a una marea di persone che non conosceva, a suo fratello, alla ragazza che stava iniziando ad amare.

Il prossimo a parlare fu Andrew. Mantenne un sorriso calmo e rassicurante, di quelli che si addicono ai vincenti come lui -Ho aiutato io Phoenix a scappare, lo ammetto. Sapevo della retata di Bred a casa sua, sapevo che avevano trovato della droga e che lo avrebbero arrestato. Volevo evitarlo, ho agito come un amico, solo per proteggerlo. L'ho avvertito per scappare e sapevo dove sarebbe andato. Non l'ho mai creduto capace di uccidere qualcuno. È stato solo vittima delle circostanze.-

Anche Isabel fu chiamata a testimoniare, con particolare attenzione sui suoi rapporti con Bred -È giunto il momento di dire la verità, per quanto possa costarmi cara. Ero in rapporti piuttosto intimi con Bred Lee, non per mia scelta. Inizialmente si comportava da amico, diceva che mi avrebbe dato il necessario per essere indipendente. Mi propose di incontrare dei suoi conoscenti, senza nessun impegno. Qualche appuntamento galante, una compagnia piacevole durante le feste. I clienti iniziarono a chiedermi di più e a pagarmi di più. Li accontentai, ma in poco tempo mi stancai. Alcuni di loro erano invadenti, mi chiamavano ripetutamente, si appostavano sotto casa mia, rischiavo di essere scoperta. Dissi a Bred di voler smettere, ma non me lo permise. Ormai ero dentro, non potevo uscirne facilmente. Mi mise le mani addosso, volevo andarmene, ma mi minacciò. Se non lo avessi assecondato, avrebbe reso pubblico cosa facevo, avrebbe detto a tutti che ero una puttana. Mi avrebbe rovinato la vita. Mi obbligava almeno una volta a settimana ad andare a casa sua, quando né Ellen né Ashton erano presenti.-

-Conosce qualcun altro che ha dovuto subire le stesse minacce da parte del signor Lee?-

-Phoenix Diaz si trovava in una situazione simile, se non peggiore, della mia. Spacciava e si prostituiva. Non ha idea di quante donne per bene di questa città erano disposte a pagare il fior fiore dei quattrini per poter trascorrere una notte con quello che hanno additato come un mostro.-

-Può raccontare un'altra volta com'è andata l'ultima volta che ha visto il signor Lee?-

-Uno dei miei clienti era venuto sotto casa a puntarmi un coltello alla gola. Volevo che facesse qualcosa e che mi liberasse. Avrei usato anche io la carta del ricatto, avrei detto a sua moglie cosa combinava di nascosto. Ma come al solito non mi ascoltò, voleva toccarmi, spogliarmi. Persi la testa, cercai di liberarmi, ma non mi lasciava. Fuggii in cucina, presi un coltello che aveva lasciato sul tavolo e lo accoltellai. Per sfortuna, non così profondamente da ucciderlo. L'ho solo sfiorato.-

Nel tribunale risuonò un nome, detto al microfono dal giudice -Ryan Daves è chiamato a testimoniare-
Isabel si girò spalancando gli occhi. Vide Ryan sulla soglia delle porte del tribunale. L'uomo raggiunse il posto accanto ad Isabel, aveva l'aspetto di chi non dormiva da giorni.

-Può confermare la versione della teste?-

-Sì. Posso confermarlo. Dopo l'aggressione Isabel è venuta da me e ci è rimasta fino al giorno seguente.-

-Conferma che lei e Isabel Taylor eravate in rapporti intimi?- a quella domanda, la madre di Isabel spiccò un'occhiata indiavolata alla figlia.

-Confermo- gli occhi di Ryan si posarono su una donna che stava in piedi, vicino alle porte di ingresso del tribunale. Sua moglie. Era bella e giovane, alta e distinta, indossava un vestito nero semplice e non aveva neppure un gioiello, i capelli bruni erano distribuiti in due liste sul petto e la frangetta le oscurava gli occhi pieni di delusione.

Furono interrogati altri testimoni, donne e uomini che potevano parlare liberamente delle angherie dei coniugi Lee. Persone ridotte all'osso, costrette a pagare le tariffe di strozzini, pizzi e tacere ad ogni domanda.

Finalmente, dopo circa due ore, si giunse ad Ellen.

La donna era in piedi, premeva le mani sul legno, gli occhi chiari erano assottigliati ed emanavano lampi di odio. Seppur stesse affondando, sembrava ancora perfettamente in grado di tenersi in piedi.

-Ellen Lee, lei è accusata dell'omicidio di Bred Lee, come si dichiara?-

-Non colpevole- stringeva i denti e fissava Frank, seduto tra il pubblico -E avrò piacere di raccontarvi tutto ciò che è successo quella notte. Una volta e per tutte.-

Se la regina di cuori doveva cadere, l'intero castello di carte sarebbe crollato con lei.

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