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Alle 5:30 del mattino, Alice ed Henry erano già in aeroporto. Ronnie non era con loro, preferirono non portarlo, decidendo di lasciarlo per qualche settimana con Caleb, poi sarebbe arrivato Vincent se il viaggio dei due si fosse prolungato. Entrambi non avevano idea di quanto tempo sarebbe durato, il loro programma di partenza era di stare a Derry almeno cinque giorni, ma viste le condizioni cominciarono a dubitare che sarebbero bastati, quindi decisero di prolungare la permanenza. Henry, in realtà, non era molto sicuro che sarebbe resistito così a lungo. Tornare nella città dove tutti lo avevano odiato e dove lui odiava tutti. Durante il volo ne parlarono, Alice lo rassicurò: anche se la gente rimasta lì era sempre quella, la stessa di ventisette anni prima, lui non era più così. C'erano tratti del suo carattere che erano cambiati, altri invece erano rimasti immutati. Questo non l'aveva affatto spaventata, aveva accettato che lui fosse così, irrequieto e scontroso, ma anche attento alle esigenze del figlio. Da quando era nato Ronnie, Henry fece un ulteriore cambiamento: il bambino lo aveva reso decisamente più docile, era un padre pieno di attenzioni, anche se a volte alzava un po' la voce, ma cercava di non usare la violenza fisica con lui. Alice aveva istruito bene il piccolo a non far arrabbiare il padre e ad obbedire quando gli veniva detto qualcosa, senza esitare.

Ronnie era un bambino allegro, vivace e curioso, come la madre, ma adorava il suo papà. Ronnie adorava tutta la sua famiglia, nonostante non sapesse nulla del burrascoso passato dei genitori. A Ronnie non importava, il suo papà e la sua mamma erano magnifici così come li conosceva lui. Henry era incredulo, erano sei anni che aveva quel piccoletto in giro per casa e quasi sempre sotto gli occhi, ed anche quando combinava qualche guaio, cercava di contare fino a dieci prima di dire o fare qualsiasi cosa. Andava insieme al parco, giocavano insieme, ascoltavano molta musica rock insieme ed Henry si divertiva a vederlo cantare a squarciagola mentre improvvisava schitarrate mimate con l'uso di una scopa. Era un padre, semplicemente un padre. Eppure ancora non se ne capacitava.

«Non devi preoccuparti, sarà un viaggio. E torneremo a casa, a Los Angeles.» gli ripeteva in tutta calma Alice.

«Vorrei essere rilassato quanto lo sei tu Aly, ma forse hai dimenticato chi ero io fino a ventisette anni fa...»

«Un sedicenne scalmanato, con una situazione familiare disastrosa e che ha combinato solo casini.»

«Appunto. Serve dire altro?»

«Sì, io non sono d'accordo con te. Henry anche io ero un'adolescente con le proprie insicurezze.»

«Vorrei essere stato quello che eri tu, non un assassino. Se oggi sono fuori è grazie a te, e Victor e Reginald...»

«Era un periodo difficile per tutti a Derry, Henry. Tu sei stato una vittima delle circostanze.»

«Avrei ammazzato quei sette perdenti anche senza essere una vittima delle circostanze.»

«E li ammazzeresti anche ora?»

Henry ci pensò su un momento, tamburellando le dita sul tavolino posto sul retro del sedile di fronte a lui.

«Non ci ho più pensato, onestamente...ma non subito. Solo da quando abbiamo avuto Ronnie.»

«Oh! Avere una famiglia allora non è male.» disse Alice, sorridendogli.

«Forse, se l'avessi avuta anche prima, sarebbe stato meglio. Non avrei fatto quello che ho fatto.»

Alice poggiò la propria mano su quella di Henry, stringendola con dolcezza.

«Era in passato, Henry. Ora devi andare avanti, dobbiamo andare avanti. Tornare a Derry significa anche questo. Gli errori servono ad imparare.»

«Hanno determinato la persona che sono, in parte.»

«In parte, appunto. Devi essere forte, dobbiamo esserlo. Per Ronnie.»

Ronnie era il motore della nostra vita da sei anni, ma io questo, nell'estate del 1989, non potevo neanche lontanamente immaginarlo. Ero troppo immatura, troppo impulsiva, troppo poco riflessiva. Agivo d'istinto, non avevo il controllo di certe cose, quindi non sapevo come sarebbe andata; ma volevo agire! Volevo andare avanti, come ho sempre fatto.

Ho pero così tanto, ma quello che avevo con me volevo tenerlo accanto a me, e l'unico modo per farlo era affrontare le mie paure, i miei sbagli e magari imparare qualcosa: a fidarmi, prima di tutto. Non di chiunque, ma di me stessa. Per quanti dubbi potessi avere, io, a muso duro, non ho mai mollato. E spesso era difficile, troppo. Ma andavo avanti, perché sapevo che potevo avere di meglio.

E ora che era madre ed aveva un figlio, un bambino tutto suo, meraviglioso, lo era ancora di più. Nessuno dei due ha avuto una madre, Alice per pochissimo tempo, per Henry è come se non ci fosse mai stata. Quindi decisero di concentrare tutte le loro forze sul piccolo Ronnie, e se fosse successo, perché no, avere anche un altro figlio.

Atterrati a Derry, ad andare a prenderli fu Reginald. Abbracciò molto forte entrambi, lui ed Henry si scambiarono un paio di pacche sulla spalla, consumando il loro saluto in fragorose risate di sincera gioia, la gioia di rivedersi dopo tanto tempo. L'ultima volta fu quando lui e Victor presero parte al matrimonio dei due, in qualità di testimoni. Non riuscirono ad assistere alla nascita del bambino.

Reginald non era cambiato moltissimo, di stazza sempre robusto, indossava una camicia a quadrettoni e un paio di jeans. Henry lo guardò per un momento e gli sembrò di avere di fronte quel ragazzone che già ai tempi si faceva notare per questo suo aspetto più maturo rispetto agli altri suoi coetanei.

«Da quanto tempo ragazzi! Ma il piccoletto non è con voi? Non vedo l'ora di conoscere il mio "nipotino".»

«Dovrai aspettare ancora qualche anno, però ci siamo noi!» rise Henry.

«Ronnie è con mio fratello Caleb ora, prometto che la prossima volta ce lo porteremo dietro.» annuì Alice, raggiante.

«Quella canaglia di Victor dov'è? Non è ancora arrivato?» chiese Henry.

«Arriverà domattina, oggi aveva ancora delle cose da finire.»

«Da quando è in tour non si ferma un secondo.»

La sera si riunirono a casa di Belch, aveva acquistato una piccola casetta poco fuori Derry, in una zona di campagna, piuttosto tranquilla. Possedeva un piccolo orto dove piantare diversi ortaggi e qualche albero di frutta, ed una capannina dove riponeva gli attrezzi da lavoro. La casa aveva diverse stanze: al piano terra, la cucina e la zona giorno erano unite, c'era un bagno e un ripostiglio, al piano superiore c'era una stanza da letto vuota, occupata per lo più da alcune valigie, lì si sarebbero sistemati Henry e Alice. Di rimpetto c'era la camera di Belch, più piccola e con una sedia posta sotto la finestra. Infine un bagno. Era una casa perfetta per lui che viveva per conto suo, da solo.

Stettero tutta la sera a parlare, delle loro vite dopo Derry, del loro lavoro, della famiglia, del più e del meno in generale. E quando Belch chiese come mai i due erano tornati a Derry, a parte la riunione tra amici, Alice si limitò a dire che lei ed Henry volevano rivedere un'ultima volta le loro ex abitazioni. Dopo l'estate del 1989 le loro vite presero pieghe diverse, per alcuni fu una svolta definitiva, per altri non cambiò nulla, e per altri ancora...rimase tutto avvolto nel mistero.

«Ma poi, che fine ha fatto Hockstetter?»

«Patrick Hockstetter? Quel tipo inquietante che ogni tanto ci tiravamo dietro? Beh...Patrick...»


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In questo periodo così incerto e a tratti ostile, ho immaginato un Eddie super ipocondriaco andare nel panico per la diffusione del Coronavirus e all'improvviso Pennywise che spunta e gli urla (mostruosamente) di #RESTAREACASA! con sua madre che fa lo stesso, ma terrorizzata peggio del figlio.

Quindi facciamo i bravi, che è pure diminuito l'inquinamento ambientale.




"Like lambs to a slaughter..." | IT - 2 0 1 7Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora