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«Com'è andata oggi, sorellina?» 

Caleb, uno dei suoi fratelli, era rientrato prima quel pomeriggio. Il giorno successivo un'altra settimana di scuola sarebbe terminata, poi ci sarebbero state le vacanze di Natale. 

«Bene. Domani sarà l'ultimo giorno e poi ci saranno le vacanze.» disse Alice, stesa sul divano del salotto di casa, sulle gambe poggiava un libro. 

Quando non studiava o non era impegnata in altre faccende, Alice dedicava un paio d'ore alla lettura, un paio d'ore se non un intero pomeriggio. A Derry non aveva amici, conosceva alcune ragazze, ma non ci si era mai immischiata. Anzi, con le ragazze sentiva di riuscire a condividere poco e niente. L'unica sua amica più vicina era una ragazza di nome Brianna. 

«Cosa leggi?» chiese di nuovo Caleb mentre apriva le ante della credenza posta sul lavello della cucina, tirando fuori un bicchiere e lo posandolo sul tavolo, prese un liquore dal colore scuro e ne versò un po' dentro. 

«Caleb, ancora? Lo sai che papà non vuole tu beva il suo liq-» 

«Andiamo! È un goccio...» rispose lui, alzando svogliatamente il braccio per sorseggiare l'alcolica bevanda che lasciava penetrare il suo forte odore nelle narici di Caleb, bruciandogli appena in gola.  «Piuttosto, Natale come ce lo passiamo? Stiamo qua o si scende giù da papà?» 

Alice mollò subito il libro che stava leggendo, voltandosi di scatto verso di lui 

«Papà non sale nemmeno quest'anno?». 

Seguì un lungo silenzio. Il padre di Alice, Walter Taylor, non tornava a casa da quel non troppo lontano 1986, da quando Alice aveva compiuto dodici anni. Quell'anno successero molte cose... non belle né tantomeno buone. Caleb ci mise un po' per riprendere a parlare con la sorella, quell'argomento era ormai un tasto dolente e il loro dolore era unanime. Quando Caleb fu sul punto di parlare ecco che si aprì la porta. 

«Siamo tutti qui?» era Vincent, il maggiore dei tre fratelli.

«Vins! Cosa significa che papà non torna per Natale?» chiese Alice, quella domanda quasi lo fece trasalire. 

«Ancora non metto piede in questa casa e tu già-» 

«Non dire altro.» Alice scattò in piedi, rimise le scarpe ed il cappotto e uscì fuori di casa, lasciando che la porta sbattesse alle sue spalle. 

Nessuno dei due fratelli intervenne per trattenerla, si aspettavano quel tipo di reazione.

Camminò veloce, portandosi da qualche parte. Dove non lo sapeva, l'importante era andare. Man mano che avanzava ed accelerava sempre di più la camminata, il fiato cominciò a diventarle sempre più corto, il vento gelido le tagliava la faccia, era come se tanti pezzi di vetro le scalfissero il viso. Quel freddo la penetrava fin dentro le ossa, ma nessuna lastra ghiacciata poteva essere paragonata a quello che stava provando e non era nemmeno l'inizio. Si fermò davanti alla vetrina di un negozio di giocattoli, c'era una bambina dentro con una donna. La sua mamma. Rideva, alzava le braccia e cercava le attenzioni di quella donna. Alice era là fuori, là davanti quella vetrina, ferma ad osservare la scena. La madre alla fine prese in braccio la bambina, la baciò e sorridendole le parlò, prima di allungare una mano verso il bancone e prendere qualcosa. La neve stava scendendo lenta dalle fumose nuvole del cielo bianco.



23 dicembre 1988

Finalmente le lezioni erano giunte al termine per quella parte del semestre e le vacanze natalizie stavano per avere inizio: in genere erano pochi i docenti a tenere una vera e propria lezione, quel giorno soltanto l'insegnante di letteratura inglese spiegò l'ultima parte del programma su cui avrebbero fatto una verifica subito dopo il rientro. Alice quel giorno non prestò molta attenzione alla lezione, i suoi occhi, anche se posati sull'insegnante, erano in realtà molto lontani da lì come la sua mente. La notizia del giorno prima l'aveva sconvolta. Il Natale precedente fu abbastanza triste e cupo, un giorno di festa freddo e spento. Suo padre era rimasto in Florida, disse ai figli che non poteva assentarsi dal lavoro, ma era una scusa ed Alice lo sapeva. Non aveva ribattuto era rimasta in silenzio senza contestare. Al telefono aveva semplicemente annuito, rispondendo a monosillabi. L'estate precedente fu abbastanza per tutti loro, quell'estate fu la peggiore, perché Alice non sapeva cos'era in agguato e cosa avrebbe potuto spezzare l'equilibrio familiare. E quel che non sapeva, è che mentre lei era lontana, persa nei suoi ricordi, Henry Bowers la fissava. La campanella era suonata da un po', tutti erano usciti fuori dall'aula, tutti tranne lei. Henry la guardava stando fermo sull'uscio della porta. 

«Vuoi passarlo qui il Natale?» chiese, ma il suo tono non era scherzoso e nemmeno la sua faccia comunicava altrettanto. 

Alice si alzò, rimise i quaderni nella sua borsa e prima di uscire si fermò qualche secondo di fronte ad Henry. I suoi occhi erano stanchi e lucidi. Lo sorpassò, uscendo dall'aula e dirigendosi verso la porta per uscire fuori dalla scuola. Henry, quello sguardo, non se lo sarebbe scordato, erano gli occhi che ogni giorno dovevano fare i conti con qualcosa che non le dava tranquillità ed erano gli stessi a comunicargli che non era il solo a passare un inferno ogni giorno della sua vita. Peccato che nessuno dei due sapesse dell'altro, almeno, non più del dovuto. Di Henry tutti sapevano che suo padre era pazzo e che obbligava il figlio a sbrigare i lavori di campagna e non soltanto quando ce n'era bisogno; che prendeva botte ogni volta che veniva rimandato nelle materie scolastiche perché così non poteva aiutarlo dato che la sua presenza era richiesta lì. Prima di andare definitivamente via, Alice si voltò ancora una volta a guardarlo, lui era ancora lì inerme. 

«Vuoi passarlo qui il Natale?» urlò lei dall'altro capo dell'ampio vano. 

Henry avrebbe voluto dirle che il Natale per lui non esisteva più e che non era mai esistito, che non sapeva cos'era e qualunque altro giorno della propria vita se lo sarebbe passato meglio ovunque, tranne che a casa sua. Avrebbe riassunto tutto nell'unica parola che gli veniva in mente: vaffanculo! 

"Like lambs to a slaughter..." | IT - 2 0 1 7Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora