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Come il giorno prima delle vacanze di Natale... se la sarebbero passati lì.

                                                                                       A scuola.

Alice era seduta al terzo banco dell'ultima fila a sinistra, con la schiena schiacciata contro il muro. Metà fronte era coperta dall'ombra proiettata dalle veneziane che coprivano i vetri delle finestre, l'altra metà era lievemente illuminata dal sole pomeridiano che ancora non assumeva le clade ed intense sfumature di rosso. Due file dopo la sua, la terza e penultima fila, al quinto ed ultimo banco era seduto Henry. Erano entrambi in punizione, ma per motivi differenti; si sarebbero trattenuti un'ora in più sotto la vigilanza del loro insegnante intento a riordinare le verifiche svolte qualche giorno prima: alzava di tanto in tanto gli occhi, scuotendo la testa, mentre l'indice ed il pollice trattenevo una biro rossa che scorreva piano lungo ogni foglio, compiendo poi rapidi scatti per segnare i voti su ciascuno di questi. Ritto su se stesso e con la borsa già riempita dei fogli, guardò un'ultima volta i due ragazzi prima di congedarsi fuori dall'aula. Qualche minuto dopo lasciarono la scuola anche loro due. Nessuna di quelle verifiche avrebbe presentato risultati particolarmente brillanti. Al consiglio di classe, inoltre, molti dei professori erano decisi a bocciare Henry, eccetto alcuni che proponevano di farlo intrattenere ai corsi estivi per il semplice gusto di avere notizie del padre che, saputo il rimando in almeno tre materie del figlio, avrebbe dato di matto. Per quanto riguardava la situazione di Alice, quell'anno stava andando piuttosto bene, la sua media scolastica non era particolarmente alta, ma era certa che non ci sarebbe stata una bocciatura in arrivo e nemmeno corsi estivi da seguire. La sua condotta, però, correva il rischio di essere compromessa dopo quella punizione: quel giorno ebbe un acceso diverbio con una delle sue insegnanti, rea di aver contestato una poesia scritta dalla ragazza di fronte ad altri docenti. Era per un compito a casa, scrivere una poesia sul tema dei defunti. Ad Alice l'idea non esaltava affatto, temeva che ci avrebbe messo tanto di suo, aveva paura di esporre sentimenti che fino ad allora preferiva tenere per sé soltanto. Quella volta, seppur titubante, folle fidarsi e provò a buttare giù qualche strofa. Il risultato fu che la sua insegnante non trovò lugubre la poesia scritta dall'alunna, ma quei versi le sembravano talmente ben scritti e così profondi che stentata a credere fossero suoi, ribadendo come fosse andata l'anno precedente e che allora era già stato sufficiente constatare che "l'alunna si impegna soltanto quando le va" e che "ci sono tanti altri ragazzi nella sua stessa situazione e comunque portano avanti i loro obiettivi". Alice si sentì mortificata, umiliata e delusa da quell'atteggiamento così superficiale e insensato. Avrebbe lasciato correre se non fosse che la stessa docente quell'atteggiamento lo riprese poi in classe nei giorni a venire, dipingendo il ritratto di una ragazza presuntuosa e spigolosa... "con cui è difficile trattare" avrebbe poi detto. Un'altra rogna? L'insegnante di letteratura era anche la stessa che insegnava storia ed era conosciuta per avere il pallino della memoria all'Olocausto, oltre che essere rigorosamente cattolica praticante.

«Giuro che prima o poi te le buco le ruote dell'auto...» sibilò a denti stretti Alice, in quella mattina piovosa di fine gennaio. 

«Vuoi una mano?» chiese Henry sotto voce, proteso leggermente in avanti. 

Alice non si girò a guardarlo, ma tese un braccio all'indietro con la mano aperta, Henry ci batté la sua sopra per conferma, mentre era occupato a masticare una Brooklyn. La docente lo riprese e lo invitò ad andare a buttare il chewing-gum nel cestino. Henry si finse ubbidiente e, intanto che gli altri ragazzi segnavano i compiti sulle loro agende, si abbassò leggermente. Patrick si alzò dalla sua sedia, picchiettò le dita sulla spalla di Alice indicandole poi di guardare davanti a sé: Henry stava appiccicando la gomma da masticare sotto la suola della scarpa della docente e, meravigliandosi di sé stesso, ci riuscì con un'agilità tale da non far accorgere l'insegnante di nulla. Alice gli avrebbe poi lasciato un bigliettino di carta con su scritto che (lui) sapeva fare di meglio che lasciarle da gomma da masticare sotto la scarpa, Henry replicò sullo stesso pezzo di carta, affermando che non ci teneva a passare un'altra ora in classe. Bowers cominciava a farsi andare a genio quella ragazza, ora gli permetteva anche di copiare quando riusciva, facendogli raggiungere a poco a poco la sufficienza.

Le giornate proseguivano senza che succedesse niente di particolare, ad eccezione dei comuni episodi scolastici che ormai avevano sfondi di trama abbastanza noti.

"Like lambs to a slaughter..." | IT - 2 0 1 7Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora