Capitolo 18: Un singhiozzo

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L'aria è gelida ed io sto davvero cercando, con tutto il mio cuore, di non piangere distesa su questa panchina. Sono ore che vago nel vuoto, sperando di trovare un rifugio per i senzatetto.
Sento una goccia finirmi sulla fronte, poi un'altra sul naso e poi sui vestiti.
Sta ricominciando a piovere.
Mi rimetto in piedi e cammino fino ad un piccolo viale coperto. Mi siedo a terra con la schiena appoggiata al muro e mi scappa un singhiozzo.
Anche due.
Sto piangendo a dirotto, mentre fuori il cielo piove come me.
Ho paura di dormire, paura che qualcuno mi faccia del male.
Mi asciugo le lacrime con la manica della felpa e ripenso a tutte le notti che davo per scontate, passate nel mio letto. Al caldo, sotto le coperte.
Ma tutto questo è accaduto solo ed esclusivamente per causa mia.

Tiro fuori un libro dal mio zaino e tiro su col naso. Con ancora qualche singhiozzo in gola e gli occhi rossi e gonfi, ancora lucidi, inizio a leggere.

Non so di preciso quando ha smesso di piovere. Né quando quell'uccellino ha iniziato a cantare. Tantomeno so quando è tornato il giorno.
So solo che ho finito di leggere questo libro, e che puzzo.
Rimetto le mie cose nello zaino e mi alzo in piedi. Vedo un uomo vestito di arancione spazzare delle foglie per terra, mentre ascolta qualcosa da delle cuffie nere.
Vorrei anche io ascoltare della musica.
Mi avvicino a lui e gli picchietto una spalla. Lui si gira sconvolto e fa un balzo indietro.

Sono così brutta?

«Scusi, saprebbe dirmi che ore sono?»
Guarda il suo orologio. «Le sette e zero uno. Ma stai bene, ragazzina?»
«Sì, grazie. Sono tornata tardi da una festa.» fingo una risata che non viene ricambiata.

Ed anzi, questo tipo strano mi sta fissando in malo modo. È parecchio inquietante.

«Te lo richiederò: stai bene, ragazzina? Hai due occhiaie da paura e gli occhi gonfi.»
«Gliel'ho detto, ero ad una festa. Non ho dormito quasi nulla a causa della musica. E ho pianto perché ho litigato con il mio ragazzo, ma adesso è tutto a posto.» sforzo un sorriso.

Il tipo sembra credere al mio teatrino, e riprende a spazzare via le foglie.

«Allontanati da questa zona, ragazzina. Se è pericolosa di mattina, non la puoi immaginare la notte.»

Io credo di sì.

«Grazie. Arrivederci.»
«Ciao.» mormora.

Cammino ed esco dal viale.
Alzo gli occhi al cielo e vedo l'alba.
È sul punto di spegnersi, ma rimane bella lo stesso.
Rimango ferma con il viso alzato.
Sorrido lievemente nel vedere i colori sopra la mia testa, mischiati alle nuvole ancora piene di pioggia.
Pioverà di nuovo.
Mentre osservo il paesaggio, mi chiedo se sia davvero giusto abbandonare tale bellezza per tornare a Phoenix.

La risposta è no.
Voglio rimanere qui, e guardarmi altre mille albe californiane.
Non tornerò al passato.
Non voglio più sentir parlare di Phoenix.
Sono rinata, ed ho finalmente l'opportunità di costruirmi la vita che voglio.

Il primo passo consiste nell'accettare di essere completamente sola.
Il secondo è capire che non è così male starsene con solamente la propria compagnia.

Sono giunta fino a qui, tanto vale continuare.
Non abbandonerò di certo adesso.
Non mi è mai piaciuto lasciare le cose a metà. E non cadrò di certo ora.
Ma se dovesse capitarmi di trovarmi stesa a terra, allora guarderò da lì l'alba.

Tra quattro ore mi presenterò al mio primo giorno di lavoro. Indosserò la mia nuova uniforme e servirò tavoli fino a quando non sentirò più le gambe.
Perché ho deciso che, da oggi, non mi fa più paura un cazzo.

~~~
Che ne pensate? Amanda è cazzuta, ma ancora avete visto e conosciuto poco di lei... Come vi sta sembrando la storia? Scusate se aggiorno poco ma sono, sul serio, sempre impegnata. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi ringrazio ancora per aver letto. Un bacio.

Alessia

B-234 (in pausa)Where stories live. Discover now