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Amore.

Louis non era certo di sapere cosa fosse quel grande sentimento. L'ultima cosa che glielo aveva ricordato era avvenuta l'anno prima, quando accanto a lui viveva ancora Clara.

Clara era una giovane donna, finita in manicomio ingiustamente. Solo perché aveva una fidanzata.

Era diventata sua amica, ma non l'aveva mai vista in faccia. Parlava con lei attraverso il muro, per passarsi il tempo. Ma poi un giorno decisero di portarla nella sala per esperimenti.

Lei chiese alle guardie se poteva stringere la mano di Louis tramite la fessura della porta, e loro accettarono! Per la prima ed ultima volta si toccarono, e Louis si sentì a casa. Clara gli fece scivolare nella mano un quadratino di cioccolata e disse:

«È per addolcire anche i momenti più bui.»

Non la vide mai più, ma il sapore del cioccolato gli rimase in bocca per giorni, lasciandolo nuotare nella malinconia. E quello fu il momento in cui si sentì amato. L'unico.

Ma c'è un'altra parola, in qualche modo collegata all'amore: il desiderio.

Louis non ne aveva mai sentito parlare e, innocente com'era, tutti credevano fosse meglio non incasinargli la testa ancora di più.

Eppure, nonostante quello strano ragazzo avvolto dalla nebbiolina fosse davanti a lui da meno di due minuti, Louis aveva potuto constatare che bramava il suo tocco come nient'altro al mondo.

E il peggio era che non sapeva quello che stava provando, non sapeva nulla.

L'essere spettrale gli sorrise con un ghigno malizioso quando vide che non piangeva più, ma che invece lo osservava incuriosito.

Gli si avvicinò gattonando sul letto.

Louis indietreggiò insicuro fino alla parete, e quando si accorse di non potere più scappare, emise un rantolo disperato.

Nel frattempo, quel misterioso ragazzo avanzava sicuro come una pantera che studia la preda, e non appena fu a pochi centimetri dal volto di Louis, sorrise con tanto di fossette.

«Cosa vuoi da me?»

Chiese Louis, ora molto più tranquillo rispetto a prima. Il riccio si leccò le labbra carnose e assunse un'espressione compiaciuta.

«Diciamo che... voglio un compagno di giochi.»

Rispose, con una marea di secondi fini che tutti avrebbero facilmente tradotto. Tutti tranne Louis, che lo prese alla lettera.

«Che giochi hai a casa tua? Io qua ho solo dei pastelli per disegnare sui muri!»

L'altro rimase per un attimo confuso: possibile che non avesse capito quello che aveva detto? Preferì non correggerlo, e mandò avanti la commedia:

«Ho dei giochi bellissimi. Puzzle, bambole, cavalli a dondolo...»

Louis sorrise d'istinto, molto eccitato all'idea di avere un cavallo a dondolo per fingersi Cowboy.

«Portami con te! Qua non si sta bene...»

Lo spirito ancora non identificato, lo guardò di sottecchi ma usò un tono preoccupato:

«Mmh...qualcosa mi dice che nemmeno tu stai tanto bene. Hai la febbre?»

Louis scosse la testa e gli rispose, con una risata terrificante:

«Sento le voci!»

A quelle parole, l'altro cominciò seriamente ad agitarsi.

«In che senso? Dove ci troviamo, esattamente?»

La voce tenera di Louis risultò forse troppo inadatta a pronunciare:

«In un manicomio, che domande.»

Lo spettro si alzò dal letto e iniziò a camminare avanti e indietro, in ansia, dicendo frasi di cui Louis non capiva il senso.

«Ecco perché ci ho messo tanto a trovarti... e tutti quegli spiriti che mi hanno intralciato? Saranno le tue voci, sicuramente.»

Il ragazzino non si chiese come mai la creatura volesse trovarlo, ma decise comunque di ribattere:

«Impossibile! Le mie voci sono reali, non sono fantasmini!»

Il riccio si fermò ad assimilare la cosa.

«Sei proprio sicuro che siano reali, Louis?»

Il giovane lo guardò con una faccina adorabile ma confusa allo stesso tempo:

«Conosci il mio nome. Te l'hanno detto loro?»

L'altro negò con forza, quindi ritornò a sedersi sul letto e gli prese le mani fredde con le sue più calde. Potevi avere difficoltà a distinguere il vivo dal morto.

«Loro, le tue voci, non esistono. Non ci sono veramente per te. Devi capirlo.»

Louis piegò la testa di lato e chiese, senza nessuna paura:

«E tu sei vero oppure mi stai ingannando? Mi vuoi fregare! Tu non esisti, giusto?»

Stava alzando la voce sempre di più, come un bimbo che si altera perché ha scoperto i suoi genitori mettergli i regali sotto l'albero.

Il fantasma, almeno credo che potremmo chiamarlo così, esitò a rispondere. Ma poi vide quegli occhioni blu inondarsi di lacrime e subito rispose:

«Certo! Sono vero come questo posto!»

Louis sospirò di sollievo.

Non si fece molte domande quando l'altro lo prese delicatamente per un polso e gli mostrò cosa c'era sempre stato sotto al suo letto. Un buco dall'aria profonda, e dal quale usciva un odore pungente ma accattivante.

«È l'entrata per il mio mondo. Vuoi venire con me? Abbandona tutte queste persone cattive.»

Il riccio gli tese la mano, guardandolo con una certa sicurezza in sé.

Louis non ebbe dubbi e la afferrò con velocità. Ma prima di tutto chiese:

«Dove stiamo andando?»

«Preferisco non dirlo, ma eccoti servito: nel regno degli incubi.»

Il piccoletto sgranò gli occhi e commentò:

«Tu vieni da lì?! Ma se sei tanto dolce e per nulla spaventoso!»

Le ultime parole che lo spettro disse prima di tuffarsi nel vuoto assieme a lui, furono le seguenti:

«È perché non mi hai mai visto arrabbiato, dolcezza.»

NIGHTMARE (H.S. & L.T.)Where stories live. Discover now