꧁𖢻Trentasettesimo capitolo𖢻꧂

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Attesi che mia sorella si svegliasse

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Attesi che mia sorella si svegliasse. Erano già le sette e mezza e io dovevo lavorare. Parlai con Siria, raccontandole tutto e naturalmente neanche lei mi risparmiò la paternale. E la accettai, perché in lei vedevo davvero la mia figura materna.

«Cosa devo fare con te? Ti devo davvero rinchiudere nel Diamond? »

«Su mamma, dai» la canzonai. Averla però chiamata mamma mi aveva scaldato il cuore.

«E Olympia? »

«Suppongo si debba svegliare a breve. Posso portarla a lavoro? »

Ci fu una pausa, sicuramente stava riflettendo sui rischi. Ciò che il suo hotel offriva era qualcosa di vagamente illegale in Italia ed era solo grazie alla riservatezza e alle amicizie giuste se Siria poteva continuare il suo lavoro. Motivo per cui portare un'estranea che non sarebbe stata né una cliente, né una probabile dipendente era rischioso.

«Se mi prometti di tenerla d'occhio va bene» accondiscese.

«Certo Siria, tranquilla».

La sentii sbuffare, i miei "tranquilla" la preoccupavano sempre.

Avrei portato Olympia nel mio mondo, ma senza presentarglielo davvero.Avevo bisogno che qualcuno la tenesse d'occhio e tutti i miei amici stavano lavorando.

La vidi rialzarsi dal mio letto alle otto e un quarto. Biascicava e lefaceva male la testa, ma non fu sufficiente a salvarla dalla miarabbia.

«Sei scema o cosa? » le domandai a braccia conserte sulla soglia della porta.

«Per favore, fammi almeno riprendere conoscenza».

«Colcazzo. Hai rischiato il coma etilico stamattina».

I suoi occhi verdi come i miei mi puntano disorientati, cercando un po'di conforto. E naturalmente non ne trovò.

«Ti è sembrato normale finirmi tutte le bottiglie di whiskey? Hai ideadi quanto costassero? »

«Non mi sembra tu abbia problemi di soldi» si mise a sedere e si tenne stretta la testa. Le faceva male, ben le stava.

«No ovvio» sospirai. Cercai di calmarmi e mi sedetti sul letto con lei.«Capisco il bisogno di ubriacarsi, ma non devi far del male a te stessa più di quanto lui non te ne abbia già fatto».

I suoi occhi erano lucidi. «Non volevo bere così tanto. Ma un sorso dopo l'altro ho iniziato a perdere lucidità».

Sospirai ancora, le accarezzai il capo e l'abbracciai. «Non devi temere più niente. Ha avuto quel che meritava e una mia amica sta cercando di cancellare i video dai server. È tutto a posto».

Olympia iniziò a piangere, stringendosi a me. «Lo amavo... Lui è stato l'unico con cui l'ho fatto, l'unico di cui mi fidassi».

Vedendo da un punto di vista esterno, mia sorella sembrava la classica ragazzaccia sesso droga e rock'n roll. E invece aveva mantenuto una morale migliore della mia.

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