꧁𖢻Ventiquattresimo capitolo𖢻꧂

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Il padre di Elia e la sua mogliettina devota erano in vacanza all'estero, così io e il mio splendido fidanzato avevamo approfittato della loro assenza per poterci rilassare nella loro enorme piscina

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Il padre di Elia e la sua mogliettina devota erano in vacanza all'estero, così io e il mio splendido fidanzato avevamo approfittato della loro assenza per poterci rilassare nella loro enorme piscina. Avrei preferito passare una notte al mare sulle coste liguri, ma dovevamo stare attenti ai paparazzi. A quanto pare Elia non era ancora libero dal mirino del gossip. Quella stronza di Alheit continuava a sfornare pianti e interviste in merito al loro rapporto concluso da quando lui aveva confessato di stare con un'altra persona.
Giuro che non ero stata io a costringerlo a non dichiararsi impegnato pubblicamente.

Secondo la versione di quella dolce donna io ero solo un modo di Elia per ferirla: "infondo l'amore che c'è stato tra noi è troppo profondo per finire davvero." Aveva detto così alle telecamere tedesche. E io avevo una voglia matta di prenderla a pugni.
Per fortuna nessuno aveva ancora scoperto che questa nuova donna fossi io.

Aveva perfino riavuto, non si sa come, il numero di Elia. Lo aveva contattato in anonimo, lui aveva risposto e avevano iniziato a litigare in tedesco. Ero stufa del modo in cui continuava a ronzargli intorno, mi ricordava terribilmente Anastasia, così decisi di prendere io in mano il telefono. Non avrebbe capito nulla del mio italiano, ma le dissi ugualmente di andare a farsi fottere.

«Penso che abbia comunque recepito il messaggio» dissi ad Elia chiudendo il telefono.

«Lo spero davvero. Mi piace, però, quando fai la gelosa» sussurrò sulla mia bocca prima di sovrastarmi e farmi sua ancora. Alla faccia di Alheit.

E sembrò che per i giorni successivi si fosse arresa.

Ci eravamo goduti qualche giorno nella piscina, facendo l'amore nell'acqua rischiando di essere scorti dai domestici del padre. Ma quella situazione si era rivelata ancora più eccitante. E, dalle nostre labbra, erano sfuggiti un sacco di "ti amo".
E cazzo se lo amavo;lo amavo così tanto che stavo valutando la possibilità di lasciare il Diamond e la mia carriera.

Quel pomeriggio aveva deciso lui di accompagnarmi a lavoro. Guidava la sua Kia cercando di evitare di guardare il mio corpo che lo provocava in ogni modo.

«Dai accosta un attimo... Non ti avrò per un'intera notte...» gli dicevo infilandogli la mano tra i capelli, accarezzandogli il collo sensualmente.

«Sono le diciannove e un quarto. Alle venti devo essere in ospedale per il turno notturno. Non posso andarci troppo stanco» mi ricordò. I suoi occhi incontrarono i miei, e tornarono sulla strada con riluttanza.

Vederlo guidare era talmente sexy che mi stavo eccitando davvero. Elia mi rendeva più ninfomane di quanto non lo fossi già.

Avevo una mini gonna in jeans e scarpe con un discreto tacco. Le allargai cercando di aumentare il suo desiderio, ma senza risultato. Lui era intenzionato a non farci tardare ai rispettivi lavori. Decisi così di passare al piano B. Eravamo quasi al Diamond.

Mi passai le dita tra le gambe scostando il tanga e mi riempii dei miei umori. Prima che lui potesse mettere la mano sul cambio io vi poggiai sopra la mia. Lo vidi sussultare quando avvertì l'umido sulla mia pelle. Si morse il labbro.

«Allora riesci a porre rimedio a questa grave perdita di liquidi, dottore? »

«Bisogna effettivamente compiere un drenaggio» mi assecondò. Avevo vinto.

Entrammo nel garage del Diamond e io gli indicai una zona nascosta del parcheggio, abbastanza appartata e gli saltai addosso.

«Dottore, la sua cura deve essere molto profonda».

«Ho in mente il catetere giusto da usare... » mi provocò mentre si slacciava i pantaloni.

«Uuuh... Allora lo usi in fretta» mi scostai il tanga e lo lasciai entrare.

Le sue mani mi tenevano saldamente per i fianchi accompagnandomi nei movimenti, la sua bocca tentava di catturare ogni mio gemito, e io mi lasciavo andare su di lui come sempre. Arresa alle sue mani che mi tiravano i capelli per farmi rallentare, chinare la testa all'indietro e lasciargli il collo alla sua mercé. Abbandonata alla sua forza che ci imponeva nuovamente il ritmo dei suoi affondi.

Il mio telefono iniziò a squillare e io tentai di ignorarlo, ma la macchina sobbalzava così la borsa cadde dal sedile rovesciando il suo contenuto a terra. Tra cui il mio telefono.

«Siria non è il tuo capo? » mi domandò rallentando le spinte che mi stavano portando ancora in un altro mondo.

«Eh? Sì, credo. Ora non mi interessa» ripresi a baciarlo con foga, supplicandolo di continuare. Ma lui non sembrava volermi assecondare.

«Ti stava chiamando Sara... Non è che ci hanno sentiti? »

In effetti Elia aveva ragione, eravamo pur sempre nel garage del Diamond. Ma, dopotutto, qui si veniva per scopare, al massimo avrebbero visto qualcosa senza dover pagare.

«Dio, la odio.Quando mi cerca lei sono sempre catastrofi».

Cercando di non farlo uscire da dentro di me, mi sporsi a prendere il telefono. Mentre ricomposi il numero di Siria ricominciai a muovermi sopra Elia, sospirando silenziosamente. Il mio capo iniziava a stressarmi troppo.

«Sara, ti sto disturbando? » mi domandò con tono sarcastico, un'intonazione che usava quando era conscia che avessi cercato di ignorarla.

«Uh no... Stavo solo cercando di godermi il mio fidanzato».

Vidi Elia arrossire per l'imbarazzo, non era abituato ad un linguaggio così privo di veli.

«Sì, lo vedo».

Sentii un brivido percorrermi la schiena. Mi stava vedendo? Osservai le pareti scure dell'anfratto del garage dove ci eravamo imboscati e notai una lucina rossa. Telecamere...

«Sei una spiona».

«Se tu evitassi di fare tanta confusione...» fu lasciva, ma per nulla arrabbiata.«Ascolta Tesoro, quando hai finito e sarai presentabile, vorrei vederti nel mio ufficio. Mi è stata data una proposta lavorativa per te e vorrei che ne discutessimo».

Sospirai e accettai. Ancora venti minuti e sarei stata da lei.

«Si è arrabbiata?» mi domandò sconvolto.

«Pff» sbuffai. «No, ovvio. Non ti preoccupare. Avrà usato questo garage più volte di quelle che potrebbe dichiarare. Vuole solo vedermi per parlarmi di...» mi bloccai un attimo. Voleva parlarmi di lavoro, di qualche proposta certamente inerente al mio lavoro mistress. «Di qualche cambio di turno».

«Io non voglio ci siano problemi...» protestò quando ripresi a muovermi su di lui, a baciargli il collo per fargli tornare quel desiderio che Siria aveva interrotto.

«Smettila di preoccuparti...» gli dissi. E finalmente concludemmo quel sesso pre lavoro che meritavamo.

 E finalmente concludemmo quel sesso pre lavoro che meritavamo

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