꧁𖢻Ventiduesimo capitolo𖢻꧂

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Eravamo arrivati a metà Luglio

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Eravamo arrivati a metà Luglio. Io ero sormontata di lavoro e le occasioni per vedere Elia erano davvero ridotte. Ci sentivamo tramite qualche chiamata, o qualche messaggio. E in questo modo io avevo sempre più tempo per pensare a quella donna che lui aveva amato per tre anni. Si erano lasciati solo da un anno e il dubbio che provasse ancora qualcosa per lei mi corrodeva.

Era martedì, mi aspettava la solita sessione con Anastasia e le sue paranoie sussurrate mentre le mie mani scorrevano sul suo corpo perfetto. Avevo appena indossato l'abito che lei adorava, di un blu setoso che avvolgeva il mio corpo in maniera perfetta. Mi intrecciai i capelli in una morbida treccia che posava sulla spalla e quando aprii la porta mi ritrovai Pier davanti.

«Potevi anche bussare, sai? » gli dissi.

«Stavo per farlo».

«Sei qui per dirmi qualcosa? »

Pier non aveva preso bene la mia storia con Elia, avrei quasi osato dire che fosse geloso. Eppure entrambi stavamo cercando di tirare avanti la nostra amicizia il più possibile. Ci volevamo davvero bene in fondo.

«Ho visto Anastasia parlare in privato con Siria. Qualcosa mi dice che sta tramando qualcosa».

Alzai un sopracciglio. Anastasia aveva trovato altre idee per stressarmi?

«Magari è solo andata a pagarla di persona» realizzai. E lui fece solo un'alzata di spalle, aveva preferito dirmelo di persona.

«Sei davvero felice con lui? » mi chiese all'improvviso, inchiodandomi con quei suoi occhi azzurri che erano così familiari per me.

«Certo, Pier. Amo Elia».

Abbassò appena lo sguardo, sorridendo. «Ne sono felice» Le sue braccia corsero ad abbracciarmi, mi baciò la fronte e mi sussurrò «Digli che se osa farti soffrire dovrà vedersela con me. E non sarò morbido come lo sono stato con quel tipo, quel Claudio».

«Grazie, davvero».

Pier era un vero amico per me. Mi era sempre stato vicino e confortato quando subivo l'invidia delle mie colleghe Mistress o di alcuni Master.

Ricordo quando lo vidi la prima volta, ero stata assunta da appena qualche settimana e già ero molto richiesta dai clienti nonostante avessi solo diciannove anni, se non lavoravo preferivo starmene in disparte nella mia suite affiancata a slave 24/7, ovvero persone che ormai erano schiavi ogni ora di ogni giorno. Mia madre mi aveva cacciata di casa e Siria aveva detto che potevo considerare la suite casa mia.

Sentii bussare alla porta, ero intenta a guardare le foto di alcuni giocattoli sessuali interessanti che non vedevo l'ora di sperimentare e quel suono mi fece sobbalzare.

«Vai a vedere chi è» dissi al mio schiavo, senza spostarmi dalla poltrona. Avere uno schiavo era divertente, ma a lungo andare la cosa mi stancò. Non mi andava di badare anche a lui. Non ricordo quale fosse il suo vero nome, io lo chiamavo semplicemente "Cagna" e la cosa glielo faceva restare dritto per ore. Quando diventava troppo bisognoso di cure lo legavo alla parete, gli azionavo un vibratore nel deretano e lo lasciavo a contorcersi nell'angolo. Era un ragazzo mingherlino,completamente sottomesso ed era raro che gli parlassi come se fosse un vero essere umano. E a lui sembrava non importare di avere quel tipo di rapporto con me. Voleva solo essere il mio slave.

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