꧁𖢻Ventesimo capitolo𖢻꧂

1.3K 26 0
                                    

Era domenica

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Era domenica. Quel mese avevo guadagnato cinquantamila euro contando anche i ventimila della vincita con Pier. Avevo prelevato i soldi che passavo alla mia famiglia il giorno prima, e solo dopo ero andata a lavoro.

Ero sotto la mia vecchia casa, avevo il numero di telefono di Olimpia davanti agli occhi.
Scesi dalla macchina, entrai nel portone e feci entrare la busta con i tremila euro sotto la porta di casa. E dopo ne feci scivolare un'altra con la scritta "Olimpia" sopra.

Avevo deciso di spendere i ventimila euro di Pier per farle un regalo. Avevo chiesto a Francesca, la segretaria personale di Siria e nonché aker di fiducia estrema, di indagare su mia sorella e scoprire se avesse mai affrontato un viaggio. Lei amava viaggiare esattamente come me, ma preferiva posti più tranquilli dei miei.
Scoprii che con Teresa, la sua migliore amica, aveva visitato un po' tutta l'Europa. Ricordavo però che lei, almeno quando era piccola, desiderava ardentemente raggiungere New York, ma evidentemente non c'era riuscita in quegli anni.

Avevo deciso di farle quel regalo. Dentro c'erano due biglietti aerei per lei e Teresa, venti giorni di Hotel a cinque stelle e un assegno da cinquemila euro. Naturalmente avevo aggiunto "di tasca mia" il resto, ma non mi importava. Speravo solo che il regalo fosse gradito.

Accarezzai la porta quasi sovrappensiero e corsi in macchina.

Feci un lunghissimo respiro che mi congelò l'esofago e iniziai a far squillare il telefono di mia sorella. Le dita mi tremavano attorno al telefono.

«Pronto? » sentii dall'altra parte dell'apparecchio. La voce di mia sorella non sembrava cambiata quasi per niente.

«Ciao Olimpia, sono Sara...» mi era costato davvero tanto dirlo.
E il silenzio che ci fu dopo mi fece scoppiare il cuore nel petto. Avevo gli occhi puntati al balcone storico dove guardavo mio padre affacciarsi e sperai che lei comparisse senza che glielo chiedessi.

«Sasa, sei davvero tu? » la voce sembrava incrinata, che stesse piangendo? Io sicuramente lo stavo per fare. Mi aveva chiamata "Sasa" il nomignolo che usava quando era piccola e non riusciva a pronunciare la "r" correttamente. Respirai a fondo, non dovevo piangere. Non dovevo.

Cosa potevo dirle? Avevo la mente vuota e la bocca secca.

«Sì...» dissi e lasciai che le parole mi sfuggissero da sole dalle labbra. «Elia mi ha dato il tuo numero».

«Aspetta che scendo!» mi disse euforica, ma io la fermai subito. Non ero ancora pronta a vederla o a parlarle di persona.

«No, esci solo sul balcone o io andrò via».

«Per favore non puoi chiedermelo... Voglio vederti».

Le sue parole mi stavano soffocando, perciò immaginai che averla di persona davanti sarebbe stato più nefasto. «Non mi far pentire di averti contattata». Avevo comprato una nuova sim e un nuovo telefono da venti euro solo per far sì che lei avesse un posto esclusivo su cui contattarmi e in quel momento l'idea mi fece entrare nel panico.

Ci fu silenzio, poi la vidi spuntare sul balcone. Il suo viso era triste, riuscivo a vederlo anche se eravamo lontane. E la cosa già così mi stava ferendo molto.

«Perché mi respingi? » mi domandò supplicante. «Io non so cosa ti abbia fatto, però ti chiedo scusa...»

Iniziai a piangere,il magone alla gola mi stava soffocando. Lei mi stava chiedendo scusa, mi stava chiedendo scusa nonostante fossi stata io a sparire, io a sbagliate.

«Sono io che dovrei chiederti perdono» ammisi. «Ma per adesso non me la sento ancora di incontrarti. Cerca di capirmi Olimpia...»

«No che non ti capisco! » era esplosa. «Io non so cosa ti abbia fatto di cosìgrave, ma ti prego... Ti prego torna a casa. Mi manchi tantissimo».

«Non posso» abbassai il viso. «Non posso e non voglio. Ascoltami, non ho molto tempo. Ti ho lasciato un regalo di compleanno, anche se sarà tra venti giorni. Spero ti piaccia... Non sei mai andata a New York così ti ho pagato tutto e ti ho lasciato anche un assegno da cinquemila...» non mi lasciò finire la frase.

«Credi di comprarmi con i soldi Sara? Ogni anno da quando sei via mi regali qualcosa. La macchina, la moto, tutte cose che mi servono fino ad un certo punto. Ma ciò che davvero vorrei per il mio compleanno tu me la neghi!» mi aggredì.

«Perdonami Olimpia,ma non sono ancora pronta» le dissi dandole un'altra occhiata. Cercai di impedire alle labbra di contrarsi in una smorfia disperata, accesi la macchina e partii.

 Cercai di impedire alle labbra di contrarsi in una smorfia disperata, accesi la macchina e partii

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
DiamondDove le storie prendono vita. Scoprilo ora