Capitolo XII - Ti amo

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Levi posteggiò con maestria, lasciando esterrefatto il castano; una volta spenta la macchina, però, temporeggiò a slacciare la cintura, guadagnandosi sguardi interrogativi da parte del passeggero.
«Non scendiamo, professore?», chiese immediatamente il ragazzo, impaziente di scoprire dove era stato condotto.
Levi, in tutta risposta, aprì la mano in sua direzione, come in attesa di ricevere qualcosa.
Eren lo guardò interrogativo: cosa doveva dargli? Il cellulare, i soldi, la sua vita?
«Prima di entrare, Jaeger, dammi quello schifo che ti porti sempre dietro», sentenziò il più grande, indicando con l'indice della mano il rigonfiamento posto nel lato sinistro della sua nuova giacca: le sigarette.
«D'accordo, d'accordo... ecco a lei, le tenga pure», si lamentò il castano, una volta chiarito ogni suo dubbio, riponendo l'oggetto tanto detestato nella mano del professore, approfittandone per sfiorarla.
«Grazie», disse solamente, canzonandolo con il tono di voce, per poi aprire il finestrino e gettare il pacchetto fuori, nella più completa oscurità, slacciandosi la cintura di sicurezza.
«Ehi! Io quelle le compro, mica me le regalano!», protestò Eren ulteriormente, frustrato, consapevole però di non poter fare più nulla per riaverle.
L'idea di andarle a cercare con la torcia del telefono gli passò per la mente ma, consapevole di non essere abbastanza disperato per sopportare una tale umiliazione, scartò immediatamente l'idea.

Solo una volta scesi dalla macchina, Levi ebbe modo di osservare il ragazzo con attenzione: i suoi lineamenti, ancora ruvidi e incerti, dovuti alla giovane età, rendevano il suo viso splendido, illuminato dai due fari verde smeraldo incastonati in quel volto peccaminoso. Era vestito in modo semplice, ma ciò non sminuiva la sua bellezza: profumava di amore, di proibito; il suo fisico, asciutto e compatto, non troppo muscoloso, si intravedeva attraverso la maglietta nera, per sfortuna del corvino abbastanza attillata da farlo ardere di passione. Il suo cuore perse un battito quando Eren, soggetto a tutte quelle attenzioni, si voltò in sua direzione e gli sorrise nuovamente, invitandolo a raggiungerlo.
Il ristorante che gli si parava di fronte era molto rinomato e, a differenza delle strade che si dovevano percorrere per raggiungerlo, incredibilmente luminoso; la posizione poco strategica, insieme alla fascia di prezzo medio-alta del ristorante, fungeva da perfetto pesticida verso i giovani, e spesso più problematici, clienti.
«Buonasera, signori. Un tavolo per due?», chiese un cameriere, lasciando che scegliessero un posto di loro gradimento.
E mentre Levi rifletteva su quale fosse il più appartato, sperando di trovare un po' di pace e tranquillità, Eren ringraziava mentalmente i suoi amici per avergli regalato dei soldi, la sera precedente.
Una volta accomodatisi, i due rimasero a fissarsi, nel più completo imbarazzo, in silenzio. Lo sguardo indifferente di Levi non tradiva alcuna emozione, mentre quello di Eren sembrava quasi star urlando in cerca di aiuto.
Eppure aveva sempre immaginato situazioni del genere: le ripercorreva nella sua mente, studiandone i dettagli, escogitando strategie e costruendo le migliori risposte ad ogni genere di domanda.
Ma non si era di certo preparato al silenzio; deciso quindi a smorzare la tensione, fu il primo dei due a parlare.
«Professore, io...»
«Buonasera signori, scusate l'interruzione; ecco qui i menù. Se doveste avere bisogno di qualche delucidazione, sarò a vostra completa disposizione», recitò solennemente il cameriere, per poi allontanarsi; era evidentemente molto esperto: aveva ammaliato il più giovane dei due, che lo fissava con occhi carichi di curiosità anche dopo che se n'era andato. Questo comportamento non sfuggì al corvino che, sentendo una morsa stretta all'altezza dello stomaco, si infastidì non poco: desiderava essere al centro dell'attenzione, avere Eren solo per sé. Se il suo orgoglio e le convenzioni sociali non glielo avessero impedito, avrebbe urlato contro lo Jaeger di guardarlo, parlargli, diventare suo per sempre.
«Ha visto quanti piatti riesce a portare nelle braccia?», chiese il castano, ancora ingenuamente stupito, «non andavo a mangiare fuori in un posto così da anni!»
La gelosia di Levi scemó velocemente, permettendogli di abbozzare quel che sembrava un ghigno divertito: sì, Eren era ancora giovane, ma non abbastanza da potersi permettere di sembrare un bambino...
«Jaeger, c'è qualcosa che non mangi?», chiese cautamente l'Ackerman, deciso a prendere l'ordinazione per entrambi. Non voleva che il più piccolo si sentisse limitato dai prezzi dei vari piatti scritti nel menù, quindi lo avrebbe colto di sorpresa, approfittandone anche per conoscere qualcosa in più sul suo conto.
«No, no, mangio tutto», balbettò il castano, consapevole del fatto che, anche se fosse stato molto schizzinoso con il cibo, non lo avrebbe mai rivelato al professore in un momento del genere.
Levi - a quelle parole - richiamò l'attenzione del cameriere, facendolo avvicinare, per poi ordinare il menù degustazione classico, accompagnato da del buon vino bianco.
«Questo, signori, è il Colomba Platino Duca di Salaparuta, un vino bianco siciliano IGT prodotto con la migliore selezione di uve Inzolia. È caratterizzato per le sue straordinarie doti di fragranza e intensità aromatica e per la sua fresca armonia di sapori», spiegò il cameriere, mentre riempiva i loro calici, riponendo subito dopo la bottiglia sul tavolo.
Eren non riuscì a stupirsi, stavolta, dell'abilità del cameriere, troppo preso a fissare Levi con sguardo sconcertato; aveva deciso tutto da solo, sia il cibo che le bevande.
Da un lato ne fu profondamente felice, ma dall'altro si sentì in completa difficoltà, non essendo abituato a cene tanto costose e seriose. Una volta che il cameriere si allontanò, inspirò profondamente, pronto a lamentarsi e rimproverarlo. Tutto il coraggio che aveva minuziosamente raccolto nella sua gabbia toracica, però, si dissolse magicamente una volta incontrati gli occhi del suo amato.
«Allora...», iniziò il castano, indeciso su cosa dire, «...cosa mi sono perso oggi, a scuola?»
Eren fu sul punto di colpirsi da solo: spinto dall'imbarazzo, aveva tirato fuori un argomento comune, giornaliero, abituale; eppure in quel momento la cosa non fece altro che ricordargli la loro posizione, quella che li teneva separati e che, probabilmente, avrebbe continuato a farlo.
Levi, nel frattempo, lo squadrava con occhi colmi di curiosità: il ragazzo, in quel momento, sembrava perso e quasi pentito della sua domanda. Il corvino si stupì di essere riuscito a leggere dentro di lui così facilmente, quasi fosse un libro aperto.
«Niente di che... era tutto silenzioso e calmo. Dovresti assentarti più spesso, Jaeger», lo pizzicò il maggiore, portando il ragazzo a gonfiare le guance in segno di disapprovazione.
Fisicamente era un adulto; ma, dentro di sé, nascondeva ancora l'animo di un fanciullo.
«Non si preoccupi, dopo gli esami le assicuro che le mancherà questo bel faccino!», gli rispose a tono, scatenando l'ennesimo battibecco tra i due.
Entrambi recuperarono velocemente la calma, però, quando arrivarono i primi piatti: sashimi di ricciola con salsa ponzu, temaki di alice marinata in alga nori accompagnata da una ricotta di bufala aromatizzata al wasabi, rosso dell'uovo su sashimi di calamaro sfrangiato, carne marinata con la salsa di soia accompagnata da funghi di ferla freschi trifolati.
I due mangiarono a sazietà, rivolgendosi qualche breve sguardo e chiacchierando del più e del meno: il cibo, per fortuna, riuscì a metterli a loro agio, aprendoli al dialogo.
Eren gustava ogni piatto come fosse l'ultimo pasto della sua vita: inghiottiva ogni boccone con eleganza nascondendo, però, le urla di gioia che avrebbe voluto condividere con tutti i clienti presenti in quel ristorante.
«Grazie professore, è tutto perfetto», si complimentò lo Jaeger, accrescendo l'ego del suo interlocutore. Di certo sarebbe stato un compleanno indimenticabile, il più bello della sua vita.
«Non ringraziarmi, Jaeger, è il tuo compleanno, anche se non ancora per molto», gli fece notare il corvino, constatando l'orario: era già quasi mezzanotte, segno del fatto che, quel giorno, sarebbe presto finito.
Questa consapevolezza rabbuiò lo sguardo di Eren, che fino a quel momento aveva sprizzato gioia da tutti i pori come mai in vita sua; la paura che tutto quello potesse svanire, da un momento all'altro, si faceva strada dentro di lui. Si immaginò a casa, immerso nel letto e coperto fino alla testa con le lenzuola, cercando di dimenticare quella splendida serata e di tornare alla vita apatica di sempre.
«Professore, in effetti non so molto di lei... è sposato, single o vive ancora a scrocco con i suoi?», chiese Eren, ironico, senza pensare minimamente alle sue parole, spinto da una forza ignota. Voleva prolungare la serata, parlare con lui, conoscerlo meglio: nonostante da anonimo gli avesse già posto quella domanda, finse di non conoscerne la risposta, cercando di non colpevolizzarsi per essere stato così diretto.
E mentre veniva loro servita una sfera di cioccolato bianco, ricoperta da una crema al mango, Levi ebbe il tempo di pensare ad una risposta soddisfacente. Voleva aprirsi a lui, scoprire tutto del castano e farsi conoscere a sua volta.
«Vivo da solo, moccioso. Ti racconterei la mia storia, ma ti passerebbe l'appetito», rispose ironico l'Ackerman, scoprendo solo in quel momento che l'impresa non era facile come immaginava. Avrebbe tanto voluto parlargli di sua madre, della sua infanzia e adolescenza, ma cosa poteva importare ad Eren? E perché il suo orgoglio gli impediva di prendere l'aria necessaria per narrare il suo passato?
«Se se la sente, la ascolto volentieri», rispose immediatamente il castano, forse con un po' troppa irruenza, finendo di mangiare velocemente il suo dolce, prendendo in parola Levi, «adesso non può passarmi l'appetito».
Il corvino fu piacevolmente sorpreso dalla reazione del ragazzo: era come se non vedesse l'ora di abbattere la corazza del professore, ormai fin troppo spessa, che gli impediva di respirare e lo soffocava lentamente. Eren stava picchiettando dolcemente su di essa, cercando di incrinarla. E, quando riuscì a creare uno spiraglio e a far entrare un po' di luce, l'Ackerman se ne sentì profondamente spaventato.
Era giusto raccontarsi così, seduti nel tavolo di un ristorante, sapendo che chiunque avrebbe potuto ascoltare?
Levi voleva che la loro relazione fosse qualcosa di speciale, da custodire gelosamente, proteggere ad ogni costo. No, non era quello il momento.
«Magari, un giorno lo farò», iniziò a parlare, deludendo le aspettative dello Jaeger, «quando tu mi racconterai la verità su di te e perché ti tormenti tanto».
Sapeva di pretendere anche troppo dal più piccolo: come poteva rivelargli i suoi segreti, se Levi non si era aperto neanche un po' a lui? Evitò di preoccuparsi, fissando con un ghigno il viso di Eren contorcersi dalla rabbia.
«Lei ha proprio un caratteraccio, lo sa?»

Se solo tu mi amassi || Ereri 〜 Riren #Wattys2019Where stories live. Discover now