Capitolo I - Haiku e musica

3.5K 231 221
                                    

Ansia, euforia, frustrazione, gelosia, imbarazzo, malinconia, nostalgia, paura, pessimismo, piacere, pianto, rimorso, rimpianto, speranza, timidezza, tristezza, vergogna, vizio.
Eren stava provando tutte queste emozioni contemporaneamente, con il dito sospeso sul tasto d'invio.
- Buon pomeriggio, Levi -
Non aveva il coraggio di mandarlo; non appena avvicinava il dito sullo schermo del telefono, preso da un improvviso moto di coraggio, immediatamente lo ritraeva.
Aveva fatto tanto per avere un nuovo numero e per trovare quello del professore... non poteva di certo chiederlo direttamente a lui o alla segreteria!
Il professore Levi era un uomo molto intelligente, per cui - al minimo errore - sarebbe stato subito smascherato. E lo Jaeger non poteva permettere che questo accadesse.
Così, conoscendo le sue scarse doti furtive, aveva chiesto l'aiuto di Armin; il biondo era infatti riuscito a trovare dei vecchi moduli d'iscrizione online ad un corso tenuto proprio dal professor Ackerman, dove erano presenti la sua email e il suo numero di telefono. Negli anni poteva averlo cambiato, ma almeno era un inizio. In più, se nella vita quotidiana era meticoloso e preciso come a scuola, non si sarebbe mai preso la briga di cambiare numero. O almeno, questo era quello che Eren continuava a ripetersi, tentando di infondersi sicurezza.
Il castano sbuffò un po' di fumo dalla bocca, riportando la sigaretta alle labbra; era sul balconcino della sua stanza, appoggiato con le braccia sulla ringhiera e il telefono sospeso a mezz'aria. Doveva farlo, aveva aspettato anche fin troppo.
Finalmente sul messaggio comparve la prima spunta grigia; il messaggio era stato inviato.
Eren inspirò nuovamente la nicotina presente nella sigaretta, come se potesse realmente calmarlo. Sapeva che non era così, infatti non era un fumatore accanito, ma aveva preso - anche se in piccola parte - quell'odioso vizio.
Eppure lo faceva sentire meglio. Non solo affrontava le cose in modo diverso, ma era anche la sua unica compagna durante la giornata: mentre lavava i piatti, subito dopo aver cenato, quando non riusciva a dormire, dopo la sua corsa mattutina, durante l'intervallo, dopo il club di musica. Era l'unica cosa rimasta ad un ragazzo solo.
Due spunte grigie: il messaggio era stato consegnato.
Levi non era sposato, visto che non portava la fede; negli anni molte ragazze gliel'avevano chiesto, ma lui non aveva mai risposto. Questo fece spesso vacillare la speranza di Eren: lo amava da impazzire, certo, ma non avrebbe mai rovinato il suo matrimonio. Voleva riempirgli la vita, vederlo sorridere almeno una volta; ma in fondo, sperava anche che Levi riaccendesse la sua, di vita.
Due spunte blu: aveva visualizzato.
Eren era stato attento a tutto: aveva reso il numero anonimo e non aveva messo alcuna foto. Un vero e proprio anonimo, come si sentiva veramente. Un nessuno.
L'unico indizio che aveva lasciato era il suo stato: due haiku dei suoi autori giapponesi preferiti.

"Vieni, andiamo,
guardiamo la neve
fino a restarne sepolti."
Matsuo Basho

A scuola era l'unico posto in cui si sentiva davvero felice. Questo perché lì, oltre ad avere tutti i suoi amici, il professore che tanto amava e degli ottimi risultati, riusciva a sentirsi davvero amato. In più, con il club di musica del professor Erwin, aveva ripreso a suonare il violino, cosa che gli riempiva l'esistenza.
Ogni giorno non voleva tornare a casa, nonostante sapesse di doverlo fare; lì, al contrario, era sempre solo. Nessuno pensava a come potesse stare, se dormiva abbastanza o se aveva mangiato decentemente.
Per fortuna, Eren aveva imparato e ricordava bene gli insegnamenti della madre, quindi riusciva ad organizzarsi, più o meno. Anche se avrebbe tanto voluto che qualcuno si preoccupasse per lui, anche sapendo che non ce n'era bisogno.
Eren sentì le lacrime pizzicargli gli occhi; senza volerlo, stava pensando di nuovo a sua madre. Si maledì per aver litigato con lei il giorno prima della sua morte.
"Avrei dovuto dirle quanto la amavo", pensò, mentre le lacrime iniziarono a scendergli, senza controllo, dagli occhi.

"C'ero soltanto.
C'ero. Intorno
cadeva la neve."
Kobayashi Issa

Aveva degli amici e un migliore amico con cui usciva spesso, che gli volevano bene e che si preoccupavano per lui. Ma Eren era cresciuto troppo in fretta, senza la madre e con l'assenza del padre. Adesso sentiva di non aver più bisogno di quelle figure genitoriali... ma, mentre gli altri ragazzi pensavano a divertirsi, lui non desiderava altro che trovare l'amore. Voleva una famiglia tutta sua, di cui si sarebbe preso cura con tutto l'amore che lui non aveva mai ricevuto. Sapeva anche, però, che quel giorno era ancora molto lontano.
- Ci conosciamo? -
Aveva risposto. Eren sobbalzò al suono della notifica, riuscendo a non far cadere il suo telefono per miracolo. Spense la sigaretta nel posacenere, buttandosi nel letto e abbracciando il cuscino. Si rese subito conto di non sapere come rispondere: si conoscevano, è vero, ma non sapevano nulla l'uno dell'altro.
Eren si rese conto di non conoscere affatto quell'uomo.
Fin dal giorno dell'open day, l'orientamento scolastico, il castano aveva sentito qualcosa nei suoi confronti; scoprendo che quello che aveva scambiato per uno studente era in realtà il suo professore, non aveva smesso di provare qualcosa per lui. Negli anni, passati a stuzzicarlo e ad amarlo piano, in silenzio, pensava che si trattasse solo di una cotta adolescenziale. Finché non compì diciassette anni e, guardandosi allo specchio, si sentì un uomo; solo a quel punto riuscì ad ammettere di amare il corvino.
Sapeva davvero poco di Levi... ma questo non gli aveva impedito di innamorarsi di lui. L'Ackerman era più grande di lui di vent'anni: il che vuol dire che a tredici anni aveva perso la testa per un uomo di trentatré.
"Come gli anni di Cristo", si ritrovò a pensare, ridendo alla battuta blasfema che aveva appena pensato.
- Sì, ma non bene come vorrei -
Poteva andare come risposta: era la verità, ma rimaneva comunque molto vaga.
Quando Eren avrebbe compiuto diciott'anni, Levi ne avrebbe avuti trentotto.
Aveva deciso di non chiedere l'aiuto di Armin per le conversazioni: doveva essere sé stesso, stando ovviamente attento a non rivelare troppe informazioni.
- Chi diavolo sei?! Non ho tempo da perdere, ti blocco -
Eren si aspettava una risposta del genere; in fondo, Levi aveva un caratteraccio. Ma doveva farsi ascoltare, non poteva mandare in fumo un'attesa durata anni nel giro di dieci minuti.
- Sono semplicemente una persona che si è innamorata di te, ma non posso dirti chi sono -
Eren aveva evitato di rivelare il suo sesso attraverso le parole: se avesse scritto "innamorato", Levi avrebbe immediatamente capito che si trattava di un maschio. Poteva non essere sposato, ma questo non implicava il fatto che fosse omosessuale, dato che non aveva mai mostrato alcun tipo di atteggiamento diverso dalla norma.
Levi leggeva e rispondeva subito, probabilmente incuriosito.
- Mi dispiace per te allora, ma non sono interessato a questo genere di cose. -
Inizialmente Eren sentì una fitta al cuore. Che il professore non volesse amare o essere amato? Che non avesse un cuore?
Ma immediatamente si fece forza, colpendosi le guance con entrambe le mani. Era lui a scrivere in anonimo, non doveva cadere nel suo gioco; doveva dimostrare di meritare la sua attenzione. Non si sarebbe di certo arreso!
- D'accordo allora, buona serata Levi. Cerca di riposare un po' stanotte, dormi veramente troppo poco -
Eren fu veramente soddisfatto del messaggio, che ricevette risposta qualche secondo dopo. E per fortuna aveva dato l'effetto sperato.
- Cosa? Come cazzo fai a saperlo? -
Poteva non sapere molto di lui, ma in quattro anni aveva imparato a conoscerlo. In più, aveva stretto un rapporto di amicizia e rispetto con la professoressa Hanji, che si era rivelata essere la persona più vicina a Levi. Lei era una gran chiacchierona, per cui molte volte si lasciava scappare informazioni preziose, che il castano custodiva gelosamente dentro di sé.
- Buonanotte, capitano. -
Continuò, ignorando i successivi messaggi in cui Levi pretendeva una risposta. Doveva pur farlo stare un po' sulle spine, altrimenti non sarebbe riuscito ad alimentare la sua curiosità. Sbuffò sonoramente, puntando le sveglie per il giorno seguente e posando il telefono sul comodino. Cercò di addormentarsi, ma senza successo: troppi pensieri gli vagavano per la mente e la testa sembrava quasi volergli scoppiare.
Improvvisamente si alzò, prendendo la custodia del suo violino. Era tardi, ma non si preoccupò dei vicini. Impugnò lo strumento, respirando profondamente.

Se solo tu mi amassi || Ereri 〜 Riren #Wattys2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora