capitolo 14

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continuavo ad osservare perplessa il cellulare, come se mi aspettassi che si illuminasse da un momento all'altro o, che so, che scoppiasse.

Ma niente.

non emetteva alcun suono da due interi giorni.  Ed io ero in attesa da altrettanti giorni.

La tentazione di scrivergli era troppa, eppure, ero troppo orgogliosa per farlo, anche se, nel profondo - molto nel profondo - sapevo di averlo offeso in qualche modo e sapevo che toccava a me fare qualcosa.

Sbuffando mi tirai su dal letto, in silenzio, facendo attenzione a non svegliare Emily, altrimenti avrebbe ricominciato con la sua ramanzina su quanto fossi testarda e quanto Bill fosse carino, in tutti i sensi.
Nemmeno al bar si era fatto vivo, ma la cosa non mi stupiva, mi stava evitando e per qualche assurda ragione, questo mi infastidiva terribilmente.

"... ed è arrivata l'ora di svelarvi l'ospite d'onore della conferenza sull'economia di domani: Bill Efron. Si è mostrato molto favorevole alla mia richiesta e questo non può che essere un onore per noi. Vi ricordo che la partecipazione è obbligatoria per superare il corso, ora potete andare", il professor Cannigan aveva concluso la sua lezione, quel giorno, sganciandomi una bomba che mi aveva appena lasciata senza parole.
Rimasi a fissare il nulla davanti a me finché l'aula non si svuotò completamente dai suoi studenti, così mi precipitai dal professore.
"Buongiorno professore, credo di avere qualche problema ad esserci domani. Potrei fare qualcos'altro per recuperare quell'assenza"
Il signor Cannigan mi fissò con un'aria dubbiosa per un po', prima che lo sguardo gli si illuminò.
"L'unica cosa che potresti fare è avere un colloquio privato col signor Efron", replicò ironico. "Altrimenti, faresti meglio ad esserci"
Detto ciò, prese la sua borsa nera e con un cenno si congedò lasciandomi imbambolata ancora una volta.
L'idea di un colloquio era ancora peggio di quella del seminario.
Non potevo evitarlo.
Ma ciò significa che nemmeno lui mi avrebbe potuto evitare, l'incontro era inevitabile.
Solo che io avevo il tempo di prepararmi oppure, avevo il tempo di pensare ad un modo per passare inosservata.
Il fatto che dovessi essere presente al seminario non significava che lui doveva per forza esserne al corrente; ci sarebbero stati molti studenti e non c'era alcuna ragione per cui dovesse notare proprio la mia presenza.

Nemmeno quella sera si era presentato al bar, e mi sembrava sempre più assurda e irraggiungibile l'idea di rivederlo.

eppure lui era lì. 

in piedi, un gradino più in alto di me, ma forse non era solo quello a farmi sentire piccola. c'era una parte di me che voleva scomparire, l'altra invece gridava per attirare l'attenzione.

ma l'aula era così piena di studenti che era quasi impossibile distinguere le teste.

la mia professoressa era raggiante al suo fianco, ridacchiava e avrei tanto voluto sapere cosa si stessero dicendo, quel piccolo mostriciattolo verde in fondo al mio stomaco premeva perché mi alzassi e andassi a dirgliene quattro.

dirgli cosa? perché sei sparito? perché sono così tanto stupida ed orgogliosa da non poter fare una chiamata? o forse, mi sarebbe solo bastato che non mi mandasse via.

la storia di Bill era l'emblema del sogno americano, per me era solo uno che aveva avuto fortuna. eppure, tutti impazzivano e pendevano da ogni parola che fuoriusciva dalla sua bocca.

avevo quasi superato illesa quel seminario, eppure il destino voleva giocarmi un brutto scherzo o meglio, il ragazzo davanti a me.

Bill era in procinto di congedarci quando il ragazzo di fianco a me aveva ben pensato di fare un'ultima piccola domanda. 

penso che il mondo si sia fermato in quel momento, penso che il mio cuore abbia saltato un battito, che tutto il microcosmo abbia deciso di rallentare un attimo, nel preciso istante in cui i suoi occhi si sono fatti largo tra la folla e si sono posati su di me, prima di passare al mio fianco. 

Bill mi aveva vista e, a dirla tutta, non sembrava nemmeno troppo stupito.

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⏰ Last updated: Dec 13, 2022 ⏰

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