Capitolo 3

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                             Veronica


Sapete quando avete una forte convinzione? 

Insomma, quando siete completamente sicuro che non rivedrete qualcuno mai più se non per sbaglio? Ecco, io ero convinta che Bill non l'avrei rivisto mai più, o meglio, l'avrei visto, ma solo in foto o in tv.

Dopotutto, chi si ricorda di una barista qualunque che l'ha riaccompagnato a casa ubriaco? Nessuno. 

Nessuno, tranne lui.

Sono ler dieci e il mio turno serale al Bar è iniziato già da un po'. Non è una serata molto affollata, anzi il bar sembra piuttosto tranquillo, tanto che, decido di concedermi una pausa e andare a prendere una boccata d'aria.

L'aria non è troppo fredda, è un fresco piacevole; tiro fuori il cellulare per rispondere ad un sms di Emily.

''Allora è questo che fanno i miei dipendenti invece di lavorare'', sento una voce provenire dal buio.

Lentamente la figura scura si avvicina e lo riconosco: è Bill.

E' proprio lui, ed è qui. Adesso. Ma è meglio non farsi strane idee, dopotutto è il suo bar, è più che normale che sia qui.

''Non c'è molto lavoro dentro, sono solo venuta a prendere una boccata d'aria. Io, adesso torno dentro'', replico, quasi balbettando.

''Ehi, stavo scherzando. Non credevo di incutere terrore'', replica con un sorriso.

Un meraviglioso sorriso. Distolgo subito lo sguardo. Queste cose con me non attaccano, non mi lascio fregare da uno stupido sorriso.

''Perché non hai preso i vestiti che ti ho lasciato? E nemmeno il passaggio, per la precisione'', chiede.

''Non ne avevo bisogno'', replico.

''Lo so, ma volevo farlo'', dice porgendomi una busta. E' la stessa busta di stamattina, quella coi vestiti nuovi dentro.

''Non la voglio. Puoi rimettere le cose nel tuo armadio''

''Mi dispiace deluderti, ma solitamente non indosso capi del genere'', replica, stranito.

''Oh, non fare il santarellina con me. Sai di che armadio sto parlando'', dico.

''No, sinceramente non capisco di che armadio tu stia parlando''

''L'armadio coi vestiti nuovi, quelli che regali a tutte quelle che ti porti a casa'', replico.

Mi guarda perplesso, poi scoppia a ridere, come se avesse improvvisamente capito.

''Beh, mi dispiace per te, ma non ho nessun armadio dei vestiti nuovi. Petra, la donna che ti ha portato la colazione, è scesa presto stamattina per comprarti qualcosa da mettere. Come pensi abbia preso la taglia giusta? Queste sono cose da donne, io non ne capisco. Quindi mi dispiace, nessun armadio'', spiega, porgendomi di nuovo la busta, che, sta volta, prendo.

Credo di essere diventata completamente rossa, mi sento un'idiota.

''Vero, vieni, abbiamo bisogno di te!'', la voce di Lucy, la mia collega, spezza quest'assurdo e imbarazzante silenzio.

''Oh, signo Efron, posso portarle qualcosa?'', aggiunge appena si accorge della sua presenza.

''No, ti ringrazio. Stavo giusto andando via. Magari la prossima volta'', replica Bill, molto cordiale.

Lucy saluta e richiude la porta alle sue spalle, dopo averli lanciato un'occhiata perplessa.

''Mi dispiace ma ora devo andare. Ero passato solo per ringraziarti e portarti questa'', dice indicando la busta.

''Grazie'', replico. 

Si avvicina lentamente a me e mi stampa un bacio sulla guancia. Sì, un bacio. Sulla guancia, ma pur sempre un bacio.

Poi, così velocemente come è arrivato, va via. Lasciandomi più stordita che mai.


Non c'è nessun armadio. Ed è venuto fin qui solo per portarmi gli abiti. E' stato un pensiero dolce, carino.

''Vero, dai'', chiede Lucy, dopo l'ennesima volta che rovescio un drink mentre lo preparo. Non riesco a concentrarmi per niente, non dopo il suo arrivo. Ed è strano per me. Così strano che mi convinco a mettere da parte il suo pensiero. Mi obbligo a farlo. Non posso lasciarmi abbindolare da lui.

Lo scapoloWhere stories live. Discover now