La bacheca.

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Capitolo 5.

La bacheca.

Quando Tom aveva detto a Bill di bere qualcosa, aveva omesso il fatto che intendesse qualcosa senza alcol. Bill, infatti, un po' sbalordito, aveva visto il ragazzo ordinare una bibita gassata e rispondere, alla sua richiesta di spiegazioni, che entrambi avevano diciassette anni. Tom aveva dovuto spiegarsi ulteriormente, perché il ragazzo non riusciva davvero a capire come questa potesse essere un'effettiva risposta alla sua domanda precedente.

"L'età minima per bere in Germania è diciott'anni" disse e Bill inarcò le sopracciglia, inclinò il capo e poi corrugò la fronte. "Non lo sapevi?"

"No, cioè, sì, certo che lo sapevo! Ma—davvero rispetti quella legge così stupida?" gli chiese e il ragazzo di fronte a lui gli fece spallucce. Dopo la doccia era ritornato a indossare i suoi abiti enormi con un po' di dispiacere da parte di Bill: era piacevole vederlo in una tuta, o almeno, era piacevole vederlo in abiti della sua taglia che aderissero al suo corpo, in modo da permettere a Bill di fantasticare su questo almeno per un po'. A questo pensiero Bill sussultò, aveva bisogno di sfogare il suo desiderio con qualcuno: era da davvero troppo tempo che non aveva un ragazzo. "Mi stai facendo capire che non hai mai bevuto alcol?"

"No, mai. Quando compirò diciott'anni potrò finalmente ubriacarmi" disse e Bill inarcò le sopracciglia. Erano così pochi gli adolescenti che davvero aspettavano di compiere il diciottesimo anno di età per bere che non pensava esistessero.

"Oh, Dio, un verginello dell'alcol" sussurrò Bill e si coprì il viso, sprofondò nella poltrona del pub dove si erano rifugiati per sfuggire alla pioggia che nel frattempo aveva iniziato a scendere. Una cameriera portò loro le bibite che avevano ordinato e Tom rise. Alla fine il moro aveva rinunciato a ordinare qualcosa di alcolico, nonostante sapesse che quel pub vendeva comunque alcol ai minorenni, semplicemente per mostrare supporto a Tom – e per non fare la figura dell'alcolizzato.

"Credo che il tuo concetto di verginello si stia espandendo un po' troppo fino a includere cose che non lo riguardano" disse con un sorriso, girando la cannuccia nel suo bicchiere e facendo scontrare tra di loro i cubetti di ghiaccio.

"A proposito di verginello," disse e velocemente prese il telefono dalla tasca e lo guardò: nessuna chiamata né messaggio da parte di Jaxon. Si mise una mano sul volto mentre fissava lo schermo: questo voleva dire che l'appuntamento era andato estremamente bene o estremamente male. Bill fu propenso a chiamarlo, ma nel caso fosse andato bene e davvero quei due stessero combinando qualcosa avrebbe interrotto loro.

"Hai trovato una vergine sacrificale?" gli chiese Tom guardandolo, Bill sembrava un po' preoccupato. Mentre giocava la partita aveva di tanto in tanto alzato lo sguardo sugli spalti per guardarlo e lo aveva trovato circondato da tifosi accorsi lì per la partita. Era tipico di Bill attrarre molte persone, sebbene con le sue parole e con i suoi modi cercasse di fare esattamente il contrario: allontanare loro. Tom non sapeva esattamente perché ci fosse così tanta folla intorno al ragazzo, ma costui riusciva sempre a tenere banco, in un modo o nell'altro.

"Sì, come no. Sono io la vergine sacrificale del mondo" disse e decise infine di scrivere un messaggio a Jaxon, in modo da non disturbarlo troppo nel caso in cui stesse facendo qualcosa di —ecco, animalesco.

"È questo il motivo per cui tutta quella gente era intorno a te durante la partita? Hai offerto il tuo corpo a una setta satanica per un sacrificio?" disse Tom e sorrise, Bill ripose il telefono nella tasca dopo aver scritto un breve messaggio al ragazzo per assicurarsi che stesse bene.

"Tom, non scherzare su queste cose! Ho incontrato alcune persone molto strane ultimamente che mi hanno fatto molto paura. Tu pensi che Satana non esista, e invece i suoi discepoli sono dappertutto nel mondo. Guardati sempre le spalle" gli disse avvertendolo, il rasta si fece più vicino.

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