III - La Tessitrice di Storie

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Dolci note si libravano nell'aria della piccola locanda. Danzavano al ritmo delle fiamme, che scoppiettavano allegre nel caminetto al mio fianco. Sedevo a gambe incrociate, un lato del viso riscaldato dal fuoco e l'altro rivolto alla sala ancora addormentata. Il cordiale locandiere che mi aveva accolta qualche giorno prima stava lucidando con cura il bancone, muovendo la testa a ritmo della leggera melodia del mio flauto. Eccezion fatta per noi due, il Bivacco era vuoto.

Mi ero accomodata sul bordo del caminetto per godere del suo calore, nella speranza che allontanasse il gelo che da alcuni giorni aveva preso a lambirmi le ossa. La testa mi doleva, così avevo sciolto la coda e lasciato i capelli liberi, ma la morsa non accennava a dissolversi.

Suonavo adagio, per non disturbare i fortunati avventori che ancora riposavano nelle loro stanze. Al contrario loro, anche quella notte non era riuscita a prendere sonno e mi ero rigirata nel letto preda di un tormento sconosciuto. Forse era stata colpa del temporale che aveva imperversato oltre la mia finestra, o forse era stato il senso di annebbiamento che ultimamente si era impossessato della mia mente, e che faticavo a scrollarmi di dosso.

Era come se, da qualche tempo, una pesante coperta si fosse posata su di me. Potevo respirare e suonare, scambiare chiacchiere con gli altri avventori e con il locandiere e intrattenerli con i miei racconti e i miei canti, ma se provavo a pensare al prima, prima di giungere al Bivacco e diventarne un'ospite, la mente si appannava e la coperta stringeva fino a soffocarmi. Così, semplicemente evitavo di pensarci e continuavo a suonare, nella speranza che un giorno la nebbia si sarebbe dissolta e sarei riuscita a capire cosa mi fosse accaduto.

Distratta da quei pensieri, misi un dito in fallo e la melodia incespicò. Il locandiere, che ricordai chiamarsi Jack, alzò il capo verso di me e sorrise, comprensivo. Io ricambiai, senza riuscire a mascherare del tutto il mio turbamento: mi capitava di rado di sbagliare così una melodia. Quella che stavo suonando, poi, mi apparteneva da sempre. Era un dono di mio padre, come d'altro canto lo era anche il flauto che stringevo tra le dita. Ciò che mi stava accadendo era ingiusto e incomprensibile e, per un momento, ebbi quasi la tentazione di rannicchiarmi lì sul caminetto e piangere tutte le lacrime che si erano rifiutate di uscire durante la notte. Ma l'orgoglio mi impedì di mostrarmi debole davanti ad altri, anche se in quel caso si trattava solo di un locandiere gioviale e comprensivo.

Così, sospirai e ripresi a suonare, decisa a non farmi vincere dallo strisciante senso di malinconia che la locanda mi trasmetteva. La sensazione di essermi lasciata alle spalle qualcosa di importante non mi abbandonò, ma per fortuna pian piano sfumò, annegando nella melodia e tingendola di note nostalgiche e struggenti.

Ero così presa dal flusso della musica che sussultai, quando una voce emerse tra le note. «Salve. Posso portarti qualcosa per colazione?»

Aprii gli occhi e mi trovai davanti un ragazzo che doveva avere circa la mia età. Lo avevo visto entrare alla locanda parecchi giorni prima e parlare con Jack, e allora mi era sembrato spaesato, fuori posto come quasi tutti gli altri avventori. Poi però aveva iniziato a lavorare come cameriere e, pian piano, si era integrato perfettamente nell'atmosfera del Bivacco. Anche quel mattino indossava un grembiule da lavoro e, sul taschino, aveva ricamato il suo nome: Nappone.

Tra le mani teneva un vassoio vuoto e mi fissava, in attesa.

Gli sorrisi e lui ricambiò. Conoscevo la forza di un sorriso, era sempre stata una delle chiavi della mia fama da Tessitrice: un sorriso sincero, e gli spettatori intorno a me si sentivano d'un tratto molto più a loro agio. «Salve a te» risposi, senza perdere il contatto con i suoi occhi. «E volentieri, ho una discreta fame stamattina.»

«Ottimo! Cosa preferisci? Abbiamo...»

Scossi il capo e lo interruppi. «Scegli tu per me. Mi va bene qualunque cosa ci sia» dissi, conscia che, come i giorni precedenti, non mi sarebbe stato chiesto di pagare nulla per quella consumazione. Era una delle tante stranezze di quel posto, dettagli che ancora faticavo ad afferrare e comprendere appieno.

IL BIVACCO DEGLI SCRITTORI (SOSPESA)On viuen les histories. Descobreix ara