I- Un nuovo lavoro (parte 4)

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Nella vita trascorsa trovai i più disparati oggetti nelle mie tasche: soldi spiccioli, fette biscottate mezze mangiucchiate, "le mangio come spuntino alle 11.00", mi pare trovai una volta anche un utensile da cucina, di quelli che solo le mamme di una volta sanno usare. Un martedì che feci una gita al fiume con Ettore trovai addirittura una rana.  Furono risate quando iniziò a saltellare per la macchina e quasi facemmo un incidente tanto fu lo spavento del mio compare. Mai però trovai un contratto di lavoro e Dio solo sa quanto mi avrebbe fatto piacere trovarlo nei momenti più bui della mia vita. "Dannazione e questo cosa diavolo vorrebbe dire?" esclamai impaurito, alzando la voce forse un po' più del dovuto. Con mio sommo stupore, notai che nessuno s'era rivolto verso di me; tutti i commensali continuarono a badare ai propri affari, tranne qualche volto che si voltò comunque per non più di qualche istante.

Ero abituato a ben altri contesti, contesti nei quali una parola detta a voce troppo alta avrebbe potuto costarti non dico la vita, ma quantomeno la tranquillità della serata.

"Con il seguente, il sottoscritto si impegna a svolgere la sua mansione di cameriere per il "bivacco degli scrittori..."

La carta, gialla e spiegazzata, al tatto risultava estremamente ruvida, quasi come se prima di me l'avessero maneggiata altri mille locandieri. Dopo una rapida lettura, posai il contratto sul bancone e, quasi temendo che magicamente svanisse o si trasformasse in un magico drago che m'avrebbe divorato, senza distogliere lo sguardo dalla carta mi rivolsi al locandiere.
"Temo di non aver capito..."

"Talvolta si scambia l'assurdo per incomprensibile, mio caro Nappone, hai capito benissimo e che ti piaccia o no diverrai il mio primo assistente" disse Jack con un sorriso che ancora oggi non riesco ad interpretare. Ripresi il contratto "E la paga?"

"Paga? Beh, hai qualcosa di divertente da fare. E fidati, avere qualcosa di divertente da fare qui è tutto l'oro del mondo".

Le risposte del locandiere non mi convincevano affatto, ogni parola era un brivido dietro la schiena. Sebbene io fossi sicuro che le sue intenzioni fossero le più amichevoli possibili, qualcosa nel suo sorriso mi inquietava. Ne sapeva più di me e sembrava volesse fare amicizia, non potevo far altro che danzare con lui finché non avesse scoperto che non ero lo dama da lui prescelta.

"Ha una penna?"

"Mio caro, non serve avere penne, la tua firma è già lì, ben scritta in grassetto".

Nappone.

Scritto nell'angolo in basso a destra, una scritta che prima non esisteva.

Fui allibito, ma ben lungi da essere la cosa più sorprendente del giorno mi limitai a riconsegnare il contratto nelle mani di Jack, tentando quanto possibile di non incrociare il suo sguardo e fingendo di analizzare la bottiglie dietro di lui. Riconobbi dell'assenzio, ma il resto delle etichette erano del tutto incomprensibili. "Incuriosito dall'alcol? Sempre il solito! Scegli pure una bottiglia". Mi sorrise, mi guardò fisso negli occhi e non potei fare a meno stavolta di fissare attentamente il verde dei suoi occhi.

Aveva delle particolarissime venature marroni.

"Qui l'alcool non può farti nulla"

Di nuovo quel sorriso, danzai ancora.

"Quella bottiglia rossa lì, cosa contiene?"
"Non è facile descriverlo, credo che lo percepirai come 'liquore al gianduia' "

Jack ne versò due bicchierini.

"Ora devo... Raccontarti una storia?"
Jack rise di gusto, in maniera molto infantile, fu la prima volta durante tutta la conversazione che non lo percepii conturbante.

"No, tranquillo, questo lo offre la casa".

Bevvi un piccolissimo sorso, sulla lingua sentii chiaramente un sapore nocciolato di gianduia.

"Quindi praticamente..." chiesi io tentando di misurare quanto possibile ogni parola "devo farti da cameriere, ma anziché farmi pagare in danaro devo farmi pagare in racconti".

"Non proprio, vedi Nappone in realtà qui tutto è gratuito. Ma vedi, ragazzo, il tempo passa e la gente che sia per sfogo, per ego o semplicemente per noia, racconta. Noi qui offriamo tutto a coloro che vogliono raccontare."

"Tutto? Possiamo mai offrire tutto? Non mi sembriamo così forniti..." risposi sperando che la punta di ironia non infastidisse il mio oramai capo.

"Mio ingenuo amico, vedrai, raramente non siamo riusciti a soddisfare le richieste dei commensali"

"Sta a me ascoltare la storia?"


"A te, ma non da solo".

Quando Jack esclamò quelle parole, sentì un freddo metallico al petto. Di scatto piegai la testa verso il basso: una piccola piramide marroncina era appesa al mio collo con un fil di spago. Al tatto sembrava di metallo, alla vista di legno e odorava d'argento. Non chiesi cos'è, ma lo domandai col volto.

"Lo chiamo 'l'Artefatto' Ascolterà i racconti con te... Non pretendo mica li ricordi a memoria" e rise di nuovo beffardamente.

Finì tutto d'un fiato il liquido nel bicchiere, ne chiesi ancora.

"Oh mio caro, hai qualcosa da raccontare?"

"Non ora... Quindi niente sconto dipendenti?"

"Nossignore" sorrise ripagando la mia ironia.

"Quando inizio?"

"Ora, il signor Trooth sembra abbia qualcosa da dire".

Jack mi passò un grembiule.

Il mio nome era ricamato sul taschino.

O meglio, il mio nuovo nome.

Ed ecco, il mio primo giorno. 

[Nappone]

IL BIVACCO DEGLI SCRITTORI (SOSPESA)Where stories live. Discover now