XI- Un'arma per colpire in due direzioni

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Me ne stavo ad un tavolo della locanda, con un fumante piatto di stufato davanti a me. Quello era forse il posto più bello e tranquillo che avessi mai visto nella mia vita, nonostante il costante vociare degli avventori. E quello davanti a me era certamente il miglior stufato che avessi mai mangiato, chi l'avrebbe mai detto che due dei migliori cuochi si trovassero in posto del genere.

Lì non ci si annoiava mai, quasi ogni giorno arrivava qualche nuovo avventore con tutte le sue storie da raccontare, anche se ad alcuni questo richiedeva molto tempo. Io ero stato riluttante a condividere la mia vita, la mia era una storia abbastanza triste e lugubre, ma dopo aver ascoltato diversi racconti, mi ero reso conto che purtroppo in molti avevano un passato angosciante alle spalle e con il tempo mi ero aperto e avevo parlato con molti di ciò che mi era accaduto. Inaspettatamente avevo trovato molta comprensione da parte degli altri avventori, piuttosto che disgusto come mi ero aspettato, questo mi aveva aiutato a tranquillizzarmi, così avevo cominciato a raccontare la mia storia con meno macigni sul cuore, anche se continuavo a preferire ascoltare le avventure altrui, non avrei mai immaginato che l'universo potesse essere così vario.

Dopo tutto quello che avevo passato non mi sembrava vero di poter stare placidamente seduto ad un tavolo a mangiare cibo delizioso circondato da facce amiche, che cercavano di tirarmi su di morale per ciò che mi era accaduto piuttosto che giudicarmi.

Mentre stavo gustando il mio delizioso stufato, vidi il proprietario della locanda avvicinarsi al mio tavolo per riempirmi di nuovo il boccale di birra, che avevo svuotato. Pur non essendo abituato a bere avevo scoperto di reggere bene l'alcol e le bevande erano ottime tanto quanto il cibo, chissà da dove prendevano tutto quanto, forse direttamente dall'anticamera del Paradiso, o forse questo luogo era il Paradiso stesso. Erano attentissimi ad ogni persona i locandieri: riportavano da mangiare e da bere quasi prima che la gente potesse richiederlo, si prendevano del tempo per ascoltare ciò che ognuno aveva da raccontare. In quel momento il locandiere sembrava molto interessato a ciò che era stata la mia vita prima della locanda, sapevo che le storie erano quasi la merce di scambio di quel posto, dopo un po' di tempo lì dentro lo avevo capito. Una storia macabra in cambio di piatti di stufato da sogno ogni giorno, non mi sembrava uno scambio equo, ma a quanto pareva all'uomo di fronte a me andava bene così.

"Tutto ha avuto inizio con la mia nascita, io non sarei mai dovuto nascere. Mia madre non poteva avere figli, il suo corpo purtroppo non era in grado di sostenere una gravidanza duratura. Lei e mio padre nemmeno ne volevano di figli, in realtà. Ma mio padre era un uomo strano e mia madre era completamente sua succube, avrebbe fatto qualsiasi cosa lui avesse voluto. Ad un certo punto a mio padre venne la brillante idea di creare una macchina di distruzione, un'arma così potente da poter distruggere il mondo intero, non tanto perché volesse davvero distruggerlo, ma per poter tenere tutti sotto scacco con la minaccia di quello che avrebbe potuto fare, in modo da dominare così su tutto quanto. Ma ovviamente non poteva essere un'arma normale, come se ne vedevano tante altre, ci voleva qualcosa di rivoluzionario. Pur essendo un pazzo, mio padre era anche un uomo di grande cultura, conosceva i rituali magici più antichi e potenti ed era un esperto di tecnologie all'avanguardia. La sua geniale idea era di prendere un bambino, una creatura in fasce, crescerlo inculcandogli le sue idee e praticando su di lui la magia più oscura, per renderlo una sorta di macchina da guerra senza una propria volontà, per poi successivamente impiantargli delle protesi meccaniche nel corpo, per conferirgli l'abilità di distruggere tutto ciò che incontrava. Ma rapire un bambino appena nato non era un'impresa facile, così lui e mia madre decisero di avere loro stessi un bambino, come ho detto figli non ne volevano, ma questo bambino sarebbe stato uno strumento e loro due erano il modo più veloce per ottenerlo. Purtroppo però mia madre scoprì presto che non poteva avere figli, ogni sua nuova gravidanza si interrompeva dopo i primi mesi, se non dopo poche settimane. Mio padre si arrabbiava molto con lei, le diceva che era un essere inutile, che voleva sabotare tutti i suoi piani, che in realtà lei voleva avere un bambino da crescere, accudire e amare come qualsiasi altra madre, ma che visti i piani previsti per il nascituro lei preferiva ucciderlo prima che nascesse, piuttosto che non poterlo avere tutto per sé. Spesso la picchiava per sfogare tutta la sua frustrazione, mia madre soffriva tantissimo, sia perché non riusciva a dare a mio padre quello che desiderava, sia perché lui le faceva molto male picchiandola quando lei non voleva altro che il suo amore, sia perché si sentiva sbagliata come donna nel non riuscire a fare quello che per una donna era forse la cosa più naturale del mondo, quello per cui era pensata.

IL BIVACCO DEGLI SCRITTORI (SOSPESA)Where stories live. Discover now