XIX- Impronte

14 2 0
                                    

Il sole era già calato da diverse ore, ma non avevo intenzione di schiodarmi dalla sedia comoda. Sbilanciato all'indietro, mi dondolavo sonnacchiosamente, le gambe accavallate sul tavolo, accanto al boccale di birra vuoto, gli occhi socchiusi, abbastanza da riposare le palpebre stanche, ma anche da lasciarmi intravedere la calda luce delle lanterne risplendere all'interno del Bivacco.

Lasciai scivolare un braccio, prima incrociato sul petto, facendolo dondolare accanto alla sedia. Ondeggiò, e sentii il sangue scorrere fino alla punta delle dita, scaldandole.

Mi erano sempre piaciute le taverne. Quel leggero brusio che tiene la mente occupata, l'odore di pane appena sfornato, o di carne cotta, e l'aroma inebriante dell'alcol, rendono questi posti magici.

"Ne vuoi un'altra?"

Riaprii lentamente gli occhi, e alzai lo sguardo verso il cameriere, Nappone, che mi osservava, indicando il boccale vuoto.

"Un altro giro ancora" risposi, annuendo, e tornai con i piedi per terra, facendo sbattere le gambe della sedia contro il pavimento. "Oggi non c'è Dana?"

L'uomo si voltò verso di me, con uno sguardo interrogativo sul volto.

"Qui non c'è nessuno che si chiama Dana."

Annuii, con un pizzico di tristezza, ma esibendo uno dei miei sorrisi più sfacciati. "Non ha importanza. Riempilo bene."

Feci raschiare la sedia contro le assi del pavimento, avvicinandomi al tavolo. Nappone non ci mise molto a tornare al tavolo, con il boccale pieno di birra scura.

La presi, facendo un cenno con la testa.

Non si allontanò subito. Rimase per qualche secondo ad osservarmi, mentre bevevo un paio di sorsi. Abbastanza da bagnare la gola secca.

"Posso chiederti chi è questa Dana?" chiese infine, scrollando le spalle.

Sorrisi, poggiando il boccale al tavolo.

"Beh, Dana... non saprei. È bella." Sentii improvvisamente le guance avvampare di calore, mentre nei miei occhi si dipinse il bel volto limpido e affilato di Dana, i suoi lunghi capelli corvini, il corpetto stretto sul busto. "Era una bellissima cameriera" sospirai, scuotendo la testa, riprendendo a bere.

"Posso sedermi qui con te?" chiese Nappone, poggiando la mano sulla sedia accanto alla mia.

Annuii, mentre un sorriso mi comparve sul volto. Era da tanto tempo che non parlavo con qualcuno che voleva ascoltarmi.

"Sai, i miei amici spesso mi dicono che parlo troppo" ridacchiai, prendendo un altro sorso di quella birra scura.

Il sapore era decisamente dolce, più delle birre che fanno dalle mie parti, ma un dolce avvolgente, come una mela matura.

"Eppure non hai detto una parola da quando sei entrato. Se non birra" osservò divertito, sollevando un sopracciglio.

"Hai ragione. Ma volevo schiarirmi le idee. Sai, di recente sono stato occupato in strani affari. Brutti, complicati, non il genere di cose delle quali parlo, normalmente."

Rimase in silenzio, l'attesa del perfetto ascoltatore, che non insiste, ma chiede di avere una risposta.

"Davvero, di solito racconto cose molto meno pesanti" ridacchiai, scuotendo la testa "come quella volta che ho ballato ubriaco con Dese."

Un sospiro mi uscì dalle labbra, mentre sollevavo la testa, guardando negli occhi il cameriere.

"Ma ho come l'impressione che una cosa del genere ti possa interessare poco. Sai, Dese è stato a lungo mio amico e compagno in diverse avventure, se così posso chiamarle. Anche se momenti sfigati della vita in cui vorresti essere da un'altra parte sarebbe più adeguato."

IL BIVACCO DEGLI SCRITTORI (SOSPESA)Where stories live. Discover now