10.

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Ci era tornata.
Ci era tornata e per l'ennesima volta si era maledetta.

La musica rimbombava tutta attorno a lei, in un eco vertiginoso che le faceva girare la testa; l'alcool stava iniziando a fare effetto, e non aveva messo a tacere le sue più profonde preoccupazioni. Non aveva allievato il suo spirito.

Ed eccola di nuovo sulla stessa strada, a passo barcollante verso il bagno del piano terra; il pavimento sembrava quasi scapparle da sotto i piedi, mentre si trascinava alla porta. Con lentezza nauseabonda fu costretta ad abbassare la maniglia, e fare il suo ingresso nella stanza lievemente illuminata: il bagno di casa McLaughlin era certamente ben arredato, carico di specchi e superfici lucide, ma poco spazioso; presto uno spiffero gelato scivolò lungo la pelle candida della corvina, che dovette alzare bene lo sguardo prima di riconoscere l'irregolarità in quella stanza: le ci vollero uno, due secondi per mettere a fuoco quell'ombra: perse un battito.

Era lui, ne era sicura. Di nuovo quel volto beffardo, sguardo impenetrabile, gote bianche tempestate di lentiggini, quella sera un po' rossastre. E poi quell'aria un po' sghemba, col vento nei ricci; solamente un paio di bicchieri vuoti sul cornicione dove sedeva, davanti alla finestra spalancata nella notte, dalla quale sembrava filtrare un pallido raggio di luce lunare.

Finn incontrò gli occhi inermi, sgranati della moretta:
«Questa festa fa cagare, vero?» parlò.

«Se dovesse vederci qualcuno penserebbe...» Millie mugolò appena, prima di trovarsi sul punto di cascare; dovette mantenersi al bordo lucido del lavandino, quando Finn saltò giù dal cornicione:

«Devi sederti.» sussurrò, in un tono che la mora non aveva mai sentito dalle sue labbra; la sfiorò, come per accompagnarla, e lei si sentì come per ritrarre l'avambraccio. Si rese conto che quel contatto, tra di loro, non era mai esistito. E quelle dita candide, affusolate mai avevano sfiorato la sua pelle: erano gelide, ma delicate contro il suo braccio soffice. Millie non se lo sarebbe mai aspettato.

L'alcool le stava davvero andando alla testa, pensò; era troppo debole per ribellarsi a lui, e si lasciò accompagnare, barcollante, al pavimento freddo. La sua schiena incontrò la parete dura, e le sue gambe si distesero a peso morto sul tappeto scuro.
Riconobbe la figura di Finn che, in risposta, si sedette di fronte a lei, spalle alla vasca, gambe al pavimento, una ginocchio appena piegato.

«Questa festa fa proprio schifo.» borbottò in un risolino sghembo, e il corvino la imitò fino a quando il sorriso sul volto della mora non si spense:

«Avevi ragione.» capo pesante, abbandonato alla parete; ma sguardo vacuo, sincero, incontrò gli occhi di Finn;
«Sono sola. Sono davvero sola.»

«Prima ho visto Sadie. Era felice.» continuò, questa volta dovette chiudere le palpebre a causa dei giramenti di testa;
«E poi stava baciando Caleb, non mi aveva nemmeno detto le piacesse-»

«Non sei cambiata affatto.» la interruppe, voce ferma, ma sguardo docile, seguito da un'occhiata interrogativa della mora.

«Non sei cambiata, Millie. Hai cambiato solo atteggiamenti.» disse;
«Hai cambiato maschera.»

La mora schiuse le labbra; la testa le faceva male, e strizzò ancora le palpebre. Per un attimo pensò di star sognando, visti gli improbabili atteggiamenti di Finn, quelle parole confusionarie, la musica ovattata che rimbombava nelle orecchie. Oppure era fin troppo convinta della realtà?

«Voglio tornare a casa.» borbottò, portando le gambe al petto. Nascose il naso tra le ginocchia quando l'ennesimo brivido -quello fu probabilmente l'unico non di freddo- le scosse gli arti esili.

«Vuoi che ti accompagni?» ribatté prontamente, voce calma. E lei mormorò ancora;

«Ma se ci vedranno-»

«Questa finestra è spaziosa.» ammiccò, facendo stringere le labbra alla moretta; lei tacque, prima di reggersi in piedi con l'appoggio del lavandino, e lui si diresse verso l'apertura; quando strani mugolii- erano forse singhiozzi? Irruppero alle orecchie del corvino.

E lui si allarmò; il suo sguardo vagò nella strada buia sulla quale si affacciava. Riconobbe quella figura fragile, lacrimante sul ciglio dello scalino, e si precipitò all'esterno senza un cenno, un avviso, una parola per Millie; le si avvicinò a passo svelto, ma esitante; e poi la ragazza, la biondina alzò lo sguardo: occhioni arrossati, velati da lacrime incontrarono il suo sguardo. Finn si precipitò accanto a lei:

«Iris?»

«Dov'eri?» singhiozzò. Finn restò in silenzio, lasciando scorrere i suoi occhi tremolanti lungo quelle gote inumidite.

«Dov'eri, ho detto?» e questa volta per poco non gridò, strinse i pugni, martellò sul petto. Finn rimase immobile.

«Che cosa è successo?» sussurrò. Freddezza disumana. Filtro incolore sulle sue parole.

Ma perché aveva assunto quel tono? Perchè non si sentiva strutto da quel pianto?

Perché non riusciva a provarlo?

«Non ci sei mai!» voce strutta, gola squarciata che stracciava la musica. Singhiozzi lungo il viale;
«Non ci sei mai quando ne ho bisogno!»

Tutto questo sfiorò appena le orecchie confuse di Millie, che quando raggiunse la finestra riuscì solamente a scorgere la figura femminile piegarsi dalle lacrime; e ora gridare, sollevarsi in piedi e correre via. La moretta la riconobbe.

E poi Finn, una mano, quelle candide, affusolate dita tra i capelli.
Si lasciò cadere agli scalini di fronte alla porta, proprio dove la sua ragazza, poco prima, sedeva singhiozzante.
Che cosa era successo?

come as you are [fillie]Where stories live. Discover now