Trust

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Proprio non riuscivo a capirla.
Per quanto mi sforzassi, non riuscivo a capire perché si fosse comportata in quel modo.
Insomma, l'idea che Abigail avesse scritto una lettera del suicidio era abbastanza strana anche per me, considerando che il suo non era stato un suicidio, ma che motivo c'era di strapparla?
Certo, era molto probabile che fosse falsa, ma forse avrebbe potuto fornirci comunque qualche indizio.

Intanto dubitavo fortemente che l'avesse scritta Gwendolyn.
Mi sedevo accanto a lei a lezione di storia e matematica da anni, sapevo benissimo quale fosse la sua calligrafia e quella sicuramente non lo era.

"Caro Leopold,"

Era così che iniziava, ciò significava che doveva averla scritta qualcuno che sapeva della faccenda Simon/Leopold.
Tuttavia, a quel punto perchè Gwen avrebbe dovuto mentire dicendo di averla vista cadere dalla tasca di Abigail?

Mentre mi arrovellavo su questi interrogativi, armeggiavo con i frammenti di carta che avevo sparso sulla scrivania, cercando di capire come disporli per riavere indietro una lettera dal senso compiuto.
Non mi sarei mai aspettato che all'età di diciassette anni mi sarei ritrovato a fare un puzzle, quando era dai tempi delle elementari che non ne toccavo uno.

D'un tratto sentii bussare alla porta e sobbalzai. Senza pensarci due volte, aprii il cassetto centrale e ci buttai tutto dentro (e pensare che ormai ero arrivato a un buon punto), nel mentre rivolsi uno sguardo al cellulare: si erano già fatte le undici e mezza.

- Sì? -

Chiesi a gran voce, mentre la porta si apriva lentamente.

- Disturbo? -

Chiese mia madre, affacciandosi e rivolgendomi un sorriso leggermente tirato.

Aveva delle ciocche di capelli sporche di farina e dai suoi vestiti si levava un intenso tanfo di alcol.
A quanto pareva, aveva avuto il turno di mattina-pomeriggio al panificio e quello di sera in birreria.

- No, affatto. Che c'è? -

- Niente in particolare. - Rispose stringendosi nelle spalle, mentre entrava e si andava a sedere all'angolo del mio letto. - È solo che ultimamente ci si vede sempre di meno. -

Sospirai, alzando le spalle a mia volta.
C'era poco da fare. Con tutti i lavori che faceva, usciva sempre di casa intorno alle sette e mezza del mattino e rientrava tra le nove e le undici di sera. E questo dal lunedì al sabato, mentre la domenica ero io a passare quasi tutto il giorno fuori, a causa del mio lavoro part-time nel negozio di antiquariato.
Se poi aggiungiamo tutto il tempo che ultimamente stavo passando a zonzo per la città insieme a Zoey, le occasioni per vedersi si riducevano drasticamente.

- Ho saputo che la settimana scorsa hai marinato la scuola. -

Sussultai. Giusto. Me n'ero completamente dimenticato.
Si trattava del giorno in cui avevamo scoperto il nascondiglio di Hester.
Mi chiesi se si sarebbe preoccupata di più se le avessi detto che avevo saltato le lezioni per farmi di marijuana o per andare a caccia di fantasmi, ma non ebbi il tempo di dire nulla, che mi diede una leggera pacca sul ginocchio.

- Tranquillo, basta che non si ripeta più. - Disse rivolgendomi un'occhiataccia, per poi sorridere e aggiungere: - A dire il vero, inizialmente neanche volevo tirare fuori questo argomento. Ho pensato: "beh, almeno questo significa che si sta finalmente facendo una vita sociale". -

Vita sociale. Non ero sicuro che passare il proprio tempo a girare per la città a investigare e sottoporre la gente a interrogatori insieme ad una persona ancora più socialmente inetta di me, equivalesse ad avere una vita sociale. Ma contenta lei...

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