Capitolo V - La persona sbagliata

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Vago ma al tempo stesso profondo; non si era sbilanciato troppo né aveva rivelato alcun tipo di informazione. Aveva - semplicemente - parlato dei suoi sentimenti a cuore aperto, tenuto fra le mani ruvide e artigliate, con le quali lo stava porgendo al professore.

"Anche se, ad essere sincero, siamo persone molto diverse, e probabilmente litigheremmo spesso. Mi rimprovererebbe per i miei vizi, ed io per i suoi; ci incastreremmo perfettamente, amandoci, completandoci come i pezzi di un puzzle.
Suonerei ogni sera, solo per dire "ti amo", perché i brani su questo tipo di amore li capisco meglio di altri. Ma nonostante tutto so che le mie sono solo fantasie, perché - altrimenti - il mio non sarebbe un amore impossibile."

Ma se fraintendesse? Se Levi non avesse capito che Eren si riferiva a lui, ma magari a qualcun altro, infrangendo sul nascere qualsiasi possibilità?
Spaventato da questa ipotesi, decise di concludere il tema lasciando una spiccata, ma al tempo stesso fraintendibile, traccia.

"Probabilmente mi sono innamorato della persona sbagliata. Ma forse ci se ne innamora sempre, perché - tuttavia - dice sempre le cose giuste."

Era un chiaro riferimento al messaggio che, da anonimo, aveva mandato a Levi quando gli aveva chiesto: "perché hai deciso di scrivermi?"
Eren aveva risposto: "[...] Sei sbagliato per me, non potremo mai stare insieme e soprattutto tu ami qualcun altro, ma va bene così. Io ti amo, Levi".
Ancora indeciso, si convinse che, in fondo, poteva sembrare un collegamento facile, ma di certo non lo era. E, anche se se ne fosse accorto, Levi non avrebbe potuto escludere la possibilità di una mera coincidenza.
Allo scadere della seconda ora di tempo, dopo aver letto e riletto il suo tema, si decise a consegnarlo. Il professor Ackerman sembrava ancora furioso, ma in particolar modo con Eren; che fosse stata la visita di Kenzo, quella mattina, a infastidirlo e indisporlo in quel modo? Ricacciò indietro quel pensiero quando si avvicinò alla cattedra.
Levi non lo degnò di uno sguardo, continuando ad osservare il registro di classe sullo schermo del computer; Eren temporeggiò un attimo, cercando di incidere quell'immagine sul suo cuore: i lineamenti del suo viso, le labbra, i suoi meravigliosi occhi d'ossidiana.
«Jaeger, il compito», disse solamente, sempre senza guardarlo, aprendo la mano nella sua direzione nell'attesa che il ragazzo poggiasse il foglio. Eren non se lo fece ripetere due volte: fiondò la sua mano su quella del professore mentre gli consegnava il tema, approfittandone per sfiorare la sua pelle. Era proprio come l'aveva immaginata; le sue mani erano fredde, ma morbide e curate, al contrario di quelle di Eren, che non faceva altra che tirare pugni agli specchi e ai mobili di casa sua in momenti di rabbia o tristezza, provocandosi diverse ferite e nocche sanguinanti. Il professore sembrò quasi sobbalzare a quel contatto, tanto che - finalmente - guardò Eren negli occhi.
Il castano ricambiò lo sguardo, senza timore, per poi tornare a sedersi al suo posto, dopo aver represso la voglia di intrecciare le loro dita e di tenere Levi per mano.

«Eren, mi devi una spiegazione», disse secco Armin, mentre i due uscivano dall'aula per fare una passeggiata in cortile durante l'intervallo.
Eren sapeva che quel tono di voce non accettava un 'no' come risposta; si fece forza e, una volta sicuro che nessuno avrebbe potuto sentirli, decise di raccontare tutto al suo migliore amico.
«Hai ragione Armin, scusa...la verità è che in seconda media ho avuto una relazione con quel ragazzo, Kenzo. Eravamo piccoli, ancora non sapevo se mi piacessero o meno i ragazzi».
«E il bacio con Mikasa? Non mi avevi detto che da quello avevi capito che non ti piacevano le donne?», chiese Armin, che ormai iniziava a dubitare di tutto.
«Quello è successo in terza media e sì, è la verità, non ti ho mentito...ho omesso però la relazione con Kenzo. Forse perché la sentivo come un qualcosa di intimo, o forse per imbarazzo, vergogna...non lo so. In verità non è successo molto tra di noi: ci siamo conosciuti perché, mentre io avevo abbandonato il violino dopo...», lasciò cadere la frase, certo che Armin ricordasse bene la morte di Carla, «Lui, invece, era diventato uno dei più famosi musicisti della categoria 'giovani'. E in molti pensavano che avrebbe preso il mio posto come "bambino prodigio"».

Se solo tu mi amassi || Ereri 〜 Riren #Wattys2019Where stories live. Discover now