Capitolo 19: El cerebro

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La volta che riuscì a vedere nuovamente Nosaka fu solamente durante uno degli allenamenti della Seishou, mentre io e le mie amiche giocavamo tranquillamente a pallavolo, nel campo poco lontano. All'inizio non lo notai per nulla, tanto ero presa a non farmi colpire in faccia da una pallonata a tradimento, e neanche quando ci fermammo per un paio di minuti. Fu lui ad avvicinarsi a lui, sorridendoci come sempre con fare molto educato, anche se quel sorriso aveva un qualcosa di freddo, come se ci reputasse, in realtà, delle incapaci, ai suoi occhi. Ormai sapevo benissimo, anche soltanto guardandolo, che sembrava mentire parecchio, glielo si leggeva negli occhi.

-E' un'po che non ci si vede, o sbaglio?- Chiese a tutte e quattro, ma lo sguardo continuava ad essere puntato verso di me, come se Mina e le altre non fossero qua.

-Eh già! Non mi hai neanche più scritto, dovevo riportarti il libro, ma risultavi irraggiungibile!- Esclamò un'po offesa Kii, mentre frugava nella sua borsa, alla ricerca del famoso libro (Il quale ho provato a leggere, ma non ci capivo davvero nulla), porgendoglielo qualche secondo dopo.
Il ragazzo dai capelli fucsia lo prese e lo mise tra gli altri libri che aveva tra le braccia, abbozzando un sorriso per ringraziarla, ma ormai era innegabile anche alle altre, dato che non faceva altro che fissarmi da quando ci aveva rivolto parola.

-Ti ringrazio Kii-san, me ne ero quasi dimenticato, e perdonami, ho avuto dei problemi con il telefono negli ultimi giorni.-

Parlarono del più o del meno per qualche minuto, mentre io e Retsuko iniziammo a sentirci un'po sole. Come ogni essere vivente sul pianeta, Mina e Kii avevano delle cotte stratosferiche proprio per lui, anche se sfortunatamente per loro aveva una bella fidanzata, della quale nessuno parlava. Si diceva andasse a lavorare all'estero per parecchi mesi l'anno come estetista in una spa molto molto famosa.

Una cosa che, però, non mi aspettai, fu proprio di incontrarla in quella giornata, e, soprattutto, in quel momento. Doveva star cercando Nosaka, dato che si attaccò al suo braccio appena posò i suoi occhi su di lui.

I suoi capelli erano lunghi e di un'arancione molto molto chiaro, simile al salmone, e degli splendidi occhi azzurri chiari, illuminando il suo viso già parecchio chiaro. Sembravano due cristalli su uno sfondo bianco, ed erano bellissimi.
Si scambiarono qualche parola sottovoce, con un timido sorriso dipinto sul viso di entrambi, ma poi si staccarono, ricordandosi che eravamo ancora qua a fissarli.

Un'enorme sorriso si dipinse sullo sguardo della ragazza, raggiungendomi in fretta e stringendomi la mano con forza, era molto facile notare la sua felicità, e il sorriso arrivava pure fino agli occhi.

-Tu sei dunque la famosa Miyano Akane? Ho sentito molto parlare di te da el cerebro qua accanto.- E ridacchiò con fare adorabile.

El cerebro? No aspe aspe, prima di pensare al perché lei chiami il suo ragazzo "il cervello", dovrei sapere come diamine fa a conoscermi! Ha detto che Nosaka le ha parlato di me, ma che senso ha? Cioè, ci siamo visti due volte con oggi, non ha davvero senso.

-Beh, ho capito che non sei di molte parole, perciò non voglio forzarti in una conversazione che magari non ti aggrada. Mi chiamo Nosaka Anna, anche se prima ero Mikado Anna.- Disse di nuovo, mentre io diventavo un pezzo di legno da quanto la mia mente stava cercando di processare la situazione.

Mina urlò sentendo la frase della ragazza e Kii chiese subito perché il cambio repentino di cognome (E perché non ne sapeva nulla, dato che era la regina del gossip all'università.) Anna ci raccontò tutto con una pazienza a dir poco infinita, mentre Retsuko e Nosaka si erano messi a fare qualche passaggio a pallavolo, chiacchierando del più e del meno. A quanto pare, Nosaka le aveva chiesto di sposarlo un'po di tempo fa, prima che lei partisse per l'estero, perciò la questione dell'organizzazione del matrimonio risultava piuttosto difficile da portare a termine, ma entrambi non aveva fretta, avrebbero anche potuto aspettare qualche anno in più, fino ad avere i soldi e il tempo necessario.

Ma, ovviamente, in quel momento stavo decisamente pensando troppo per i miei gusti, tanto che pensavo la mia testa stesse per esplodere e si stesse rifiutando di pensare un'altra singola parola che avrebbe potuto essere associata a Nosaka Yuuma.

Chi diavolo era, e perché il suo nome continuava a girarmi per la testa senza smettere?

Per un momento pensai di star per innamorarmi di lui, e il mio cuore smise di batter per non so quanti secondi. No, era impossibile, non potevo andare ad innamorarmi di qualcun'altro proprio quando mi ero finalmente messa insieme al ragazzo che più amavo sulla faccia della Terra. Non poteva assolutamente andare in questa direzione, e pregai in tutti i modi possibili ed immaginabili di essermi solo fantasticata tutto e che forse era solo l'inizio di un'attacco di cuore. Mi sarebbe piaciuto molto di più!

Non so quanto restai con la testa tra le nuvole, stringendo a me il mio zainetto, ma quando tornai in me, Nosaka e Anna se ne erano già andati e il vento si era alzato parecchio, provocandomi dei brividi lungo l'intera schiena. Quella giornata era calda, stranamente, ma con il calar del sole devono essersi abbassate le temperature. Mi infilai una felpa e mi tirai lentamente in piedi, decisa a tornarmene a casa per mettermi sotto il kokatsu e finire di ripassare quel capitolo di anatomia, ma Mina e le altre insistettero per andare a mangiare qualcosa e poi tornare tutte a casa.
Ero un'po titubante, non avevo né visto né sentito Ryouhei quel giorno, e non avrei voluto farlo preoccupare tornandomene a casa troppo tardi, sapendo quanto possa essere iperprotettivo. Prima che io possa dar loro una risposta, sfortunatamente, mi stavano già trascinando per la città, mentre io fissavo la stazione con fare disperato.
Le mie gambe pareva volessero staccarsi e ormai i piedi erano completamente fuori uso. Avevo controllato qualche volta il cellulare, e notavo sempre più messaggi di Ryouhei accavallarsi l'uno su l'altro, senza contare le varie chiamate, avrei voluto rispondere per davvero, ma Retsuko mi aveva rubato il telefono e si ostinava a ridarmelo.

Riuscì a tornare a casa dopo mezzanotte inoltrata, con decisamente troppo alcol nel sangue per venir classificata "sobria" e il freddo che mi era entrato fin dentro alle ossa, decidendo di restarci la il più possibile.
Decisa a chiamare il mio fidanzato, frugai tra le tasche dei pantaloni e della felpa, ma nulla, era svanito nel nulla, il mio telefono, e mi ricordai di averlo "affidato alle amorevoli cure" di Retsuko, la quale era tre volte più ubriaca di me e a malapena si reggeva in piedi.

Se non morivo domani, potevo essere considerata santa dalla chiesa.

Mia nonna dormiva profondamente e, molto sicuramente, sarei stata salva almeno su quel punto della faccenda, ma la cosa peggiore avvenne appena entrai in camera mia e chiusi la porta alle spalle.

L'orologio sognava le una meno un quarto di notte, le tende erano mezze aperte e il vento faceva sbattere le tegole del soffitto della casa vicina, creando un boato che si poteva sentire perfino con le finestre chiude. In quel momento mi svegliai fuori all'improvviso, iniziando a sudare freddo, perché davanti a me si trovava l'autore dei ben cinquantasette messaggi e ventidue chiamate.

E non sembrava per nulla felice di vedermi.

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