𝓣𝓻𝓪 𝓬𝓪𝓻𝓽𝓪 𝓻𝓸𝓼𝓼𝓪 𝓮 𝓷𝓪𝓼𝓽𝓻𝓸 𝓭𝓲 𝓻𝓪𝓼𝓸

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🌙 haewon's pov

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🌙 haewon's pov

Mi annoiavo. La mia routine era paragonabile a quella di un vegetale: fatta eccezione per le lezioni che ero costretta a seguire durante gli orari scolastici, non avevo chissà quali particolari stimoli, quindi cercavo di tenermi occupata con le sessioni intensive di allenamento alla baia. Erano passate settimane da quando avevo casualmente incontrato quel ragazzo e, ogni qualvolta che mi recavo nel mio angolo di paradiso privato, avevo il terrore di poterlo ritrovare a pochi mentri da me, intento a scattarmi altre foto senza il mio permesso.
Ma non si presentò più, neppure una volta.
E per una come me, non poteva esserci notizia migliore del sapere che i miei passi di danza arrancati in riva all'oceano non sarebbero mai più stati visti da occhi indiscreti.
Quel giorno avevo appena concluso l'ultima lezione della giornata: stavo mettendo il quaderno degli appunti nello zaino quando una mano delicata picchiettò gentilmente sulla mia spalla, facendomi sollevare lo sguardo.
La signorina Kai mi stava sorridendo dall'alto del suo metro e settanta, il quale era inevitabilmente accentuato da un paio di adorabili tacchetti rosa confetto: 'Haewon, perché non ti unisci a me per pranzo?' gesticolò velocemente con le mani davanti al mio viso 'Vorrei presentarti un paio di persone della tua stessa età con cui potresti andare d'accordo: che ne pensi?'.
La fissai a lungo, incerta su cosa risponderle. I suoi enormi occhi scuri mi guardavano speranzosi mentre aspettava pazientemente una mia risposta: 'Non vorrei essere di troppo' le risposi timidamente muovendo a scatti le dita mentre abbozzavo un sorriso imbarazzato.
La vidi ridere di gusto, come se avessi detto chissà cosa di divertente. Inclinai lateralmente la testa, domandandole silenziosamente una spiegazione: 'Potresti farti nuovi amici,' spiegò 'non ti piace l'idea?'.
Aggrottai le sopracciglia, confusa. Il pensiero di fare nuove conoscenze non mi dispiaceva affatto, ma avevo promesso a mia madre che sarei tornata a casa non appena le lezioni si fossero concluse. A quanto pareva, aveva delle novità importanti di cui parlarmi.
Declinai l'offerta, promettendole che avrei volentieri rimandato l'incontro l'indomani. La donna non insistette oltre e mi salutò solo quando si assicurò di avermi vista indossare il cappotto e la sciarpa: 'Fa freddo fuori, copriti bene!' diceva.
Recuperai la cartella e, dopo averla messa in spalla, uscii dall'edificio: decisi di fare a piedi il percorso per tornare a casa e nel frattempo continuavo a pensare a cosa avesse mia madre di così importante da dirmi.
Probabilmente voleva avvisarmi che avrei dovuto aiutarla col lavoro al mercato, così da poterla far risparmiare sui dipendenti. Il che non mi dispiaceva affatto, ma era solita ingigantire le cose, lo era sempre stata: fin da quando ero piccola, più precisamente da quando mi era stata diagnosticata la sordità parziale, si era rivelata iperprotettiva nei miei confronti, evitandomi ogni situazione che potesse sembrarle anche solo lontanamente pericolosa per la mia incolumità.
Che si trattasse di un ginocchio sbucciato dopo una caduta, di uno sguardo perplesso da parte di adulti che, provando a conversare con me, non ricevevano risposta, di prese in giro dai miei coetanei, lei era sempre, costantemente preoccupata. Ma non la biasimavo: una vera madre avrebbe combattuto contro il mondo intero pur di vedere la propria figlia sorridere e, nonostante le avessi più e più volte dimostrato di saper badare a me stessa, apprezzavo l'amore incondizionato che riusciva a riservarmi.
Arrivai sotto casa senza neppure rendermene conto, così mi affrettai a salire le scale: suonai il campanello e attesi di vedere la porta d'ingresso aprirsi. Il viso dolce di mia madre mi accolse dopo pochi secondi d'attesa e altrettanto velocemente trovai Hoshi riempirmi di attenzioni.
Le diedi un paio di carezze, afferrandola poi per le zampe e prendendola tra le braccia: feci sprofondare il mio viso nel suo pelo morbido e la baciai più e più volte sul musetto.
Una mano che si posava sulla mia spalla mi interruppe: 'È arrivata una lettera per te, Haewon!' lessi il labiale della donna che pareva essere più euforica del solito.
Misi giù Hoshi per poi aggrottare le sopracciglia: era insolito per me ricevere posta, fatta eccezione per le offerte che di tanto in tanto mi mandavo i negozi con cui avevo sottoscritto le carte fedeltà. Mi fece cenno di seguirla ed io obbedii.
Varie buste bianche erano state ordinatamente separate per destinatario sul tavolo della cucina, tanto che mia madre non dovette neppure cercarla: mi porse l'unica a mio nome, attendendo che la prendessi tra le mani.
Con ennesimo cenno del capo da parte sua, mi incoraggiò ad aprirla: staccai la parte collosa e ne estrassi il contenuto. Un foglio rosso ripiegato in tre portava il nome di una società che si presentava come NKTC, New Korean Talent Corporation. Slegai il nastro in raso bianco che la avvolgeva, rendendomi conto che avevo già sentito quel nome prima di allora, e iniziai a leggere.

ᴠɪʙʀᴀɴᴛ sᴏᴜʟ ♡ ᴊᴇᴏɴ ᴊᴜɴɢᴋᴏᴏᴋ + ʙᴛsWhere stories live. Discover now